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Google investirà 900 milioni di dollari nella ripresa economica dell’Italia

Il CEO di Alphabet e Google Sundar Pichai ha annunciato giovedì che il colosso della tecnologia investirà oltre 900 milioni di dollari nei prossimi cinque anni per aiutare l’Italia nella sua ripresa economica dalla crisi del coronavirus.

“Google è orgoglioso di essere un partner nella ripresa economica dell’Italia”, ha affermato Pichai su Twitter. “Oggi Google annuncia Italia in Digitale, un nuovo piano per accelerare la ripresa economica del Paese offrendo una serie di strumenti, formazione e partenariati per supportare le imprese e le persone in cerca di lavoro”, ha aggiunto.

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In cosa consiste il progetto di Google

Nell’ambito dell’iniziativa, Google lancerà anche due regioni Cloud in collaborazione con il fornitore di telecomunicazioni italiano TIM e aiuterà oltre 700.000 piccole e medie imprese e persone a digitalizzare il Paese.

Il progetto di Google include un milione di euro di pubblicità gratuita alle aziende di Unioncamere.

Già durante la pandemia il colosso del web si è attivato per collaborare con i governi di tutto il mondo – compresa l’Italia – per affrontare la crisi.

Tramite una partnership con il Ministero della Salute, per esempio, è stato possibile fornire informazioni essenziali relative a Covid-19 sul motore di ricerca, su Maps e su YouTube. Con il Ministero dell’Istruzione è stato invece accelerato il processo che ha permesso a milioni di studenti italiani e insegnanti di continuare gli insegnamenti con strumenti di didattica a distanza, a scuole chiuse.

Inoltre, Google ha distribuito crediti e grant pubblicitari alle piccole e medie imprese italiane, ad agenzie governative e ad associazioni nonprofit.

Il nuovo progetto di Google nasce dalla consapevolezza che l’Italia resta un mercato strategico e dall’esperienza e dal successo di precedenti iniziative come Crescere in Digitale e Google Digital Training, che negli ultimi cinque anni hanno aiutato 500.000 persone a ottenere le competenze digitali necessarie per rilanciare un’attività o migliorare la propria carriera lavorativa.

“Da molti anni Google è impegnata in Italia per diffondere le competenze digitali utili a trovare un lavoro o far crescere un’attività”, ha commenta alla Stampa Fabio Vaccarono, managing director di Google Italy. “Se queste competenze erano importanti prima della pandemia – aggiunge -, ora sono diventate tanto più necessarie: per superare le sfide del presente la digitalizzazione è un elemento imprescindibile, per trovare nuove opportunità lavorative, per rilanciare un’impresa, e a vantaggio dell’intera società”.

Anche il Premier Conte ha accolto con favore la notizia: “La tecnologia e l’innovazione digitale sono elementi centrali dell’agenda del mio governo per il futuro del nostro Paese”.

welfare aziendale

Il concetto di Welfare Aziendale è cambiato ed è sempre più legato a quello di Wellness

  • Il concetto del benessere, legato alle condizioni di salute e al miglioramento della qualità di vita negli ambienti di lavoro, si è ulteriormente diffuso durante il periodo pandemico.
  • Il Covid-19 ha messo in luce le debolezze del sistema aziendale, mostrando ai dipendenti quanto il sistema stesso non supporti nel modo corretto i lavoratori.
  • La grave situazione dell’emergenza ha spostato l’attenzione delle aziende e dei dipendenti verso un concetto di welfare aziendale diverso da quello conosciuto fino ad oggi.

 

In una situazione in cui il welfare pubblico sta restringendo fortemente il suo ambito di applicazione, sono le aziende a farsi carico del benessere delle persone introducendo, con frequenza, il concetto di wellness at work, ampliando e modificando il welfare aziendale fino ad oggi conosciuto.

Il welfare aziendale rappresenta una soluzione vincente per tutti i soggetti coinvolti nel processo, come evidenzia anche l’ultimo Rapporto Welfare Index PMI del 2019:

  • Lato aziendale si generano risparmi fiscali e contributivi, un ROI positivo e un aumento della capacità di attrazione e fidelizzazione dei dipendenti. Situazione che genera un vantaggio competitivo e strategico elevato;
  • Lato dipendente il sistema genera un aumento della produttività, una riduzione dell’assenteismo e un aumento della felicità al lavoro.

Ogni azienda ha la possibilità di introdurre piani di welfare proporzionati alla dimensione aziendale, diversificati per settore e target dei destinatari. Anche le aziende più piccole (PMI e micro aziende) possono accedere a politiche di welfare aziendale ottenendo vantaggi significativi.

La grave situazione pandemica ha però spostato l’attenzione delle aziende e dei dipendenti verso un concetto di welfare aziendale, diverso da quello conosciuto fino ad oggi. I piani di welfare aziendale del futuro non saranno più legati ai semplici voucher viaggi, buoni carburante, buoni palestra ma dovranno contenere benefit legati alla sfera personale dei lavoratori.

Salute, sicurezza, wellness e redditività saranno le parole chiave per il welfare aziendale del futuro.

Il concetto del benessere, legato alle condizioni di salute e al miglioramento della qualità di vita negli ambienti di lavoro, si è ulteriormente diffuso durante il periodo pandemico. Le aziende che avevano seguito una politica di lungimiranza, introducendo un wellness welfare, si sono fatte trovare pronte, per tutte le altre è giunto il momento di cambiare rotta.

I migliori piani welfare aziendale pre Covid-19

Le grandi aziende sono consapevoli del fatto che la felicità e il benessere dei lavoratori sono dei “must have” per la retention degli stessi e per l’attrattività che l’azienda deve avere nei confronti dei talenti. Qui di seguito alcune aziende, identificate come Best Welfare Workplaces nel mondo pre pandemia Covid-19.

Google

Il colosso tecnologico conosciuto principalmente per il motore di ricerca, si distingue per l’elevata attenzione al benessere dei dipendenti nei luoghi di lavoro. Ogni area dell’azienda, infatti, è studiata per rendere accogliente il luogo di lavoro, non solo per le attività meramente produttive ma anche per le attività ricreative. Sono famose le aree relax e gioco, quelle per la vendita di cibi salutari, per i servizi alla persona ecc. che trasformano l’azienda in un piccolo quartiere familiare.

Un altro importante benefit, legato al tema della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, è il congedo di maternità, retribuito pienamente per cinque mesi (consecutivi o fruibili in periodi differenti) oltre ad altri importanti vantaggi per i neo genitori lavoratori.

LEGO

L’iconica azienda danese di giocattoli punta, invece, sulla creatività. Il piano di welfare aziendale della società consiste essenzialmente nel far scoprire ai dipendenti la propria creatività partendo dal gioco. Lavorare e al tempo stesso visitare musei, giocare nelle sale gioco aziendali e divertirsi liberamente al parco divertimenti Legoland.

Netflix

Per la libertà concessa ai dipendenti nella gestione del tempo, pur nel rispetto delle consegne loro assegnate, Netflix si posiziona in un ruolo privilegiato nell’universo del welfare aziendale. Inoltre i lavoratori hanno sempre a loro disposizione centri fitness e palestre per prendersi cura del loro benessere psico-fisico.

Fitbit

La società di tecnologia indossabile, produttrice dei wearable utili per monitorare l’attività fisica, ha creato un piano di welfare che si sposa perfettamente con il core business dell’azienda. Sono infatti molto rinomate la competizioni tra dipendenti volte a monitorare chi percorre più chilometri: un’ottima combinazione tra tempo libero, salute e forma fisica.

Questo piano di welfare aziendale, che si avvicina a quello che sarà il welfare del futuro post pandemico, introduce il concetto di welfare wellness. I piani creati da Fitbit sono stati introdotti anche in altre aziende, attente al binomio welfare e wellness.

Il Welfare aziendale post Covid-19

Con l’arrivo della pandemia il concetto di welfare aziendale ha subito e subirà grandi cambiamenti. Le aziende dovranno:

  • Introdurre attività di prevenzione e gestione della sicurezza organizzativa, includendo nel set di rischi anche quello pandemico;
  • Coordinarsi con il SSN per un corretto e utile scambio di informazioni, per aggregare i dati e aumentare il monitoraggio;
  • Ridefinire il concetto di sicurezza sul lavoro (ampliando le funzioni del RSPP e del RLS) sviluppando l’assistenza sanitaria integrativa e investendo in polizze collettive ad hoc e nelle coperture LTC;
  • Rafforzare la conciliazione vita-lavoro, potenziando i benefit di sostegno al reddito, ripensando le policy di ageing aziendale;
  • Introdurre il benessere digitale: non solo dotazione di strumenti tecnologici, veloci e di qualità per lavorare in remoto ma anche ricerca e rispetto di un maggiore equilibrio tra la propria dimensione personale e quella lavorativa con attenzione al diritto di disconnessione.

Il Welfare aziendale post pandemico andrà nella direzione del people care: salute, reddito e pensioni.

welfare aziendale

Welfare aziendale e benessere organizzativo

In un’organizzazione è importante creare un ambiente di lavoro salubre e accogliente, oltre che predisposto per assolvere gli obblighi di legge in materia di sicurezza sul lavoro. Aspetto che si è mostrato preponderante durante la pandemia Covid-19 e che ha posto le basi per una rivisitazione di questo aspetto per quanto riguarda il futuro.

Il Covid-19 ha messo in luce le debolezze del sistema aziendale, mostrando ai dipendenti quanto il sistema stesso non supporti nel modo corretto i lavoratori. Il 90% dei consumatori, secondo una ricerca di Edelman, rivela che le persone intervistate desiderano che i brand si impegnino sempre di più per salvaguardare la salute dei lavoratori e le loro finanze.

I paesi anglosassoni stanno puntando moltissimo nell‘introduzione di misure volte alla promozione e alla prevenzione della salute. Le misure si possono identificare in questi tre pilastri:

  1. Salute e sicurezza: aspetti legati al regime regolatorio vigente ai sensi di legge relativamente alla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro;
  2. Prevenzione e promozione della salute: azioni di prevenzione primaria finalizzati alla promozione attiva della salute;
  3. Gestione della malattia: interventi di prevenzione secondaria, mirati a gestire le situazioni di malattia (assenza lunga dei dipendenti e la disabilità degli stessi).

Il primo punto si riferisce a condizioni minime che tutte le aziende devono, per legge, attuare. Il secondo e il terzo punto identificano i comportamenti proattivi e aggiuntivi alle norme di base, a cui tutte le aziende devono tendere, poiché procurano benessere fisico e psicologico delle persone all’interno dell’organizzazione.

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HR, CMO, welfare aziendale e la sfida del cambiamento

Le aziende, ed in particolare i responsabili HR e CMO, si trovano ad affrontare una situazione complessa. Da un lato la pandemia che ha comportato tagli di bilancio e riduzione dei costi e dall’altro lato la gestione, sempre più frequente, di disordini interni legati al personale dipendente e scioperi, indetti per richiedere maggiori tutele sia economiche sia in materia di sicurezza sul lavoro e di protezioni individuali.

Si riporta l’esempio di Everlane, negozio di abbigliamento low cost online americano, che ha subito un duro attacco dall’interno durante il periodo pandemico, poiché durante il mese di aprile ha dovuto sospendere dal lavoro circa 300 lavoratori.

Il brand ha da tempo intrapreso un percorso di trasparenza, che spinge, sin dalla sua nascita, a comunicare il vero costo dei propri prodotti, i materiali impiegati per realizzarli e le condizioni dei lavoratori nelle fabbriche che collaborano con il marchio.

Sappiamo che è difficile cambiare la mentalità delle persone e che è più facile desiderare di avere un guardaroba sempre pieno di capi nuovi. Quando raccontiamo la storia dietro ogni prodotto che realizziamo e parliamo delle nostre fabbriche, cerchiamo di trasmettere l’importanza di fare acquisti più sostenibili. Potevamo scegliere di lavorare fuori dal mondo della moda e di fondare un’associazione no profit, invece abbiamo deciso di costruire un’attività in grado di contribuire a creare un sistema che anche gli altri brand possano utilizzare in futuro. Insomma, abbiamo scelto di cambiare le cose dall’interno.

Tutto ciò in ottica di cambiamento e di comunicazione verso l’esterno dell’organizzazione. Ma questa trasparenza è ravvisabile anche all’interno dell’organizzazione stessa?

I CMO sono quindi chiamati a cambiare rotta anche internamente, la trasparenza non può essere solo esterna. Occorre aumentare la comunicazione interna all’azienda, attraverso informative chiare ed efficaci, volte a trasmettere anche decisioni difficili, condividendole direttamente con il personale.

Aziende che si sono distinte per le loro best practice durante la pandemia

Un caso differente è quello di Airbnb, marchio che è stato fortemente colpito dalla pandemia Covid-19. L’impossibilità di viaggiare a causa delle misure restrittive ha creato gravi danni al settore dei viaggi e dell’hospitality.

Il modello di business legato all’economia della condivisione è entrato in una forte crisi durante la pandemia. Per motivi di sicurezza internazionale è stata sospesa l’attività di condivisione/affitto degli alloggi.

Ad aprile Airbnb ha chiesto prestiti per due miliardi di dollari e ha istituito un fondo da 250 milioni di dollari per gli host che usano la piattaforma, che si sono trovati all’improvviso con le prenotazioni cancellate. Brian Chesky, CoFounder e CEO, ha tagliato il 25% della sua forza lavoro lasciando a casa 1900 dei suoi 7.500 dipendenti. Tagliati anche tutti gli investimenti che non riguardano il business principale quindi gli investimenti in hotel e produzioni cinematografiche. Nonostante la pesante crisi, Chesky ha deciso di comunicare in modo trasparente con i dipendenti coinvolgendoli nelle scelte, difficili, che l’azienda dovrà necessariamente intraprendere.

«Stiamo vivendo la crisi più straziante della nostra vita, dobbiamo apportare modifiche fondamentali ad Airbnb riducendo la nostra forza lavoro e avere una strategia aziendale mirata», ha scritto Chesky  in una lettera aperta ai dipendenti. 

La stessa sorte è toccata a WeWork e a Uber. Wework, azienda americana specializzata nell’affitto di spazi in co-working, si trova in grandissime difficoltà. Migliaia di clienti hanno rifiutato di pagare l’affitto o hanno cercato di interrompere i loro contratti di locazione. Il boom dello smart working, obbligato per motivi di sicurezza, non facilita il business degli spazi di coworking.

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Anche per Uber la situazione non è molto diversa. L’AD Dara Khosrowshahi ha annunciato che ridurrà la sua forza lavoro del 14% (pari a 3700 lavoratori licenziati) e lo ha comunicato a tutti i dipendenti attraverso una mail. Ulteriori tagli, prosegue, verranno attuati alle spese di marketing e grazie al rinvio di alcuni investimenti.

Khosrowshahi, come altri CEO della Corporate America, nel clima di difficoltà ha rinunciato al proprio compenso. Simili mosse, assieme, hanno contribuito a convincere gli investitori all’investimento, consentendo ad Uber di guadagnare il 5%, consolidando il precedente rialzo pari all’11%.

Lo stesso Khosrowshahi è altrettanto convinto che la ripresa, seppur non in tempi brevi, sia comunque prevedibile per il modello di business del gruppo. L’azienda ha infatti puntato forte su Uber Eats. La consegna a domicilio di pasti ha registrato un incremento di oltre il 50% delle entrate, pari a 819 milioni di dollari.

Il welfare aziendale per definizione sta cambiando in parallelo con i rinnovati bisogni di salute, sicurezza e tutela dei lavoratori. La pandemia ha mostrato le falle in un sistema che sembrava perfetto. Le aziende devono partire da questo “anno zero” per ricostruire i loro piani di welfare e insieme alla istituzioni creare un nuovo modello organizzativo.

intelligenza artificiale povertà

L’intelligenza artificiale può aiutarci a sconfiggere la povertà

  • La Stanford University ha studiato un nuovo sistema di tracciamento della povertà che combina immagini satellitari e intelligenza artificiale.
  • Il sistema di AI ha già tracciato con successo il livello di povertà di 20 mila villaggi africani e apre ora nuove possibilità nel contrasto alla povertà nel mondo.
  • La scoperta potrebbe favorire l’acquisizione di nuovi dati in aree nelle quali sono attualmente mancanti, così come permettere alle organizzazioni di mettere a punto programmi di sviluppo economico più efficaci.

 

È possibile contrastare la povertà nel mondo attraverso l’intelligenza artificiale? Assolutamente sì, secondo uno studio pubblicato dall’Università di Stanford su Nature Communications. Tracciando i livelli di povertà attraverso i satelliti, uno strumento di AI messo a punto in cinque anni dal celebre ateneo statunitense potrebbe infatti fornire agli studiosi nuove conoscenze utili a favorire lo sviluppo del benessere economico.

Il nuovo tool, pensato dai ricercatori Marshall Burke, David Lobell e Stefano Ermon e testato finora su circa 20 mila villaggi africani, utilizza l’intelligenza artificiale per scansionare le immagini satellitari alla ricerca di segni di sviluppo economico. In particolare, cerca e analizza indicatori quali strade, agricoltura, abitazioni e illuminazione notturna.

A rintracciare in questi dati i modelli di misurazione della ricchezza sono algoritmi di deep learning (apprendimento profondo). Una tecnica che, secondo la definizione dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano, si basa su reti neurali artificiali organizzate in diversi strati, ciascuno dei quali calcola i valori per quello successivo affinché l’informazione sia elaborata in modo sempre più completo.

I 20 mila villaggi africani scansionati finora in fase di ricerca si trovano in 23 diversi Paesi di cui si disponevano già dati relativi alla ricchezza. Questo ha permesso di verificare l’efficacia del nuovo strumento di AI, che ha stimato con successo i livelli di povertà dei villaggi nel tempo.

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Nuovi dati e programmi di sviluppo più mirati

Quello testato dalla Stanford University è quindi semplicemente un modo nuovo di estrapolare dati già in uso? In realtà no. Secondo i ricercatori, il sistema di intelligenza artificiale potrebbe portare almeno due innovazioni nella lotta alla povertà a livello globale.

In primo luogo, identificando modelli di crescita il tool può mostrare perché alcuni luoghi stiano progredendo più di altri. Informazioni che potrebbero quindi aiutare a pensare programmi di sviluppo più mirati, che si adattino alle esigenze peculiari di ciascun luogo.

Inoltre, il nuovo sistema di AI potrebbe misurare il benessere economico in aree delle quali mancano dati affidabili. Una novità non da poco. Come ha spiegato David Lobel a Stanford News infatti “non c’era fino ad ora un metodo valido per capire come la povertà stia cambiando a livello locale in Africa. I censimenti non sono abbastanza frequenti e i sondaggi porta a porta ritornano raramente alle stesse persone”.

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Una nuova fase nel contrasto alla povertà nel mondo

I ricercatori prevedono che le agenzie governative e le ONG possano utilizzare il nuovo strumento per capire l’efficacia dei programmi di contrasto alla povertà e destinare i propri progetti a target di persone più specifici. Ma anche se non dovesse mai arrivare nelle loro mani, il sistema di AI potrebbe comunque permettere agli economisti di capire meglio cosa influisce maggiormente sullo sviluppo del benessere economico a livello globale.

Insomma, “se i satelliti possono aiutarci a ricostruire la storia dello sviluppo economico, questo potrebbe aprire molte strade per meglio comprendere e alleviare la povertà”. Può avere inizio una nuova era?

Mondo post covid

Accelerazione digitale e Post COVID-19: come si evolveranno le tecnologie

  • Post COVID 19: come cambiano le aziende con l’accelerazione digitale. Esempi concreti di quelle che stanno subendo una trasformazione irreversibile
  • L’eCommerce è la risposta per reagire al ristagno economico dell’Europa
  • Consigli per lavorare bene in smart working da chi ci lavorava ancor prima della pandemia

Con l’arrivo del COVID-19 ci siamo ritrovati bloccati, da un giorno all’altro, minacciati da qualcosa che non potevamo prevedere, che non potevamo e non possiamo vedere, ma che era, ed è tutt’ora presente. Abbiamo dovuto cambiare abitudini, uscendo di casa solo se strettamente necessario e per procurarci beni di prima necessità.

Le nostre giornate sono state scandite da ritmi lenti. Noi che correvamo da una parte all’altra della città per lavoro, impegni e aperitivi, abbiamo trascorso mesi chiusi tra 4 mura, a lavorare al PC e la musica che ci accompagnava dai balconi come in un surreale spettacolo che ancora fatichiamo a comprendere.

File chilometriche fuori ai supermercati, locali chiusi, negozi serrati ad eccezione di poche attività. Chi lavora a contatto diretto con le persone, come ha fatto ad andare avanti? Trovando vie alternative. Il bisogno di sopravvivere in un mondo paralizzato ha avuto come conseguenza l’accelerazione digitale in molti settori economici e non solo, cambiando i servizi e il modo di erogarli.

Molti Paesi stanno ripartendo, e quasi tutte le attività si stanno preparando per fare il grande salto verso una po’ di normalità, cercando di andare oltre il punto d’arresto. Tutti noi vi aspiriamo, ripensando al vecchio tran tran quotidiano quasi con malinconia, quando un caffè al bar era un gesto spontaneo e ora ci sembra un atto rivoluzionario.

Nonostante la graduale ripresa, è impossibile non rendersi conto che con il COVID-19 il mondo è cambiato e che intere aziende hanno avviato un processo di accelerazione digitale ormai irreversibile.

L’accelerazione digitale dovuta al COVID-19

Forrester Research Inc., una società di ricerche di mercato americana, sta preparando un rapporto sulle aree tecnologiche che riceveranno investimenti per la digitalizzazione. Secondo Stephen Powers, vice presidente e direttore del gruppo Forrester, possiamo individuare 4 categorie chiave in cui sta avvenendo l’accelerazione digitale:  

  • Gestione dei rischi / crisi relativi allea ziende, dipendenti, fornitori e partner
  • Tecnologie per la customer experience come chatbot, sistemi di feedback dei clienti e contact center 
  • Tecnologie per la salute e la sicurezza come tracciamento dei contatti e sorveglianza
  • Esperienza dei dipendenti e strumenti di gestione del capitale umano come piattaforme di contenuto, videoconferenza per la gestione dei contratti e gestione del capitale umano.

Sebbene queste tendenze fossero già ben avviate prima della pandemia, Rob Thomas vicepresidente senior della piattaforma cloud e dati di IBM Corp, ha dichiarato che la crisi ne ha aumentato l’accelerazione digitale prima del previsto.

Le piattaforme di cloud e videoconferenze sono state le più ricercate e utilizzate nel periodo della pandemia per facilitare la comunicazione tra colleghi ma anche per incontrarsi virtualmente con la famiglia e gli amici.

Ma vediamo da vicino quali saranno le tecnologie che subiranno notevoli cambiamenti nel post COVID- 19.

1. Sviluppo software low-code / no-code con l’accelerazione digitale

La necessità di essere veloci e pronti è stata la molla che ha fatto scattare gli sviluppatori a ricorre a nuove applicazione da lanciare sul mercato. Le piattaforme di sviluppo low-code e no-code, che utilizzano componenti visivi e costruzioni drag-and-drop per sviluppare software rapidamente, erano già avviati e a buon punto prima che iniziasse la pandemia. La tecnologia low code permette di adattare e soddisfare le richieste mentre avvengono.

Lo scorso anno Forrester aveva previsto che questa tipologia di codici avrebbe fatturato, entro il 2022, più di 20 miliardi di dollari, mentre Gartner sostiene che saranno scelti per programmare dal 65% degli sviluppatori entro il 2024. Qualche esempio?

1.1 Esempi di software in low code

AirDev LLC ha creato un’applicazione per una catena scozzese di ristoranti che sostituisce le ordinazioni segnate solitamente dai camerieri con un’app. Il software è stato realizzato in meno di una settimana. Il CEO di AirDev, Andrew Haller ha dichiarato che sfruttando i nuovi codici al posto della programmazione convenzionale, realizzano e chiudono lavori in una, massimo 4 settimane, invece che i soliti, minimo, 3 mesi 

VantIQ Inc., produttore di una piattaforma di applicazioni real time ha visto una crescita delle opportunità legate al settore della sicurezza. Uno dei suoi partner sta sviluppando un’app di distanziamento sociale per i negozi al dettaglio che consente ai clienti di effettuare prenotazioni in modo che gli acquirenti non debbano attendere troppo tempo.

Inesa Co. Ltd. sta sviluppando un’applicazione per ascensori smart per tenere traccia delle metriche di salute di chi li utilizza e un altro partner sta lavorando a un’applicazione che fornisce gestione dei rischi, della quarantena, monitoraggio e instradamento intelligente delle persone negli ospedali. Le applicazioni per monitorare il movimento delle persone sono richiestissime, e sono quelle per cui la domanda crescerà sempre di più.

Appian Corp. ha utilizzato la propria piattaforma low code per creare e lanciare tre applicazioni in due mesi per aiutare le aziende a far fronte alla crisi, consentendo alle organizzazioni di garantire un ritorno sicuro a lavoro. La città di San Antonio, in Texas, ha utilizzato una piattaforma di Mendix Tech BV per accelerare l’elaborazione delle domande di noleggio, ipoteca, utilità e trasferimento. L’app è stata realizzata in 12 giorni.

2. Vendita al dettaglio ma in digitale

Con la chiusura della maggior parte delle attività commerciali, milioni di persone si sono precipitate a effettuare acquisti sul web. Non solo chi era solito farle ha aumentato la frequenza di acquisto, ma anche chi non aveva mai provato l’ebrezza di fare shopping nel cyberspazio ha cominciato a prenderci gusto.

Un sondaggio di Forrester evidenzia che nel mese di Aprile su 1.122 intervistati, il 21% ha dichiarato di aver acquistato generi alimentari online per la prima volta e il 41% sta acquistando più prodotti online rispetto al passato. Sempre nei mesi precedenti, le catene di negozi di Stati Uniti e Canada hanno visto un aumento dell’80% delle vendite online rispetto all’anno precedente. Il numero di acquisti per la prima volta sui siti di e-commerce dei rivenditori sono aumentati del 119%. 

E ancora, una società di consulenza aziendale West Monroe Partners LLC ha effettuato delle interviste a 150 dirigenti di medie e grande imprese, dimostrando che un terzo di queste attività si sta reinventando grazie all’acquisizione di nuove competenze online, sfruttando l’ondata dell’accelerazione digitale.

Credits: wearesocial.com

2.1 La vendita al dettaglio resiste

Anche se il COVID-19 ha temporaneamente rallentato la vendita al dettaglio, non significa che stia scomparendo. Swerdlow ha dichiarato che il 45% degli acquirenti vuole riprendere le consuete abitudini d’acquisto. I rivenditori devono tener conto di questo aspetto, perché per quanto ci sia stata un’impennata degli acquisti online, i consumatori vogliono tornare ad acquistare nei negozi. Ciò significa che dobbiamo aspettarci un futuro ibrido che combina elementi sia virtuali che fisici.

In primis si prevede un implemento delle innovazioni nello shopping in “touchless”, come accade nei negozi di alimentari senza cassiere di Amazon, con tecnologie che permettono alle persone di scansionare i codici a barre per la consegna in lotti anziché prelevare gli articoli dagli scaffali. Sono cose che già esistono, è vero, ma assisteremo a una vera e proprio aumento di questi servizi.

Anche gli spazi subiscono delle modifiche. Le aziende stanno investendo di più nella costruzione di relazioni one-to-one su siti web che in negozio. Powerfront Inc., produttore di una piattaforma di chat e di messaggistica live per rivenditori online, ha ampliato lo sviluppo della sua funzione Video Assistant, che consente al personale di offrire assistenza ai clienti, come dimostrazioni dei prodotti da remoto. I rivenditori devono attrezzarsi sempre di più su come vendere senza l’utilizzo di un luogo fisico.

 3. Chatbot e robot protagonisti dell’accelerazione digitale

Strumenti come chatbot e altri supporti informativi hanno colmato con grande successo il problema dei call center decimati da assenze e malattie. Anche l’Organizzazione mondiale della sanità e i Centri per il controllo delle malattie hanno adottato chatbot per rispondere a milioni di domande. Molti siti web governativi stanno facendo la stessa cosa.

Research and Markets Ltd. prevede che il mercato globale dei chatbot crescerà di circa il 30% all’anno, raggiungendo 9,4 miliardi di dollari entro il 2024.

Attualmente i chatbot vengono utilizzati per rispondere rapidamente a domande generiche o per risolvere reclami, ma è probabile che la loro presenza si espanderà a nuove aree. Nel mondo post-pandemia diventeranno portali digitali per l’assistenza sanitaria interattiva, aiutando i pazienti a trovare un medico o un servizio, pianificare appuntamenti, facilitare il controllo dei sintomi, condurre il triage nelle cure di emergenza, preparare le procedure e seguire le istruzioni post dimissione.

3.1 Automazione e robotica

La difficoltà che le aziende hanno dovuto assumere per lavori in ambienti rischiosi come magazzini e negozi al dettaglio alimenterà un trend di investimento già forte nella robotica. Mordor Intelligence LLP prevede che il mercato crescerà del 25% ogni anno fino al 2025.

Pring di Cognizant fa un’affermazione che fa riflettere, ossia che nel post- COVID sarà molto più facile ottenere un prestito da una banca per investire in un robot piuttosto che assumere altre quattro o cinque persone per la propria attività. Inoltre si prevede che la robotica sarà sempre più utilizzata in compiti amministrativi.

Amazon ha fatto la sua seconda acquisizione di un’azienda robotica l’anno scorso, acquistando lo sviluppatore di veicoli autonomi Canvas Technology LLC. Inoltre sta sperimentando autonomamente veicoli e droni per alimentare la sua vasta rete di distribuzione.

Wal-Mart Stores Inc. utilizza robot per pulire i pavimenti e McDonald’s Corp. vuole sperimentarli sempre di più per svolgere diverse mansioni. I robot in Corea del Sud sono stati utilizzati per misurare le temperature e distribuire disinfettante per le mani. JD Logistics, una filiale del colosso cinese dell’e-commerce JD.com, ha utilizzato veicoli autonomi per consegnare pacchi agli ospedali di Wuhan, evitando il contatto fisico durante lo scoppio del contagio. I robot hanno utilizzato la tecnologia di riconoscimento facciale per convalidare l’identità dei destinatari.

Non dobbiamo sottovalutare la tendenze per cui le persone preferiranno andare in un posto che ha meno lavoratori e più macchine perché si sentono di poter ridurre il rischio di contagio, ha detto giustamente Martin Ford alla BBC.

4. L’affermarsi della telemedicina con l’accelerazione digitale

La telemedicina è l’evoluzione digitale dei servizi sanitari. Facilita la comunicazione tra medici e pazienti ed era già previsto che avrebbe fatturato 130 miliardi di dollari entro il 2025.

Durante la pandemia poi ha visto un incremento del suo utilizzo del 500% e ciò vuol dire che l’assistenza sanitaria da remoto diventerà mainstream più velocemente del previsto grazie all’accelerazione digitale. Un consulto medico virtuale sarà il primo passo, seguito da quello di persona, ha detto Pring di Cognizant.

La società di software per la sanità Epic Systems Corp. ha realizzato la propria piattaforma di telehealth in poche settimane. Cosa fa? Consente ai provider di avviare una visita video con un paziente, rivederne la storia clinica e aggiornandone la documentazione direttamente dall’app Epic.

Il COVID-19 ha costretto le aziende ad interagire con le persone senza doverle vedere di persona, ma a distanza, implementando nuove soluzioni prima del previsto. In California la società di software medica Heal Inc. sta lanciando un nuovo servizio che consentirà a coloro che ne hanno bisogno di consultare uno psicologo tramite una videochat.

La nuova app di Vecna ​​Technologies Inc. sta avendo molto successo per lo snellimento delle pratiche burocratiche sulla registrazione dei pazienti. Una serie di procedure che prima richiedevano l’interazione faccia a faccia.

5. L’importanza degli open software

Sebbene le licenze open source siano in circolazione da oltre 30 anni, durante la pandemia sono state utilizzate per creare servizi in ogni campo. Codici liberi, open-source e gli account di cloud computing che molti fornitori hanno reso disponibili durante la pandemia hanno permesso lo sviluppo di applicazioni per qualsiasi cosa, dalla traccia dei contatti alla ricerca virale.

Github,un servizio di hosting per progetti software, elenca oltre 27.000 repository di progetti open source relativi a COVID-19, tra cui: Coronavirus Tracker, che presenta visualizzazioni dell’epidemia globale utilizzando un repository di dati aperto gestito dalla Johns Hopkins University, e COVID-19 Scenarios, una dashboard di analisi per modellare le traiettorie dell’epidemia e la domanda ospedaliera.

5.1 Solidarietà digitale e open source

Il designer di user interface Michele Memoli ha realizzato, nel suo tempo libero, un’app per tracciare i contatti anonimi e l’ha aperta su GitHub. L’app automatizza la registrazione delle informazioni di contatto, avvisa le persone di una famiglia o di un gruppo se qualcuno si ammala e calcola i livelli di rischio in base ai contatti effettuati dagli utenti, preservando la privacy. Costruito con un budget pari a zero, il software utilizza un database grafico backend donato da Neo4j Inc. e un account di web hosting gratuito da Digital Ocean Inc. Memoli ha scritto il codice di base sul framework open source Gatsby.js con i linguaggi di query GraphQL e Cypher di Neo4j. Ha pubblicato il progetto in un canale Slack e circa una dozzina di collaboratori sono intervenuti per aiutarlo. Il codice open source e la collaborazione globale hanno dato vita a questo incredibile progetto in poche settimane.

Postman Inc., che commercializza un ambiente di sviluppo API, ad esempio, ha raccolto un ampio elenco di database a cui gli sviluppatori possono collegarsi. IBM ha rilasciato una versione del suo IBM Watson Assistant for Citizens specificamente indirizzato alle inchieste COVID-19 e sta lavorando con numerose organizzazioni governative su implementazioni personalizzate. Lo sviluppatore di software di riconoscimento vocale Deepgram Inc. ha donato 1 milione di dollari di riconoscimento vocale automatico agli operatori sanitari da utilizzare nel corso del prossimo anno.

Google LLC sta rendendo disponibile gratuitamente un repository ospitato di set di dati pubblici relativi alla pandemia sulla sua piattaforma cloud per query e formazione linguistica. Anche Amazon Web Services Inc. ha una risorsa simile, così come Microsoft Corp.

6. Sicurezza zero-trust

La sicurezza zero-trust ribalta le tradizionali difese perimetrali supponendo che nessuno e nulla siano attendibili. I dispositivi e gli utenti devono fornire un’ulteriore prova dell’identità quando accedono a informazioni sempre più sensibili, anche se sono già connessi alla rete. Con milioni di persone che si connettono alle reti aziendali da casa, utilizzando apparecchiature sconosciute alle loro organizzazioni IT, molte aziende stanno rivalutando la propria sicurezza informatica.

Un approccio zero trust offre un ulteriore livello di protezione contro visitatori sconosciuti. Può anche aiutare a proteggersi dai difetti di nuove app che vengono lanciate nella produzione per far fronte alla pandemia senza il solito rigore di sicurezza.

McAfee LLC ha registrato un aumento del 50% nel numero di porte Remote Desktop Protocol esposte a Internet, che consentono l’accesso esterno a una rete a causa di sistemi online con controlli di sicurezza minimi.

Barracuda Networks Inc. ha dichiarato di aver registrato nel mese di Marzo un picco del 667% negli attacchi di phishing relativi a COVID. Un sondaggio di Pulse Secure LLC ha scoperto che solo il 4% delle aziende ha implementato la segmentazione della rete e le pratiche di autenticazione a più fattori, mentre il 69% prevede di farlo in futuro.

7. Database di prossima generazione

Gli strumenti per tracciare e contenere il virus hanno tutti una cosa in comune: i dati.

Applicazioni su come tracciare i dati e ricavarne le informazioni necessarie fanno aumentare la domanda di nuovi motori di database in grado di funzionare su vasta scala. L’interesse è particolarmente elevato nei database di grafici, che sono ottimali per il monitoraggio delle relazioni. Il mercato raddoppierà i guadagni ogni anno per almeno i prossimi due anni, ha sottolineato Gartner all’inizio del 2019.

Lo sviluppatore del motore grafico Neo4j Inc. ha creato COVID-19-Community, un’applicazione di tracciamento dei contatti di crowdsourcing, che utilizza il monitoraggio del telefono cellulare per identificare rapidamente gli utenti che sono entrati in un hotspot e per avvisare gli operatori sanitari.

Un’applicazione sviluppata per l’annuale Graphs4Good GraphHack della società, denominata Project Domino, monitora i post di Twitter di COVID-19 per contrassegnare le truffe, tracciare la disinformazione clinica e infine aiutare i responsabili politici a comprendere la conformità del comportamento e la non conformità tra demografia e regioni.

TigerGraph Inc. offre un kit gratuito ai funzionari governativi e sanitari che viene fornito con un set di dati di esempio, schema e query che possono essere utilizzati per rilevare i centri di infezione e tenere traccia dei movimenti di potenziali spargitori.

La pandemia sta anche alimentando la domanda di motori di database in tempo reale e cosiddetti translytical, che possono eseguire calcoli analitici sui dati di produzione senza perdere troppo tempo.

8. Il cloud computing è fondamentale

Una tendenza già ben collaudata e affermata da tempo e che sta avendo un forte implemento con l’accelerazione digitale è quella di riunire tutti i dati in cloud. Gartner ha previsto che il 75% di tutti i database aziendali sarà distribuito o migrato su una piattaforma cloud entro il 2022.

Oltre ai vantaggi di disponibilità e scalabilità, le piattaforme cloud hanno anche il beneficio di una portata globale. Clemens Mewald di Databricks ha sottolineato l’importanza della raccolta dati e delle esigenze da parte delle aziende di avere software ideali per avere l’erogazione di servizi sempre reperibili e nello stesso posto. Dopo l’esperienza di questa pandemia, ci rendiamo sempre più conto che il cloud è vitale.

Le imprese europee hanno bisogno di e-commerce per superare la recessione

In Europa l’epidemia di Coronavirus ha avviato la corsa verso la digitalizzazione degli acquisti, grazie all’accelerazione digitale in molti settori, anche se è stata una strada molto lenta fino a poco tempo fa. Secondo Eurostat, solo il 17% delle aziende con 249 o meno dipendenti vende online. Per aiutare ad accelerare la transizione, verranno destinati dei fondi, un pacchetto salvataggio con 750 miliardi di euro per investimenti in infrastrutture tra cui: intelligenza artificiale, dati, cloud e reti mobili 5G.

Il vicepresidente della Banca centrale europea, Luis de Guindos ha chiaramente espresso che è necessario investire nella digitalizzazione delle aziende per renderle più competitive. Il Fondo monetario internazionale prevede che l’economia dell’UE si ridurrà quest’anno del 7,1%. Le aziende che sono attive digitalmente hanno avuto più vantaggi durante la pandemia e continueranno ad averne poiché le restrizioni di distanza sociale limiteranno le interazioni quotidiane anche nei prossimi mesi.

Lucia Cusmano che è a capo della divisione PMI e imprenditorialità dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico afferma infatti che ci sono prove concrete che le aziende che erano già abilitate digitalmente, anche con l’uso base di piattaforme o strumenti, stanno affrontando meglio la crisi. Gli economisti della Banca centrale spagnola dichiarano che durante la pandemia gli acquisti online sono saliti al 22% rispetto al precedente 15%.

Cosa possiamo imparare da chi lavorava già da remoto

Per chi non fosse abituato a lavorare da casa, gli ultimi mesi devono essere sembrati davvero terribili. Non tutti erano pronti e disponevano degli strumenti giusti, e presto ci siamo dovuti abituare allo smart working, che in realtà il nostro non lo è stato davvero, ma aveva solo alcune caratteristiche in comune con esso. Ci sono state persone che non hanno avuto modo di gestire adeguatamente il carico di lavoro, anzi hanno avuto l’impressione di aver lavorato il doppio rispetto ai ritmi a cui erano abituati in ufficio. C’è però anche chi può ritenersi soddisfatto e vorrebbe continuare il proprio lavoro in questo modo.

Con più aziende che vogliono convertisti allo smart working e permettere il lavoro a distanza, è tempo di fare un nuovo passaggio con la possibilità che diventi una realtà a lungo termine grazie all’accelerazione digitale che sta investendo il mondo del lavoro. Per prepararsi a questo possibile scenario, bisogna tenere a mente alcune cose e imparare da chi già lavorava da remoto.

Abbiamo dedicato una Guida Interattiva all’argomento: Dal Remote Working allo Smart Working: come evolve il lavoro nelle organizzazioni 

Stabilire linee guida chiare

I team che lavorano in posti diversi sono più espliciti nello stabilire processi e norme di gestione. In un ufficio tanti punti non vengono delineati. Chi lavora da remoto documenta tramite un plan gli obiettivi raggiunti e i compiti che deve ancora completare per mostrarli al proprio superiore e ai colleghi.

Adattare gli strumenti di comunicazione al messaggio

Le procedure per le comunicazioni devono essere chiare. Strumenti altamente interattivi come le videoconferenze tendono ad essere stancanti, mentre le interazioni su app come Slack sono brevi e mirate. I team dovrebbero stabilire abitudini sane e sostenibili per prevenire il burnout causato da un eccessivo tempo trascorso su Zoom e piattaforme simili. Si potrebbero utilizzare le videochiamate per le riunioni del team, su Slack lasciarsi andare a qualche chiacchiere libera durante il giorno e usare le mail per decisioni o istruzioni importanti.

Per le comunicazioni urgenti dopo l’orario di chiusura, molti team hanno come regola quella di chiamare o inviare messaggi, quindi nessuno si aspetta che un dipendente controlli costantemente la posta elettronica. Ciò dà a tutti la possibilità di disconnettersi.

Essere flessibile e trasparente sulla pianificazione

Lavorando in home working possiamo stabilire i nostri orari e quando essere reperibili. Considerando che durante il lockdown bisognava gestire anche la presenza di bambini e varie esigenze personali, non tutti potevano essere presenti nello stesso orario. È importante dare ai lavoratori la possibilità di definire le proprie ore ed essere flessibili e trasparenti sulla pianificazioni dei plan.

Fare attenzione quando l’ufficio si riapre

Stiamo assistendo ad un graduale ritorno in ufficio e questo potrebbe comportare una sorta di esclusione non volontaria per chi invece sta ancora lavorando da casa. Man mano che i luoghi di lavoro iniziano a riaprire, una comunicazione chiara diventerà più importante per far funzionare i team senza intoppi.

love brand

Quali sono i KPI di marketing per misurare il tuo brand love

Qualsiasi azienda ha il potenziale per essere un love brand. A insegnarlo è la storia dei brand più amati al mondo, che ogni anno vengono censiti da Talkwalker.

Attraverso la forza del social listening, anche quest’anno sono stati individuati i 50 brand più amati, ma non solo. Il dato più interessante per te, infatti è scoprire come riescono ad essere amati, per imitarne le strategie.

Engagement vs sentiment

Per prima cosa, il report guarda l’engagement e il sentiment generali.

Engagement

Valuta tutte le menzioni del brand, come, per esempio, like, commenti e condivisioni sui social media, reazioni a notizie, interazioni su forum e blog, ecc.

Sentiment

Il sentiment rappresenta le reazioni delle persone a tali menzioni. Utilizzando l’IA proprietaria di Talkwalker, sono state distinte menzioni positive e negative, analizzando il linguaggio, il contenuto e il contesto di ognuna di esse.

Accedi al report di Talkwalker e apprendi le best practice per costruire un love brand.

love brand

781 marchi a confronto

La tendenza per tutti questi marchi è chiara. Più aumenta l’engagement, ovvero più persone reagiscono al brand, più diminuisce il sentiment generale, con una maggiore tendenza a interazioni negative. Su 25 grandi marchi mondiali con oltre 100 milioni di engagement, nessuno presenta un net sentiment superiore al 75%.

Più visibile diventa il brand, più aumenta la probabilità di critiche. Non si può accontentare sempre tutti e un aumento della clientela rende più impegnativo soddisfare tutte le aspettative dei clienti.

Per questo bisogna monitorare costantemente il sentiment del brand per capire esattamente come il pubblico ne parla.

Infatti, se alla crescita della tua attività potrebbe corrispondere un leggero calo di sentiment, un calo drastico o improvviso di solito segnala una crisi. E questo richiede una gestione della crisi.

Engagement rate

L’engagement rate, ovvero il tasso di coinvolgimento, ti aiuta a confrontare il tuo brand con la concorrenza.

Con molti post potresti ottenere un coinvolgimento totale. Ma un competitor potrebbe ottenere lo stesso coinvolgimento con meno post, ottenendo di più in proporzione al suo tempo e ai suoi sforzi.

Il tasso di coinvolgimento equivale quindi al coinvolgimento totale diviso per il totale delle menzioni. Più alto è il numero, meglio è.

In genere il sentiment diminuisce con l’aumentare del tasso di coinvolgimento.

Un ottimo tasso di coinvolgimento aiuta a diffondere i tuoi contenuti tra più persone, condividendo il tuo messaggio con un pubblico più ampio. Confrontando il tasso di coinvolgimento con il sentiment, possiamo notare un altro calo nel tempo.

Complessivamente, per tutti i marchi analizzati, la media di net sentiment è del 61,5% e il tasso medio di coinvolgimento è pari a 8,32.

La viralità, insomma, aiuta a far arrivare i tuoi contenuti a più persone, ma ti espone anche a un rischio maggiore, rendendoti più suscettibile a commenti o risposte negative.

Monitora costantemente il tuo contenuto virale e rispondi rapidamente ai detrattori per evitare ritorsioni indesiderate.

love brand

I KPI di marketing per ogni settore

Brand Love Story ha preso in considerazione i KPI di svariati settori, allo scopo di aiutare i team di marketing nel benchmarking sui social media.

Per ognuno è stato tracciato un grafico con tassi di coinvolgimento e sentiment drel brand.

Ne abbiamo analizzati nel dettaglio cinque, per scoprire quali sentiment e coinvolgimento li caretterizzano.

1. Automotive

Sentiment medio – 59,9%

Tasso medio di coinvolgimento – 7,75

Con 30 marchi automobilistici analizzati, il settore è abbastanza simile alle medie globali. Spesso, i post aspirazionali delle auto più recenti aiutano a stimolare sentiment e coinvolgimento. Ma alcune crisi abbattutasi su diversi brand automobilistici hanno fatto crollare il sentiment generale.

Il coinvolgimento automobilistico è complesso. In buona misura è legato alle immagini mozzafiato di auto (e stile di vita) che i brand offrono. Eppure altri consumatori vogliono contenuti di maggiore valore, guidati da confronti e cifre efficienti.

2. Moda e bellezza

Sentiment medio – 66,5%

Tasso medio di coinvolgimento – 6,63

L’industria della moda e della bellezza, con 67 marchi analizzati, è in controtendenza, con una crescita parallela di net sentiment e tasso di coinvolgimento. Il sentiment è alto, grazie all’attrazione esercitata dagli abiti e dai contenuti coinvolgenti sui social media. Non c’è da stupirsi che così tanti marchi del settore siano entrati nella nostra top 50.

La parola d’ordine è aspirazione. I tuoi social media non sono lì solo per promuovere un marchio ma uno stile di vita. Concentrandoti su questo aspetto, susciterai un sentiment più alto, mentre le conversazioni significative con la tua comunità contribuiranno ad aumentare il coinvolgimento.

3. Retail

Sentiment medio – 54,8%

Tasso medio di coinvolgimento – 10,20

I 50 brand del settore retail inclusi nel report, spesso si impegnano nella promozione di prodotti alimentari, andando verso un modello come questo, con un alto coinvolgimento, ma con un sentiment più basso. Il sentiment è ridotto anche dai problemi del servizio al cliente, inevitabili quando si ha a che fare con un’ampia fetta del pubblico.

Non concentrarti solo sui prodotti che vendi. Presta attenzione alla tua community e genera contenuti di marca che affrontino i suoi problemi, per costruire sentiment positivo attorno al tuo brand.

4. Servizi professionali

Sentiment medio – 75,0%

Tasso medio di coinvolgimento – 4,56

I 20 servizi professionali esaminati, con una gamma di servizi e soluzioni per le imprese, hanno una posizione simile a quella del settore manifatturiero. Si rivolgono a un pubblico specifico per creare sentiment ma in cambio ricevono un coinvolgimento limitato.

Anche in questo caso, non pensare che il tuo pubblico sia troppo di nicchia. Si è connesso a te per un motivo, quindi massimizza le tue intuizioni riguardo ai clienti per assicurarti di creare contenuti rilevanti e coinvolgenti.

5. eCommerce

Sentiment medio – 61,6%

Tasso medio di coinvolgimento – 6,65

Tra gli 11 brand di eCommerce uno si è distinto in modo significativo, con livelli di coinvolgimento leader nel settore. Ciò ha portato il tasso medio di coinvolgimento dell’eCommerce a livelli altrimenti difficili da raggiungere. Questo perché nelle conversazioni di settore le persone si sono concentrate più sul prodotto che sul venditore. Il sentiment generale è abbastanza forte, in quanto le persone sostengono le aziende che soddisfano le loro esigenze di consumo (spesso a prezzi incomparabili).

Concentrarsi su prodotti a breve termine farà aumentare le vendite ma non ti aiuterà a costruire il tuo brand. Integra i contenuti del marchio nella tua strategia per contribuire a costruire lealtà e sentiment generale.

Come costruire il brand love

La prossima volta che pianifichi la tua strategia di marketing, con tutti i KPI importanti per il tuo social listening, dai un’occhiata anche a come sta andando il tuo settore.

Imparare gli aspetti positivi e negativi che ogni industry deve affrontare, contribuirà a dare forma a tutte le tue campagne di marketing per costruire rapporti più forti con i consumatori e di conseguenza anche il brand love.

I brand più amati al mondo hanno costruito il loro successo su KPI come sentiment ed engagement.
Per imparare dai 50 marchi più importanti a livello mondiale, scarica i
l report di Talkwalker.

Cosa possono imparare i professionisti del marketing dalle strategie efficaci per l’online gaming

Questo articolo è stato scritto da Marianna Nash – Contributor, Think with Google

 

Non sorprende che il settore dell’online gaming stia andando molto bene in questo momento di crisi. In tutto il mondo si contavano già 2,5 miliardi di giocatori. Ora che le persone cercano modi per passare il tempo e socializzare in tutta sicurezza restando a casa, il mondo dei giochi online sta attirando molti nuovi utenti. 

E in questo clima i professionisti del marketing non sono rimasti con le mani in mano. Hanno risposto alla situazione ripensando le loro strategie pubblicitarie, aggiornando i sistemi per i messaggi e i posizionamenti e addirittura introducendo nuove funzionalità per rendere più divertenti i giochi da fare in casa.

Ecco quindi qual è il comportamento dei consumatori, i trend relativi al gaming in tutto il mondo e il loro significato per chi opera all’interno e all’esterno di questo settore.

week in social

Ricerche per trovare ispirazione per l’online gaming

Per affrontare questo periodo di incertezze, sfuggire alla monotonia ed entrare in contatto con gli altri durante la quarantena, le persone cercano nuove esperienze virtuali. Non tutti sono giocatori e infatti molti di questi si avvicinano al mondo del gaming per la prima volta, pertanto cercano attivamente spunti di ispirazione.

Le ricerche ci consentono di capire in che modo gli utenti vogliono trascorrere il loro tempo e riflettono un andamento crescente dell’interesse per il settore dei giochi online. Il mese scorso, le ricerche di “app di gaming” sono aumentate di oltre il 100% in una sola settimana.

Più in generale, le ricerche di “best online games” (migliori giochi online) hanno registrato un incremento del 100% rispetto all’anno precedente. Inoltre, tra il 35% e il 44% dei partecipanti a un sondaggio in 14 Paesi ha dichiarato di aver scaricato un’app di gioco o per l’attività fisica e il benessere nell’ultima settimana.

LEGGI ANCHE: Scoprendo Animal Crossing, il gioco più gettonato della quarantena

Anche le visualizzazioni di giochi in streaming stanno aumentando. Oltre a giocare insieme, le persone stanno creando community online con un tasso di partecipazione elevato su piattaforme che consentono di guardare e commentare in tempo reale.

Nell’ambito della campagna di YouTube Resta a casa #con me, ad esempio, i creator stanno semplificando il modo in cui entrare in contatto con gli utenti invitando i  fan a giocare con loro.

L’interesse di ricerca su YouTube per il “gaming” è quasi raddoppiato dall’anno scorso. Questa crescita è coerente con i dati rilevati da Nielsen, che dimostrano che la fruizione di video in streaming negli Stati Uniti è aumentata durante tutte le ore del giorno grazie anche al live streaming legato al gaming.

Per i responsabili marketing, puntare su questi appassionati potrebbe essere una scelta saggia, senza dimenticare tuttavia che la scoperta avviene su un’ampia serie di canali. Per raggiungere gli utenti con maggiori probabilità di effettuare un download, è bene valutare la possibilità di utilizzare le campagne per app per promuovere giochi su YouTube, Google Play Store e altre destinazioni chiave, ad esempio.

Anche i professionisti del marketing che non operano nel settore del gaming possono valutare di riassegnare la loro spesa pubblicitaria verso questo pubblico, dato che nelle ultime settimane le app di giochi per dispositivi mobili hanno registrato un maggior tasso di coinvolgimento.

LEGGI ANCHE: Gaming App e Go Live: la nuova competizione di Facebook con Twitch e YouTube

I giochi online favoriscono il contatto sociale a distanza

I giochi consentono a milioni di persone in tutto il mondo di entrare in contatto tra di loro ogni giorno. Che si tratti di condividere suggerimenti su YouTube o di trovare modi creativi per giocare, le persone cercano esperienze virtuali che consentano loro di rafforzare le relazioni esistenti e crearne di nuove.

L’interesse di ricerca per la query “online games to play with friends” (giochi online da fare con gli amici) ha subito un  incremento di 20 volte tra febbraio e marzo, il che indica che le persone cercano giochi che possono fare con amici e familiari.

Anche l’interesse di ricerca per “multiplayer video games” (videogiochi multigiocatore) è aumentato rapidamente alla fine di marzo.

LEGGI ANCHE: eSports: nuove forme di sport (per nuove opportunità di business) nell’epoca del digitale

I professionisti del marketing nel settore dei giochi devono stare al passo con le tendenze relative ai giochi online e monitorare le proprie metriche per comprendere meglio cosa si aspettano le persone dal gaming.

Ad esempio, segmentando il pubblico in base ai nuovi trend, i marketer potrebbero rivolgersi specificamente a coloro che cercano creatività accattivanti a livello visivo mettendo in evidenza gli aspetti social dei giochi.

Altri, potrebbero anche pensare a come creare una community: secondo Edelman, l’83% dei consumatori afferma di volere che i brand mettano in contatto le persone e le aiutino a rimanere emotivamente vicine.

facebook gaming

Personalizzare il messaggio in base al momento

Per i brand, è sempre stato fondamentale creare una corrispondenza tra il tono utilizzato e il contesto, ma questo aspetto non è mai stato così importante come lo è ora, in un mercato in rapida evoluzione.

Lo stesso studio di Edelman indica che l’89% dei consumatori che hanno partecipato al sondaggio vorrebbe che i brand offrissero prodotti gratuiti o a prezzi ribassati per gli operatori sanitari. Questo è un aspetto importante che dovrebbero considerare tutti i brand, ma soprattutto quelli nella posizione di poter dare un contributo.

La società sviluppatrice di giochi Playdots sta collaborando con Frontline Foods e ha donato $10.000 a questo ente di beneficenza che supporta i ristoranti locali acquistando pasti da consegnare agli operatori sanitari. Uno dei suoi giochi, Two Dots, include all’interno dell’app un evento del tipo caccia al tesoro con contenuti di branding e messaggi che incoraggiano i giocatori a donare. I giocatori hanno anche la possibilità di competere per l’esclusiva medaglia “Selfless Silverware”.

I professionisti del marketing nel gaming possono rispondere meglio alle aspettative del loro crescente pubblico raggiungendo gli utenti tramite i canali giusti, tenendo sotto controllo le esigenze dei consumatori emergenti e aggiornando le strategie per il posizionamento e le creatività in risposta a quanto hanno appreso.

Anche gli inserzionisti che operano all’esterno del settore dei giochi online devono valutare in che modo possono trasmettere un autentico senso di comunità attorno a ciò che offrono. Inoltre, se non l’hanno già fatto, devono pensare a come raggiungere questo pubblico in rapida crescita, altamente coinvolto e con sete di contenuti.

Come fare SEO su Amazon (e ottimizzare le schede prodotto)

  • Oltre il 66% degli acquirenti ormai cerca direttamente nuovi prodotti su Amazon senza passare da Google. Ciò significa: se i tuoi prodotti non si posizionano bene, perdi davvero parecchio potenziale di vendita.
  • Il posizionamento di un prodotto è determinato da un algoritmo chiamato “A9”. Ecco cosa sapere.

 

Fare SEO su Amazon significa ottimizzare le schede dei tuoi prodotti affinché vengano visualizzate nella parte superiore dei risultati di ricerca di Amazon (per tutte le parole chiave pertinenti)

Amazon SEO = Ottimizzazione degli elenchi prodotti = posizionamenti migliori = Più visibilità = Più vendite

Proprio come su Google, gli acquirenti su Amazon inseriscono una parola chiave per trovare ciò che stanno cercando e proprio come su Google, gli utenti fanno principalmente click sui primi risultati e raramente fanno click su un prodotto nella seconda, terza o qualsiasi altra pagina (torna la storia del dove nascondere il cadavere!).

Se vendi su Amazon, ciò significa che un buon posizionamento su Amazon rappresenta il fattore di successo più importante per la tua attività: più alto sei, più vendi! Detta senza mezzi termini.

Se il tuo prodotto si posiziona a pagina 3 o peggio ancora, è improbabile che tu possa vendere qualcosa. Inoltre, oltre il 66% degli acquirenti ormai cerca direttamente nuovi prodotti su Amazon senza passare da Google. Ciò significa: se i tuoi prodotti non si posizionano bene, perdi davvero parecchio potenziale di vendita!

LEGGI ANCHE: Google Shopping vs Amazon: il sorpasso?

Come funziona il posizionamento SEO su Amazon

Il posizionamento di un prodotto è determinato da un algoritmo chiamato “A9” (abbreviazione di “algoritmo”). Poiché questo algoritmo decide fondamentalmente il destino del tuo successo su Amazon, vediamo di imparare a capirlo meglio, io stesso ammetto che l’ho troppo trascurato, ma mi rendo conto che sempre di più i clienti sono interessati a questo servizio piuttosto che il posizionamento su Google.

Passaggio 1: le parole chiave determinano se il tuo prodotto si posiziona su Amazon

Nel primo passaggio, Amazon filtra tutti i prodotti che non sono rilevanti per la query di ricerca del cliente, osservando le parole chiave.

Se un prodotto non contiene tutte le parole chiave della query di ricerca, non può essere visualizzato nei risultati della ricerca (vedi perché è fondamentale aggiungere tutte le parole chiave pertinenti al tuo prodotto).

Questo passaggio è importante perché riduce drasticamente il numero di prodotti che Amazon deve ordinare in base alla probabilità di acquisto.

Passaggio 2: le prestazioni determinano il posizionamento dei tuoi prodotti su Amazon

Nel secondo passaggio, Amazon determina la probabilità di acquisto per i prodotti rimanenti e li classifica in un ordine specifico (ad esempio il ranking di Amazon). Per fare ciò, Amazon esamina le prestazioni dei prodotti.

Le prestazioni sono misurate dal CTR (percentuale di click nei risultati di ricerca), dal CR (tasso di conversione nella pagina del prodotto) e in particolare dalle vendite. Questi sono KPI significativi per Amazon in quanto rappresentano i passaggi che gli utenti devono adottare per acquistare un prodotto.

Amazon esamina questi KPI a un livello specifico di una parola chiave: un iPhone, ad esempio, avrà CTR, CR e vendite diversi per le parole chiave “iphone” e “smartphone”.

Per migliorare le tue metriche di CTR, CR e vendite e migliorare i tuoi posizionamenti, puoi utilizzare una varietà di leve, come immagini dei prodotti, gestione delle recensioni e Amazon PPC.

Una volta che le persone trovano il tuo prodotto e lo considerano pertinente, probabilmente fanno click e lo acquistano. Più persone fanno click e acquistano il prodotto, più generoso sarà l’algoritmo A9 nei tuoi confronti. Più alto è il tuo ranking dei prodotti, più persone lo compreranno.

Questo slancio, a sua volta, aiuterà i tuoi posizionamenti e ti consentirà anche di investire più risorse in iniziative di marketing per guidare le tue vendite.

Questo processo e questa strategia possono formare un volano che si autoalimenta tra posizionamenti, vendite e strategie di marketing che miglioreranno le tue vendite.

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Guida dettagliata per ottimizzare i tuoi elenchi di prodotti Amazon

Ora che hai visto come funziona l’algoritmo di ranking Amazon (A9), ci sporchiamo le mani e diamo un’occhiata a cosa puoi fare per ottimizzare la tua scheda.

Copriremo ogni passaggio che devi compiere dalla creazione della tua scheda per assicurarci che salga in cima dopo che è stata pubblicata e che rimanga lì.

Crea contenuti ottimali per la tua inserzione Amazon

Cominciamo con il primo passo: creare e migliorare i tuoi contenuti. Ciò significa ottimizzare il contenuto scheda e le immagini del prodotto.

Amazon funziona come un normale motore di ricerca, quindi l’ottimizzazione dei contenuti migliorerà la percentuale di click (CTR) nei risultati di ricerca e il tasso di conversione (CR) nella pagina del prodotto. Sia CTR che CR aumentano le vendite e, quindi, migliorano il tuo posizionamento.

Inoltre, tutte le campagne PPC o altre misure di marketing che generano traffico verso una pagina del prodotto avranno più successo se hanno ottimizzato il contenuto del prodotto al loro interno.

Pertanto, l’ottimizzazione delle schede dei prodotti dovrebbe essere sempre il primo passo per migliorare il posizionamento su Amazon.

Come funziona il Ranking Algorithm (A9)?

Con milioni di prodotti tra cui scegliere, gli acquirenti eseguono centinaia di milioni di query di ricerca su Amazon ogni mese.

Per ogni singola query di ricerca, Amazon deve decidere – entro pochi millisecondi – quale delle centinaia di milioni di prodotti mostrerà nella posizione di posizionamento numero 1, numero 2, ecc.

Quali fattori prende in considerazione Amazon per risolvere questa sfida molto complessa?

Amazon posiziona i prodotti in base alla probabilità di acquisto.
Tieni presente che tre parti si incontrano su Amazon: un acquirente, un venditore e Amazon.

Gli acquirenti vengono su Amazon per un solo motivo: vogliono acquistare! Questo intento di ricerca rappresenta un importante contrasto con la logica di Google.

Quando un utente digita “iPhone” in Google, non è chiaro l’intento di ricerca dell’utente. Infatti potrebbe voler acquistare un iPhone, ma potrebbe anche essere alla ricerca di un’immagine di un iPhone da utilizzare in una presentazione.

Come ottimizzare le parole chiave per Amazon SEO

Nel primo passaggio, hai scritto la tua scheda e creato contenuti convincenti sul prodotto per convincere i clienti a fare click e acquistare il prodotto. I tuoi contenuti miglioreranno le prestazioni del tuo prodotto e miglioreranno le sue classifiche.

Ma aspetta, non c’era un altro elemento essenziale? Esatto – parole chiave. Le parole chiave giuste consentiranno al tuo prodotto di apparire nei risultati di ricerca in primo luogo. Quindi ora, nel secondo passaggio, aggiungiamo alcune parole chiave alla tua scheda e le ottimizziamo.

Come fare la ricerca di parole chiave di Amazon

Ricorda: gli acquirenti possono trovare il tuo prodotto su Amazon solo se la pagina del prodotto contiene tutte le parole chiave utilizzate dagli acquirenti nella loro ricerca. Il tuo primo passo nell’ottimizzazione delle parole chiave è quindi quello di identificare tutte le parole chiave pertinenti. Ecco alcune tecniche e strumenti per farlo.

Completamento automatico Amazon

Quando inserisci una parola chiave nella casella di ricerca di Amazon, il completamento automatico suggerisce i termini di ricerca che i clienti di Amazon usano frequentemente.

Lista dei competitor

Analizza le schede dei tuoi concorrenti per trovare una serie di parole chiave pertinenti. Per fare ciò, inserisci una delle parole chiave principali per il tuo prodotto nella ricerca di Amazon e analizza i migliori prodotti nei risultati di ricerca.

Recensioni dei clienti

Dai un’occhiata da vicino agli acquirenti delle recensioni lasciati sul tuo e su prodotti simili. Scoprirai i termini esatti utilizzati dagli acquirenti per descrivere il tuo prodotto.

La prossima domanda importante è: dove devo mettere le parole chiave?

L’algoritmo A9 di Amazon esamina le parole chiave in vari campi nella scheda di prodotto per determinare se il tuo prodotto può essere visualizzato per il termine di ricerca di un acquirente. Se il tuo prodotto può essere visualizzato nei risultati di ricerca per una parola chiave specifica, il tuo prodotto viene indicizzato per questa parola chiave.

Diamo un’occhiata più da vicino a come Amazon tratta le parole chiave in ciascuno di quei campi nella tua scheda di prodotto.

Ponderazione dei diversi campi: importa dove metto le mie parole chiave per la SEO su Amazon?

I campi dell’elenco prodotti (titolo, punti elenco, descrizione, parole chiave back-end, ecc.) venivano ponderati in modo diverso nell’algoritmo di classificazione di Amazon. Amazon ha rimosso questa ponderazione successivamente nell’ottobre 2018.

Attualmente, i campi sono ponderati equamente. Non importa dove inserisci le parole chiave, purché si trovino in un campo indicizzato.

Brand

Anche se il tuo marchio è indicizzato come parola chiave, non varia (e non può) variare tra le schede di prodotto e, pertanto, non offre opportunità di ottimizzazione.

Titolo

Il titolo, corrispondente al tag title, del prodotto è di fondamentale importanza. Utilizza le Guide di Amazon specifiche per categoria per determinare la lunghezza corretta del titolo per il tuo prodotto.

Assicurati di farlo bene: Amazon rifiuta i titoli troppo lunghi e addirittura elimina le inserzioni in determinate circostanze. In questo caso, il prodotto non appare più nei risultati della ricerca.

Punti elenco (aspetti salienti)

In alcune categorie, Amazon indicizza solo i primi 1000 byte (spazi inclusi) come somma tra tutti i punti elenco. Le parole chiave dopo questa soglia non vengono indicizzate.

Il testo dovrebbe essere comunque più breve: mantiene i punti elenco leggibili ed evita effetti negativi sul tasso di conversione.

Il mio consiglio: utilizzare un massimo di 200 byte per punto elenco per garantire l’indicizzazione completa e un buon tasso di conversione.

Descrizione del prodotto

L’indicizzazione o meno di una descrizione del prodotto dipende dalla categoria del prodotto.

In alcune categorie, i prodotti possono essere trovati tramite tutte le parole chiave nella descrizione del prodotto. Nella maggior parte delle categorie, tuttavia, vale quanto segue:

  • un prodotto NON appare nei risultati di ricerca quando i clienti cercano singole parole chiave dalla descrizione del prodotto.
  • Un prodotto appare nei risultati della ricerca quando
    a) i clienti cercano due o più parole chiave dalla descrizione del prodotto che si trovano uno vicino all’altro o
    b) i clienti cercano una parola chiave dalla descrizione del prodotto E almeno altre due parole chiave da uno o più campi indicizzati (ad es. titolo, punti elenco, parole chiave back-end).

La descrizione del prodotto è quindi un luogo eccellente per aggiungere parole chiave a coda lunga.

Su Amazon, dicevamo, c’è solo un intento dietro ogni query di ricerca: acquistare il prodotto.

I venditori, d’altra parte, usano Amazon anche per un solo motivo: vogliono vendere!

Infine, Amazon vuole generare entrate, ma Amazon farà soldi solo se ha luogo una vendita (Amazon riceve una commissione del 15% da un venditore o incassa il margine da un fornitore).

L’obiettivo di Amazon, quindi, è quello di costruire un algoritmo che aumenti il numero di transazioni. Per raggiungere questo obiettivo, Amazon posiziona il prodotto che gli acquirenti hanno maggiori probabilità di acquistare immediatamente senza indurre in esitazione il potenziale acquirente.

In altre parole: Amazon deve posizionare tutti i prodotti in base alla probabilità di acquisto.

LEGGI ANCHE: Su Amazon arriva il pagamento rateale: ecco come funzionerà

Parole chiave e rendimento determinano il ranking di Amazon e la probabilità di acquisto

Amazon dunque posiziona i prodotti in base alla probabilità di acquisto. Questo mi fa sorgere una domanda alias dubbio: in che modo Amazon determina la probabilità di acquisto?

Sembra accadere in pochi secondi per l’utente, ma dietro le quinte, la verifica della probabilità di acquisto è una sfida assai complessa.

Ricorda: ci sono centinaia di milioni di prodotti e centinaia di milioni di query di ricerca. La probabilità di acquisto di un prodotto varia per ogni query di ricerca.

Di conseguenza, Amazon deve determinare la probabilità di acquisto non solo per ogni prodotto, ma per ogni combinazione di prodotto e query di ricerca.

Per affrontare questa sfida e ben posizionare i prodotti, Amazon esegue un processo in due fasi.

Testo persuasivo che vende: come scrivere la migliore scheda prodotto per la SEO su Amazon

Concentrati sull’ottimizzazione del seguente contenuto della scheda prodotto per Amazon in ottica SEO:

  • Titolo del prodotto (tag title) massimo 200 caratteri
  • Punti elenco a.k.a Punti salienti a.k.a. Attributi
  • Descrizione del prodotto (metadrescription)
  • Ulteriori informazioni sul prodotto
  • Contenuto avanzato del brand (venditori) e contenuto A + (fornitori)

Obiettivo numero uno: essere scelto come “Amazon’s Choice”

Il successo SEO su Amazon si riduce alla conoscenza di ciò che l’algoritmo di Amazon vuole da te come venditore, il che alla fine si riduce a rendere felici i clienti di Amazon stesso, detto banalmente. La pagina del prodotto può essere ottimizzata in vari modi, ma tutti si riducono a due fattori principali: pertinenza e prestazioni.

Se ottimizzi tenendo presente questi grandi fattori, alla fine dovresti vedere il movimento nella giusta direzione per quanto riguarda i posizionamenti nella ricerca, i tassi di conversione e le vendite.

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TikTok: come funziona l’algoritmo del social media del futuro

  • TikTok si sta evolvendo velocemente, dimostrandosi unico e straordinariamente potente per parlare (e intrattenere) un pubblico sempre più ampio.
  • Il funzionamento dell’algoritmo di TikTok si differenzia da quello degli altri social: capire quali sono i fattori più importanti da tenere in considerazione è fondamentale per massimizzare le performance dei propri contenuti.

 

È un dato di fatto che TikTok sia entrato nella routine da quarantena della maggior parte delle persone – anche di quelle più âgée e di quelle con le maggiori resistenze – appropriandosi un po’ dello status di isola felice in cui ritirarsi e rilassarsi durante un periodo così carico di stress emotivo e preoccupazioni. Questo fenomeno ha spontaneamente portato il social su un altro livello, spingendoci a riflettere davvero sulle peculiarità che lo rendono unico e straordinariamente potenziale per parlare (e intrattenere) un pubblico sempre più ampio.

Come ha scritto Shira Ovide in un articolo molto interessante sul tema, pubblicato sul New York Times, “TikTok non deve necessariamente mostrare la realtà del mondo. Gioca più sul piano dell’espressione, come nessun’altra piattaforma prima”. Pertanto, non si parla di comunicazione, ma di espressione e ci fornisce, in qualche modo, un inedito spaccato sulla società.

“L’unicità di TikTok risiede nel non essere un altro luogo dove vedere quello che sta accadendo, piuttosto una distillata espressione di come le persone si sentono”.

La progressiva evoluzione di questa piattaforma, che ci fornisce una serie di interessanti spunti sia dal punto di vista morfologico sia antropologico, rendono ancor più importante comprenderne profondamente il funzionamento.

Un’offerta di contenuti pensati su misura per te

Dopo le attuali controversie legate alla salvaguardia della privacy e alla provenienza geografica del social network del momento, TikTok si sta prontamente muovendo a grandi passi verso nuove espressioni di trasparenza aziendale. I

n particolare, è stato di recente svelato in parte il funzionamento dell’algoritmo di TikTok, che ci aiuta in qualche modo a capire sulla base di quali ragionamenti alcuni contenuti vengono “premiati” ed esposti maggiormente rispetto ad altri.

“Quando apri TikTok e accedi alla sezione Per Te, entri in contatto con una serie di video che ti vengono mostrati sulla base dei tuoi interessi, in modo da facilitarti la scelta di quali contenuti e creator potrebbero piacerti”.

Questa sezione viene automaticamente popolata da contenuti simili a quelli visti e apprezzati in precedenza da un determinato utente: questo permette a ognuno di poter accedere facilmente a una serie di contenuti su misura, sulla base dei propri gusti.

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In particolare, gli elementi che influiscono particolarmente su questo tipo di processo sono:

  • le interazioni degli utenti: tutte le azioni che vengono fatte da un utente in applicazione (like, commenti, follow, condivisioni, tipo di contenuti generati, scelta degli hashtag, …) vengono registrate e utilizzate per creare una sorta di identikit dell’utente preciso quanto fluido;
  • le informazioni dei video: include tutti i dettagli che vengono settati quando si produce un video, come didascalia, suoni e canzoni specifiche e, di nuovo, la scelta degli hashtag;
  • le impostazioni dell’account e del dispositivo utilizzato: meno determinante rispetto ai due punti precedenti ma comunque influente è tutta la parte dei setting dell’account (lingua preferita, nazione di provenienza, tipo di dispositivo).

In questo senso, il funzionamento dell’algoritmo di TikTok non si differenzia in modo sostanziale da quello delle altre piattaforme social. Il ragionamento alla base è lo stesso: mostrare agli utenti contenuti che potrebbero gradire, selezionati in relazione alle preferenze espresse durante la permanenza sul social. A un nuovo utente viene chiesto fin da subito di esprimere il proprio interesse rispetto determinati tipi di contenuto o categorie (ad esempio il mondo travel), in questo modo verrà fin da subito creato un feed iniziale in linea, raccomandando contenuti che rientrano nelle categorie preferite.

Uno dei più forti indicatori di interesse, che ha più peso nella categorizzazione di un contenuto rispetto all’indice di gradimento personale degli utenti, è senza dubbio la presa visione di un video dall’inizio alla fine, in particolare se si tratta di un long video.

Tuttavia, a volte è possibile imbattersi in video che sembrano non essere pertinenti rispetto agli interessi espressi o non particolarmente virali: diversificare il feed e offrire una più ampia varietà di contenuti rimangono punti essenziali per la crescita della community. Per questo, imbattersi in nuove categorie di contenuti, sperimentare nuovi stili o scoprire nuovi creator diventa parte integrante della nostra esperienza sul social, rendendola ancora più stimolante e ricca. Si tratta di una logica di funzionamento singolarmente democratica, non c’è che dire!

Come massimizzare le performance su TikTok

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TikTok, a differenza degli altri social media, non privilegia i contenuti postati dagli account con una follower base più ampia. Certo, i loro video otterranno sicuramente più view rispetto a quelli di creator con un seguito inferiore, ma semplicemente perchè vengono esposti a un pubblico più ampio e quindi ottengono inevitabilmente una maggiore reach. Tuttavia, il funzionamento di raccomandazione di TikTok non prende assolutamente in considerazione il numero di follower degli account o le performance dei contenuti postati in precedenza.

Alla luce di tutti questi fattori, possiamo affermare che gli aspetti più importanti da tenere in considerazione per massimizzare le performance dei propri contenuti pubblicati su Tik Tok sono i seguenti:

  • Ogni video è da considerarsi a se stante;
  • Essere in linea con gli interessi in tendenza, utile per entrare in contatto con un numero maggiore di utenti;
  • Fare in modo che i contenuti video vengano guardati fino al completamento.

Insomma, vale la pena fermarsi un attimo a riflettere sui nuovi potenziali scenari che si stanno aprendo per coloro che vogliono utilizzare questa piattaforma per comunicare e fare marketing, e prendere in esame gli indicatori che influenzano maggiormente il funzionamento dell’algoritmo per creare delle strategie di successo.

ripartenza

Week in Social: dalle opzioni Shopping di Facebook ai QR code di WhatsApp

Anche questa settimana, tornano inarrestabili le ultimissime evoluzioni dell’universo social.

Ecco la nostra rassegna di quello che non puoi assolutamente perdere.

Pianeta Facebook

Con l’arrivo di Facebook e Instagram Shopping, il colosso fondato da Zuckerberg ha aggiunto alcune nuove opzioni per la creazione di target audience personalizzate per venire incontro all’aumento dell’attività di eCommerce.

Opzioni di customizzazione delle audience in base all’attività di Shopping

Come possiamo osservare, ora, nella scheda Audience Personalizzata di Facebook Ads Manager, c’è una sezione per creare un elenco basato sul criterio “Shopping“.

facebook audience shopping

Cliccando, appariranno tre nuove opzioni per stilare liste personalizzate per il retargeting degli annunci. Per l’esattezza, le opzioni disponibili sono:

  • Persone che hanno visualizzato i prodotti
  • Persone che hanno aggiunto prodotti al carrello
  • Persone che hanno acquistato prodotti

facebook audience shopping

Questo update offre una serie di modi utili per raggiungere le persone che hanno manifestato un chiaro interesse per i nostri prodotti attraverso nuovi annunci pubblicitari sul sociale.

Considerando che, per i clienti di un brand, le probabilità di effettuare ulteriori conversioni sono più alte del 70% attraverso il retargeting degli annunci display, le opzioni di customizzazione “Shopping” saranno preziose per coloro che desiderano massimizzare i loro investimenti eCommerce su Facebook e Instagram.

Il Gruppo di Zuckerberg sa bene che, nel digital marketing, l’uso efficace del retargeting è la chiave del successo, così sta cercando di renderlo il più semplice possibile per attirare gli inserzionisti sul social.

Sticker animati su WhatsApp

La celebre app di messaggistica istantanea di proprietà di Facebook ha annunciato la release di alcune nuove funzionalità interattive per le prossime settimane.

Gli adesivi offrono un nuovo modo per interagire su WhatsApp e, come possiamo osservare, sono esattamente gli stessi di quelli disponibili su Messenger.

sticker facebook

Non è una coincidenza, dato che Facebook lavora da tempo per rendere disponibili le sue funzioni su tutte le sue piattaforme di messaggistica (Messenger, WhatsApp e Instagram Direct) in maniera integrata.

QR code

Attraverso questa nuova funzionalità, aggiungere un nuovo contatto sarà semplicissimo e super veloce: basterà inquadrare il suo QR code, senza il bisogno di digitare il numero di cellulare manualmente.

Dark mode

Dopo la release della funzionalità ‘dark mode’ dell’app a marzo, WhatsApp rilancia rendendo questa opzione disponibile sia da web che da desktop.

Update delle videochiamate di gruppo

Se finora abbiamo avuto la possibilità di avviare una videochiamata con altri 7 partecipanti, presto sarà anche più facile concentrarci su un partecipante alla volta.

Come? Ci basterà tenere premuto sul suo riquadro video per visualizzarlo a schermo intero.

In più, grazie all’introduzione di una nuova icona, riusciremo ad avviare le videocall di gruppo con un semplice tap.

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Mondo LinkedIn

LinkedIn ha implementato una serie di nuovi update, tra cui l’analisi dei follower per le pagine aziendali.

Per osservarla, è sufficiente aprire la scheda Analytics della nostra Company Page- o di quella che gestiamo.

Scopriremo che qualcosa è cambiato: è comparsa la lista dei follower dell’azienda per profilo individuale. Si tratta di un elenco completo di ogni persona che segue la Pagina, in ordine cronologico inverso.

Questa novità offre ai brand informazioni utili per l’identificazione delle audience, la selezione dei contenuti da pubblicare e le strategie di massimizzazione dell’engagement.

LinkedIn sta inoltre implementando un nuovo modo per limitare il numero di volte in cui i gestori delle pagine aziendali possono invitare le proprie connessioni a seguire l’azienda.

Questo sistema fornisce alle Company Page 100 crediti di invito al mese e, come spiegato nel blog di LinkedIn, ” Ogni mese, alle pagine vengono concessi 100 crediti di invito condivisi tra tutti gli amministratori”. Ogni invito costa un credito, se l’invito viene accettato il credito viene restituito.

Michael Jordan Back

L’icona e il successo: Michael Jordan in 23 citazioni

  • Scopriamo i valori dietro al successo di Michael Jordan, entrato in tutte le case degli italiani insieme ai suoi Bulls grazie a The Last Dance, diventata la serie TV Netflix più vista in Italia;
  • Competitività, fame di vincere, consapevolezza e fiducia in sè stesso. Jordan era (ed è) un fenomeno a dir poco iconico, in grado di distinguersi come nessun altro dentro e fuori dal campo. L’icona mediatica dello sport per eccellenza, un personaggio che ha fatto la storia, un vero e proprio punto di riferimento per moltissime persone; 
  • Recentemente, ha donato 100 milioni di dollari da destinare nell’arco di 10 anni a diverse organizzazioni negli USA.

 

11 settembre 2009, Springfield, Massachussetts.

One day you might look up and see me playing the game at 50“. Risate dal pubblico. “Oh, don’t laugh, don’t laugh! Never say never, because limits, like fears, are often just an illusion“.

Il discorso di Michael Jeffrey Jordan, alla cerimonia per la sua entrata nella Basketball Hall of Fame, termina con queste parole. Un discorso che ne ha forse consacrato la leggenda non solo come giocatore di pallacanestro, ma come vera e propria icona mediatica. Chi se non Jordan poteva pronunciare certe parole con una tale sfrontatezza come per dire “non ridete, perché sapete che ne sono capace per davvero”. E se c’era uno che poteva tornare sul campo da pallacanestro a 50 anni, quello era proprio lui.

Per chi non fosse esperto di basket o non avesse seguito la carriera di quello che è entrato di diritto nell’olimpo dello sport, basta accendere la televisione, aprire il proprio PC o tablet, e accedere a Netflix. Tra “I titoli del momento” o “I più popolari su Netflix”, c’è di sicuro The Last Dance, la serie TV che è diventata un vero e proprio fenomeno mediatico, arrivando a superare addirittura La Casa di Carta come serie più vista in Italia sulla piattaforma streaming.

Oltre a diventare un esempio lampante di come lo storytelling sportivo sia cambiato, gli episodi della serie non solo sono in grado di raccontare come mai prima d’ora una delle avventure più straordinarie della storia dello sport, quella dei Chicago Bulls del 1997/1998, ma anche di far comprendere ai più Michael Jordan come personaggio e non solo come miglior giocatore di quella squadra. Un campione indiscusso, uno dei più grandi sportivi di tutti i tempi, considerato una divinità dai fan più accaniti.

La serie, tra le altre cose, fa anche trasparire alcuni degli aspetti solitamente più nascosti dell’icona di Jordan, raccontando anche del suo incessabile agonismo e della sua competitività, che hanno raggiunto livelli a dir poco impensabili nel corso della sua carriera. Tuttavia, come ha affermato lui stesso in numerose occasioni, è proprio questo suo mindset che l’ha fatto diventare chi è diventato.

Michael Jordan è sempre stata una figura capace di trascendere la dimensione sportiva. Non solo diventò un vero e proprio modello per molti, in campo e fuori: Jordan fu il protagonista di una rivoluzione mediatica. Prima di lui, alcuni sportivi erano sì considerati delle “star”, ma nessuno di loro ebbe il suo impatto. Indubbiamente, nessun altro sportivo fu seguito dal mondo giornalistico come nel suo caso. Lui, d’altronde, si dimostrò sempre molto preparato ad affrontare la situazione, diventando un grandissimo comunicatore nel corso della sua carriera.

Uno dei motivi dietro a tutto questo, oltre alla popolarità nella NBA e sul campo da gioco, è, ovviamente, Nike. Se fino al 1984 veniva considerata una società emergente, ma non ai livelli di Converse o Adidas, è grazie a Jordan che il brand iniziò a crescere guadagnando la popolarità che ha tutt’oggi. La cifra folle di due milioni e mezzo di dollari offerta a un giovane Michael Jordan quando non era (quasi) nessuno per diventare l’immagine di Nike, si tramutò in un marchio (Air Jordan, appunto) che oggi vale più di 10 miliardi di dollari, generandone ben di più in termini di profitti nel corso di questi 35 anni. D’altronde, quale miglior modo per cercare di essere come la leggenda del basket, se non indossando un paio di sue scarpe?

Essere come Jordan era l’ambizione di moltissime persone, che riconoscevano in lui un’icona da seguire, un punto di riferimento. Immaginario che viene costruito in numerose occasioni anche dagli spot pubblicitari che l’hanno reso ancora più famoso, come “Be Like Mike” di Gatorade o “Let your game speak” di Nike, per citare solo due esempi.

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Un personaggio senza precedenti (e senza successori?), che ha rivoluzionato il mondo dello sport e dell’intrattenimento. Un’icona così importante da creare su di sè una pressione mediatica senza precedenti. Jordan ne rimase colpito in più di un’occasione (gli scandali sul gioco d’azzardo e le scommesse sportive ne sono un esempio), ma riuscì a riemergerne sempre. Chi potrebbe ritirarsi per poi tornare a vincere, ritirarsi ancora per poi calcare di nuovo il parquet a 40 anni? D’altronde, il ruolo dei media nella costruzione di un’icona mediatica è solo uno dei tanti elementi. Fra le caratteristiche più importanti vi sono il carisma e la personalità dell’individuo: solo Michael Jordan può essere Michael Jordan.

Si impara dai fallimenti. In cattedra, Michael Jordan

Michael Jordan nasce a New York il 17 febbraio 1963. Dopo i primi anni passati a Teachey, North Carolina, la famiglia si trasferì a Wilmington. Il rapporto con i genitori fu da sempre contraddistinto, in tenera età, da un trascinante amore materno e da un difficile rapporto col padre, sfociato spesso in ostilità. Fu proprio questa ostilità che avrebbe poi contribuito ad alimentare la sua determinazione al miglioramento costante. Si racconta, infatti, che “Mike” venisse criticato dal padre per i suoi limiti nei lavori “pratici”. Ogni tentativo di eguagliare il padre finiva con la frase “tornatene a casa con le donne!”.

Anche il rapporto con il fratello Larry non fu tra i più semplici. Quest’ultimo era il figlio prediletto dal padre, e fu il primo membro della famiglia a innamorarsi della pallacanestro. James Jordan comprò la prima palla da basket quando Michael aveva undici anni, dando così vita a continui confronti tra i due fratelli. Non c’era storia: il giovane Mike perdeva sempre. Nonostante l’altezza giocasse a suo favore, prima che riuscisse a spuntarla passarono degli anni. È dalla sua famiglia, quindi, che nasce questa instancabile voglia di competere.

Uno dei fallimenti più noti di Jordan, però, arrivò ai tempi del liceo. Al suo secondo anno, non venne ritenuto idoneo a vestire la maglia della Laney High School. Il coach Clifton “Pop” Herring, infatti, lo escluse dalla squadra nel 1978, a favore di Leroy Smith, meno talentuoso ma più prestante fisicamente. Michael dichiarò in più di un’occasione che la vicenda gli cadde addosso come un macigno, ma che ogni volta che ci pensava gli veniva voglia di lavorare per migliorare. A differenza di quanto si possa pensare, Jordan ha fallito molte volte nel corso della sua carriera. È proprio questa, però, la sua grande forza: cadere, per guadagnare motivazione e rialzarsi più forti di prima.

1. “Nella mia carriera ho sbagliato più di 9000 tiri. Ho perso quasi 300 partite. 26 volte, i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e l’ho sbagliato. Ho fallito davvero molte volte nella mia vita. Ed è per questo che alla fine ho vinto.”

2. “Posso accettare di fallire, tutti falliscono in qualcosa. Ma non posso accettare di non provarci.”

3. “Per imparare a vincere, devi prima imparare a fallire.”

4. “So che la paura può essere un ostacolo per molti, ma per me è un illusione. Fallire mi ha sempre fatto impegnare di più la volta dopo.”

5. “Mai dire mai, perché i limiti, come le paure, sono spesso solo un’illusione.” 

Michael Jordan title father

Credits: Esquire

La fame di vincere, l’ambizione e la competitività di Jordan

Dopo i suoi primi anni in NBA, in cui si affermò come una star che non aspettava altro che conquistare il mondo (della pallacanestro e non solo), era chiaro che il destino di Jordan sarebbe stato quello di diventare uno dei più grandi di sempre. Per farlo, però, non era sufficiente far diventare grande una società fino a quel momento ignorata come i Chicago Bulls, o conquistare titoli di capocannoniere della lega. Doveva vincere.

Era spesso criticato come quello che non poteva arrivare ai livelli di colossi come Larry Bird o Magic Johnson. Ma erano proprio affermazioni come queste a motivare Jordan per superarli. Gli allenatori di quegli anni cercavano in tutti i modi di fermarlo sul campo, anche con metodi ai limiti del regolamento, ma erano solo espedienti che alimentavano la fame di competizione del 23 dei Bulls. Nemmeno Chuck Daily, il coach dei Detroit Pistons che inventò le cosiddette “Jordan Rules“, o tutti i giornalisti che tentarono di mettere sotto pressione Jordan con polemiche su scommesse sportive e altre vicende, ci riuscirono. Numerose volte MJ ha dichiarato che tutto ciò che ha fatto nella sua carriera lo ha fatto per vincere. È proprio la sua irrefrenabile fame di competizione che, infatti, gli ha fatto nascere il vizio delle scommesse sportive per cui è tanto stato criticato.

Jordan cercava di vincere sempre, in qualsiasi cosa. Fu uno dei pochi giocatori a vincere tre titoli NBA di fila (1991-1993), per poi ritirarsi, rientrare e vincerne altri tre (1996-1998). Ma non si parla solo di basket: esilaranti, ad esempio, le clip di The Last Dance in cui gioca con gli addetti alla sicurezza al “lancio della monetina” scommettendo decine e centinaia di dollari solo per il gusto di vincere. Questo atteggiamento, però, è la chiave per capire la personalità di Jordan. Senza questo mindset, non sarebbe mai arrivato al successo.

6. “Devi aspettarti grandi cose da te stesso, prima ancora di farle.”

7. “Alcune persone vogliono che accada, alcune desiderano che accada, altri lo fanno accadere.”

8. “Il mio atteggiamento consiste nel fatto che se mi spingi verso qualcosa che pensi sia una mia debolezza, allora trasformerò quello che pensi sia una debolezza in un punto di forza.”

9. “Gioco per vincere, che sia una partita vera o un allenamento. E non lascerò mai che nulla si metta tra me e il mio essere competitivo, la mia voglia di vincere.” 

Michael Jordan golf

Credits: GOLF.com

Parliamo di mindfulness

Michael Jordan è però arrivato a essere la persona e l’icona che è con un’altra componente fondamentale: una straordinaria fiducia e consapevolezza dei propri mezzi. Jordan vinse tre titoli consecutivi, nel 1991, nel 1992, e nel 1993. Dopo quell’ultima stagione scelse di ritirarsi, scosso dalla morte del padre. Dichiarò, però, che avrebbe preso la stessa decisione anche con James accanto, per l’eccessiva pressione mediatica e la stanchezza mentale, più che fisica. Molti arrivarono a sostenere che volesse ritirarsi perché era diventato “più grande della NBA stessa”. Dopo un breve periodo di tempo passato nelle minor league di baseball, sport di cui Jordan era da sempre appassionato, tornò in NBA. Nel 1996, nel 1997, e nel 1998 fu in grado di trascinare i Bulls a un altro “three-peat”, confermando le sue doti sovrumane. Ritiratosi, fece ritorno nel 2001 con i Washington Wizards, per dimostrare a tutti che poteva calcare il parquet ed essere decisivo anche all’età di 40 anni. Jordan si ritirò poi nel 2003. Ora è proprietario della franchigia NBA degli Charlotte Hornets.

Quello che permise a Jordan di compiere imprese così straordinarie è la cosiddetta “mindfulness“, un’alta consapevolezza di sè unita a una mentalità vincente, orientata al risultato. Tutto ciò lo ha fatto diventare il giocatore di pallacanestro più forte di sempre, con sei finali vinte su sei finali disputate e sei titoli di MVP delle finali, cinque MVP della stagione regolare, un premio di difensore dell’anno, un premio di rookie dell’anno, e dieci premi di capocannoniere dell’NBA. Il noto giornalista Federico Buffa afferma però che Jordan è talmente grande che “non c’è bisogno dei numeri” per descriverlo, “i numeri lo offendono”.

10. “Fai diventare sempre una situazione negativa una situazione positiva.” 

11. “Non farti buttare giù dalle voci, fai quello in cui credi.”

12. “Se accetti le aspettative degli altri, soprattutto quelle negative, allora non cambierai mai il risultato.”

13. “Una volta che prendo una decisione, non ci penso di nuovo un’altra volta”

14. “Se stai cercando di raggiungere un obiettivo, ci sarà sempre qualcosa che ti blocca la strada. È capitato a me, capita a tutti. Ma gli ostacoli non devono fermarti. Se incontri un muro, non girarti e arrenderti. Scopri come scalarlo, oltrepassarlo, o girarci attorno.”

15. “Non ho mai guardato alle conseguenze di sbagliare un tiro importante… quando pensi alle conseguenze, pensi sempre a un risultato negativo.”

Jordan and Scottie Pippen

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“There’s no I in TEAM”“But there’s in WIN!”

In The Last Dance si è visto chiaramente: nonostante Jordan fosse una personalità e un giocatore fuori dal normale, non sarebbe arrivato a ottenere i risultati che ha ottenuto da solo. Scottie Pippen, Dennis Rodman, Steve Kerr, Phil Jackson, sono solo alcuni dei nomi che si affiancano a quello di MJ.

Lui stesso, in numerose occasioni, ha dichiarato come senza il lavoro di squadra, senza la fiducia di compagni come Pippen o la mentalità di un allenatore come Jackson, non avrebbe ottenuto ciò che ha ottenuto. Per arrivare al vero successo, per vincere, si deve pensare come un team, si deve volere arrivare a un risultato insieme, indipendentemente dal talento dei singoli. Tuttavia, la sua filosofia segue anche un concetto molto interessante: per arrivare a ottenere buoni risultati si deve collaborare, ma allo stesso tempo si deve mantenere una grande integrità personale. Nessun altro può vivere la tua vita al posto tuo.

16. “Il talento fa vincere le partite, l’intelligenza e il lavoro di squadra fanno vincere i campionati.”

17. “Per avere successo, devi essere egoista, devi volerlo, altrimenti non lo raggiungerai mai. Ma una volta ottenuto, devi essere altruista. Resta raggiungibile. Tieni i contatti. Non isolarti.”

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Michael Jordan mindfulness

Credits: Andrew D. Bernstein

Come diventare “GOAT” (Greatest Of All Time)? Lavorando duro

Con la tragedia della morte di Kobe Bryant si è parlato molto della sua “mamba mentality”, dell’etica del lavoro che lo contraddistinse. Riguardo a questa dimensione, una delle principali fonti d’ispirazione di Kobe era proprio Michael Jordan.

Nella nota biografia di Jordan scritta da Roland Lazenby si cita un episodio molto singolare. Nel 1972, la Nazionale americana aveva perso in finale ai Giochi Olimpici di Monaco contro l’Unione Sovietica. Un giovane Michael guardò perdere gli americani e andò in cucina a dire a sua madre “Un giorno parteciperò alle Olimpiadi, e riuscirò a farci vincere!”. Deloris rispose sorridendo “Tesoro, non sai quanto bisogna lavorare per vincere una medaglia d’oro”. Al di là dell’ambizione di un ragazzo che in quel momento aveva solo 9 anni, è proprio il duro lavoro e lo spirito di sacrificio che fece arrivare Jordan a vincere non una ma ben due medaglie d’oro olimpiche.

Un altro esempio, per non fare riferimenti solo a fatti sul parquet, si può ricercare negli anni passati a giocare a baseball. Non solo faticò molto per guadagnare credibilità in uno sport totalmente diverso dal suo, ma dichiarò di essere stato “così a lungo sul piedistallo” che aveva dimenticato “gli sforzi che bisogna fare per arrivarci”. Un’etica del lavoro che però non è mai mancata a Jordan, che riuscì a diventare il più grande di sempre grazie soprattutto agli sforzi in palestra.

Un approccio maniacale al gioco e al lavoro, unito a un’immensa fiducia nei propri mezzi e a una leggendaria voglia di competere e di vincere: sembrerebbe la ricetta perfetta per arrivare al successo. Di sicuro, è ciò che ha reso Michael Jordan un modello e un’icona da seguire, sia sul campo da pallacanestro che al di fuori.

18. “Se smetti di fare qualcosa PER UNA VOLTA diventa un’abitudine. Non smettere mai!”

19. “Se lavori duramente, verrai ricompensato. Non ci sono scorciatoie nella vita.”

20. “Se viene fuori che il mio meglio non è stato abbastanza, almeno non mi potrò guardare indietro e dire che avevo paura di provarci.”

21. “Sii fedele al basket, perché il basket sarà fedele a te. Se provi una scorciatoia, nel basket, allora il basket ti taglierà le gambe. Se ci metti impegno e duro lavoro, allora ti saranno elargite delle belle ricompense. È davvero così, se si pensa al basket, e in un certo senso anche nella vita.” 

22. “Imparare è un regalo, anche quando è il dolore a essere il tuo insegnante”. 

23. “I campioni non diventano campioni quando vincono qualcosa, ma nelle ore, le settimane, i mesi, gli anni, che impiegano per prepararsi a vincere. La vittoria di qualcuno è solo la mera dimostrazione del suo atteggiamento da campione.”