Eliana Glielmi
Consulente per le aziende alimentari e istituzioni. Fondatrice e CEO di Cibus Academy
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Parte anche quest’anno, a poche settimane dalla fine dell’anno scolastico, il progetto "Frutta nella Scuole", del MiPAAFT (Ministero delle Politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo) in partnership con il Ministero della Salute, il Ministero dell’istruzione e l’istituto sperimentale CREA.
Lo scorso anno scolastico gli istituti scolastici che hanno già fornito la propria adesione e quindi ricevuto la frutta per i propri studenti sono stati circa 2.900, corrispondenti a più di 1,2 milioni di alunni. Di questi, 960.000, sono stati coinvolti nelle distribuzioni regolari (dati diffusi dal sito del progetto).
Quest’anno, dal 21 maggio 2019, sul sito del progetto è possibile aderire all’iniziativa iscrivendosi come scuola e quindi ricevere la frutta la mattina, direttamente davanti l’edificio scolastico mediante la rete delle aziende che hanno vinto il bando ministeriale per partecipare al progetto.
Ma a prescindere dal ritardo della partenza, entriamo nel merito del progetto.
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Come possiamo leggere dal sito istituzionale, il progetto “è destinato alle scuole ed individua negli alunni delle scuole primarie di età compresa tra i 6 e gli 11 anni i destinatari che vi partecipano a titolo completamente gratuito”.
Segue, sempre sul sito, “l’obiettivo è quello di incoraggiare i bambini al consumo di frutta e verdura e sostenerli nella conquista di abitudini alimentari sane, diffondendo messaggi educativi sulla generazione di sprechi alimentari e sulla loro prevenzione”.
Il punto è proprio questo.
Fino a qualche anno fa (forse, ma non per me) vedere tanta plastica avvolgere la frutta non suscitava tanto scalpore, ma oggi in un momento storico in cui ci saltano in faccia, sui social network, immagini di animali marini soffocati dalla plastica o uccelli che sputano plastica e contemporaneamente le associazioni ambientaliste denunciano urlando una situazione drammatica e di non-ritorno per la fauna di molti paesi, l’opinione pubblica non riesce così facilmente a digerire le modalità di fruizione del servizio.
Questo è il momento in cui Greta cammina per le strade di tutta Europa per sensibilizzare i “grandi” dal basso della sua età e statura, ad un maggiore rispetto dell’ambiente!
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Quindi “per diffondere messaggi educativi per la nuova generazione” e quindi per i futuri cittadini, le istituzioni hanno pensato bene che la cosa migliore fosse fornire frutta lavata, tagliata, addizionata di antiossidanti, e porzionata in mini sacchetti di plastica (PP) e a sua volta in un ulteriore imballo secondario (cartone).
Gli adulti, e ancor peggio le istituzioni, che dovrebbero orientare i bambini ad un mondo migliore e alla salvaguardia dell’ambiente, hanno perso l’ordine delle priorità delle cose e vogliono educare al consumo di frutta e verdura servendola imballata da un futuro rifiuto.
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Far mangiare la frutta e la verdura a discapito dell’ambiente non ha una grande funzione educativa, anzi. Il vero messaggio, forse inconsapevole, che si trasferisce a oltre un milione di bambini con il progetto è "mangiate bene anche a costo di usurpare l’ambiente e producendo rifiuti".
Pur essendo imballi riciclabili, sono pur sempre rifiuti e in questo momento storico, oltre ad educare alla corretta alimentazione e al riciclaggio di tutti i rifiuti, è necessario sensibilizzare gli adulti e ancor più i bambini al rifiuto ZERO, all’impatto sull’ambiente delle proprie azioni e dei propri consumi e allo spreco alimentare.
Una corretta alimentazione alla quale si vuole educare i bambini non può prescindere dal rispetto dell’ambiente e dall’impatto che l’alimento stesso può aver avuto prima di arrivare nello stomaco.
Oggi invece le insegnanti di tutta Italia, si troveranno milioni di sacchettini di plastica che nelle scuole difficilmente vengono differenziati per assenza di mezzi e tempo, milioni di cartoni (imballi secondari) e ancor di più sacchetti integri e mai toccati dai bambini, questo perché la frutta dentro le confezioni, se è stata consegnata a fette e lavata, stoccata non refrigerata per molto tempo nei piazzali delle scuole o negli atri, è molto probabilmente marcia o, se ci è andata bene, ossidata e in ogni caso i bambini non la toccano affatto.
Oggi sentiamo forte la necessità di trasferire i concetti di impronta ecologica di ciò che si consuma e si mangia, stimolando le aziende, le istituzioni e le persone a preoccuparsi del Ciclo di vita del prodotto (LCA) che si produce o si compra, pensando alla sua storia dalla culla allo scaffale (LCA è l’acronimo inglese di Life Cycle Assessment; è uno strumento utilizzato dai tecnici ambientalisti per valutare il potenziale impatto ambientale di un prodotto, di un processo o di un’attività durante tutto il suo ciclo di vita, dalle risorse usate per produrlo ai rifiuti che si produrranno fino a fine vita del prodotto stesso).
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Con l’augurio che il prossimo anno possa andare meglio.
Insegniamogli la stagionalità, perché un frutto di stagione è più forte e non ha bisogno di aiuti fitosanitari per arrivare a maturazione.