Sotto tag Studente di Personas

Horizon di Meta

Tegola sul Metaverso: il vice presidente di Horizon di Meta lascia la società

Il capo della piattaforma di realtà virtuale Horizon di Meta , la principale porta d’accesso al metaverso che l’azienda sta costruendo con miliardi di dollari, lascia il suo incarico per una nuova opportunità, secondo quanto dichiarato a Reuters.

Un portavoce di Meta ha confermato la partenza del vicepresidente Vivek Sharma e ha detto che il suo team riferirà direttamente a Vishal Shah, vicepresidente del Metaverse. Sharma non ha voluto approfondire con ulteriori motivazioni.

Il vice presidente Horizon di Meta lascia la società

LEGGI ANCHE: Il Metaverse Standards Forum scrive le regole mondiali del Metaverso

Di cosa si occupa Sharma in Horizon di Meta

Sharma è stato fino ad ora responsabile dello sviluppo dell’ambiente virtuale immersivo che gli utenti sperimentano all’interno del metaverso di Meta, accessibile principalmente tramite i dispositivi di realtà virtuale dell’azienda, come i visori Oculus.

Sebbene il business associato ai mondi virtuali dell’azienda sia ancora in fase nascente, l’obiettivo è quello di rendere questi mondi il luogo principale in cui i marchi e gli sviluppatori di terze parti possano raggiungere la base di utenti di Meta. Alla base del successo, naturalmente, c’è il presupposto che il metaverso decolli diventando mainstream.

Tra le piattaforme create dal team di Sharma ci sono Horizon Worlds, una vasta piattaforma di costruzione di mondi VR, e Horizon Venues, incentrata sugli eventi virtuali e già disponibile anche in Italia.

Horizon Workrooms, è invece una tecnologia per conferenze virtuali rivolta ai clienti aziendali, è gestita dalla divisione “casa e lavoro” di Meta, focalizzata sulle imprese.

La partenza di Sharma arriva a seguito di un episodio imbarazzante per Meta che ha coinvolto Horizon Worlds, in cui i critici hanno deriso la qualità grafica dell’avatar dell’amministratore delegato Mark Zuckerberg che aveva postato uno screenshot su Facebook scatenando immediatamente critiche e ironia e sollevando anche diverse perplessità sullo stato di maturità del progetto. Il post era però particolarmente rilevante per l’annuncio dell’apertura del mondo virtuale della corporate di Facebook in Spagna e Francia; l’ingresso in Europa di Horizon Worlds è infatti attesissimo.

Giorni dopo, Zuckerberg ha poi pubblicato una seconda immagine che mostra un avatar più sofisticato e un mondo virtuale decisamente più elaborato. Ha ammesso francamente che l’immagine precedente era “piuttosto elementare” e ha promesso “importanti aggiornamenti a Horizon e alla grafica degli avatar in arrivo“.

Sharma, che lavora per Meta da più di cinque anni, è stata in precedenza vicepresidente dei prodotti per Facebook Gaming e Facebook Marketplace.

Vuoi approfondire l’argomento? Leggi anche:

Nel Metaverso sono arrivati gli avatar non-binari

Metaverso: cos’è e possibili applicazioni presenti e future

Anche Rai Cinema è entrata nel Metaverso su The Nemesis

Creator Economy e Decentralizzazione come base per la costruzione del Metaverso

Cosa ti stai perdendo nel metaverso: The Sandbox Edition

pubblicità su Netflix

In arrivo la pubblicità su Netflix: prezzi in calo e catalogo ridotto

Prepariamoci per l’arrivo della pubblicità su Netflix. Secondo un report di Bloomberg pubblicato nel fine settimana, l’abbonamento di Netflix con contenuti pubblicitari potrebbe costare da 7 a 9 dollari al mese. Per fare un confronto, negli Stati Uniti il servizio di streaming offre un piano base a schermo singolo per 9,99 dollari al mese, mentre il piano più venduto, che offre lo streaming full HD su due schermi, costa 15,99 dollari al mese.

Come sarà la pubblicità su Netflix

Il rapporto di Bloomberg ha sottolineato che Netflix prevede di mostrare circa quattro minuti di pubblicità per  ogni ora di programmazione, una quantità comunque pari o inferiore a quella dei suoi concorrenti. Il rapporto afferma inoltre che la società potrebbe mostrare annunci pubblicitari prima e durante uno spettacolo, ma non mostrerà nulla dopo la fine di un episodio.

Ad aprile, il gigante dello streaming aveva dichiarato di prevedere l’uscita dell’abbonamento ad-supported nel 2023. Da allora, diverse fonti hanno sottolineato che l’azienda potrebbe lanciare questo piano entro la fine dell’anno in almeno una mezza dozzina di mercati nell’ultimo trimestre del 2022.

pubblicità su Netflix - 2

LEGGI ANCHE: Il gaming sulle smart tv rappresenta la nuova frontiera della pubblicità

Pubblicità su Netflix: cosa cambia con il piano ad-fueled

Durante la recente conferenza stampa sugli utili, Netflix ha confermato che gli utenti che si abboneranno al piano ad-supported non avranno inizialmente accesso a tutto il catalogo, cosa che potrebbe dipendere dai suoi accordi di licenza con diversi studios. Recenti informazioni hanno anche rivelato che Netflix potrebbe consentire la visione offline del contenuti anche in questo nuovo tipo di piano.

Bloomberg ha anche suggerito che Netflix potrebbe non inserire pubblicità nei contenuti dedicati ai bambini, anche nel piano ad-supported e nella sua programmazione cinematografica originale.

Il gigante dello streaming sta cercando di raccogliere più utenti sperimentando piani più economici, come quelli per soli cellulari disponibili in India, Malesia, Nigeria, Kenya e Sudafrica.

Tuttavia, il piano ad-supported potrebbe diventare disponibile a livello globale dopo il lancio. Le stime indicano che gli annunci pubblicitari su Netflix genereranno entrate per 8,5 miliardi di dollari entro il 2027. Uno studio pubblicato a maggio da Digital TV Research suggerisce che il mercato globale dei video on demand supportati da pubblicità (AVOD) crescerà fino a 70 miliardi di dollari entro il 2027, con gli Stati Uniti che genereranno 31 miliardi di dollari.

LEGGI ANCHE: Streaming War, ecco chi sta vincendo la guerra degli abbonati

Anche Disney+ e Warner Bros. puntano sulla pubblicità

Netflix non è l’unico servizio di streaming che intende affidarsi a un piano di supporto pubblicitario per espandere la propria base di utenti. A marzo, Disney+ ha confermato l’intenzione di introdurre un sistema simile entro la fine dell’anno.

Durante la presentazione degli utili per il secondo trimestre del 2022, anche Warner Bros. Discovery ha dichiarato che sta esplorando un piano di supporto pubblicitario per il nuovo servizio creato dalla fusione di HBO Max e Discovery+ il cui lancio è previsto per il 2023.

messy middle model

Messy Middle Model: il nuovo modello che descrive processo di acquisto dei clienti

Il processo di acquisto è da sempre oggetto di studio e analisi da parte di coloro che sono impegnati nella funzione del marketing, alla ricerca di un modello che possa descrivere questo processo al fine di codificarlo per il proprio business di riferimento.
La teoria ha formulato negli anni tanti modelli ultimo dei quali il “Messy Middle Model”, che descrive le varie fasi del percorso d’acquisto, spesso molto confuse, che avvengono tra il primo trigger e l’acquisto effettivo e che rappresentano oggi la grande sfida di chiunque sia impegnato nel digital marketing.

Tutti sappiamo che il covid ha dato un forte impulso alle vendite online e gli stessi analisti di Google hanno stilato vari modelli preposti ad aggiornare la prospettiva sul processo decisionale dei consumatori ricorrendo ad esperti nel campo delle scienze comportamentali, “The Behavioural Architects”.

Il lavoro svolto da questi professionisti ha delineato un percorso per decifrare il modo in cui i consumatori decidono cosa acquistare, portando a comprendere il modo in cui i consumatori prendono decisioni in un ambiente online con innumerevoli opzioni e infinite informazioni a disposizione.

La prima cosa presa in considerazione è stata che le persone sfruttano i bias cognitivi, o distorsioni cognitive, radicati a fondo nella propria mente per affrontare e gestire i concetti complessi e su larga scala. Questi bias non sono una novità, esistono da molto prima di Internet, ed influiscono sulle decisioni di acquisto delle persone.

La ricerca condotta da Google, ha alla fine portato ad un aggiornamento del modello decisionale del consumatore, dove al centro regna il caos, uno spazio complesso tra il primo trigger e l’acquisto finale, in cui i consumatori sono sopraffatti e confusi, il Messy Middle.

Le persone cercano informazioni su prodotti e brand di una categoria e poi valutano tutte le opzioni a loro disposizione. Questo si riflette in due schemi mentali diversi che prendono forma nel Messy Middle del percorso di acquisto

  • esplorazione, un’attività espansiva; 
  • valutazione, un’attività riduttiva. 

Qualsiasi cosa stia facendo una persona, in un’ampia varietà di fonti online, come motori di ricerca, social media, aggregatori e siti web di recensioni, può essere classificata in una di queste due mentalità.

Percorso di acquisto dei consumatori

Fin qui è chiaro il fine o meglio l’essenza del “Messy Middle model” come nuovo modello di marketing per decodificare il processo di acquisto di un cliente, ma in che modo questi si antepone ai precedenti modelli ? 

Questo framework prevede che la fase awareness non va interpretata semplicemente come la fase top del customer journey, infatti un potenziale cliente va esposto continuamente al messaggio comunicativo. 

Altra aspetto di rottura rispetto ai precedenti modelli è dato dal processo di valutazione, attivato dal cliente prima dell’acquisto. Un tempo era interpretato come un momento  statico, oggi va visto come un loop continuo e per questo motivo le nostre opzioni di acquisto devono essere sempre presenti nei momenti più rilevanti. Nello svolgimento di questo step è fondamentale disporre di strumenti di machine learning.

Dai due punti appena esposti va da sé che l’esperienza d’acquisto deve essere semplice e veloce per finalizzare il risultato.

Chiunque abbia affrontato un esame di marketing strategico all’università oppure abbia seguito un corso di specializzazione si sarà imbattuto in un modello che da oltre un secolo descrive il funzionamento della pubblicità, il modello AIDA (Attention o Awareness, Interest, Desire, Action) introdotto da Lewis, rivisto da Strong e in ultimo da Kotler.

Il confronto del Messy Middle Model con AIDA

Dal modello AIDA deriva il funnel Awareness-Consideration-Conversion che raggruppa due fasi così da potersi adattare meglio agli strumenti di misurazione digitale per via delle difficoltà che avremmo nella valutazione tramite KPI “l’interesse” ed il “desiderio”.

Che relazione c’è tra il “Messy Middle Model” e il modello AIDA ? semplice è una sua moderna e più dettagliata rivisitazione alla luce dell’introduzione della multicanalità e dei canali digitali che bombardano il cliente di informazioni. 

AIDA vs Messy middle model

Con il “MMM” viene abbandonando il concetto di fasi sequenziali ad imbuto per una rappresentazione ricorsiva e circolare, aspetto che coloro che analizzano i percorsi di conversione su Google Analytics possono confermare quando vedono i lunghissimi conversion path:

Google Analytics convertion path

Google Analytics convertion path

Confrontando il modello AIDA con il MMM possiamo ben vedere che non ha molto senso interpretare la fase di awareness come uno specifico momento al top del modello, ma ha più senso vederla come una fase ricorsiva che va presentata più volte al potenziale cliente durante il suo “viaggio”. 

Infatti affinché un prodotto o un brand restino impressi nella mente del consumatore è necessario che il messaggio venga riproposto di continuo. 

Una domanda che ci poniamo a questo punto è, in un modello ricorsivo quando inizia la fase che innesta il processo di acquisto?

Tale processo inizia con uno o più trigger, dove in informatica un trigger è una condizione che scatena un evento. Se ad esempio mi invitano ad una festa e ho bisogno di un jeans, questa condizione scatena il trigger della ricerca del  prodotto, se il costo della bolletta telefonica è altro inizierò a cercare una compagnia più economica.

Analizzando queste situazioni risulta palese che il processo di acquisto non inizia con la fase dell’ awareness e che le condizioni sopra descritte si presentino prima della fase di “esplorazione” e “valutazione”.

Riprendendo il lunghissimo conversion path di cui sopra è curioso vedere quante volte quel potenziale cliente sia stata ingaggiato dalla campagna di brand e da quante altre campagne a differenti livelli del funnel prima di convertire. Quanti ripensamenti prima di procedere alla conversione! Ed è evidente che vi sono tantissimi touchpoint e di conseguenza dati da analizzare che possono essere elaborati solo da una macchina e da un algoritmo di machine learning. 

Messy Middle Model

I vari ripensamenti appena accennati scaturiscono dai bias cognitivi che vedremo tra poco.

Le fasi del Messy Middle Model

Passiamo adesso a descrivere le varie fasi del MMM:

Esposizione, prima che inizi il processo di acquisto del consumatore è necessario essere già presenti nella sua mente per far parte di quell’insieme di brand tra i quali effettuerà la scelta. Questo richiederebbe, da un punto di vista strategico, l’utilizzo di una campagna ADV always-on oppure attivare campagne ADV in determinati micro momenti.

Esplorazione e Valutazione sono due fasi che camminano di pari passo. Il cliente mentre esplora effettua delle valutazione e durante queste fasi dobbiamo essere presenti tramite campagne basate sul machine learning, “smart” utilizzando una terminologia cara a Google.

Queste campagne si basano sull’intento di ricerca del cliente e non sul modello classico legato alle keyword. Anche Facebook utilizza campagne adatte a questo scopo basate sull’utilizzo del lookAlike. 

Durante questa fase assumono un ruolo importantissimo i “bias cognitivi” perché non solo modellano il comportamento di acquisto dei clienti, ma  influiscono sui motivi che li spingono a scegliere un prodotto rispetto a un altro.

I bias cognitivi rappresentano il modo con cui il nostro cervello distorce di fatto la realtà, sono dei pregiudizi.

I bias cognitivi nel percorso d’acquisto

Di seguito l’elenco dei bias individuati da Google a seguito di una serie di esperimenti:

Euristica di categoria: brevi descrizioni di informazioni chiave del prodotto possono semplificare le decisioni di acquisto.

Potere dell’immediatezza: più tempo bisogna aspettare per usufruire di un prodotto e minore diventa l’intenzione di acquistarlo.

Prova sociale: consigli e recensioni da altre persone possono rivelarsi molto efficaci.

Bias di scarsità: un prodotto diventa più desiderabile se la sua disponibilità diminuisce

Bias di autorità: l’opinione di un esperto o di una fonte attendibile è particolarmente influente.

Potere della gratuità: un regalo incluso con un acquisto, anche se non correlato al prodotto acquistato, può essere un ottimo incentivo.

Ritornando alle fasi del MMM abbiamo:

Esperienza, il riferimento è all’esperienza di acquisto online che, inutile dirlo, effettuata attraverso un mezzo digitale deve essere semplice e immediata. Questa fase va piantonata tramite campagne di search brand e retargeting.

Acquisto, il processo è terminato e si innescano altri processi legati al delivery, al post vendita, customer service, fidelizzazione, ecc. .

Resta quindi assolutamente consigliabile tenere sempre presente questi elementi, cercare di intuirne il loro funzionamento e la loro correlazione in modo da costruire delle esperienze che sempre più si avvicinano al reale comportamento del cliente.

brand purpose

Perché il Brand Purpose non è un semplice badge da appuntarsi

Il Brand Purpose è la ragione per cui un brand esiste oltre che per il semplice scopo di fare soldi.

L’umanizzazione dei rapporti fra brand e consumatori sempre più consapevoli ha segnato un passaggio di stato nel modo di concepire il ruolo delle aziende. E il “perché” queste agiscono nel mercato.

Perché parliamo di Brand Purpose

Sempre più persone percepiscono il Brand Purpose come un fattore decisivo quando si tratta di acquistare un prodotto o servizio.

L’Earned Brand Study 2017 condotto da Edelman ha rilevato che il 50% delle persone in tutto il mondo afferma di farsi guidare dai valori del brand per le proprie scelte di consumo.

Il 67% afferma di acquistare i prodotti o i servizi di un brand perché è d’accordo con la sua posizione in merito a un argomento specifico.

LEGGI ANCHE: Cosa e quanto rischia la tua azienda senza un purpose chiaro

Perché è importante per noi

Se le aziende di tutto il mondo continuano a lottare per differenziarsi in settori sempre più sovraffollati, un brand orientato al purpose riesce a guadagnarsi la fiducia dei propri clienti.

Un forte Brand Purpose consolida il posizionamento di un’azienda nel mercato e ne condiziona il suo successo economico.

I tempi in cui le organizzazioni puntavano su fattori come prodotto, servizi e visibilità per collocarsi nel mercato, sono finiti. Sebbene continui ad essere importante, la Unique Selling Proposition non è più il l’ago della bilancia che fa breccia sulle scelte delle persone.

brand purpose ninja marketing

Cosa c’è da sapere

Investire per creare una forte connessione diretta con il pubblico e dare loro uno scopo fondamentale per cui entrare in connessione con il brand è imprescindibile.

I valori insiti nel brand definiscono l’anima dell’organizzazione. Ciò genera coinvolgimento emotivo sul pubblico di riferimento grazie alla condivisione di convinzioni, tematiche rilevanti, soluzioni e risposte ad argomenti etici.

Il Brand Purpose convince le persone a fidarsi e relazionarsi con l’azienda e garantisce che i fan perdonino le sue debolezze, trasformandosi in veri e propri Ambassador.

Ninja Upshot

Il Brand Purpose non è semplicemente un badge di cui le aziende possono fregiarsi per avere un aspetto migliore agli occhi delle persone.

Deve piuttosto essere una naturale e autentica manifestazione dei principi fondamentali dell’organizzazione che coincide con quanto il pubblico di destinazione ricerca in un marchio.

In definitiva, dovrebbe dimostrare un desiderio genuino di impegno sociale connesso ai sui valori principali.

social media marketing

Social Media Marketing: come farlo nel 2023

Cosa è cambiato nel Social Media Marketing per il 2023? Il marketing online è iniziato sul finire degli anni ’90 con il marketing di ricerca, spingendo i brand a creare siti Web per stabilire una presenza online. Con l’evoluzione dei motori di ricerca Google, Yahoo e MSN, le aziende si sono rivolte a strategie SEO per rimanere in cima ai risultati di ricerca.

Introduzione: la rivoluzione dell’inbound marketing

Quando i siti web 2.0, in particolare i blog, sono aumentati di popolarità, i marketer hanno iniziato a riconoscere il potenziale del content marketing. L’outbound marketing, basato sull’esposizione di un messaggio pubblicitario a pubblico vasto e generico, inizia a lasciare spazio all’inbound marketing, con cui si cerca di offrire un vantaggio specifico a un segmento di utenti designato.

LEGGI ANCHE: Dimensioni immagini social 2023: la guida aggiornata

Nel 2003-2004, il lancio di piattaforme social media come LinkedIn, MySpace, Facebook e Flickr ha il duplice effetto di attirare in massa i netzien già attivi, come i gamer, e di incentivare la connessione di nuove persone alla Rete, risvegliando di conseguenza l’interesse delle aziende.

Negli anni successivi, l’atteggiamento favorevole del cliente nei confronti del social media marketing ha definitivamente orientato il marketing aziendale dal marketing outbound, più aggressivo e proattivo, verso marketing inbound, più reattivo.

Questo perché il game changer introdotto dai social media (applicazioni che permettono lo scambio e la creazione user generated content) è stato quello di favorire la creazione di social network (persone che decidono di costruire una community intorno a interessi condivisi) dove la comunicazione tra persone avviene alla pari, dando però ai brand la possibilità di intervenire.

social media marketing

Inoltre, sin dai primi esempi di social media, ossia le piattaforme blog, le comunità di individui tendono ad auto-segmentarsi in nicchie con interessi specifici, fermo restando che ognuna di esse è solo una parte di un utente.

I social media sono quindi un ecosistema in espansione di siti Web, applicazioni, piattaforme e dispositivi elettronici che consentono alle persone di conversare e comunicare reciprocamente. È una galassia digitale in cui gli utenti creano comunità online per condividere informazioni, scambiare idee e far circolare messaggi personali.

Per utilizzare al meglio queste possibilità di comunicazione personalizzata è nato il Social Media Marketing.

Cos’è il Social Media Marketing e quali sfide propone nel 2023

Definizione

Il Social Media Marketing è il processo di creazione di contenuti su misura per le piattaforme social media, allo scopo di promuovere un marchio e stimolare il coinvolgimento degli utenti.

Le diverse piattaforme, al di là delle meccaniche di fruizione, sono accomunate da alcuni vantaggi offerti alle aziende che decidono di investirvi.

Ecco cinque nuove prospettive offerte dai social network alle aziende.

1. Il marketing dei dati

Con la scoperta del potere dei dati, le aziende hanno raggiunto la possibilità di modulare la comunicazione in un modo del tutto impensabile fino all’inizio degli anni 2000.

Attraverso le attività in organico (nelle pagine aziendali) e gli annunci sui social media, i dati sono ampiamente disponibili, spesso direttamente nelle piattaforme grazie a delle analitiche dedicate. Invece di limitarsi a profilare i desideri dei clienti o perché vorrebbero acquistare un prodotto, le aziende possono ottenere analisi storiche su dati di terzi i propri (first party data) su ciò che i loro clienti stanno cercando, cosa li ha spinti a effettuare l’acquisto finale, le ragioni dietro al successo di un annuncio (conversioni) e così via.

Un’azienda potrebbe raccogliere ogni dettaglio dei suoi clienti, che si tratti di entrate, abitudini di acquisto, preferenze, antipatie, desideri e quant’altro. Questo approccio genuino al marketing consente alle aziende di indirizzare il proprio pubblico in modo molto specifico e di vendere prodotti o servizi che i loro clienti vorrebbero.

Il paradosso attuale è che spesso le aziende hanno/avrebbero ampia disponibilità di dati ma non sanno come organizzarli e interpretarli.

sociale media marketing analisi dei dati

2. L’utilizzo dei social media per raggiungere gli obiettivi di marketing

I social media sono una piattaforma eccellente per le aziende di tutti i tipi per aumentare la consapevolezza (awareness) del marchio tra un pubblico mirato. Avere una presenza online significa un modo più semplice e veloce per farsi conoscere nel competitivo mercato aziendale.

L’esecuzione di campagne e annunci mirati velocizza il processo di crescita della notorietà aziendale e consente a un nuovo gruppo di clienti di scoprire il marchio.

La mossa successiva è mantenere i clienti attuali e nuovi coinvolti attraverso contenuti di tendenza e post di nurturing che consentano di costruire gradualmente una relazione con i consumatori.

In particolare, numerose ricerche dimostrano che è più probabile che i clienti siano fedeli a un marchio se il marchio sostiene una causa in cui credono: l’importanza della condivisione di valori tra aziende e consumatori (e lavoratori) è un elemento molto attuale nel 2023.

Al contempo, per veicolare la comunicazione aziendale si è ormai affermato l’uso non solo di campagne (o challenge), omaggi e concorsi, ma altresì l’uso di influencer e creator, che sono l’incarnazione più attuale e credibile dei vecchi “testimonial”, con il vantaggio di utilizzare i propri canali e la propria fanbase a supporto del brand che sceglie di collaborare con loro.

3. Accesso al mercato globale

Un piccolo negozio non è più conosciuto solo dalla gente del posto di quella specifica area o regione. Attraverso l’aiuto dei social media, una piccola impresa può essere conosciuta da persone di diverse parti del mondo senza dover spendere ingenti somme di denaro.

La loro pubblicità non conoscerebbe confini di aspetti locali o internazionali. Questo è un privilegio che ora è disponibile per ogni azienda che una volta era possibile solo per le aziende di maggior successo.

Il punto diventa quindi non più “espandersi”, ma farlo consapevolmente scegliendo tra molte più opzioni che in passato. Un esempio su tutti: aprire un nuovo punto vendita, creare un e-commerce, puntare su Amazon o stringere un accordo con una GDO straniera possono essere tutte alternative potenzialmente valide per un produttore di pasta.

4. L’aumento dell’eCommerce

La forte dipendenza dei consumatori dai social media li ha portati a rivolgersi a strutture di eCommerce ampiamente disponibili online.

Ora i clienti possono semplicemente scorrere i prodotti e acquistare i loro normali generi alimentari mentre sono a letto. La comodità dello shopping online ha cambiato il modo in cui i consumatori vedono le aziende. Un’impresa potrebbe operare sia nei negozi fisici che online.

Grazie ai margini di spedizione in tutto il mondo, le aziende ora hanno un flusso più ampio della base di clienti che non avrebbero potuto ottenere altrimenti.

Come considerato nel punto precedente, anche aprire un eCommerce non è una panacea, ma una scelta imprenditoriale ponderata.

LEGGI ANCHE: Logistica per eCommerce: come rendere il tuo magazzino più sostenibile

5. Servizio clienti affidabile

Il servizio clienti è sempre stato una parte importante di un’azienda che ha aiutato i clienti a rimanere in contatto in caso di domande o esigenze relative a prodotti o servizi.

Avere un servizio clienti che risponde rapidamente e cerca di risolvere i problemi a un livello soddisfacente è ciò che spinge i clienti a riacquistare e ad essere fedeli al marchio.

I consumatori fanno molto affidamento sui social media per ottenere il servizio clienti in pochi minuti a qualsiasi ora del giorno.

Il servizio clienti non è stato così facile in passato. Avrebbero dovuto scrivere lunghe e-mail, cercare di raggiungere le linee di assistenza dei clienti o inviare moduli da cui potrebbero non ricevere più risposte. Tutti i problemi sono stati eliminati ed è stato sostituito con una semplice soluzione di chattare su Facebook o lasciare un messaggio su WhatsApp.

Il customer care è uno snodo centrale nella crescita aziendale. Da un lato “Internet non dimentica”, per cui errori e superficialità sono più facilmente evidenziati da numerosi servizi di recensioni e feedback offerti da terzi. Dall’altro il costo di retention di un cliente è generalmente molto inferiore di quello di acquisizione di uno nuovo: investire nella soddisfazione dei clienti significa permettere all’azienda di svilupparsi, facendo dei clienti i primi ambasciatori del brand.

Quali sono i canali del Social Media Marketing

I social media più famosi, in breve

principali social media

Il panorama dei social media di oggi è popolato da una suite di servizi che attirano l’attenzione di oltre 5 miliardi di utenti di dispositivi mobili in tutto il mondo . Ecco una panoramica dei più importanti social network del 2020:

Facebook

Lanciato nel 2004 dallo studente di Harvard Mark Zuckerberg, ha quasi 1,7 miliardi di utenti. È il social generalista per eccellenza, ancora un punto di riferimento per Boomer e Millennial.

Instagram

Fondato nel 2010 da Kevin Systrom, laureato a Stanford, come sito di condivisione di foto e acquistato da Facebook nel 2012, Instagram conta oltre 1 miliardo di utenti in tutto il mondo. Conferma il detto che “un’immagine vale più di mille parole”, soprattutto se solletica il senso estetico e la voglia di mettersi in mostra.

Tic Toc

Fondato nel 2016 dalla società tecnologica cinese ByteDance, questo sito di condivisione video in forma abbreviata è stato fuso con l’app mobile con sede negli Stati Uniti Musical.ly nel 2018 ed è diventato popolare tra adolescenti e giovani adulti. È stata l’app più popolare del 2021, con 656 milioni di download solo l’anno scorso (oltre 100 milioni in più di Instagram). Il suo successo è alimentato dall’uso del format più ricercato, i minivideo, e di un’interfaccia minimal, che rende semplice continuare a navigare di clip in clip.

LinkedIn

LinkedIn è un social network appositamente progettato per la connessione tra professionisti e professionisti aziendali. Nel 2020, oltre 722 milioni di professionisti utilizzano LinkedIn per coltivare le proprie carriere e attività. A differenza di altri social network in cui è possibile diventare “amici”, LinkedIn riguarda la costruzione di professionalità e relazioni strategiche.

Twitter

Fondato nel 2006 da Jack Dorsey, Evan Williams, Biz Stone e altri come sito di microblogging, entro il 2020 il 22% degli adulti statunitensi erano utenti di Twitter, secondo Pew Research.

Reddit

Lanciata nel 2005 da Steve Huffman e Alexis Ohanian, ventenni del Massachusetts, come piattaforma per la condivisione di notizie, i suoi 300 milioni di utenti hanno trasformato Reddit in un sito di aggregazione di notizie e commenti sociali. La sua popolarità si basa sulla capacità di “votare positivamente” e “votare negativamente” i post degli utenti, alimentando così la fiducia nelle discussioni.

Le piattaforme di nicchia

Un social network verticale è un social network specificamente mirato che connette persone con interessi, hobby e passioni molto specifici. Gli utenti su piattaforme di social media generali possono facilmente perdersi tra tutti i contenuti irrilevanti: l’ampiezza di scelta è un problema ben noto ai marketer.

Per questo esistono canali focalizzati, così da garantire la coerenza dei contenuti e la possibilità di avviare conversazioni tra utenti realmente interessati da dare un contributo. Per le aziende che operano in ambiti attinenti, si tratta di opportunità interessanti per ottenere awareness o convesioni più specifiche su un pubblico già interessato.

Twitch

È forse il miglior esempio di canale borderline tra nicchia e non. Nace come una piattaforma di live streaming per le comunità di gioco, trovando nel tempo un buon seguito anche su altri ambiti. Ha iniziato il suo viaggio nel 2011, ospita contenuti in live streaming, concorsi e tutorial. Ha due tipi di utenti ben distinti: i suoi 3,8 milioni di emittenti e 140 milioni di spettatori. Gli streamer e il pubblico possono condividere una chat dal vivo per interagire tra loro. Twitch è un’ottima piattaforma per qualsiasi azienda tecnologica per pubblicizzare i propri prodotti e accessori collaborando con gli streamer.

Quora

Fondata nel 2009, Quora è una piattaforma di social media di domande e risposte. Copre una vasta gamma di argomenti, dalle ricette, ai viaggi, alla scienza, alla narrativa, alla politica e alla scrittura. I suoi oltre 300 milioni di utenti fanno domande su qualsiasi argomento desiderano o rispondono alle domande poste da altri. Gli utenti possono personalizzare il proprio feed per vedere argomenti selezionati, partecipare a forum di discussione e votare le risposte che gli sono piaciute di più. Le aziende possono aumentare la loro credibilità e il loro pubblico rispondendo alle domande o possono avere contenuti sponsorizzati.

DeviantArt

DeviantArt è una piattaforma di social media per artisti visivi, fondata nel 2000. È considerata la più grande piattaforma artistica con i suoi 48 milioni di utenti in tutto il mondo. Gli artisti possono condividere il loro lavoro su questa piattaforma, che ad oggi conta 370 milioni di pezzi. Gli utenti possono mettere mi piace e commentare diversi pezzi e seguire gli artisti. Le aziende possono creare sfide artistiche per ottenere interazione o lavorare con influencer per mettere in evidenza i loro marchi.

GitHub

Fondato nel 2008, GitHub è una piattaforma per programmatori, sviluppatori e ingegneri. GitHub è uno spazio interattivo con i suoi 50.000.000 di sviluppatori che si connettono tra loro su progetti e collaborazioni, condividono il loro lavoro e si aiutano a vicenda a costruire codice. GitHub non offre pubblicità, ma ancora 2,9 milioni di aziende lo utilizzano per attirare programmatori per collaborazioni professionali e connettersi con il loro target.

Stack Overflow

Stack Overflow è un’altra piattaforma di social media di domande e risposte che fa parte della rete di scambio di stack e fondata nel 2008. È una comunità per sviluppatori e programmatori. Ha oltre 100 milioni di utenti che fanno domande, rispondono alle domande poste da altri utenti e votano le risposte più utili. Gli utenti possono anche vincere badge per il loro contributo alla community. Le aziende utilizzano questa piattaforma per mettere in evidenza le proprie competenze rispondendo a domande, per fare pubblicità e anche per pubblicare offerte di lavoro.

Goodreads

Goodreads è una piattaforma sociale per i lettori in cui possono connettersi sui libri che hanno letto. Fondato nel 2007, conta oltre 90 milioni di membri che tengono traccia di ciò che hanno letto in una biblioteca virtuale, scrivono recensioni di libri, creano elenchi di letture e discutono con altri utenti sui libri che hanno letto. Ad oggi, sono stati aggiunti alla piattaforma 2,6 milioni di libri. Autori ed editori utilizzano questa piattaforma per interagire con i lettori sulle nuove uscite, mettere in evidenza i loro nuovi libri e regalare copie avanzate per i lettori.

Cosa fa un Social Media Manager

Chi è interessato a lavorare come social media manager, può trovarsi alle prese con varie attività:

  • Aumentare i follower e l’engagement: far crescere il profilo di un’azienda su tutte le piattaforme social attive aumentando il numero di follower che ha e la quantità di coinvolgimento (Mi piace, commenti, condivisioni) che riceve. Potresti essere tenuto a sviluppare post scritti o visivi per ottenere entrambi.
  • Strategia di contenuti: per promuovere il coinvolgimento, essere responsabile dell’ideazione (e talvolta dell’esecuzione) di campagne social che si allineano con le strategie di marketing più ampie di un’azienda. Spesso si è chiamati anche a generare idee per contenuti last minute o evergreen, oppure riutilizzare contenuti generati dagli utenti (UGC).
  • Analisi dei dati: oltre al lavoro creativo, va dedicato del tempo ad analizzare i dati per trarre conclusioni sul rendimento dei post e dei contenuti di un’azienda. Ciò può includere l’ascolto sociale, il monitoraggio di ciò che gli utenti dei social media dicono di un marchio o dei concorrenti. Di particolare rilevanza sono i Key Performance Index (KPI), ossia le metriche più importanti da monitorare e far crescere, decise in accordo con il cliente.
  • Report: tenere aggiornati i referenti delle aziende/clienti è parte lavoro. Si tratta quindi di calendarizzare delle sessioni periodiche di aggiornamento, per esporre i risultati ottenuti, presentare eventuali azioni correttive, e ricevere un riscontro su come le attività di SMM attuate o programmate si integreranno con gli interessi aziendali.
  • Operatività. A seconda delle dimensioni del team, un SMM può avere diversi gradi di operatività: programmazione/pubblicazione dei post, monitoraggio dei risultati e interazione con gli utenti sono le attività più comuni.

Chi è interessato a diventare un social media manager, dovrebbe migliorare le proprie abilità di:

  • Scrittura: che si tratti di un post dettagliato o di un microcopy in grafica, una buona scrittura sui social media va oltre la solida grammatica e l’ortografia. Sarà importante affinare le capacità di copywriting per sviluppare una scrittura avvincente che si adatti alla storia e alla voce di un brand e coinvolga il pubblico prima di candidarsi per diventare un social media manager.
  • Editing: oltre a scrivere una copy, probabilmente ci sarà occasione di rivedere il lavoro dei membri del team e assicurarsi che sia grammaticalmente corretto e privo di errori. Affinare le capacità di editing e correzione di bozze può aiutare a sviluppare l’occhio necessario per rassicurare un’azienda o un marchio sul fatto che sono in buone mani. Da ricordare che scansionare un contenuto per verificare il tone of voice e leggere per controllare errori e refusi sono due processi diversi.
  • Design: la comunicazione avviene attraverso immagini, infografiche, video e grafici. Immaginare un post e quindi articolare le ragioni commerciali o strategiche delle tue scelte sarà fondamentale tanto con i colleghi del dipartimento grafico quanto con i clienti.
  • Strumenti analitici: sapere quali messaggi incontrano il gusto degli utenti richiede un occhio analitico e la capacità di ricerca. È utile sapere come utilizzare strumenti di ascolto dei social media come Sprout Social, Hootsuite e HubSpot.
  • Tempestività: le news possono far percepire alcuni post come inadatti o oscurare in altro modo i contenuti in termini di importanza. Rimanere al passo con le notizie e le conversazioni online più rilevanti il settore in cui opera un brand aiuta a reagire di conseguenza e mantenere il marchio di un’organizzazione.
  • Comprensione delle piattaforme: per gestire con successo gli account, è necessario avere una conoscenza approfondita di diverse piattaforme di social media, i loro punti di forza, di debolezza e i dati demografici degli utenti, tra le altre caratteristiche.
  • Aggiornamento: il cambiamento è costante nel mondo dei social media. Nuovi hashtag, algoritmi e funzionalità della piattaforma di nuova tendenza spesso richiedono ai social media manager di cambiare le strategie di medio-lungo termine e incorporare le novità nei piani editoriali.

3 trend di Social Media Marketing per il 2023

Attualmente TikTok, Instagram e Facebook sono le prime piattaforme che vengono nominate quando si parla di Social Media Marketing. Altri nomi famosi sono Twitter, WeChat, Tumblr, LinkedIn, Snapchat, Pinterest, Twitch e VK. Anche altri siti che non sono veri social network come Reddit e YouTube sono ancora importanti per i social media marketer, ma andiamo con ordine.

“Il” format: microvideo

Secondo una recentissima ricerca di HubSpot, nel 2023 Facebook è ancora la piattaforma di social media numero uno su cui si stanno concentrando i marketer. La prospettiva è molto occidentalizzata, ma si tratta probabilmente del miglior modo per capire i trend europei del presente e del prossimo futuro.

Alla domanda su quale piattaforma di social media intendono investire di più per il 2023, il 25% ha risposto a Facebook, il 20% ha risposto YouTube, il 16% ha risposto Twitter e il 15% ha risposto Instagram.

Secondo i dati, Facebook sembra generare lead di altissima qualità per i marketer, il che spiega perché i marketer stanno sfruttando maggiormente questa piattaforma.

TikTok è un’altra piattaforma popolare in cui il 52% dei marketer intervistati prevede di aumentare i propri investimenti. Ci sono due ragioni: la prima è che i video e gli audio in formato breve stanno crescendo e stanno diventando sempre più il tipo di contenuto più fruito. In effetti, è il formato che il 26% dei marketer sta sfruttando di più nel 2023.

Quando si tratta di piattaforme e/o funzionalità emergenti, gli esperti di marketing tengono d’occhio YouTube Shorts. L’83% dei marketer prevede di aumentare i propri investimenti nella funzione video in formato breve, un concorrente di TikTok.

Secondo i dati, la maggior parte dei marketer (oltre il 60%) afferma che i video in formato breve sono il formato più efficace e offrono il ROI più elevato, seguiti da video live e live streaming. Per quanto riguarda l’audio, il 44% dei marketer prevede di sfruttarlo per la prima volta nel 2023.

La (ri)rivoluzione audio del Social Media Marketing

Il punto chiave è che anche le piattaforme audio svolgeranno un ruolo molto più importante nelle strategie di marketing nel 2023 e nel prossimo futuro rispetto al passato. Infatti, la rinnovata attenzione allo screen time giornaliero e al digital detox ha rinnovato l’interesse per i format audio only.

Spotify, leader dello streaming musicale, sta continuando a lavorare su funzionalità inedite che mirano a unire maggiormente gli utenti della piattaforma di streaming: dopo le playlist Blend introdotte nel settembre 2021, gli sviluppatori stanno creando la funzionalità Community, una delle più richieste dai fedelissimi iscritti.

Oltre alla musica, i podcast sono un fenomeno molto rilevante, affermandosi come l’ibrido perfetto tra TV e radio, creando una sensazione di maggiore intimità con l’ascoltatore e comunicando in modo spontaneo (e con minori costi di realizzazione). La sfida per i brand che punteranno su questo format ad alta affezione, sarà di utilizzare i dati di sondaggi, test di usabilità, analisi e altre fonti, per creare podcast che rispecchino gli argomenti e i valori del pubblico.

Creator Economy

Anche se già citata, va ribadita l’importanza dei creator, che stanno cambiando la logica di comunicazione dei social media, con un modello di business che porta i brand deviare la comunicazione dalle pagine aziendali ai canali social dei creator, per raggiungere le loro fanbase.

creator economy

YouTube, Snapchat, Instagram e TikTok hanno tutti investito per alimentare il fenomeno. Secondo una recente ricerca, di Influencer Marketing Hub, più di 50 milioni di persone in tutto il mondo si considerano creator. I creator non si limitano alle reti di social media, ma quelli che utilizzano i social media contribuiscono al previsto settore degli influencer da 13,8 miliardi di dollari.

Con la maturazione dell’economia dei creatori, anche le strategie si diversificano. I micro-influencer con meno di 15.000 follower sono valutati per avere tassi di coinvolgimento più elevati su Instagram, YouTube e TikTok, offrendo ai marchi più piccoli l’opportunità di far crescere la propria presenza social. In questo senso si spiega l’evoluzione dell’algoritmo di Instagram nel 2023.

Come si impara il Social Media Marketing

I social network non sono una “scatola magica” per comunicare i brand, ma un canale di comunicazione con logiche tecniche e sociali con continuo mutamento. Questo articolo fornisce una base per capire le dinamiche sottese ai social media, mantenere un mindset valido nel lungo termine e riflettere sulle ultime macro-tendenze del 2023.

Ma per imparare davvero a padroneggiare i social media, due sono gli elementi da combinare:

  • Formazione continua
  • Confronto con colleghi ed esperti

La soluzione efficace ed efficiente per ottenere entrambi è puntare su una scuola che offra anche ampie occasioni di networking.

Per questo i corsi della Ninja Academy sono un’ottima risposta per chi desidera iniziare una carriera come Social Media Manager o consolidare le proprie abilità con una formazione verticale.

L’ampia offerta formativa comprende:

  • SOCIAL FACTORY E MASTER IN SOCIAL MEDIA MARKETING
  • SOCIAL MEDIA STRATEGY
  • INSTAGRAM MARKETING
  • SOCIAL MEDIA ADVERTISING
  • ADVANCEDONLINE
  • FACEBOOK MARKETING
  • ADVANCEDONLINE
  • LINKEDIN MARKETING
  • YOUTUBE MARKETING

Sono tutti consultabili e confrontabili nel dettaglio sul sito ufficiale della Ninja Academy.

I software di scrittura AI sostituiranno i copywriter con l’intelligenza artificiale?

Con i software di scrittura AI è stata superata ogni aspettativa. L’Intelligenza Artificiale, infatti, ha invaso letteralmente la nostra quotidianità sconfinando gli argini della nostra immaginazione.

Da qualche anno si sente parlare con crescente insistenza di software di scrittura AI che corrono in soccorso di copywriter e scrittori. I sistemi di scrittura basati su intelligenza artificiale consentono di creare contenuti di vario genere rimpiazzando, secondo i detrattori, l’abilità umana nel generare contenuti testuali. Ma è davvero possibile che ciò accada? Può l’intelligenza artificiale sostituire il lavoro di copywriter? Scopriamolo insieme. 

LEGGI ANCHE: Content Manager: chi è, cosa fa, carriera, formazione, guadagni

Cos’è l’intelligenza artificiale

L’intelligenza Artificiale è da intendersi come l’abilità di una macchina di mostrare capacità tipicamente umane quali il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività.

LEGGI ANCHE: Artificial Mindset: cosa è cambiato (e cambierà ancora) con l’Intelligenza Artificiale

Detta in soldoni, l’Intelligenza Artificiale consente di creare hardware e software che siano in grado di replicare percezioni visive, spazio temporali e decisionali al pari dell’uomo. Alla base vi sono algoritmi, ovvero istruzioni di addestramento delle macchine a compiere certe azioni o ad orientare scelte.

L’Intelligenza artificiale ha trovato il suo ambito di applicazione nel settore del content marketing e, sembra, si stia proponendo come alternativa valida alla realizzazione di contenuti da utilizzare nell’ambito di strategie di digital marketing.

Prima fra tutte la SEO. I software che generano contenuti testuali si basano sul ‘deep learning’ e sul natural language processing. 

LEGGI ANCHE: SEO Trend 2022: 6 tendenze che non puoi non conoscere quest’anno

Software di scrittura AI: Deep learning e del natural language processing

Il significato del natural language processing si esprime pienamente nella capacità di comprendere il linguaggio naturale sia scritto sia parlato, intendendo tutte le parole anche in base ai contesti in cui sono usate.

Nello specifico, la logica NLP permette di analizzare la struttura di un testo, associa le categorie morfologiche a ciascuna parola per poterla classificare, estrae le relazioni sintattiche e semantiche. Così facendo individua i significati ed è in grado di sintetizzare i contenuti. Obiettivo del Natural Language Processing (NLP) è quello di dotare i sistemi informatici di conoscenze linguistiche per 3 scopi principali:

  • Assistere l’uomo in attività connesse con il linguaggio: traduzione, gestione di documenti ecc.
  • Interagire con gli esseri umani in modo naturale.
  • Estrarre automaticamente informazioni da testi o da altri media.

I Software di scrittura AI

I contenuti generati da questi software di AI per la generazione di testi si avvicinano, dunque, al linguaggio naturale umano incrementando la velocità di scrittura.

Come è possibile? Attraverso il Deep Learning: apprendimento approfondito, è il ramo più avanzato del Machine Learning. Si tratta di un insieme di tecniche basate su reti neurali artificiali organizzate in diversi strati: ogni strato calcola i valori per quello successivo, in modo da elaborare l’informazione in maniera sempre più completa. Quali sono i software scrittura AI? 

Jasper AI

Tra i vari software di scrittura AI troviamo Jasper AI e Contents.com. Tutti e due perseguono l’obiettivo – ambizioso e nobile, forse – di ridurre i tempi di realizzazione di un contenuto scritto in modo automatizzato.

Jasper AI consente di creare contenuti testuali per varie destinazioni d’uso: SEO copywriting, descrizioni di prodotti eCommerce, blog post topic ideas, video titles e video description per approdare, in ultimo, a Facebook Ad Headline e Facebook Ad Primary Text.

Il software ha sviluppato di recente alcuni ‘template testuali’ che – almeno nell’idea progettuale – rendano i contenuti sviluppati con AI altamente creativi. AIDA Framework è uno di questi e non solo. Jasper AI è in grado di scrivere basandosi sulla tecnica PAS (Problem-Agitate-Solution) e consente di creare veri e propri storyboard video attraverso la funzione Video Script Hook.

Contents.com

Piattaforma 100% italiana che dichiara fin da subito la sua diversità rispetto al resto dei software presenti in circolazione: logica SEO integrata nella generazione dei testi e tocco finale dell’uomo per un ranking di qualità senza pari.

Format multilingue come nel caso di Jasper AI e integrazione con i flussi di lavoro e il planning di scrittori resilienti e pronti a esplorare i vantaggi dell’intelligenza artificiale. 

La tirannide della tecnocrazia

In molti si pongono la stessa domanda: la tecnologia ha superato l’uomo? Probabilmente no, ma tiene il passo. Sarà probabilmente difficile capire anche quali testi sono scritti dalla mano dell’uomo e quali, invece, sono frutto di intelligenza artificiale.

Non a caso ‘Il giorno in cui un computer ha scritto un romanzo’ prodotto di AI sviluppato dal team di Hitoshi Matsubara della Future University di Hakodate ha superato le fasi di selezione del concorso letterario Hoshi Shinichi.

Impressionante. Ma il vero dilemma di molti tenaci scrittori è sempre lo stesso: è possibile che i copywriter siano sostituiti dalle macchine? Le macchine sono addestrate comunque da uomini e, per quanto sia possibile trasferire tutto lo scibile umano a un software, neanche il più ponente algoritmo potrà mai imitare lontanamente la capacità umana di raccontare la poesia che si cela negli antri criptici delle parole. 

generazione Z

Le nuove piattaforme social per catturare la Generazione Z

La Generazione Z è la protagonista del mercato, il vero focus delle ricerche di marketing, perché in grado di offrire spunti interessanti per l’impresa circa l’orientamento per gli anni futuri.

È la generazione dei nativi digitali che guarda ai social per scovare e partecipare alle tendenze culturali. “Partecipare” è proprio la parola chiave che li caratterizza: è composta da individui creativi, che vogliono esprimersi e far parte di quel processo di vendita che li porta ad essere consumatori. Desiderano condividere creatività, non tanto i propri stati e aggiornamenti personali, (tipico dei Millenial), come mostra la ricerca di Globalwebindex.

generazione z

Secondo una ricerca di Adolescent Content, solo l’8% della Generazione Z crede che i brand li capisca a fondo, la maggior parte lamenta di non essere coinvolti da loro. È un popolo definibile come fluido, che migra dove trova spazio di espressione, ma quasi esclusivamente all’interno del mondo dei social network, come dimostrato da uno studio di Essence, secondo cui il 77% dei giovanissimi afferma di fare acquisti tramite i social.

La predilezione della Generazione Z per i social cambia il concetto di marketing, “…Cominciano ora ad avere un buon poter di spesa, e sono autori di uno dei più grandi cambiamenti culturali del mondo moderno. Le loro decisioni avranno impatto a lunghissimo termine, in positivo”, ha affermato Liz Toney, co-fondatrice dell’agenzia di marketing PRZM, specializzata sulla Generazione Z.

Non avere paura dei mondi emergenti

Per affermare il proprio brand non ci si può più sedere sul bordo del fiume in attesa che emergano grandi trend, aspettare che un’idea oltrepassi la soglia della diffusione potrebbe essere già tardi! Bisogna capire come far penetrare il brand nel mondo della Generazione Z, tenendo conto delle caratteristiche che la contraddistinguono.

Gen Z

Il punto di forza potrebbe essere la ricerca di nuove piattaforme, sottoculture, tendenze non ancora esplose ma dal forte potenziale.

TikTok è l’esempio più eclatante: in soli 5 anni ha raggiunto 1,2 miliardi di utenti attivi, perché qualcuno, in tempi non sospetti, ha creduto e puntato sul fenomeno. Ora TikTok non è più un evento di nicchia ma il re dei social network, riuscito a superare, in numeri, quelli già affermati come LinkedIn, Twitter e Snapchat.

Le 3 parole chiave per attrarre la Generazione Z

  • Definisci la mission (i valori portanti dell’azienda): i giovanissimi di questa generazione hanno a cuore temi quali i diritti della comunità LGBTQ, la diversità etnica come ricchezza culturale, la responsabilità sociale d’impresa nei confronti dei lavoratori e dell’ambiente
  • Trasparenza e verità: i nativi digitali sanno navigare nel web con capacità, conducono ricerche e seguono le recensioni, sono in grado in grado di scovare eventuali false promesse legate al prodotto e all’azienda
  • Personalità: il brand deve tirare fuori la voce, non avere paura di mostrare anche le imperfezioni, ma rivendicare con costanza il proprio ruolo, puntando sul divertimento (come sta facendo l’industria cinematografica di Hollywood)

Punta sui nano-influencer

Analizzare una sottocultura è vantaggioso, soprattutto se si è i primi, ma ciò che è fondamentale è avere naso per quelle carte che possono mostrarsi vincenti.

Il concetto di community continua ad essere il pilastro delle strategie social: la parola comunità fa pensare agli esseri umani non tanto ai numeri. I ragazzi vogliono creare una connessione emotiva con il brand e con i coetanei, e in questo sappiamo quanto l’influencer sia importante.

Ma visto che questa figura non è più una novità, così come il micro-influencer, è bene puntare gli occhi sui nano-influencer.

i giovani e i social network

I nano-influencer sono personaggi con un numero di follower limitato (1000-10000 circa), spesso hanno un pubblico di nicchia e un’influenza locale. Hanno un ingaggio dal prezzo ridotto, generalmente infatti l’entrata del lavoro di influencer non è l’unica fonte di sostentamento. E proprio quest’ultimo aspetto è un fattore che gioca a loro vantaggio, mostrano una real life, simile a quella dei tanti giovanissimi, che quindi si identificano con facilità, mostrando un maggior livello di fiducia.

Affidarsi a influencer di questo tipo, apparentemente, sembrerebbe comportare una riduzione delle vendite, in realtà non è importante tanto il numero di follower quanto l’engagement che porta gli utenti a credere nel prodotto: spesso hanno un engagement superiore ad un micro influencer perché i follower sono davvero interessati e intorno a loro si crea una community nella quale si interagisce con facilità.

Scopri le potenziali app del futuro

Per attrarre l’attenzione della Generazione Z bisogna guardare al piccolo, scavare e individuare le novità che consentano di creare ambienti in cui i giovani possano sentirsi protagonisti.

Ogni social network ha un pubblico e delle dinamiche proprie da saper sfruttare. Per fare il salto di qualità bisogna guardare avanti e non ostinarsi a spremere i social già famosi.

Ecco qualche esempio:

Discordlanciata nel 2015  dalla piattaforma statunitense VOIP, è cresciuta rapidamente fino a 350 milioni di utenti. Nata per offrire ai giocatori di videogiochi un modo per comunicare, oggi riguarda tutti gli utenti che vogliono creare una comunità: dopo aver aperto un server si creano delle stanze suddivise per argomenti, tramite chat, scritte e vocali.

Le chat, pur essendo private, (vi si partecipa tramite link di invito), possono essere molto ampie e connettere youtuber e nano-influencer con i seguaci. L’app sembra invertire la logica dei like, del numero di follower e degli algoritmi tipici del presente, piuttosto ricorda le chat degli anni ’90-2000.

L’azienda ha l’opportunità, ad esempio, di aprire un server aziendale dedicato all’assistenza clienti, con i quali può connettersi e chattare direttamente o comunicare tramite livestreaming, arrivando direttamente al target.

Dispo: fondata nel 2019 dalla star di YouTube David Dobrik e Alexis Ohanian, è il social che lancia la sfida ad Instagram e all’uso incontrollato dei filtri. Funziona come una vecchia macchina fotografica usa e getta, (da cui prende il nome), le fotografie scattate appaiono nei feed degli utenti 24 ore dopo averle scattate (proprio come se dovessero essere sviluppate), e possono essere raccolte in album definiti rullini (rolls).

Riflettendo bene potrebbe risultare un’occasione rispetto ad Instagram, ormai noto a tutti, permettendo di trovare spazio più facilmente, ad esempio, affidandosi ad un influencer che invita i follower a condividere foto in un album comune.

Poparazziil social anti-selfie, basato anch’esso sulle foto, ma scattate dagli altri. Fondata dai fratelli Austen e Alex Ma, permette di creare un profilo che si arricchisce di foto in cui l’utente viene taggato da altri, come dei paparazzi, appunto. Non ci sono didascalie, like, commenti, e nessuna modifica agli scatti.

“Una nuova app di condivisione foto che si concentra sul conservare i momenti autentici con gli amici”, si legge nella presentazione su Medium, The anti-selfie club.

Il fatto di non poter modificare le foto dopo che siano state pubblicate, da parte dell’utente taggato, fa sorgere il problema di eventuali scatti imbarazzanti. A tal proposito, si può chiederne l’eliminazione, o limitare, nelle impostazioni, la possibilità di taggare solo alle persone più fidate.

D’altronde, la questione privacy riguarda, in vari m0di, tutti i social, basta essere accorti e responsabili.

narrative design

Narrative Device: abbiamo provato la scrittura automatica con AI

Conosci Luca, Matteo, Marco e Giovanni? Sicuro che questi nomi non ti dicono nulla? Sono proprio loro: i quattro evangelisti. Coloro ai quali fu affidato l’arduo compito di scrivere il primo vero storytelling di tutti i tempi: il Vangelo.

Ebbene sì, lo storytelling non è un’invenzione della contemporaneità. O almeno, lo è se consideriamo la parola invenzione nella sua accezione latina e, quindi, ‘invenire’ che tradotto significa ‘trovare’.

Pensaci bene: il marketing contemporaneo ha avuto la capacità di “invenire” e, quindi, di trovare in questi atavici esempi di narrazione, rarefatti afflati artistici che conducono alle moderne forme di storytelling.

I miti della tradizione ellenica, la Bibbia, i Vangeli e non solo. Le pitture rupestri, il Simposio di Platone, l’Epopea di Gilgameš, vergata su tavole di argilla in epoca sumerica, il Rāmāyaṇa, il Mahābhārata e i Purāṇa induisti sono tutti classici esempi di storytelling. E se gli evangelisti potessero assistere alle evoluzioni del racconto, Dio solo sa cosa potrebbero pensare.

E già, perché il felice connubio tra storytelling e intelligenza artificiale non ha tardato a compiersi. Il presagio di certi film hollywoodiani era chiaro, già in tempi non sospetti. 

LEGGI ANCHE: Artificial Mindset: cosa è cambiato (e cambierà ancora) con l’Intelligenza Artificiale

Parola all’Intelligenza Artificiale: nuovi modelli linguistici

Da tempi immemorabili, il racconto di storie è stato dominio esclusivo dell’uomo. Nessun’altra creatura vivente ha mai dato prova di particolare inclinazione all’elaborazione simbolica e di linguaggio alla base del racconto.

Ciò non deve indurci a credere che questa sia una prerogativa tutta umana. È opinione diffusa che l’intelligenza artificiale presto sarà in grado di compiere attività editoriali. In fondo è realtà abbastanza diffusa questa già oggi.

Gli apocalittici, invece, mostrano saldo scetticismo rispetto alla capacità degli algoritmi di dare compimento ad attività creative tra cui l’arte del racconto.  Semplici guastafeste? Probabile. Ma c’è chi è pronto a sparigliare le carte sul tavolo.

In un tweet abbastanza recente, il ricercatore Rodolfo Ocampo, ha annunciato urbi et orbi la sua ultima creatura: Narrative Device.

Narrative Device: software di AI per la scrittura

Si tratta di un progetto tanto interessante quanto semplice. Un’interfaccia minimal ma pur sempre efficace. L’utente ha la possibilità di inserire due parole e il match è fatto. Il risultato? Poche righe, nulla di più.

Magico preludio a un racconto il cui sviluppo spetta all’uomo. Come ci spiega Ocampo, infatti, alla base di tutto c’è la volontà di creare “spazi di collaborazione tra uomo e macchina”.

In un’interfaccia minimal, l’utente può inserire due parole. A partire da questi termini, un’Ia produce l’inizio di una storia. Solo le prime righe, nulla di più. Perché, come ci spiega il suo creatore Rodolfo Ocampo, “alla base di tutto c’è la volontà di creare spazi di collaborazione tra uomo e macchina”. Entriamo nel vivo della tecnologia: vediamo come funziona Narrative Device. 

La piattaforma prevede una preventiva dotazione di ben 5 token per attivare Narrative Device. AAA – Avviso ai naviganti: il sistema mette a disposizione 5 token free semplicemente inserendo la vostra mail.

Nella sezione dei ‘themes’ ho inserito due parole: storytelling e intelligenza artificiale. Giusto per rimanere in tema. 

In pochi nanosecondi il tool restituisce questo risultato:

Alt: posate la lente di ingrandimento. Vi indico di seguito l’output testuale:A young woman, Nora, is looking for a new story to tell. She has always been fascinated by the idea of storytelling, and has been trying to come up with her own story for years. One day, she meets a talking computer program named Sophie, who offers to help Nora create her story. Nora is hesitant at first, but Sophie is persistent, and Nora eventually agrees. Together, they create a story about a girl who is trying to find her way in the world. Nora is amazed at how well Sophie knows how to weave the story together, and she is excited to share it with her friends”.  Non male direi! E tutto senza sforzo. Un inno di giubilo a chi soffre della sindrome da pagina bianca.

Non sono soddisfatto e interrogo ulteriormente Narrative Device perché sono convinto che qualcosa ancora non funzioni. Questa volta come un buon alchimista ante litteram  provo a suggerire due parole: Narrative Device e Inspiration. 

Storytelling con pattern lessicali: software di AI per la scrittura

La piattaforma restituisce un racconto che potrebbe apparire in forma autocelebrativa. Guardate qui

Già dalle prime righe si ai più potrebbe sembrare che Narrative Device sia innervata di sicumera: Quando ero più giovane, sono sempre stata attratta dalle storie che utilizzavano un dispositivo narrativo. Che si trattasse di una storia che si svolgeva in sequenza, con un inizio, una parte centrale e una fine, o di una storia che ti lasciava con molti cliffhanger, le amavo tutte. E ancora oggi non posso fare a meno di ispirarmi a storie con una buona narrazione. 

Il dado non è ancora tratto cerchiamo di stanare l’inganno e proviamo a trovare punti deboli. Ammesso che ce ne siano. Metto su due altre parole: copy e seo. Non potevano di certo mancare all’appello. Che dite?

Perché copycat? Narrative Device ritiene i copy imitatori o dediti all’attività di copia e incolla? È proprio vero che il destino dei web writer è di rimanere incompresi. Ma questa è tutta un’altra storia.

LEGGI ANCHE: Content Manager: chi è, cosa fa, carriera, formazione, guadagni

NFT: pro e contro di un trend che rischia di trasformarsi in bolla

In questa epoca dove tutto è con o senza etichette, dove nasce un trend al giorno e ne muore un altro con la stessa rapidità. Nella fase in cui la pandemia ci ha reso tutti più “digitali” e meno analogici, il Metaverso entra a capofitto nelle nostre vite, con il suo mondo virtualmente parallelo, insieme a tutti gli NFT con la loro rarità e applicabilità.

Christie’s, una delle case d’asta più tradizionali e storiche d’Europa si è resa protagonista delle due vendite NFT pionieristiche della storia con l’opera di Pebble. Si tratta della prima in assoluto venduta sul mercato nel marzo 2021, e con quella recentemente battuta all’asta per 69.300 dollari di Skygolpe. Dello stesso filone, Hyundai lancia in NFT un pacchetto di optional e gadget per i suoi acquirenti targettizzando un nuovo pubblico più giovane.

Tutti indizi che intendono affermare che gli NFT sono destinati a restare, così anche i più conservatori se ne devono fare una ragione. Ma è veramente così importante? Partiamo dalla definizione.

Gli NFT, acronimo di Non Fungible Token, sono a tutti gli effetti certificati digitali che attribuiscono ad un’opera, un’immagine o un personaggio di un videogioco, la proprietà da parte di un soggetto ben definito, proprietà che viene acquistata e scambiata usando criptovalute. Più il soggetto è raro, più il suo NFT avrà un valore economico rilevante.

Il paradigma diventa, quindi, legato al possesso di un bene e non al bene stesso.

NFT sì o no, il grande dilemma

Basta attivare Google Trend per capire che “NFT” è tra i trend mondiali, ma concentrato tra pochi Paesi: Cina, Hong Kong e Singapore compongono il podio in cui l’acronimo rappresenta uno dei maggiori trend di ricerca con circa 20.000 ricerche mensili per milione di abitanti.

In Europa, il trend registrato è disomogeneo, con Stati anti-NFT come il caso polacco o pro-NFT se si parla del Montenegro; picchi estremi che vedono tra loro ricerche più o meno frequenti a tema.

Questa diversità è, probabilmente, legata alla storia che hanno vissuto e incarnano i due continenti, il cosiddetto vecchio continente ancora molto legato alla visione analogica e materiale del possesso e dove anche la diffusione di tecnologia “avanzata” è ancora agli albori; in contrasto con un continente che ha fatto dell’innovazione tecnologica la sua forza nel mondo e, in cui, novità come queste non possono che arrivare per prime.

Ma ora analizziamo, come si fa nei migliori casi, i pro e i contro dei tanto chiacchierati NFT.

LEGGI ANCHE: Cosa sono le DAO – Decentralized Autonomous Organizations e perché devi conoscerle

Perché NFT sì

  • Sono democratici. In un mondo, come quello post pandemico, in cui i rapporti sociali sono ridotti al minimo, avere un ambiente, seppure digitale, in cui ogni possessore di NFT è uguale ad un altro, con lo stesso potere decisionale o di discussione è un vantaggio. Anzi rappresenta uno dei modi più concreti oggi di sentirsi parte di un gruppo o di una “community” che dir si voglia
  • Creano interazione. Per i brand che vogliono abbracciare il mondo NFT la possibilità di creare un rapporto esclusivo con i propri clienti, tramite release dedicate o pacchetti speciali, è sempre più rilevante. Si ha quindi la possibilità di fornire del valore aggiunto ai propri clienti
  • Rappresentano un nuovo tipo di investimento. Portando con sé il titolo di una proprietà, possono aumentare o diminuire il loro valore nel tempo o in relazione alla rarità di quello che rappresentano; quindi, oltre che una rendita, possono confluire nel capitale di una azienda
  • Definiscono in modo univoco ed inequivocabile un titolo di proprietà grazie alla loro registrazione in blockchain
  • Donano valore al creatore del contenuto: pago per avere una tua opera, sei un’artista concretamente valorizzato. Il concetto della fruizione gratuita o freemium va a decadere.

Ma ora, perché NFT no?

  • Non è vero che sono a numero limitato, nessuno ti impedisce, e ci sono piattaforme dedicate, di creare degli NFT nuovi da immettere sul mercato, con il problema del copyright per l’acquirente: certo tu “possiedi” l’opera che acquisti, ma il copyright dell’opera rimane in capo al suo creatore che potrebbe replicarla quando vuole
  • La blockchain non è ancora di comune utilizzo e, quindi, l’archiviazione dell’NFT non è completamente al sicuro: non è detto che l’algoritmo-magazzino del tuo certificato sia eterno. Il rischio che improvvisamente scompaia esiste.
  • Anti-Green. Minare e tenere in vita intere stringhe scritte in blockchain costa energia e capitali importanti per i minatori, con un conseguente impatto ambientale molto rilevante.
  • Tutto in poche mani. Il sistema di creazione di NFT e di blockchain oggi è per il 70% localizzato in Cina, senza una vera decentralizzazione del sistema il punto 1 dei vantaggi, la democraticità, potrebbe venire meno.

Gli NFT più chiacchierati e cercati sul web

Axie Infinity e Decentraland, in assoluto gli NFT più popolari con una diffusione, del primo, in 112 Paesi al mondo e il secondo quello il più ricercato in 43 Stati. Vediamo una carrellata di NFT popolari, così da avere un quadro completo.

Partiamo da:

  • Axie Infinity è il gioco più famoso online quando si parla di NFT e cryptovalute, AXS è tra le prime 50 crypto capitalizzate sul mercato ed è solo una delle due del gioco, quella utile a comprare Axie o terreni, l’altra, Smooth Love Potion, attesta più un “riconoscimento” di potere e si ottiene sconfiggendo l’avversario in battaglia.
    Durante il gioco, il giocatore, può guadagnare AXS sbloccando livelli o vincendo battaglie e li può sia riutilizzare nel gioco che convertirli in denaro corrente, secondo il modello Play-to-Earn.
    Cosa c’entrano, però, gli NFT? Ogni Axie è un NFT. Un Axie è una sorta di animaletto da combattimento le cui sembianze sono composte da combinazioni di algoritmi, combinazioni infinite che creano, così, NFT unici infiniti.
    AXS è stato distribuito a giugno 2020 e, oggi, la fornitura totale di AXS è pari a 270 milioni di AXS, di cui sono attualmente in circolazione 60 milioni di token, ma entro il 2026 saranno tutti sul mercato.
  • Decentraland, invece, è strettamente connessa al Metaverso e ha come protagonisti tanti piccoli avatar umani impegnati nella compravendita di terreni attraverso la sua crypto nativa MANA.
    Gli NFT di Decentraland sono i Land, ossia gli spazi che gli utenti possono acquistare e vendere nella piattaforma.
    Ci sono a disposizione circa 2 miliardi di MANA, di cui, oggi, solo la metà circa è in circolazione.

LEGGI ANCHE: Metaverso: cos’è e possibili applicazioni presenti e future

Passiamo poi a Bored Ape Yacht Club, la collezione composta da 10.000 NFT unici di immagini di scimmie con caratteristiche tutte diverse tra loro.
Il loro successo è stato così dirompente che oggi sono disponibili solo da reselling con un prezzo a partire da 380 dollari cadauno.

Chi possiede le Bored Ape, non solo ha in mano uno strumento di investimento, ma ha accesso a contenuti limited edition, come accessori o animali domestici per la sua scimmia, oltre che a una prelazione su nuove release di Bored Ape.
Il futuro riserva la nascita di un proprio Metaverso, con la raccolta di circa 460 milioni di dollari per la sua creazione.

Chiudiamo con OpenSea, che più che NFT in sé, è la piattaforma che permette ai content creator di creare il loro NFT.
Coniare, comprare, vendere e visualizzare NFT ecco a cosa serve OpenSea.
Dopo uno scandalo che l’ha vista protagonista nel 2021, nel 2022 si è assicurata finanziamenti per 300 milioni di dollari che hanno portato la sua valutazione a oltre 13 miliardi di dollari

Staking NFT, cos’è e a cosa serve

Staking NFT, di cosa si tratta? Per Staking NFT si intende la politica per il quale si sta bloccando la vendita e lo scambio di un NFT su una porzione di blockchain, NFT sbloccabile solo in seguito al pagamento di una sorta di ricompensa, anche più alta del valore stesso dell’NFT.

Lo Staking NFT, quindi, porta del reddito passivo al possessore del certificato, in quanto, come in tutti i migliori mercati, riducendo la disponibilità di un prodotto ne aumenta il valore e bloccando degli NFT, gli utenti possono ricevere delle ricompense in base a un rendimento percentuale annuo (APY) e al numero di NFT in Staking.

La pratica di Staking aumenta quindi le rendite andando a contrastare comunque i problemi ambientali di minare nuovi NFT.

Un altro modo di vedere lo Staking NFT è quello dell’asta o della scommessa, chi possiede crypto da investire le investe in tavoli in cui sono presenti NFT bloccati, la maggior offerta avrà, probabilmente, i diritto di proprietà. Le Crypto su ogni tavolo possono essere disinvestiti all’occorrenza e le piattaforme di staking danno ai diversi puntatori delle ricompense giornaliere.

Axie Infinity è una piattaforma che ha il suo canale di Staking con gli animaletti da collezione.