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acquisti gen z pinterest

Cosa ispira gli acquisti della Generazione Z e dei Millennial post-pandemia

Con l’allentamento delle misure di restrizione in Italia e le riaperture, le persone vogliono sfruttare al massimo la ritrovata libertà e si rivolgono a Pinterest per trovare ispirazione per lo shopping per celebrare il momento.

In particolare, Gen Z e Millennial, i segmenti di pubblico che guidano la maggior parte della crescita dei nuovi utenti di Pinterest, si stanno rivolgendo alla piattaforma per acquistare prodotti che riflettono il proprio desiderio di novità dopo i mesi trascorsi a casa con interazioni sociali limitate.

Mentre entrambe le generazioni puntano ad acquistare prodotti dai colori freschi, nuovi abiti ed elementi per rinnovare la casa, le ricerche su Pinterest riflettono come differiscono i gusti in termini di stili e idee.

“Nell’ultimo anno, le persone si sono rivolte a Pinterest con maggiore frequenza per trovare ispirazione per adattarsi a vivere e lavorare in circostanze radicalmente cambiate. Ora stiamo riscontrando che i Pinner stanno tornando ad utilizzare Pinterest nel modo in cui erano soliti utilizzare la piattaforma in circostanze normali, ovvero per pianificare il futuro e prendere decisioni su cosa fare o acquistare. I consumatori della Generazione Z e dei Millennial si stanno preparando per l’estate cercando destinazioni per le vacanze, idee per occasioni di festa a tema e prodotti di makeup e fashion. Pinterest è un angolo positivo di Internet, dove le persone trovano ispirazione per creare la vita che amano e diamo ai brand l’opportunità di connettersi con i consumatori nelle prime fasi del loro percorso decisionale”, ha commenta Adrien Boyer, Regional Manager for France, Southern Europe & Benelux di Pinterest.

Pinterest è un luogo dove le aziende possono catturare l’attenzione dei consumatori, dal primo momento d’ispirazione a quello finale dell’acquisto, e rappresenta il punto di partenza da cui le persone prendono decisioni durante il funnel.

come acquistano i giovani

La ripartenza rappresenta una grande opportunità per le aziende per raggiungere gli utenti di Pinterest nel momento in cui sono propensi, aperti e pronti a prendere una decisione d’acquisto. I brand possono fare affidamento sugli insight di Pinterest per progettare le proprie campagne sulla base delle tendenze di ricerca sulla piattaforma.

Di seguito alcuni insight del momento da cui i brand possono trarre vantaggio per future attività nel proprio mercato di riferimento.

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I prodotti per il makeup sono una priorità assoluta per la Generazione Z e i Millennial

Dopo aver cercato l’anno scorso idee per un makeup adatto agli incontri tramite video, la Generazione Z e i Millennial stanno ora acquistando prodotti di bellezza colorati per abbinarli a look espressivi, dal trucco di occhi e labbra alle fantasie delle unghie.

La Gen Z sta acquistando pastelli e colori chiari come “trucco color menta” (in aumento di 7 volte) e “trucco ispirato alle caramelle” (in aumento di 4 volte), mentre i Millennial stanno acquistando colori più luminosi, come “trucco con ombretto rosso” (in aumento di 17 volte) e “ombretto verde e oro” (in aumento di 8 volte).

La stessa dualità cromatica può essere trovata per le unghie, poiché la Gen Z è alla ricerca di idee per “unghie pastello estive” (in aumento di 60 volte) o “unghie color lavanda con disegno” (in aumento di 17 volte), mentre i millennial cercano “unghie acriliche estive luminose” (in aumento di 154 volte) e “unghie a fantasia mucca arcobaleno” (in aumento di 11 volte).

Anche se indossare la mascherina resta obbligatorio in Italia, entrambe le generazioni sono alla ricerca di prodotti per il trucco delle labbra.

La Generazione Z ricerca look naturali, come “lip gloss rosa” (in aumento di 7 volte) e “lip gloss marrone” (in aumento di 5 volte), mentre i Millennial stanno optando per alternative scintillanti e audaci, come dimostrano le ricerche per “labbra glitterate” (in aumento di 13 volte) e “sfumature di rossetto marrone” (in aumento di 9 volte).

GenZ e Millennials stanno organizzando il proprio guardaroba per le riaperture su Pinterest

Conosciuta come la generazione che guida le tendenze e sfida le norme, la Gen Z è alla ricerca di look ribelli e alternativi come “moda estiva androgina” (in aumento di 31 volte), “pantaloni con toppe” (in aumento di 17 volte) e “outfit estivo con pantaloncini di pelle nera” (in aumento di 18 volte). Si registra anche un allontanamento  dai tradizionali jeans a vita alta, riportando in voga “look jeans a vita bassa” (in aumento di 17 volte).

come comprani i giovani dopo la pandemia secondo pinterest

Anche i Millennial stanno trovando il proprio stile per la riapertura, ma restano ancora affezionati ai pantaloni della tuta, optando per look comodi da abbinare ad un makeup luminoso. Stanno acquistando “vestiti con gonna a fiori” (in aumento di 65 volte), “completi da lavoro con polo per donna” (in aumento di 44 volte) o “completi con camicetta morbida” (in aumento di 44 volte).

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L’arredamento della casa rimane al primo posto per la Generazione Z e i Millennial

Durante la pandemia, i Pinner hanno ricercato idee per l’arredamento della casa per ottimizzare i propri spazi e allestire uffici e palestre, mentre, adesso che le restrizioni sono allentate, cercano modi per dare un aspetto nuovo alla propria casa. La Generazione Z e i Millennial si ispirano allo stile Y2K con ricerche per “idee arredamento anni 2000” che aumentano rispettivamente di 30 e 38 volte per entrambi i segmenti di pubblico.

La Generazione Z sta ricercando anche nuove tonalità per l’arredamento, come “camera da letto verde salvia e marrone” (in aumento di 27 volte) e “bagno color pesca” (in aumento di 20 volte). E si ricercano stili ben precisi, come “arredamento per la stanza da skate” (30x).

I Millennial sono alla ricerca di tocchi di colore per le proprie abitazioni, come dimostrano le ricerche per “arredamento soggiorno con sedie rosse” (in aumento di 32 volte), “divani da soggiorno componibili blu” (in aumento di 24 volte). Stanno anche creando stili più sobri per la camera da letto, come “camera da letto moderna boho chic” (in aumento di 20 volte) o “idee per stanze dei cristalli”.

azienda su tiktok

Manuale strategico per portare la tua azienda su TikTok

TikTok ormai non ha più bisogno di presentazioni e se lavori in un’azienda o hai un’attività imprenditoriale autonoma, hai decisamente bisogno di comprendere come sia possibile sfruttare le potenzialità di questo canale per il business.

Come dimostrano i risultati delle campagne su TikTok di alcuni importanti brand e l’attenzione sempre maggiore da parte dei marketer verso questo canale, che si sta gradualmente ricavando uno spazio nelle strategie di Social Media Marketing delle aziende, rimanere estranei al fenomeno del momento può significare perdere ghiotte opportunità di raggiungere il pubblico, specie se il target di riferimento è fra i giovanissimi.

Perché i brand usano TikTok

Il settore agricolo potrebbe non essere il primo che viene in mente quando si contemplano le statistiche di utilizzo di TikTok, ma una rapida ricerca su Google rivela che ben 1,8 miliardi di persone hanno guardato video con l’hashtag “farm”.

Durante la pandemia, l’app è stata molto utilizzata per permettere agli agricoltori di rimanere in contatto con i consumatori, e questo dice molto sulle potenzialità dello strumento anche in settori meno mainstream che spesso sottovalutiamo.

TikTok è stata una rivelazione per gli agricoltori cinesi, offrendo loro, per la prima volta, una linea diretta con i consumatori finali. È proprio il modello Direct to Consumer a svelare il potenziale della piattaforma.

Tuttavia, aprire un profilo aziendale e iniziare a pubblicare contenuti su TikTok (così come su qualunque altro social) senza una precisa strategia di web marketing potrebbe risultare inefficace e far perdere risorse e tempo prezioso.

why brand use tiktok

L’importanza di avere una strategia

Prima di iniziare qualunque attività sarà quindi necessario impiegare una adeguata quantità di tempo alla preparazione di un piano di marketing che tenga conto dei tuoi obiettivi e definire la strategia per raggiungerli.

In maniera schematica, le fasi da seguire per lo sviluppo di un piano di web marketing sono quelle mostrate nella figura qui sotto.

 

strategie per TikTok marketing

Analisi

In questa fase dovrai analizzare le informazioni disponibili e che sono necessarie per elaborare la strategia, quali sono i tuoi elementi distintivi (cioè quelli che rendono il tuo brand unico e specifico), le risorse a tua disposizione, le caratteristiche del mercato, la tipologia degli utenti, gli obiettivi e i risultati attesi.

Strategia

Sulla base delle informazioni raccolte nella prima fase, potrai preparare un piano di marketing che definisca quale strategia utilizzare (organica, a pagamento o un mix delle due) e le relative tempistiche di realizzazione.

Piano operativo

In questa fase dovrai dettagliare gli aspetti pratici e operativi della tua attività su TikTok, come:

  • Risorse (eventuale coinvolgimento di creator, influencer, video-maker);
  • Contenuti e frequenza di pubblicazione, che costituiranno il tuo piano editoriale;
  • Strumenti di marketing da utilizzare (es: integrazione con altri social network, creazione di landing page su un sito web, inserzioni pubblicitarie);
  • Obiettivi e criteri di misurazione (qualitativi e/o quantitativi).

Misurazione

Si tratta di un aspetto fondamentale per valutare se l’impegno profuso è in grado di guidare la tua azienda verso il raggiungimento dell’obiettivo. Durante tutta la durata del progetto, dovrai infatti tenere sotto controllo i dati statistici del tuo profilo aziendale per valutare l’efficacia delle tue attività e la bontà dei contenuti pubblicati.

A tale scopo, potrai avvalerti dell’apposita funzionalità di TikTok o di altri numerosi servizi online disponibili sul mercato.

Aggiornamento

La misurazione delle performance può evidenziare i punti di forza della strategia ma anche alcune criticità. In questo caso, bisogna essere pronti a cambiare rotta e rimettersi sulla giusta strada.

A questo proposito, è consigliabile prevedere, all’interno del piano operativo, alcuni momenti di verifica in cui analizzare i dati statistici ottenuti e apportare eventuali modifiche al piano delle attività (es. modificare il tipo di contenuti, partecipare ad hashtag challenge, pubblicizzare il profilo TikTok su altri social network, etc).

Sotto questo punto di vista, infatti, occorre considerare il processo indicato nello schema precedente come un flusso continuo di attività da ripetersi nel tempo.

Anche se sei un imprenditore o un libero professionista è particolarmente utile adottare questo approccio, che non è una procedura esclusivamente adatta solo a organizzazioni strutturate e di grandi dimensioni: la stesura di un piano di marketing aiuterà a evidenziare criticità e aspetti che potrebbero essere stati tralasciati, qualunque siano le dimensioni del business e il budget allocato.

Non in tutti i casi, infatti, sarà necessaria un’analisi lunga e dettagliata. Per partire, può essere sufficiente stilare un sintetico documento dove riportare obiettivi, elementi distintivi, mercato target,  tipologia dei contenuti e altre informazioni di base.

Da dove iniziare

Il primo passo per l’elaborazione di questo documento è trovare risposta ad alcune domande fondamentali:

  • Il tuo cliente target  o il pubblico che vuoi raggiungere appartiene alla Generazione Z?
  • I tuoi prodotti sono visivamente accattivanti?
  • La tua azienda lavoro opera nel settore dell’intrattenimento, del lifestyle o della moda?
  • Hai le risorse per postare regolarmente su TikTok?
  • Per la tua attività puoi utilizzare un “tono di voce” che sia simpatico, disinvolto e trendy?
  • Quale tipo di contenuti ti sarà più naturale creare e quale risulterà maggiormente in linea con il tone di voce del tuo brand?

Naturalmente, la lista appena stilata non è assolutamente esaustiva ma può aiutare a comprendere se il tuo business della tua azienda è compatibile con il pubblico di riferimento che frequenta TikTok e può contare già al suo interno su collaboratori dotati delle skill necessarie per approcciarsi con successo e interagire su questa piattaforma.

main vibes on tiktok

In ogni caso, uno dei consigli più utili da osservare prima di mettersi all’opera, è quello di osservare con molta attenzione come si comportano altri brand o creators, in particolar modo le strategie e il tone of voice dei competitor, e di sperimentare di persona prima di prendere una decisione definitiva e passare alle fasi successive del piano di marketing.

In relazione a questo, va assolutamente tenuto presente che l’82% degli utenti di TikTok si aspetta che i brand siano divertenti/leggeri e coinvolgenti.

global web index tiktok

Le possibili strategie di crescita su TikTok

Completata la fase di analisi avrai certamente le idee più chiare su quello che vorrai fare e di quali risorse avrai bisogno.
Ciò ti consentirà di scegliere la strategia di crescita da adottare, che può essere classificata essenzialmente in due tipologie: la strategia di crescita organica e quella di crescita a pagamento (v. Fig. 2).

strategia marketing per TikTok

Nella strategia di crescita organica rientrano tutte quelle tecniche che hanno a che fare con una crescita naturale del proprio profilo: oltre alla creazione dei contenuti, entrano in gioco la scelta degli hashtag, la ricerca dei suoni e l’utilizzo di strumenti quali duetti o stitch.

La strategia di crescita a pagamento, invece, come dice il nome stesso, comprende le tecniche che richiedono un investimento monetario, come lancio di hashtag challenge, coinvolgimento di influencer, e utilizzo di TikTok Ads.

Comunque, questi due tipi di strategie possono anche essere usate insieme, come fanno molte aziende, ed essere integrate nel piano generale di marketing che si deciderà di adottare e che potrà prevedere l’integrazione anche con altri social network o canali di marketing.

Le principali tecniche di crescita organica e quelle a pagamento, meritano di essere approfondite in un contesto separato.

Rimane decisamente necessario puntualizzare che, a queste tecniche, come accade su altri social network, è necessario abbinare una presenza continua sulla piattaforma e un engagement con gli altri utenti attraverso like, commenti e messaggi per creare relazioni personali, genuine e spontanee.

Qualche numero su TikTok

  • 689 milioni di utenti di TikTok a livello internazionale (mensile)
  • 600 milioni di utenti Douyin in Cina (ogni giorno)
  • 100 milioni di utenti TikTok negli Stati Uniti (mensile)
  • 100 milioni di utenti TikTok in Europa, con 17 milioni nel Regno Unito, 11 milioni in Francia e 11 milioni in Germania
  • I download di TikTok 2020 sono stimati tra 850 milioni e 987 milioni, esclusi i download di terze parti cinesi (Apptopia/Sensor Tower)
  • La penetrazione globale di TikTok è stimata al 18% degli utenti internet globali tra i 16 e i 64 anni (GlobalWebIndex)
  • TikTok 2020: entrate stimate a 1 miliardo di dollari (Reuters)
  • TikTok è valutato a 50 miliardi di dollari (Reuters)
link building e backlink

Link building e backlink: consigli essenziali per una strategia vincente

Quando parliamo di strategia di link building o backlink ci riferiamo alla pratica di creare collegamenti ipertestuali unidirezionali tra le pagine del nostro sito e quelle di altri siti web, con l’obiettivo di aumentare la visibilità e migliorare il posizionamento.

Il backlink è uno dei fattori di ranking più importanti che il motore di ricerca utilizza per determinare l’authority di un sito web.

Collegare le pagine del tuo sito a fonti autorevoli, ovvero domini ben posizionati e siti web che godono già di una certa notorietà, aiuta il motore di ricerca a comprendere non solo di cosa parla la tua pagina, ma anche quanto è affidabile ciò che sta dicendo.

link-building-strategy

Attenzione però: affinché la tua strategia di backlink risulti efficace, è necessario selezionare molto accuratamente i backlink, ovvero collegare le pagine del tuo sito ad altre pagine il cui contenuto sia pertinente a quello della tua.

Non è sufficiente creare una certa quantità di link in entrata e in uscita, ma è altrettanto importante che i link in entrata e in uscita vadano ad “avvalorare” il contenuto della nostra pagina.

Come riuscirci? Creando solo collegamenti “di alta qualità”.

Cosa s’intende per qualità del backlink

A questo punto, la domanda sorge spontanea: cosa rende un link “di qualità”? Quali sono i fattori che Google prende in considerazione per determinare se i collegamenti del tuo sito sono rilevanti ai fini del posizionamento SEO?

Page Authority (PA)

Al primo posto c’è l’autorità della pagina web, ovvero un punteggio che viene attributo alla pagina, per determinare la sua capacità di posizionamento in relazione ad una serie di fattori che includono il numero di collegamenti presenti, i volumi di traffico, ecc.

L’autorità della pagina viene determinata da PageRank, l’algoritmo di Google che classifica l’importanza delle pagine web, basandosi sul numero di collegamenti che la pagina riceve.

Detto con un’estrema semplificazione, il funzionamento di PageRank parte dal presupposto che i siti Web più importanti ricevano più collegamenti da altri siti Web.

PageRank è stato sviluppato da Larry Page e Sergey Brin presso l’università di Stanford nel 1996, come parte di un più ampio progetto per la creazione di un nuovo motore di ricerca, sulla base dell’intuizione che le informazioni nel web potessero essere ordinate in base a un criterio di “link Popularity”. Due anni dopo sarebbe stato pubblicato il primo prototipo di Google.

LEGGI ANCHE: Google Update Timeline: come l’algoritmo di Google ha imparato a interpretare il linguaggio umano

Domain Authority (DA)

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L’autorità del dominio è un concetto molto simile a quello descritto nel paragrafo precedente, se non per il fatto che in questo caso ciò che viene calcolato è la rilevanza di un intero dominio e non della singola pagina.

La metodologia e i criteri applicati sono pressoché i medesimi, ovvero “affidabilità” e “popolarità”.

Affinché il motore di ricerca consideri il nostro sito affidabile, il suo “curriculum storico” deve risultare impeccabile ai suoi occhi. In altre parole, è necessario che la sua affidabilità venga validata nel tempo.

Per fare un esempio pratico, tanto banale quanto utile, un dominio come economist.com avrà un peso maggiore rispetto a quello di un blogger o di un piccolo magazine indipendente, che parla degli stessi argomenti.

Stesso dicasi per la popolarità, ovvero il numero di visualizzazioni, ma sopratutto di menzioni che il tuo sito riceve, che sono un’indice altrettanto importante di quanto può essere considerato affidabile.

Quindi più sono i link che rimandano al mio sito, più il sito diventerà popolare, meglio sarà posizionato. Giusto? Non proprio. Non tutti i link influiscono positivamente sul posizionamento, come stiamo per vedere nel paragrafo seguente.

Rilevanza del sito

Un criterio fondamentale per determinare la qualità del backlink è la rilevanza, ovvero la pertinenza del sito verso cui il backink punta.

Parliamo di una pertinenza a livello tematico del contenuto della pagina verso cui si è indirizzati dal link. In parole povere, questo significa che le pagine web collegate devono interessare la stessa nicchia di lettori.

Se nel contenuto della pagina sono presenti frasi, parole e temi semanticamente rilevanti, viene considerato un backlink tematicamente rilevante e di alta qualità.

Questo andrà ad incrementare quella che in gergo SEO è definita come link equity o link juice, ovvero, il valore e l’autorità che i link trasmettono a un’altra pagina, che i motori di ricerca premiano con un buon ranking.

Selezione dell’ancor text

Il testo di ancoraggio o anchor text è il la porzione di testo a cui viene associato il collegamento ipertestuale.

La selezione della parola chiave cliccabile deve seguire anch’essa un criterio di pertinenza con il contenuto della pagina che andrà ad aprire. Questo perché i motori di ricerca hanno adottato negli anni metodi sempre più sofisticati per determinare se il link punta effettivamente ad un argomento correlato e attinente con ciò di cui si sta parlando in una pagina.

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La scelta dell’ancor text da inserire è legata sopratutto al contesto: non deve trattarsi sempre e solo di parole chiave a corrispondenza esatta, ma in alcuni casi è corretto inserire anche parole o frasi più generiche (Clicca qui, Scopri di più).

L’importante è che il testo di ancoraggio non sia mai fuorviante rispetto alla pagina di destinazione, in modo da rispettare una logica di coerenza nel percorso di navigazione dell’utente.

Attenzione a non inserire un surplus di parole chiave nel testo di ancoraggio: con l’aggiornamento dell’algoritmo Penguin, Google ha imparato a esaminare nel dettaglio la scelta delle parole chiave.

Se troppi anchor text contengono la stessa keyword questo potrebbe essere per Google un campanello d’allarme che i collegamenti non siano stati inseriti in modo naturale. In generale, è sempre meglio selezionare una parte di testo descrittiva della pagina di destinazione.

Co-occorrenze del link

Le co-occorrenze sono le parole chiave correlate, la cui combinazione va a circoscrivere un contesto semantico. Una co-occorrenza si verifica quando, per trattare un determinato argomento, vengono impiegate combinazioni di parole ricorrenti.

Nel caso del backlink, anche le parole inserite attorno a un collegamento ipertestuale servono a Google per stabilire se quel collegamento è più o meno pertinente.

Nofollow vs. Dofollow

I link nofollow e nofollow si differenziano in base all’utilizzo dell’attributo rel che stabilisce se devono o meno avere valore agli occhi del motore di ricerca.

In altre parole, serve a comunicare al motore di ricerca se prendere o meno in considerazione quel link, durante la fase di scansione dei contenuti. I link dofollow sono la tipologia più utile ai fini SEO per attribuire un feedback di qualità verso il sito linkato.

L’attributo rel=dofollow non va impostato manualmente ed è già presente di default in ogni nuovo link che viene inserito. Quando invece si vuole comunicare a Google che un link non ha rilevanza ai fini di posizionamento e, dunque, di ignorarne la lettura, è necessario applicare manualmente l’attributo rel=nofollow.

Per applicare il nofollow ad un link basta inserire questo codice HTML sul singolo collegamento:

<a href=”URL” rel=”nofollow”>ANCHOR TEXT</a>

Migliorare backlink esterno: le pagine che puntano al tuo sito

Una volta chiarito cosa determina la qualità di un backlink e come selezionare i collegamenti all’interno delle pagine del tuo sito, il passo successivo è invece capire come ottenere più link in entrata da altre pagine web.

Affinché altri siti web inseriscano collegamenti al tuo è fondamentale che ci sia “trust”, ovvero che i contenuti del tuo sito dimostrino un’elevata credibilità e autorità nel proprio settore.E, come ben sappiamo, il modo migliore per ottenere trust è lavorare sulla qualità dei contenuti.

Ma non solo. Ci sono alcune tipologie di contenuti che possono aiutarti ad ottenere una maggiore qualità di backlink.

Visual Asset

I contenuti visivi sono sicuramente in cima alla lista. Parliamo di immagini, infografiche, grafici, tabelle e altri contenuti che si prestano in particolare modo alla ricondivisione.

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In particolare, infografiche contenenti dati e statistiche sono elementi molto facili da collegare, meglio se si tratta di contenuti originali, prodotti svolgendo analisi e ricerche sul web.

Secondo alcuni dati pubblicati da Search Engine Watch, “un contenuto con immagini rende il 90% in più in visualizzazioni rispetto a un contenuto senza immagini”.

Una corretta ottimizzazione di questi contenuti, inoltre, può aiutarti ad incrementare il traffico e ad essere trovato dagli utenti mediante la ricerca per immagini sul motore di ricerca.

Google Immagini genera automaticamente un titolo e uno snippet che descrivono il contenuto in modo da associarlo con le query di ricerca digitate dall’utente. Per essere sicuri di ottimizzare nel modo giusto le immagini del vostro sito, è sempre bene affidarsi alle linee guida di Google.

List Post

Il cosiddetto “List post” o Listicle si conferma un format molto d’appeal, che ad oggi è ancora tra quelli che ricevono un maggior numero di clic e che sembra fatto apposta per l’inserimento di backlink.

Facciamo riferimento a quei post strutturati come veri e propri elenchi, in cui sono enumerati diversi motivi o modi per fare qualcosa, suggerimenti su acquisti, luoghi da visitare e così via.

Perché funziona così bene? Semplicemente perché, già dal titolo, il lettore ha già un’idea molto chiara di ciò che troverà nell’elenco. Inoltre, i vari passaggi, consigli o elementi elencati nel post, spesso contengono spiegazioni o nozioni “in pillole”, che invogliano facilmente la lettura da parte dell’utente.

Riuscendo a far includere una delle pagine del tuo sito in un list-post di un sito con una buona authority, potrai facilmente vedere in poco tempo un’impennata della visibilità acquisita dal tuo sito.

LEGGI ANCHE: Come scrivere un Listicle e creare una lista perfetta secondo tecniche SEO

Guide dettagliate

Creare guide approfondite su un argomento specifico, è un modo per ottenere molte più condivisioni e collegamenti rispetto ad un articolo standard.

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Parliamo di un contenuto più dettagliato e corposo di un semplice blog-post, suddiviso in paragrafi, meglio ancora se con un indice iniziale, contenente immagini, tabelle, dati, infografiche, che risponda in maniera pertinente e approfondita ai dubbi degli utenti su un determinato tema.

Che si tratti del modo per impostare la migliore strategia di advertising o di una guida sul turismo sostenibile, assicurati di svolgere un’analisi preliminare sulle query di ricerca più cliccate sul web, al fine di comprendere quali sono le domande più frequenti dei lettori su quel dato argomento.

Black Hat Link: cosa viene sanzionato da Google

Ciò che in gergo SEO si chiama Black Hat fa riferimento a tutta una serie di pratiche che violano le linee guida dei motori di ricerca, per ottenere un posizionamento più alto.

L’algoritmo di Google è diventato sempre più abile nel riconoscere i siti web che utilizzano questi sistemi e a penalizzarli. In questi casi il sito può perdere posizionamento o scomparire del tutto dai risultati di ricerca.

Per quanto riguarda la costruzione di backlink, la prima cosa da evitare sono i link a pagamento. Nelle linee guida di Google è dichiarato espressamente che “qualsiasi link inteso a manipolare il PageRank o il posizionamento di un sito nei risultati di ricerca di Google può essere considerato parte di uno schema di link e una violazione delle Linee guida per i webmaster di Google”. La compravendita di link è sicuramente in cima a questa lista.

Se hai già ottenuto dei link in entrata al tuo sito a pagamento, la cosa migliore da fare è interrompere quanto prima e utilizzare lo strumento disavow per il rinnegamento dei link, che indica di ignorare i link a pagamento quando calcola il tuo Pagerank.

Altra cosa da cui tenersi lontani sono le link farm, cosiddette “fabbriche di link”, delle pagine o a volte interi siti web, sviluppati esclusivamente per la creazione di collegamenti.

Sono totalmente prive di contenuti o di indicazioni informative utili all’utente, e hanno come unico scopo quello di incrementare artificialmente, e in maniera scorretta, la popolarità dei siti che ne fanno uso.

Si tratta comunque di un metodo che sta progressivamente perdendo la sua popolarità e che, negli ultimi anni è stato sempre più individuato dagli spider nella fase di scansione dei contenuti e, di conseguenza, penalizzato.

temporelli copertina

Podcast, Steve Jobs e stampa 3D: intervista a Massimo Temporelli

Sposare una tecnologia, sposare l’innovazione significa guardare al futuro con ottimismo. Nessuna delle persone che dicono di voler abbandonare la tecnologia sarebbe disposta a fare a meno del wi-fi o dei viaggi in aereo, a meno di non essere davvero ortodossi“.

In questa tappa degli appuntamenti con gli Unbreakable Speaker protagonisti di N-Conference, Mirko Pallera di Ninja ha incontrato Massimo Temporelli, fisico e co-founder della start up innovativa sulla fabbricazione digitale TheFabLab.

>> Iscriviti al canale Unbreakable Tour per seguire tutte le tappe del viaggio alla scoperta delle aziende indistruttibili <<

F***ing Genius e stampa 3D

Massimo è anche protagonista di un seguitissimo podcast, “F***ing Genius“, che racconta le grandi figure che hanno cambiato la nostra evoluzione, da Nikola Tesla a Steve Jobs, da Marie Curie a Leonardo da Vinci: assolutamente consigliato!

Secondo lui, fare ricerca e sviluppo sulle nuove tecnologie è l’unico modo per far incontrare innovazione e sostenibilità. Il suo F***ing Genius ideale è quasi un antropologo, oltre che uno scienziato, più umano e meno tecnico, in grado di proporre alla società quello che non sa ancora di volere: quello che rappresentano ad esempio Steve Jobs ed Elon Musk.

Audacia, coraggio, tecnologia, progettualità, innovazione sociale e tecnologica: questa la ricetta di Massimo Temporelli per essere unbreakable.

massimo temporelli the fablab

LEGGI ANCHE: Viaggio nella scuola che prepara i nativi digitali al futuro con il coding e la stampa 3D

Il grande potenziale della digital fabrication è che permette di passare facilmente dall’idea al progetto e dal progetto alla produzione con pochi passaggi, senza dover frequentare la vecchia filiera industriale.

Infatti, nel corso del viaggio all’interno di TheFabLab, il suo spazio in Talent Garden, tra “Umarell” di ogni dimensione e altri prodotti di artigianato digitale da scrivania stampati in 3D come il “Made in Italy” (la famosa manina “all’italiana” che oscilla), Massimo ci spiega perché ha dato vita al suo podcast verticale sul percorso di alcune delle personalità più innovative della storia:

Se i giovani ascolteranno le storie di Marie Curie, che nell’800 fece di tutto per diventare una scienziata e ricercatrice quando era complicato per le donne; se sentono le storie di Elon Musk, di Steve Jobs, di Edison, di Laura Bassi, di Archimede, si innamoreranno della scienza e porteranno il messaggio anche in quest’epoca: portare la scienza e la tecnologia a compiersi nel business“.

L’hacking delle maschere per trasformarle in respiratori

La passione per la scienza e la tecnologia può portare a risultati inattesi: “Quando è scoppiata l’emergenza Coronavirus, mancava tutto: valvole, siringhe, mascherine. Così mi ha chiamato la direttrice de Il Giornale di Brescia, chiedendomi di realizzare le valvole con la stampa 3D. Grazie a Cristian Fracassi, che ha fatto reverse engineering sulle valvole esistenti, abbiamo realizzato i primi prodotti. Poi, una cosa incredibile: grazie alla collaborazione di Decathlon, siamo riusciti a trasformare un tipo di maschera in uno strumento per la respirazione assistita. Tanti Fab Lab si sono messi a disposizione del progetto e abbiamo contribuito a salvare probabilmente migliaia di persone in diverse parti del mondo“.

In questa storia ci sono tutti gli elementi per diventare unbreakable: audacia, coraggio, tecnologia, progettualità e innovazione, sociale e tecnologica.

>> Viaggia assieme a Mirko Pallera sul Ninja Van per scoprire le aziende Unbreakable. Iscriviti qui <<

abbonamento informazione digitale

Crescono gli abbonati all’informazione digitale: i numeri di Reuters

Più di un anno dopo il suo inizio, la pandemia continua a mostrare i suoi effetti anche sull’industria dell’informazione. La crisi, ad esempio, ha accelerato la scomparsa dei giornali stampati, impattando ulteriormente sulle società di media e anche gli inserzionisti sono spaventati di fronte alla flessione economica globale. Nuovi modelli di business come abbonamenti e membership per l’informazione digitale sono stati accelerati dalla crisi, ma nella maggior parte dei casi, questo non ha ancora compensato il reddito perso altrove.

Questo è quello che emerge chiaramente anche dall’ultimo Digital News Report di Reuters Institute, per analizzare il quale abbiamo raggiunto telefonicamente Federica Cherubini, Head of Leadership Development (puoi ascoltare il contributo audio nella versione gratuita della Ninja PRO Information oppure dal lettore qui sotto).

L’impatto della pandemia sull’informazione

I consumatori hanno rapidamente adottato nuovi comportamenti digitali durante i periodi di lockdown e questo sta al tempo stesso aprendo nuove opportunità ed evidenziando nuove sfide. Il report di Reuters mostra che abbonamento e membership stanno diventando un modello sostenibile per un numero crescente di pubblicazioni di  nicchia e di alta qualità, e in alcuni paesi per gruppi di media locali.

Ma è anche chiaro che i contenuti a pagamento non sono la panacea per tutti gli editori. Né funzioneranno per tutti i consumatori. La stragrande maggioranza, infatti, non è ancora disposta a pagare per le notizie online e con sempre più contenuti di alta qualità che scompaiono dietro i paywall, ci sono preoccupazioni pressanti anche su chi non può permettersi l’accesso all’informazione.

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Federica Cherubini, Head of Leadership Development @Reuters Institute

Cosa è successo in Italia

In particolare in Italia, il COVID-19 ha esacerbato alcune delle debolezze storiche del settore dei media, contribuendo al calo dei ricavi complessivi, al calo dei lettori di giornali, e all’abbassamento degli standard editoriali  adottati nelle notizie cronaca. Le conseguenze della pandemia sembrano essere state state meno gravi per le grandi piattaforme piattaforme online.

L’ambiente mediatico italiano è tradizionalmente caratterizzato da un settore televisivo particolarmente forte e un settore dei giornali debole e in declino. Tuttavia, i ricavi pubblicitari online hanno superato i ricavi pubblicitari televisivi per la prima volta nel 2019, e ora rappresentano quasi la metà (49%) dei ricavi pubblicitari complessivi nel settore dei media italiani.

A causa della gravità della pandemia nel Paese, i media italiani hanno aumentato lo spazio dato a queste notizie, e sia la televisione che i notiziari online hanno hanno visto un aumento significativo dell’audience. Durante i mesi di marzo e aprile 2020 per esempio, i telegiornali italiani in prima serata hanno attirato oltre il 50% di pubblico, con un aumento di circa il 5% rispetto l’anno precedente.

Tuttavia, la pandemia ha anche prodotto un forte calo delle entrate pubblicitarie, che sono la principale fonte di finanziamento per molti editori italiani, e ha accelerato il declino della carta stampata. Nei primi nove mesi del 2020, i ricavi totali per il settore dei media italiani sono scesi di 780 milioni di euro, con considerevoli diminuzioni osservate sia nei giornali (-15%) che nelle trasmissioni radiotelevisive (-8%), mentre la pubblicità online è cresciuta (+7%). Come ha sottolineato l’autorità italiana per la comunicazione, sono le grandi piattaforme piattaforme online, che già generano circa l’80% della pubblicità online in Italia, a beneficiare di questo aumento (+11%) , mentre gli editori e le agenzie pubblicitarie stanno subendo ulteriori perdite significative anche in questo mercato (-7%).

I media d’informazione italiani hanno risposto in vari modi. Molti dei principali organi di informazione hanno aumentato il numero di annunci sui loro siti web, così come la loro invasività. La tendenza verso modelli a pagamento per l’informazione digitale si sta sviluppando ulteriormente e, sebbene sia finora stato usato principalmente dai siti web dei quotidiani, anche alcuni siti di notizie nati già come digital hanno iniziato a introdurre schemi di abbonamento. La proporzione di persone che pagano per le notizie online è comunque ancora bassa, pari a un 13%.

Chi è disposto a pagare per le notizie online?

«In 20 paesi dove gli editori hanno spinto attivamente gli abbonamenti digitali, il 17% dei lettori ha dichiarato di aver pagato per qualche tipo di notizia online nell’ultimo anno (tramite abbonamento, donazione o pagamento una tantum). Questo è in aumento di due punti percentuali nell’ultimo anno e cinque in più dal 2016 (12%)».

Nonostante questo, è importante notare che la grande maggioranza dei consumatori in questi paesi continua a resistere al pagamento per l’informazione digitale. Troviamo il maggior successo in un piccolo numero di paesi ricchi con una lunga storia di alti livelli di abbonamenti a giornali cartacei, come la Norvegia 45% (+3), la Svezia 30% (+3), la Svizzera 17% (+4), e i Paesi Bassi 17% (+3). Circa un quinto (21%) ora paga per almeno una fonte di notizie online negli Stati Uniti, il 20% in Finlandia e il 13% in Australia. Al contrario, solo il 9% dice di pagare in Germania e l’8% nel Regno Unito

Gli abbonamenti multipli stanno diventando più comuni solo «nei mercati maturi come negli Stati Uniti, dove la media arriva a due», mentre nella maggior parte dei paesi, una grande percentuale di abbonamenti digitali va a pochi grandi marchi nazionali, «secondo una tendenza che indichiamo come winner-takes-most dynamics», spiega Federica Cherubini.

Prospettive future dell’informazione digitale

Gli abbonamenti stanno cominciando a funzionare per alcuni editori, ma non è  chiaro se funzioneranno per tutti i consumatori. La maggior parte della gente non è abbastanza interessata alle notizie, o non ha sufficiente reddito disponibile per dare priorità alle notizie rispetto ad altre esigenza della propria vita.

Tra coloro che non pagano per l’informazione digitale, solo una piccola minoranza afferma che probabilmente lo farà in futuro per le pubblicazioni online che gli piacciono. I tassi sono più alti nei paesi che sono già avanzati (16% in Norvegia) rispetto a quelli che non lo sono (8% nel Regno Unito), il che suggerisce che c’è ancora spazio per la crescita anche nei paesi con mercati maturi e che un’abbondante offerta di notizie gratuite, sia da fornitori di servizi commerciali che pubblici, è un fattore chiave per alcuni di coloro che attualmente non pagano.

cannes lion

Cannes Lions 2021: i vincitori e le campagne più coinvolgenti

Si sono conclusi i Cannes Lions 2021, anche questa volta svolti in streaming a causa delle restrizioni anti Covid. I progetti presentati quest’anno sono stati più di 29mila, provenienti da 90 Paesi. Alcune iscrizioni concorrevano anche per i premi del 2020, ovviamente sospesi a causa della pandemia.

Da questa edizione del festival della creatività, l’agenzia pubblicitaria Publicis Italy esce da grande vincitrice, avendo fatto incetta di 30 Leoni ed essendosi  aggiudicata anche il titolo di seconda agenzia più premiata dell’anno.

Tra tematiche attuali come la pandemia e l’inclusività  di genere, abbiamo selezionato quelle che secondo noi sono state le campagne più belle ed coinvolgenti.

Grand Prix Film| Grand Prix Health & Wellness| Titanium Grand Prix|

Gold Lion Glass| Gold Lion Film Craft| Gold Lion Health & Wellness|

Gold Lion Film – 2021

ESSITY – BODYFORM #Wombstories 

Agency AMV BBDO Londra

Super premiata durante i Cannes Lions 2021, Bodyform racconta ancora una volta le donne dal punto di vista del ciclo mestruale. Difficoltà a concepire con la fecondazione assistita, endometriosi, volontà di non volere figli, menopausa. Storie comuni, normali, viste dall’esterno. E il racconto animato visto dal punto di vista dell’utero: a volte triste e arido, a volte confuso, impazzito, dispettoso. Un universo complesso e a volte poco conosciuto. Il piacere, la rabbia, l’amore, il dolore, l’accettazione: non è facile “relazionarsi” con il proprio utero. Tutti dovrebbero sapere cosa significa e, soprattutto, comprendere. Un grande film questo di Essity, per i contenuti, per la realizzazione e per continuare ad incoraggiare le donne a raccontare la propria storia, ogni storia di donna e di utero.

La campagna Womb Stories insieme alle precedenti Bloody Normal e Viva la Vulva, è volta alla consapevolezza del corpo della donna e alla rottura dei tabù sul ciclo mestruale a cui ancora oggi (nella vita e in pubblicità), siamo legati.

Wombstories inoltre ha dato coraggio a migliaia di conversazioni sulle proprie storie e sulla condivisione dei racconti sulla malattia dell’endometriosi. Ma non solo: ha dato vita ad una nuova metodologia per classificazione del dolore, andando a sostituire l’obsoleta scala “da 1 a 10”. Attraverso sensazioni e descrizioni inserite in un “dizionario del dolore” risulta più semplice riconoscere e diagnosticare i diversi tipi di dolore, in particolare quello dell’endometriosi.

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Grand Prix Film 2021

NIKE • You Can’t Stop Us

Agency Wieden+Kennedy Portland

Negli ultimi anni abbiamo dovuto riprogrammare eventi e quotidianità, siamo stati e lo siamo ancora protagonisti di rivoluzioni a favore delle diversità. Nel film, il filo narrativo è quello del mondo dello sport che in pieno stile Nike affronta diversi ostacoli: in questo caso la pandemia e l’ingiustizia razziale. Il mashup, realizzato attraverso l’analisi di 4000 filmati ci mostra, come in un doppio schermo, gli atleti più famosi durante le loro performance. Tra questi notiamo anche il quarterback Colin Kaepernick, già protagonista di Nike e dei Cannes Lions 2019, che con il “taking the knee” mostra la sua protesta contro le discriminazioni razziali. “You can’t stop us” recita il voice over. Perché anche quando le cose non andranno bene, la nostra forza sarà quella di non essere soli. “E quando le cose non saranno giuste, ci uniremo per il cambiamento”. Nonostante le difficoltà, torneremo più forti che mai perché “nessuno può fermare quello che possiamo fare insieme”.

Grand Prix Film | Gold Lion Film Craft 2020

LACOSTE • Crocodile Inside 

Agency BETC Parigi

Lo sgretolarsi delle anime di una coppia durante un litigio si riflette con lo sgretolarsi del mondo attorno. Sui loro visi si leggono rabbia, passione, rancore, delusione. Si separano, si ritrovano ma i riavvicinamenti non convincenti portano ad un finale disastroso in cui la coppia riesce però a salvarsi in extremis grazie alla forza dell’amore.

Gold Lion Film | Gold Lion Film Craft 2020\2021

DIESEL • Francesca

Agency Publicis Italy

La modella trans Harlow Monroe è la protagonista di questo tanto brillante quanto attuale film. Nei panni di un giovane, vive la sua quotidianità costruendo il suo sogno di diventare una donna. Durante la transizione Francesca, piena della sua consapevolezza femminile ha però ancora un desiderio più profondo: quello di diventare suora. La sua determinazione le regala una nuova identità e la realizzazione personale.

Complimenti Publicis Italia!

Grand Prix Outdoor 2021

HEINEKEN • Shutter Ads

Agency Publicis Italy

Un’idea a livello globale che ha coinvolto nuovi spazi OOH a favore dei bar costretti a chiudere durante il periodo di lockdown. Publicis Italia ha trasformato 5000 saracinesche di tutto il mondo in spazi pubblicitari per il brand Heineken, “pagando” gli affitti degli spazi direttamente ai commercianti. Una grande operazione che ha raccolto 7,5 milioni di euro destinati appunto alla sovvenzione dei locali chiusi.

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Grand Prix Outdoor 2020

BURGER KING • The Moldy Whopper

Agency Burger King Miami, Publicis, Ingo e David Miami

Burger King ha una grande notizia da comunicare: nella composizione dei suoi panini ha eliminato 8.500 tonnellate di conservanti artificiali a livello globale. Come farlo sapere se non con una chiara immagine della naturale decomposizione degli alimenti durante il tempo? Ci saremmo aspettati anche un’analisi delle muffe ma, per questa volta, non fa niente!

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LEGGI ANCHE: I “polli verdi” di Burger King invadono City Life: in arrivo i nuggets vegetali

Grand Prix Outdoor

RENAULT • Village Electrique

Agency Publicis Conseil Paris

Non tutti sono aperti ai grandi cambiamenti. Negli ultimi anni, nonostante la consapevolezza che per il settore automobilistico l’elettrico sia il futuro, il 93% delle persone ritiene di non essere pronta a questo cambiamento. Renault ha trovato un modo alternativo per persuaderci. Scovando uno dei più piccoli paesi in Francia, ha sostituito le 11 automobili dei 25 cittadini con altre elettriche per un periodo di 3 anni. Appy, di fatto, è diventato il primo paese al mondo 100% elettrico. Sono cambiate le abitudini degli abitanti? No di certo. Ma a cambiare sono state le emissioni di Co2 e le vendite delle auto elettriche in Francia, incrementate del 50%. Proprio un “Appy” ending.

Grand Prix Print & Publishing | Grand Prix Campaign Industry Craft 2020\2021

DOVE • Courage is Beautiful

Agency Ogilvy London

Dove, famosa per esaltare con positività la bellezza nella autenticità di ognuno, è riuscita a coglierla anche in un periodo di sofferenza come quello della pandemia. La vera bellezza questa volta è nella forza e nella stanchezza di tutti gli operatori sanitari che si sono dedicati alla cura dei pazienti ricoverati. Diversi soggetti per un unico concept di impatto. Visi scavati e stanchi, segnati da tute, mascherine ed elastici. La bellezza di quei segni sta nel coraggio e nell’amore con cui hanno messo a rischio la propria vita per aiutare quella degli altri.

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Grand Prix Design 2020

NOTPLA • Notpla

Agency Superunion London

Una nuova visione del packaging: naturale e comodo. Così Notpla presenta ai Cannes Lions 2021 il suo progetto contro l’abuso della plastica che sta distruggendo il mondo. Un nuovo modo di dissetarsi e di usare le monoporzioni. Un aiuto per l’ambiente che grazie alle sue caratteristiche organiche -e non sintetiche- riesce a decomporsi in poche settimane contro i 700 anni della normale plastica.

Grand Prix Design 2021

H&M • Looop

Agency Akqa Stoccolma

L’87% degli abiti che non usiamo più finiscono in discarica. Per dare un aiuto concreto al cambiamento climatico dovuto alle emissioni delle lavorazioni, H&M promuove la circular fashion. Insieme all’Honk Hong Research Institute of Technology, è stato messo a punto il primo sistema di riciclaggio da capo a capo. Attraverso un’esperienza immersiva, i clienti possono scegliere in quali vesti -è il caso di dire- far rinascere il proprio capo di abbigliamento che desiderano riciclare. Senza l’uso di acqua né di prodotti chimici. Saranno spettatori del processo di destrutturazione e ricomposizione dei filati direttamente in negozio. H&M prevede di portare la tecnologia Looop anche fuori dalla Svezia, in nuovi mercati per incoraggiare i brand a scegliere il riciclaggio. Il messaggio, per noi, è quello di guardare ai nostri abiti vecchi come una risorsa e non più come un ingombro da buttare via.

Gold Lion Design 2020\2021

KRAFT HEINZ CANADA • Pour Perfectly

Agency Rethink Communications

Può un’etichetta posizionata in modo diverso sul prodotto incrementare le vendite e aumentare l’interesse di ricerca del 400%? Ebbene, sì. Heinz Ketchup, di fama quasi preistorica, ha riconquistato il suo pubblico canadese ed attirato nuovi acquirenti grazie ad una semplice ma evidentemente potentissima mossa: ruotare la sua etichetta di 31° in modo da suggerire la perfetta angolazione per la fuoriuscita del prodotto.

Grand Prix Glass 2020\2021

STARBUCKS • I AM

Agency VLMY&R Brasile

Il Brasile registra la maggior percentuale di transgender del mondo. Nonostante ciò, le pratiche burocratiche per cambiare nome richiedono tempi lunghi e procedure ostili. In più, il pregiudizio e la discriminazione rendono il cambio di identità socialmente e psicologicamente alienante. Così, Starbucks per la Giornata Internazionale della Visibilità Transgender, in accordo con l’ufficio notarile ha trasformato il locale in un ufficio in piena regola, pronto a garantire il cambio nome in modo legale e rapido. Il 29 Gennaio si trasformerà dunque nella giornata in cui Starbucks aiuterà le persone nel processo legale di cambio nome.

starbucks_iam_cannes lions

Grand Prix Creative Strategy 2020\2021

CHEETOS • Can’t Touch This

Agency Goodby Silverstein & Partners

Cheetos, gli snack al formaggio dalla polvere arancione, per riposizionarsi sul mercato ha trasformato la sua debolezza in punto di forza. Per anni Cheetos è stato lo snack per le pause in famiglia che nel tempo si è rivelata non essere più la condizione dominante di acquisto. Il “difetto” di lasciare le dita sporche ha aperto nuovi punti di vista verso un nuovo pubblico non più circoscritto in casa ma uno dall’indole giocosa e dispettosa. I Pop Corn Cheetos hanno spostato l’attenzione su quello “sporco difetto“, trasformandolo in un buon motivo per giustificare una simpatica indolenza.

 

Titanium Lion | Gold Lion PR | Gold Lion Direct | Gold Lion Brand Experience & Activation 2020

DIESEL • Enjoy Before Returning

Agency Publicis Italy

Acquistare abiti, indossarli e poi restituirli per ricevere il completo rimborso: questo è il Wardrobing, il fenomeno che sta costando all’industria della moda ben 15 bilioni di dollari l’anno. Mentre mezzo mondo sta combattendo contro questa politica, Diesel, dalla filosofia prettamente controcorrente, invece la incentiva. Nella sua campagna F\W 2019 il brand ispirandosi al wardrobing mostra modelli che indossano le etichette ben in vista sugli abiti, a penzoloni sulle aste degli occhiali e dai cinturini degli orologi. Poco importa…quale pubblicità migliore che si trasforma addirittura in un trend? Questo approccio infatti ha portato a Diesel un incremento delle vendite del 24%, una riduzione dei resi del -9% in store e del -14% online. Ma comunque ricordatevi di non staccare le etichette dai vestiti!

diesel_enjoy before returning_cannes lions 2021

Gli altri premi vinti da Publicis Italy ai Cannes Lions 2021, oltre i più importanti già citati, sono:

Diesel “Enjoy Before Returning” : 1 Argento in Creative Ecommerce; 3 Bronzi in Creative Ecommerce, Social & Influencer e Print & Publishing;

Diesel “Francesca”: 1 Argento in Film;

Heineken “Shutter Ads”: 1 Argento in Outdoor e 1 Argento in Media;

Heineken “We’ll met again”: 1 Bronzo in Film;

Barilla “Playlist Timer”: 4 Bronzi in Social & Influencer, Direct, Entertainment for Music, Audio e Radio;

Bottega Veneta “The Invisible Store”: 1 Argento e 1 Bronzo in Outdoor;

Netflix “The Crown”: 1 Bronzo in Single Market Campaign.

attivazioni dei brand

Le migliori attivazioni dei brand su eSport e gaming

Gli eSport abbracciano un ampio spettro di opportunità, che i brand di ogni categoria merceologica potrebbero sfruttare a proprio vantaggio.

Di fatto, il pubblico degli eSport è altamente eterogeneo e diversificato con una percentuale femminile sempre più crescente e rilevante. Infatti, la ricerca esclusiva condotta da YouGov per i membri dell’Osservatorio Italiano Esports ,“Gaming ed Esports in Italia”, ha rivelato che il 37% degli eSport fan italiani è di sesso femminile, su un totale di 6 milioni di appassionati.

Inoltre, secondo il “Global Esports and Live-Streaming Market Report del 2021” pubblicato da Newzoo, prevede che il settore raggiunga, entro la fine dell’anno, un valore complessivo di 1,1 miliardi di dollari.

In tal senso, tutti i giochi possono essere considerati terreno fertile per i brand che vogliono intercettare la generazione Z e il pubblico dei giovani adulti, utilizzando innovative dinamiche di gamification.

Ecco, quindi, alcune delle migliori attivazioni di brand che hanno sposato con successo gli eSport in chiave di marketing e monitorati dall’Osservatorio Italiano Esports.

LEGGI ANCHE: 6 milioni di italiani amano gli eSport: una grande opportunità per i brand

Burger King e gli eSport di simulazione sportiva

Burger King è stato uno fra i primi grandi marchi a cogliere realmente l’opportunità di avviare un processo di attivazione eSports, attraverso due titoli di simulazione sportiva: FIFA e NBA 2K.

Stevenage Challenge

Stevenage challenge” è la sfida lanciata nel 2019 da Burger King. Lo Stevenage FC è un club calcistico inglese che milita attualmente nella Football League Two (la quarta serie del campionato inglese).

La sfida proponeva ai fan e giocatori di FIFA 2020 di vestire la maglia firmata Burger King di una squadra oscurata, giocare e superare una serie di prove virtuali. Condividendo le proprie azioni e gol su Twitter e aggiungendo l’hashtag ufficiale #stevenagechallenge, ai partecipanti era offerta la possibilità di vincere cibo gratis offerto dal colosso americano, già sponsor della squadra inglese.

Sono stati più di 25mila i goal condivisi sui social: per ciascuno BK si è impegnato nell’inviare codici omaggio e sconti da riscattare presso i vari punti vendita.

Un’ondata che ha fatto appassionare sempre più fan che hanno iniziato a giocare con lo Stevenage anche in diretta streaming su Twitch. Attraverso un effetto domino avviato ed alimentato dalle condivisioni social, la squadra è divenuta quella più giocata.

Tuttavia, si tratta di una campagna rivoluzionaria, ma non casuale. Infatti, è nata da uno studio approfondito del pubblico dei gamers, delle loro abitudini e comportamenti: amano il cibo e soprattutto il fast food. Una trovata geniale che ha unito armonicamente FIFA, uno tra i giochi più amati al mondo, e Burger King.

NBA 2K è stato il secondo protagonista delle iniziative di Burger King.

La recente partnership siglata con il gioco ha visto la creazione di un’arena personalizzata “BK TheMenuCourt”. Un’iniziativa che ha coinvolto i fan direttamente dal divano di casa, proponendo, come nella “Stevenage challenge”, sfide e trick da superare per vincere panini e bibite gratis.

NBA Burger King

Ciò ha dunque portato i giocatori presso i numerosi ristoranti della catena e sicuramente, una buona parte dei vincitori, dopo l’ingresso nel locale, avrà deciso non solo riscattare il panino vinto ma di acquistare anche altri prodotti di BK. In questo modo, i giocatori, già clienti acquisiti, hanno rafforzato il proprio legame con il brand mentre coloro che non lo conoscevano si sono trasformati in potenziali nuovi clienti.

Lamborghini e la nuova vettura digitale in-game

Lamborghini si è cimentata negli eSport nel 2020 attraverso l’organizzazione di un torneo automobilistico, The Real Race, che, grazie al successo riscosso nella prima edizione, si svolgerà anche quest’anno nel novembre 2021.

Un impegno quello di Lamborghini avviato su Rocket League, il gioco che unisce il calcio e le automobili.

 

Il brand accompagna il gioco su tre differenti livelli: introduzione in-game di una vettura Lamborghini, la Huracán STO, sponsorizzazione dell’ultima tappa primaverile della Rocket League Championship Series (RLCS X Lamborghini Open) e infine realizzazione di un nuovo evento competitivo di gare 1 vs 1, Battle of the Bulls, che si è tenuto durante gli Open.

Un progetto in cui la presenza di Lamborghini è molto forte, ma allo stesso tempo si sposa perfettamente con quella che è la filosofia e l’ottica dei giocatori di Rocket League.

Fashion brand divisi tra eSport e Gaming

Anche i brand di lusso hanno colto le grandi potenzialità del settore, cavalcando l’onda e offrendo ai players nuove esperienze di contatto diretto con il marchio stesso e la sua essenza.

Burberry, negli anni, ha proposto una serie di videogiochi proprietari avviando parallelamente una strategia differente nell’ambito gaming: l’obiettivo è stato quello di raggiungere e intercettare un target ben definito, il pubblico asiatico.

Burberry x Honour of Kings

Per questa ragione Burberry ha avviato una partnership esclusiva riservata alla sola Cina continentale con Honour of Kings che nel novembre 2020 ha registrato più di 100 milioni di utenti attivi giornalmente.

Il brand si è inserito armonicamente nel gioco attraverso l’introduzione di due skin personalizzate, ovvero abiti, a tema “Spirt of Nature”.

honor of kings burberry

In questo caso, il progetto offre agli utenti, nonché potenziali clienti, la possibilità di esplorare i prodotti attraverso una dimensione virtuale, andando a stimolare la curiosità ed interesse nell’approfondire Burberry valori, la sua storia e i suoi prodotti.

Sulla stessa scia, Gucci, in collaborazione con tre noti titoli gaming, ha proposto ai suoi fan e player delle creative integrazioni di brand in una nuova esperienza di gioco.

Nel giungo 2020 è stata lanciata l’iniziativa su Tennis Clash, un gioco mobile che propone un’esperienza di gioco simile al tennis reale. Una partnership a doppio livello: introduzione di esclusivi outfit firmati Gucci e realizzazione di un torneo speciale, Gucci Open.

Gucci eSport

Il secondo gioco scelto è stato The Sims 4, questa volta però con una strategia volta a promuovere e associare Gucci alla sostenibilità ambientale.  È stata fedelmente riprodotta, in versione digitale, la collezione eco-sostenibile Off-The-Grid.

Gucci Sims

L’iniziativa più recente di Gucci nell’ambito gaming è all’interno di Roblox,  piattaforma gaming in cui ogni utente può ricreare il proprio mondo e la cui quotazione in borsa ha toccato i 45 miliardi di dollari.

gucci roblox

Il progetto Gucci, ideato per festeggiare il centesimo anniversario del brand, ha visto la nascita di Gucci Garden Experience, un evento in cui è stato ricreato un ambiente in cui i giocatori potevano fare shopping oppure rilassarsi in una location personalizzata. Sono stati in molti ad aver acquistato i prodotti Gucci in versione digitale, spendendo cifre paragonabili ai corrispettivi oggetti reali. Infatti, alcune borse hanno anche raggiunto transazioni da 4000 dollari.

Fortnite e le integrazioni creative di grande successo

Fortnite non ha bisogno di presentazioni ed è stato la scelta di numerosi brand. Non si tratta solo di un gioco, ma di una piattaforma di intrattenimento completa in cui le sponsorizzazioni si inseriscono in armonia in un contesto di divertimento e competizione. Con i suoi concerti virtuali in-game, Fortnite ha davvero rinnovato il settore e il concetto di videogame.

Quello di maggior successo è stato The Astronomical, il concerto organizzato da Travis Scott all’interno di Fortnite, che ha avuto una risonanza stupefacente su tutti i social e piattaforme streaming: 27,7 milioni di partecipanti, 1,7 milioni di spettatori su YouTube e 1,2 milioni su Twitch.

Travis Scott x Fortnite

Questo non è stato solo un concerto, ma una grande opportunità che Nike ha sfruttato.

Infatti, il 2017 è l’anno che segna l’inizio della collaborazione tra Nike e Jordan con Travis Scott, che insieme hanno realizzato molteplici e colorate rivisitazioni delle iconiche Air Force 1.

Proprio durante l’evento, l’avatar del rapper americano ha indossato vari modelli, garantendo a Nike un’altissima esposizione e la possibilità di acquistare fisicamente le scarpe agli utenti collegati durante il concerto.

Anche Puma ha scelto Fortnite, associandosi al progetto di introduzione della versione virtuale del calciatore brasiliano Neymar. La collaborazione ha visto l’inserimento di una skin personalizzata dell’atleta, molteplici accessori e l’organizzazione di un torneo avviato il 28 aprile 2021, la Coppa Neymar Jr. Partecipando al torneo il miglior giocatore di ogni Paese ha vinto le sneakes Puma x Fortnite Future Z, in limited edition e non in vendita.

Puma si è inserita nel gioco anche nella modalità creativa, proponendo ai players uno spazio dedicato ad esperienze a tema parigino nel Puma Welcome Hub.

Infine anche NBA ha optato per Fortnite, con l’obiettivo di intraprendere una campagna di attivazione di brand avviata nella notte tra venerdì 21 e sabato 22 maggio 2021. Un progetto inaugurato con l’inizio dei play-off negli Stati Uniti e che ha previsto più step: introduzione di skin personalizzabili con le 30 maglie delle franchigie, pacchetti di accessori selezionati da due famosi atleti NBA (Donovan Mitchell e Trae Young), organizzazione di un evento esclusivo e creazione di un punto di ritrovo nella modalità creativa di Fortnite, NBA Welcome Hub.

L’evento, Fortnite x NBA: The Crossover si è svolto nel corso di cinque giornate e ha visto partecipare circa 1 milione di giocatori divisi tra la categoria fan e players delle 30 franchigie.

Come abbiamo visto, i progetti e le idee attraverso cui i brand possono entrare in una nuova dimensione virtuale di gioco, sono infinite.  Una rilevante occasione per intercettare target molto ampi e variegati ma allo stesso ben definiti, per sviluppare e potenziare nuovi modelli di business e infine per trasmettere valori e vicinanza del marchio alle nuove tendenze.

Sono infatti il coinvolgimento strutturato su più livelli, l’opportunità di testare in prima persona e la creatività i tre assi portanti su cui sono state sviluppate tutte queste iniziative di attivazione di brand all’interno di giochi e titoli eSport. Un’efficacia reale in cui la customizzazione permette agli utenti di sentirsi profondamente parte del marchio, indossando abiti ed accessori come nel caso delle iniziative in-game di Burberry e Gucci.

I videogame, a fronte anche della nascita di nuovi e diversificati stili di vita, saranno la nuova frontiera di fusione armonica tra il brand e i consumatori.

purpose

Come la tua azienda può cambiare il mondo partendo dal Purpose

Nioghalvfjerdsfjorden sembra una parola scritta a caso da un bambino sulla tastiera del computer di casa, di quelle che si escono fuori mentre si gioca a fare gli impiegati come mamma o papà.

In realtà, è una parola islandese, o meglio: è un nome proprio. Di un ghiacciaio della Groenlandia, per la precisione. Uno dei tanti posti che probabilmente non si sarebbero mai sentiti nominare se non fosse per un fatto capitato nell’autunno del 2020.

Lo scorso settembre, infatti, è dal ghiacciaio Nioghalvfjerdsfjorden che si è staccato un blocco di ghiaccio grande quando Parigi. Un gigantesco iceberg, proprio così.

Le cause sono, manco a dirlo, da ricondurre al Global Warming. È una di quelle notizie che riempiono le code dei telegiornali, lasciano lo spazio dell’indignazione nei primi secondi pur apparendo lontanissime e vengono anche dimenticate senza conseguenze apparenti. Un po’ come tutto ciò che riguarda il riscaldamento globale.

Cosa c’entra tutto questo con il Purpose, le aziende e le nuove tendenze?

La risposta sta nel definire l’origine del fenomeno: perché la necessità di identificare un Purpose è sì evidente, ma non si può comprendere fino in fondo se non si comprende il “perché” oggi sia così di stretta attualità.

E no, non può bastare dire “i consumatori ce lo chiedono”. Per capirlo fino in fondo, bisogna capire da dove nasce il bisogno di dare alle aziende uno scopo.

Rimuovere come forma di controllo

Torniamo per un attimo al cambiamento climatico. Il rumore che fa un iceberg grande quanto una capitale europea è diverso da quello di uno scarico di automobile inutilmente in movimento o una bottiglietta di plastica abbandonata in spiaggia.

Il peso specifico è lo stesso, però, se consideriamo che entrambi i fenomeni si possono ricollegare a una stessa matrice, ossia il modello di sviluppo che il mondo, o meglio, una parte del pianeta, si è dato.

Il fenomeno del riscaldamento globale infatti, pur ostracizzato da una certa corrente di pensiero definita negazionista, da più parti è indicato come un fenomeno fortemente correlato all’azione umana e anzi, causato dalla stessa. Ed è evidente che molto c’entri come e quanto produciamo e consumiamo.

Questa consapevolezza, però, non ha sembrato generare, almeno fino ad oggi, un mutamento nei comportamenti delle persone. Anzi, si potrebbe tranquillamente dire che le persone abbiano continuato a comportarsi come se il problema non ci fosse.

Certamente, alcuni potrebbero condividere l’opinione che tutto sia frutto di un normale processo trasformativo del nostro pianeta. Questa posizione però è notoriamente minoritaria e non condivisa dalla maggioranza della comunità scientifica.

Su questo punto è interessante leggere una riflessione pubblicata già nel 2014 da Stefano Caserini, docente del Politecnico di Milano, contenuta in un paper da titolo “I cambiamenti climatici: la sfida del XXI secolo“.

Nella pubblicazione, un po’ datata ma ancora attuale, si può leggere una riflessione puntuale sulla percezione del problema “riscaldamento globale”, un fenomeno che si sta manifestando da almeno un secolo e negli ultimi trent’anni ha paurosamente accelerato.

“La lentezza del cambiamento e i messaggi tra loro dissonanti veicolati dai mass media generano una sensazione di impotenza diffusa, se non paralisi: l’utente-spettatore che ascolta gli scienziati contrapporsi sullo schermo non sa più a chi credere e su quale base agire; percepisce l’aleatorietà e discutibilità di ogni posizione scientifica e non sa reagire, né ha spesso gli strumenti e le competenze per discernere e farsi un’idea propria su temi così complessi, anche perché spesso non arricchisce il suo sapere con contributi culturali non provenienti dalla televisione.”.

Televisione, certo, ma non solo. Una decina di anni fa si era appena cominciato a parlare di filter bubble e simili. Oggi, però, non è più un concetto così vago, ed è noto che arricchire il proprio bagaglio culturale è azione che contempla inevitabilmente il coinvolgimento della sfera digitale, con il fenomeno di selezione a monte delle fonti che porta, com’è logico, la formazione di un’opinione viziata da preconcetti.

Il professor Caserini però non si limita a questo, e continua con un ulteriore elemento di riflessione, decisamente più interessante.

Le percezioni soggettive possono solo parzialmente essere informative su un problema, quello del clima, caratterizzato da una grande inerzia temporale. La paura non sembra un fattore che porta ad un maggior coinvolgimento nelle azioni di mitigazione, e gli shock causati da eventi estremi non sembrano determinare necessariamente più consapevolezza. L’irregolarità del fenomeno e i fattori di disturbo rendono importante un’interpretazione non solo dei singoli eventi, magari basata su sensazioni individuali, temporanee, ma su una lettura globale dei processi in corso. Negli ultimi anni si è giunti a teorizzare, quale extrema ratio, una pedagogia delle catastrofi: paradossalmente, gli uomini potrebbero cambiare se e solo se colpiti direttamente da eventi altamente stressanti (ma non letali, o almeno non per tutti…), tali da costringerli a generare e ricercare nuovi apprendimenti, vere e proprie conversioni dei loro stili di vita e di pensiero sul pianeta. Una potente ristrutturazione cognitiva, insomma.“.

In altre parole, il cambiamento climatico non ci sta toccando ancora così direttamente da comprendere come ogni piccolo cambiamento nel nostro stile di vita può impattare sul risultato finale. Questo ci porta a non considerare che anche noi, nella nostra individualità, possiamo contribuire a fermare un fenomeno potenzialmente disastroso.

Possiamo impedire a mani nude e da soli che un iceberg si stacchi dal Nioghalvfjerdsfjorden? Teoricamente no. Praticamente, sì: basterebbe convincersi che è così.

Se infatti tutti capissimo che ogni nostro gesto è correlato a conseguenze più grandi, riusciremmo a orientare avvenimenti decisamente più grandi di noi.

È un problema epocale, si sa: se tutti facessero la propria parte. Il punto è che, cognitivamente, sembra che l’uomo non sia in grado di farlo.

Un po’ perché egoista, un po’ forse perché vittima di questo principio di rimozione.

Ci racconta in esclusiva Stefano Liberti, giornalista esperto di cambiamento climatico e autore di diversi libri sul tema, l’ultimo intitolato Terra Bruciata: “C’è un problema di tempo: si parla infatti del “Dobbiamo farlo per i nostri figli”, quando in realtà c’è un discorso di tempestività. Perché la raccontiamo così? Perché nel dibattito pubblico se ne parla con tempistiche più dilatate? Se si confronta ad esempio come ci siamo confrontati con la pandemia abbiamo una differenza abbastanza evidente. Ci sono due cose complementari: la percezione che siamo di fronte a qualcosa di “spazialmente” e “temporalmente” lontano, che sembra non riguardare noi ma riguardi altre latitudini, altri paesi, e che quindi non ci riguardi. Questo approccio non considera ad esempio l’interconnessione degli equilibri del pianeta. La seconda è che spesso si ha la percezione che il problema sia talmente grande che non possiamo avere soluzioni per risolverlo. Siccome è così grande lo sublimiamo, facciamo finta che non ci sia. Questo anche perché lo si racconta così, come un qualcosa di gigantesca, ed è un qualcosa che riguarda anche gli attivisti, che presentano il Global Warming come catastrofico. Immaginare che ci siano delle soluzioni per temperare e adattare il nostro mondo alla nuova situazione è vitale.“.

Fino ad oggi?

Credere nelle idee non è più così semplice

La risposta per opporsi a una trasformazione epocale, a un problema collettivo, a una sfida per il futuro sembrerebbe essere affidata a due diversi aspetti: alle istituzioni (governo, parlamento, rappresentanti del popolo) e conseguentemente alle ideologie che ne sostengono la gestione.

Se intervengono le entità chiamate a dare un indirizzo alle masse, teoricamente si dovrebbe ottenere un risultato.

Ciò non avviene se a mancare è la fiducia: e nelle istituzioni, così come nelle ideologie, si può dire che ce ne sia rimasta pochina.

Le ideologie sembrano essere morte, a fronte delle idee che invece ancora resistono, con conseguente vulnus gestionale. Scrive Daniele Fulvi su TheVision: “Ad essere scomparsa dai radar, dunque, non è l’impostazione dell’azione politica sulla base di valori etici, ma la buona politica che di tali valori si dovrebbe nutrire. Soprattutto nelle nuove generazioni, è molto forte l’urgenza di implementare una visione del mondo che si contrapponga a quella del capitalismo neoliberista, ormai in profonda crisi.“.

Una sensazione confermata anche dai dati.

Secondo un’indagine pubblicata dal PEW Research Center, negli Stati Uniti dal secondo dopoguerra in avanti si è evidenziato un trend negativo particolarmente marcato nella fiducia dei cittadini verso il governo e verso gli organi che dovrebbero far riferimento per una sana vita pubblica: i partiti.

 

Non va meglio in Europa: secondo un’indagine svolta dalla Comunità Europea, negli ultimi quindici anni il legame soprattutto con le istituzioni nazionali sta deteriorandosi, lasciando spazio a un generale scetticismo in particolare verso quelle più vicine all’idea di democrazia e rappresentatività, il Parlamento.

A proposito della perdita di fiducia verso le ideologie, ci racconta Giorgio Triani, sociologo e docente di Comunicazione giornalistica e pubblicitaria presso l’Università di Parma, dove è anche coordinatore del master su Web communication e social media: “Il fenomeno orami della caduta verticale delle ideologie non comincia oggi. La fine delle Grandi Narrazioni era già stata annunciata da Francois Lyotard nel famoso saggio La condizione post moderna e da un decennio e più le consideriamo defunte. Morte. Dire però che le ideologie sono morte è una grossa inesattezza, per quanto efficace come immagine. Perché le ideologie non muoiono mai: si trasformano, cambiano. ma sono sempre pronte a riprendersi il loro posto, nella politica soprattutto. Ne di sinistra ne di destra come amano oggi dire in molti. Secondo il noto libro di Barthes, Miti d’Oggi è la più netta, ancorché nascosta e furba, forma di ideologia. D’altra parte le ideologie sono sistemi di valori, di credenze, attese, emozioni, paure e quant’altro. Diciamo che le ideologie, quelle che abbiamo ereditato dal secolo scorso sono in pausa, pronte però a riaccendersi. Credo si possa pronosticare che presto con la crisi epocale in corso ritorneranno prepotentemente in sella.”

E quindi, che si fa?

I CEO (e le aziende) come guida

In questo spazio vuoto comincia a intravedersi la ragione per cui, oggi, parliamo di Purpose.

Chi prende il posto delle istituzioni nel cuore delle persone? Chi sono gli organi preposti a lavorare per risolvere i grandi problemi del pianeta?

Secondo l’Eldeman Trust Barometer 2021, la risposta sta nel mondo del business.

L’indagine ci mostra dei dati molto interessanti, e un assunto che potrebbe diventare un mantra che riassume perfettamente il nostro tempo: le persone si aspettano che il business vada oltre il business.

Il 65% degli italiani afferma che le figure che dovrebbero assolvere il ruolo di problem solver quando il governo non riesce più ad agire per risolvere i problemi sociali sono i CEO.

Il 57% li indica come guida ideale per il cambiamento, a discapito dell’attesa del governo.

Infine, e questa è la notizia più interessante, il 55% crede che i CEO dovrebbero essere responsabili non solo nei confronti di consigli di amministrazione e degli stakeholder, ma anche nei confronti dell’opinione pubblica.

Perché questa fiducia?

La tesi più attendibile sembra quella che indica la maggior attenzione spesa dalle aziende verso temi quali la sostenibilità, la collettività e l’etica: in altri termini, CEO e brand sono vittime della trasformazione (in positivo) che la consapevolezza di dover agire nel rispetto del contesto sociale, economico e ambientale ha comportato.

Pur limitandosi allo scenario italiano, c’è da scommetterci che queste statistiche siano coerenti con quelli europei e mondiali.

Un battito d’ali per cambiare il mondo: il Purpose è un incipit

Con Effetto Farfalla, secondo la Treccani, si indica “l’estrema sensibilità alle condizioni iniziali esibita dai sistemi dinamici non lineari. In altri termini, infinitesime variazioni nelle condizioni iniziali producono variazioni grandi e crescenti nel comportamento successivo dei suddetti sistemi“.

In una situazione di caos, ogni minima variazione può condurre a una trasformazione epocale.

Torniamo allora al tema con cui abbiamo cominciato il nostro articolo: evitare di lasciare una bottiglietta di plastica sulla spiaggia, o di prendere l’auto per percorrere 600 metri, può contribuire a non accrescere l’inquinamento degli oceani o allo scioglimento dei ghiacci del Nioghalvfjerdsfjorden in Groenlandia?

Se rimangono gesti isolati, no.

Ma le se le bottiglie che si evita di lasciare sulla spiaggia diventano cinque milioni, o si evita di prendere trecentomila auto per percorrere 600 metri, si può auspicare che sì, qualcosa possa cambiare.

Per le persone, che assolvono il ruolo di consumatori, diventa più semplice immaginare di smettere di comprare merce in plastica o prendere l’auto per tratti brevi se a consigliarlo è una marca che offre un’alternativa altrettanto soddisfacente, se sapranno che le proprie marche preferite scelgono a monte di cambiare per raggiungere quegli scopi.

Ad esempio, producendo packaging a basso impatto ambientale o proponendo vetture ibride io non faccio solo una scelta di mercato, ma anche etica.

Secondo l’indagine effettuata da GFK nel novembre 2020 “Who Cares, who does”, questa tendenza si è accentuata nel New Normal, complice la pandemia che ha mostrato come la quotidianità potesse esser vissuta con modellizzazioni differenti.

 

Sempre rimanendo sul mercato italiano: il 30% dei consumatori evita i prodotti con imballaggi in plastica, il 36% non acquista più prodotti che impattano negativamente sull’ambiente, il 62% preferisce i brand che sono concretamente attenti all’ambiente.

 

Un piccolo gesto come l’acquisto di un prodotto invece di un altro diventa la testimonianza concreta che ognuno di noi sta facendo la propria parte: la cosa più importante, è che tutto questo può avvenire senza cambiare le nostre abitudini.

Ancora Giorgio Triani: “Sì, attualmente pare che il consumo e le marche abbiano preso il posto della politica e delle ideologie. Però è un a funzione vicaria, surrogata. Si sono infilate nel vuoto e lo hanno colmato. Personalmente credo che aziende e brand possano assolvere una funzione importante nell’orientare le persone. Ma lo possono e debbono fare nello specifico proprio. Ovvero sui temi (ideali) che ispirano le rispettive missioni aziendali, ma non pensando di diventare loro delle Chiese, dei Partiti. Per fare esempi  Barilla può e deve proporre una cultura corretta del cibo, ma non pensare di potersi esprimere su tutto ( sul cambiamento climatico e sulle smart city) …il mondo che vorrei deve fermarsi alle Nastrine o agli spaghetti…… Per tutti vale  la raccomandazione di attenersi al proprio stretto ambito, nel momento in cui si assumono posizioni non meramente merceologico“.

Evitando l’effetto “religione” che può portare l’individuo a deturpare l’effetto benefico di questa tendenza al consumo consapevole e “migliorativo”, possiamo pensare che l’Effetto Farfalla di cui parliamo possa generare in maniera totalmente automatica e sinergica un cambiamento che diventa evidente e si muova come una valanga,  come scatenato da un’unica matrice di senso e frutto dell’unione di un’intelligenza collettiva, la community attorno alla marca, che si fa un tutt’uno con l’azienda che ispira il cambiamento.

Cosa che poteva succedere attorno a un movimento politico e di opinione, e che oggi si sviluppa quando andiamo al supermercato o finiamo nello shop online del nostro marchio preferito.

La campagna Adidas in partnership con Parley “Run for the Ocean” per la protezione degli oceani: la plastica raccolta torna in circolo sotto forma di scarpe. Un brand che “cambia la vita” e dà un senso alle persone.

A confermare ciò, Stefano Liberti: “Le grandi aziende si stanno schierando, penso a Patagonia che fa operazioni che sono contrarie al proprio modello di business. Al di là del fatto che siano un B-Corp, loro sembrano genuinamente interessati ad affrontare i problemi che affliggono il clima, sembra anche più dei soggetti pubblici che devono mediare con i grandi centri di potere, le corporazioni, e diventa tutto un compromesso. Questa crisi però non è risolvibile con i compromessi, e bisogna schierarsi: anche perché alcuni interessi saranno sopraffatti, sia per mitigare le cause che per adattarsi agli effetti. Spesso si dice che il cambiamento passa dai comportamenti dei singoli e dei gruppi, che devono diventare sostenibili: il rischio che diventi un alibi per le decisioni che vanno prese, che vanno fatte le macropotenze come USA, Europa, Cina. Gli obiettivi sono difficili da raggiungere, per questo ci va un intervento possente. Lo stesso vale per i territori, la cui azione di adattamento richiede l’intervento dello Stato. Certo, i comportamenti che nascono dal consumo consapevole possono spingere la politica a essere più incisiva: il comportamento del singolo però sposta poco. Se però le aziende diventano driver di cambiamento qualcosa si può smuovere: è più facile comprare qualcosa in cui la soluzione è già integrata, che non cambiare le mie abitudini. Se c’è un’azienda che mi vende una bevanda in plastica riciclata e l’altra no, nn dovrò cambiare abitudini e certamente ci sarà un impatto.“”

Il Purpose è solo una logica conseguenza, una risposta al vuoto lasciato nelle persone per rispondere al loro bisogno di dare un senso alle cose.

Nel “Il Secolo Breve” tutto questo veniva assolto dalla forza delle ideologie, oggi dall’individualistico bisogno di soddisfare le proprie necessità che, finalmente, sembra non più essere fine a se stesso.

Chiaro che centrando il Purpose, un’azienda offre anche un senso alle cose che compie. Diventa più credibile. Attiva trasformazioni più credibili.

In termini narrativi: scrive l’incipit di una storia che diventerà a tutti gli effetti parte di tanti, e a cui tanti prenderanno parte.

Non sappiamo se sia positivo osservare come tutto questo venga generato dall’atavica incapacità dell’uomo di rinunciare a qualcosa (perché, comunque, rimane sempre il consumo il centro di tutto): sicuro non sia del tutto premiante per chi crede che l’umanità possa migliorarsi.

Certamente, se una marca può aiutare a combattere la xenofobia o la diffusione delle microplastiche, allora è comunque un qualcosa di positivo che può contribuire alla crescita collettiva.

google posticipa il blocco dei cookie

Fermi tutti! Google posticipa il blocco dei cookie di terze parti

Google ha deciso di ritardare un importante cambiamento sulla privacy per il suo browser Chrome, spostando il piano per bloccare i cookie di terze parti fino alla fine del 2023, mentre approfondisce come proteggere gli utenti permettendo agli editori di continuare a monetizzare.

L’anno scorso, il gigante dei motori di ricerca aveva dichiarato che avrebbe impedito al browser più utilizzato al mondo di accettare i cookie di terze parti che aiutano gli inserzionisti, gli editori e i broker di dati a profilare gli utenti per aiutare gli inserzionisti a indirizzare gli annunci verso le persone.

Il cambiamento avrebbe reso impossibile agli inserzionisti mostrare annunci correlati alla cronologia di navigazione dell’utente.

Google ha però rimandato questa rivoluzione, concedendosi più tempo per sviluppare e testare alternative di protezione della privacy, a partire dalla Privacy Sandbox, l’ambiente utilizzato per la sperimentazione delle nuove possibili strade da percorrere.

privacy gdpr

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Abbiamo bisogno di muoverci a un ritmo responsabile, prevedendo un tempo sufficiente per la discussione sulle soluzioni giuste e consentire agli editori e all’industria pubblicitaria di adeguarsi“, ha detto il direttore di Chrome Engineering Vinay Goel in un blog post. “Vogliamo evitare di mettere in pericolo i modelli di business degli editori sul web“.

La notizia delle intenzioni di Google di eliminare il tracciamento dei cookie di terze parti aveva alzato un polverone nell’industry della pubblicità, con moltissimi player del settore che si sono affannati alla ricerca di soluzioni alternative. Ora il pericolo sembra momentaneamente allontanato.

L’attenzione per i temi legati alla privacy è un tema che ha tenuto banco in molte e diverse sedi, a partire dall’aggiornamento di iOS di Apple, che ora concede alle persone la scelta di essere o meno tracciati dalle app installate sull’iPhone, fino agli organi di controllo nazionali e sovranazionali, che hanno avviato diverse indagini sulla questione.

C’è da dire che quasi tutti i principali rivali di Chrome, tra cui Safari di Apple, Firefox di Mozilla, Edge di Microsoft e Brave Software, adottano misure più aggressive di Google per fermare il tracciamento. Se si vuole rimanere con Chrome, le estensioni del browser come Ghostery, DuckDuckGo, Privacy Badger e uBlock Origin, permettono comunque di bloccare i tracker.

I metodi alternativi al tracciamento

Una parte della motivazione di Google per rimandare il suo piano può dipendere dal fatto che agire troppo velocemente potrebbe incoraggiare le aziende di tracciamento a usare metodi di tracciamento più subdoli dei cookie.

Uno di questi metodi, il fingerprinting, usa i tracker per raccogliere i dettagli della configurazione del browser, come la versione utilizzata, il tempo di utilizzo, e altri dati che consentono un’identificazione accurata nonostante il blocco dei cookie.

Una potenziale soluzione per i siti web è quella di implementare gli sforzi sui cookie di prima parte, per esempio prevedendo la registrazione per la visualizzazione dei contenuti gratuiti. Azione che fornisce un identificatore molto specifico per profilare il comportamento e abbinarlo alle attività online.

I browser infatti non bloccheranno i cookie di prima parte, che sono impostati dall’operatore del sito web o dagli inserzionisti che contribuiscono agli annunci. Per capirci, sono quei cookie che aiutano a ricordare cosa abbiamo messo nel carrello di un eCommerce o ci mantengono loggati per le visite successive.

Biscotto

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Le alternative allo studio di Google

Oltre a eliminare gradualmente i cookie di terze parti, Google sta lavorando su una tecnologia chiamata apprendimento federato di coorti, o FLOC, che abbina gli annunci a grandi gruppi di persone, piuttosto che agli individui. Con esso, il browser monitora la storia di navigazione e raggruppa il singolo a migliaia di altri navigatori con un comportamento simile, in un gruppo.

Gli inserzionisti, notando che una particolare coorte sta visitando un tipo di sito web, possono quindi mostrare annunci ad altri membri di quella coorte su altri siti.

Anche FLOC però si è guadagnata la sua buona dose di critiche. La Electronic Frontier Foundation, un’organizzazione no-profit per i diritti digitali, sostiene che FLOC sia una “idea terribile”.

Mozilla, invece, ha concluso che FLOC permette ai siti di “imparare molto su di te con molto meno sforzo di quanto avrebbero bisogno di impiegare oggi”