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L’America a un bivio: tra Trump e Biden è guerra di spot

  • La campagna presidenziale degli Stati Uniti ha infranto ogni regola passata e si è aggiudicata il primato di più costosa di tutta la storia Americana!
  • I negative ADS, spot contro l’avversario, sono stati prodotti nell’80% dei casi dal presidente Trump e nel 62% dei casi da Joe Biden.

 

Nell’anno della pandemia il tema della sanità è entrato prepotentemente nell’agenda politica delle elezioni USA 2020. Il Republican National Commitee (RNC) ha aggiunto, per gli ultimi giorni di campagna, ben 9 milioni di dollari tutti su uno spot di 30 secondi, denominato “Noise”, che sta andando in onda negli stati più contesi come Arizona, Michigan, North Carolina e Wisconsin.

“Noise”, Trump, 2020

Joe Biden ha puntato moltissimo sul tema della sanità e ha attaccato ripetutamente il presidente Trump, accusandolo di gestione fallimentare dell’emergenza. In “Ready to lead”, andato in onda durante il picco del Coronavirus negli States, il senatore dem chiede un “Nationwide Mask Mandate”.

“Ready to lead”, Joe Biden, 2020

La polarizzazione del consenso

Glauco Maggi, inviato de La Stampa a NY, nel suo recente libro “Il guerriero solitario. Trump e la Mission Impossible” nota come il principale avversario del Tycoon sia proprio se stesso: avendo polarizzato moltissimo il consenso, gli States si sono divisi in vere tifoserie tra chi lo ama e chi lo detesta, al di là di quello che è stato fatto o non fatto in questi 4 anni e dei dati economici e occupazionali incoraggianti pre-pandemia. Un voto di stomaco, dunque, che asseconda le simpatie personali di ciascuno e meno le issue classiche che spostavano il consenso, come economia e politica estera.

La spesa degli spot a seconda dei temi in agenda, New York Times

La campagna a schieramenti si riflette nei social media, dove gli algoritmi assecondano questa polarizzazione dell’informazione: le persone vedono, interagiscono, si uniscono a community e costruiscono conversazioni esclusivamente attorno a coloro che la pensano in maniera equivalente. Il dialogo con le altre tifoserie è rarissimo così come lo scambio di contenuti tra chi la pensa in maniera opposta.

La polarizzazione delle conversazioni social non viene scalfita nemmeno dai media mainstream, la cui credibilità è minata dalla pluralità delle fonti, tra cui vive e prospera anche il link o il meme condiviso in bacheca dal vicino di casa o dalla fidanzata. I social media, nati come una piazza aperta e plurale, sono inevitabilmente vittime del loro stesso algoritmo: gli utenti vedono i contenuti a loro più affini, radicalizzando le proprie posizioni. Più le rispettive fazioni sono coese più difficilmente saranno impermeabili al dissenso, anche se argomentato. Un meccanismo illustrato perfettamente dal prof. Niall Ferguson, nel documentario “Networld”, tratto dal suo recente best seller “La piazza e la Torre”.

L’uso degli Spot

Nell’era delle certezze granitiche e degli ultras, la televisione non drena più consenso? Tutt’altro: in una società, come quella statunitense, dove la media dell’età di chi si reca alle urne è particolarmente alta, la TV detiene ancora un ruolo da protagonista e la gran parte dei budget viene stanziato per produrre e mettere in onda gli ADS, la cui tradizione risale al celebre scontro Eisenhower-Stevenson del 1952.

L’effetto degli spot nel 2020, all’interno di una corsa presidenziale così polarizzata, sarà con tutta probabilità mitigato rispetto al passato. Anche i negative ADS (gli spot contro l’avversario), che da sempre rappresentano da soli i due terzi di tutta la messa in onda, hanno più difficoltà a penetrare nei fortini dell’elettorato avversario, a meno di trovare una smocking gun finale, come sta provando a fare il presidente Trump cavalcando l’inchiesta del New York Post (censurata da Twitter) nei confronti del figlio di Joe Biden, Robert Hunter Biden, accusato di connivenza e loschi affari con un oligarca ucraino e con aziende petrolifere legate al regime di Pechino.

“Biden Lied“, Trump, 2020

L’immagine di Biden, con un’espressione confusa e smarrita, vuole assecondare le voci su una sua demenza senile, ed è ricorrente nella campagna di Trump, oltre che nei meme che circolano sui social di mezzo mondo.

Gli ADS dell’ex vice presidente cavalcano ovviamente il tema della pandemia, criticando aspramente l’operato del Presidente in carica. In “I Alone”, si ripete la frase di Trump “Solo io posso aggiustare questa situazione”, mentre i dati dei deceduti e dei contagiati scorrono inesorabili, scritti con una font oro, stile casinò di Las Vegas, quasi fossero gli slogan del Tycoon.

“I Alone”, Biden, 2020

Nella campagna elettorale 2020 i negative ADS sono stati prodotti nell’80% dei casi dal presidente Trump e nel 62% dei casi da Joe Biden. Il Republican National Committee (RNC) ha tirato fuori l’artiglieria pesante solo in queste ultime settimane: negli stati leaning (in bilico) si stanno spendendo ben 25 milioni di dollari in spot TV. I telespettatori che vedranno i nuovi ADS sono quelli in particolare di Arizona, Iowa, Michigan, North Carolina, Florida, Pennsylvania, Georgia, Nevada, Wisconsin, Iowa e Ohio.

Il comitato di Biden ha speso molto di più: ben 53 milioni, soltanto nell’ultimo mese, con ben 38 tipi diversi di spot soltanto in Pennsylvania. Tuttavia il presidente in carica, che ha speso meno del 2016, conta molto sulla visibilità dei suoi affollatissimi comizi e sulla copertura mediatica organica, quantificata da Bill Stepien, il campaign manager di Trump, in 48 milioni di dollari a settimana.

La campagna Trump sta anche spendendo direttamente anche su reti via cavo locali che hanno un alto numero di spettatori tra gli elettori più rurali, come RFD-TV, WGN-TV e Weather Channel, e sta puntando molto anche sulle stazioni radio evangeliche e conservatrici.

La spesa in ADS dei due candidati, New York Times

Le issues in agenda nel 2020

Il presidente Trump era partito con un’altissima percentuale di approvazione a gennaio 2020 (49%) per poi scendere tra il 38% e il 42% a seguito della pandemia. Secondo gli ultimi rilevamenti di Gallup, l’economia resta al primo posto nei pensieri degli americani (e resta anche il tema più presente negli spot), seguito dai temi della sicurezza nazionale e del terrorismo (presenti quasi esclusivamente negli ADS di Trump). Due punti che potrebbero far ben sperare il Presidente in carica, se non fosse per l’entrata del Coronavirus nel dibattito e per le polemiche legate alle tematiche razziali (che crescono di importanza dal 30% al 45% da dicembre 2019 a settembre 2020).

Record Smashing, Trump 2020

Made in America, Biden 2020

La risposta all’emergenza sanitaria è fondamentale non solo per il 93% dei democratici ma anche per il 61% dei repubblicani, una percentuale enorme se confrontata con gli altri temi di attualità, ad esempio il cambiamento climatico, che si ferma al 23% di attenzione nell’elettorato GOP ed è presente solo negli spot di Joe Biden.

Immagini e significati negli spot più belli della campagna

In “Vote For”, Joe Biden punta tutto sulle emozioni, facendo un appello a tutti gli americani per andare a votare, in qualunque modo possibile. “Il tempo delle divisioni finirà presto”, dice la sua voce fuori campo. I valori sono tracciati da parole e immagini mai casuali: “Empathy” (0:07), una madre (?) che incoraggia (per la partita?) la figlia un po’ corpulenta appena scesa da un truck, mentre una mazza da baseball spunta dallo zaino. Biden è poi ritratto a pregare assieme a una comunità di donne afroamericane (0:08).

“Vote For”, Biden 2020

“Respect” (0:09) è l’abbraccio con un anziano reduce. Quando compare “Honor” (0:10), sono tutti in piedi mano sul cuore a cantare l’inno (nessuno in ginocchio) ma le tribune sono mezze vuote, la disillusione di molti è tangibile. La ragazza in primo piano, tatuata, accanto all’amica dall’aspetto latino. La parola “Honor” (0:11) è anche accompagnata dalle immagini del compianto John  McCain e di sua moglie Cindy, il cui endorsement per il Dem ha fatto scalpore.  La recentemente scomparsa giudice della corte suprema Ruth Ginsburg, pioniera delle battaglie liberal si fa spazio nello spot accompagnando la parola “Equality” (0:12) come un monito a chiunque voglia intaccare l’imparzialità della corte stessa. Cosa potrebbe accompagnare “Bravery” (0:14) se non medici e infermieri? In questo caso tutti di colore e una di loro con un pugno alzato, come nelle battaglie razziali delle Black Panther.
“Love” (0:15) sono due persone che si abbracciano, in una casa di una periferia americana. Donald Trump viene citato solo al secondo 0:16 alla parola “Truth”: la sua presenza aleggia in una sala stampa deserta della Casa Bianca. Lo spot prova a fare breccia nel fortino avversario con l’immagine di un rodeo (0:24), controbilanciata subito da una catena umana (proteste BLM?) a 0:25.

America First, Trump 2020

“America First”, è invece un lungo e visualizzatissimo spot di Donald Trump, che riprende invece uno dei suoi più celebri speech. “Per troppo tempo”, dice la voce fuoricampo del Presidente, “L’establishment ha protetto se stesso”. Le immagini di Hillary, Bill Clinton, Joe Biden , Obama e Nancy Pelosi scorrono disturbate dal classico effetto “vecchia televisione”, utilizzatissimo nei negative ADS. “Le loro vittorie non sono state le vostre vittorie”. Ma quali sono questi trionfi a cui si riferisce? Joe Biden brinda col presidente cinese: il telespettatore può ben immaginarlo.
Il cambiamento del registro comunicativo e musicale dello spot parte dal secondo 0:21: Donald Trump entra in scena, scende da un elicottero come quell’eroe che tutti stavano aspettando. Interessantissimo che le parole “new vision will govern our land” siano affiancate da immagini della manifattura “made in USA” (da 0:32).

“Buy American and hire American”, invita il presidente Trump (0:40), facendo leva su temi molto sentiti nel suo elettorato.
Il terrorismo islamico compare dal minuto 1:00 e l’attenzione si sposta sugli uomini in divisa. “Law and order”, lo slogan di Trump è declinato in una carrellata di quelli che lui definisce “Great men and woman of our military and law enforcement”.

La nuova era trumpiana fa eco a Kennedy:“We sill bring back our dreams” (1:23), ritornare a sognare significa anche veder decollare il razzo di SpaceX con gli astronauti americani a bordo.
La maggiore distanza con Biden è tutta qui: “This moment is your moment. It belongs to you”, Trump ha creato un vero e proprio movimento di persone che lo adorano al di là del Partito Repubblicano; se si trattasse di una rock star parleremo di fan base.

Unpredictable

La domanda che tutti si fanno è la medesima: i sondaggisti avranno toppato anche questa volta, come 4 anni fa, e sarà Trump a prevalere oppure tutto andrà come previsto e trionferà il vecchio Biden?

La notizia più recente è che i repubblicani stanno ottenendo una quantità maggiore di nuovi elettori registrati, specialmente in alcuni swing states, come racconta questa inchiesta del Time.

Tuttavia i risultati sono totalmente imprevedibili, e l’alta affluenza all’early vote (si può votare sia al seggio che via posta) potrebbe avvantaggiare i Dem o potrebbero essere semplicemente un segnale del timore degli anziani (la base elettorale più ampia di Trump) a mettersi in fila il 3 novembre. Gli Stati Uniti, la cui leadership è minata dalla Cina e da molti altri ingombranti attori di un mondo multipolare, hanno davanti a un enorme bivio e la vittoria di uno o dell’altro candidato non potrà che portare a riflessioni importanti sulla composizione, demografica, economica e valoriale, della propria società.

digital marketing per le PMI

L’importanza della presenza digitale per una piccola impresa

  • Ottimizzare la presenza digitale potrebbe aiutare le piccole imprese a raggiungere anche il rispettivo target offline: integrare le esperienze tradizionali con quelle digitali assume un’importanza sempre maggiore.
  • Anche le piccole imprese devono adattarsi ai nuovi comportamenti dei consumatori e per farlo devono costruire adeguatamente una customer journey omnicanale.

 

È quasi un anno che il Covid-19 si è abbattuto sulla quotidianità di ognuno, e non ha di certo fatto sconti alle piccole imprese italiane, messe a dura prova prima dalle norme sul distanziamento sociale, poi dal lockdown e più recentemente da quella che risulta essere la seconda ondata di contagi del virus.

Le norme sul distanziamento sociale hanno, per esempio, inevitabilmente danneggiato alcuni settori: per esempio tutto quello che si concentra sulla vendita al dettaglio oppure viaggi, eventi e ristorazione, solo per citarne alcuni.


Mentre in Italia si fa di tutto per scongiurare un nuovo lockdown generale, mai come in questo momento diventa di nuovo d’attualità, per le piccole imprese, la necessità di trasformare i propri modelli di business, tentando un avvicinamento al digitale, al fine di poter essere competitivi e raggiungere serenamente un futuro (si spera quanto più vicino possibile) periodo di Post-Covid.

D’altra parte, come ricorda anche un recente articolo su ThinkwithGoogle, rispetto a qualche tempo fa il contesto tecnologico è completamente mutato: l’utilizzo dei nuovi strumenti digitali ha fatto un grande salto in avanti nei settori del lavoro, della formazione e delle relazioni sociali.

Partendo da questa crescita del pubblico online, l’idea di ottimizzare la presenza digitale potrebbe aiutare le piccole imprese a raggiungere anche il rispettivo target offline che vuol recarsi fisicamente al punto vendita: integrare le esperienze tradizionali con quelle digitali assume, di giorno in giorno, un’importanza sempre maggiore.

L’online può aiutare l’offline?

Fiere del lavoro

In un articolo di ThinkwithGoogle sul futuro del retail, si legge che nel 2024 la maggior parte degli acquisti verrà ancora realizzata offline (78%). Continua dicendo che i rivenditori che potranno contare nel 2024 su una solida offerta digitale, incrementeranno le loro vendite. Da qui l’importanza di organizzarsi con una strategia sia commerciale che di marketing integrata tra mondo online e offline, creando vari touchpoint nell’esperienza di acquisto del potenziale utente.

La pandemia da Covid-19 ha effettivamente accelerato il processo di trasformazione digitale e anche le piccole imprese si sono spinte, in velocità, su questi canali: di seguito alcune tendenze e tecnologie che potrebbero entrare a far parte stabilmente del loro futuro.

eCommerce, trasformazione digitale e strategia omnicanale

LEGGI ANCHE: La vita (digitale) che potrebbe aspettarci dopo la morte

eCommerce

Considerando il know-how acquisito dalle persone durante l’ultimo lockdown in Italia, è importantissimo dare la possibilità a un potenziale cliente di acquistare un prodotto anche su uno store online.
Anche solo per informare il cliente con il prezzo e le caratteristiche di un prodotto o con l’eventuale disponibilità in uno store fisico dello stesso: essere presenti con una piattaforma eCommerce, in un momento in cui gli utenti passano molto più tempo online e con una predisposizione crescente verso questa tipologia di acquisto, può essere utile per condurre l’utente alla definitiva conversion (on o offline).

Trasformazione Digitale

Non solo eCommerce: le piccole imprese potrebbero considerare la possibilità di sfruttare a pieno le infinite potenzialità degli strumenti digitali. Basta pianificare con attenzione.
Dai tool per lo smart working fino a quelli per la gestione delle risorse umane.

Creare l’ambiente digitale della propria azienda può rivelarsi una soluzione funzionale per fronteggiare questo periodo di incertezza: la capacità di mutare velocemente una strategia, la possibilità di lavorare in remoto con i propri dipendenti, avere a disposizione una suite digitale che colleghi tutti i collaboratori coinvolti, magari con un repositor dati e un ambiente di comunicazione. Strumenti, mai come in questo momento, fondamentali.

Customer journey omnicanale

Anche le piccole imprese devono adattarsi ai nuovi comportamenti dei consumatori e per farlo devono costruire adeguatamente una customer journey (“viaggio del consumatore”) omnicanale: sembrerà una ripetizione, ma in questo momento storico occorre accompagnare il consumatore nel viaggio verso la conversion, attraverso molteplici touchpoint.

Altri touchpoint, oltre all’eCommerce, potrebbero essere rappresentati dagli strumenti di digital marketing (es. annunci sui motori di ricerca), la presenza sugli aggregatori di servizi (es. app di servizio per la consegna a domicilio di cibo nel caso di imprese impegnate nella ristorazione), le campagne di comunicazione e di sensibilizzazione sui social network, le campagne commerciali on e offline, la presenza sul web con un sito responsive. Sono molteplici le possibilità, l’importante è avere le idee chiare sulla strategia omnicanale da attuare e sulla customer journey da riservare al proprio target.

Il rapporto umano: il vantaggio delle piccole imprese

retail contactless

Il grande vantaggio di una piccola impresa è rappresentato dalla conoscenza del proprio target: la possibilità di fidelizzare i propri clienti, attraverso la creazione di un rapporto umano e diretto (soprattutto per le piccole imprese che operano a livello locale), resta una delle chiavi del successo.

Sempre parlando di rapporto umano, non è da sottovalutare quello che si instaura all’interno del team di lavoro: la conoscenza e l’esperienza condivisa di un team di una piccola impresa è senza dubbio un elemento importante, soprattutto in un momento delicato come questo. Per le imprese di dimensioni più piccole, il fattore umano non dovrebbe essere sostituito da quello digitale: il vero scopo è trovare la migliore soluzione per integrarli e scoprire nuovi metodi per fronteggiare le difficoltà e ottimizzare i processi.

documentari-food

eCommerce e Food: in atto un cambiamento radicale delle nostre abitudini

Digital Food Strategy: le aziende dell’alimentare diventano smart. È questo il titolo dell’ultima ricerca promossa e realizzata da Casaleggio Associati dedicata alla vendita online dei prodotti alimentari che è stata presentata il 27 ottobre durante un evento digitale.

Il cambiamento radicale del mercato nel 2020 ha indotto un’accelerazione verso il digitale dei produttori alimentari italiani che stanno trasformando le loro aziende per diventare smart. Il rapporto diretto con i clienti richiede, però, numerosi cambiamenti non solo organizzativi ma di visione. Per essere forti sul web diventa sempre più importante rafforzare il brand delle aziende verso il consumatore diventando delle media company, creare servizi per fidelizzare direttamente il cliente finale, gestire anche le vendite dirette senza creare conflitti tra i canali distributivi e dimostrare il tracciamento di filiera su blockchain.

“Stiamo assistendo alla nascita di nuovi business model, a percorsi alternativi di costruzione della relazione diretta con i clienti finali attraverso nuove logiche di comunicazione e soprattutto a nuove soluzioni per gestire le vendite dirette – spiega Davide Casaleggio, Presidente Casaleggio Associati – . Attraverso la ricerca metteremo a confronto i trend in atto e i migliori casi italiani e internazionali che hanno investito e deciso di cambiare radicalmente modo di fare business”.

eCommerce e Food: come sta influendo la pandemia

Le aziende del settore alimentare italiano cambiano modello di business
e investono nei canali online. Dalla Gdo ai piccoli produttori le aziende food puntano sulla relazione diretta con il consumatore e sull’eCommerce.

La ricerca ha analizzato i dati relativi alle vendite online del 2019 del settore alimentare che registrano una crescita del 19%.
Secondo le stime di inizio anno ed escludendo il delivery e i pasti pronti, il Food & Beverage online nel 2020 in Italia avrebbe dovuto raggiungere quota 653 milioni di dollari, con una crescita del 9,8% sul 2019. Le stime più recenti che considerano l’impatto del Covid hanno invece aggiornato questa cifra a 697 milioni di dollari. E nel 2024 si prevede che il settore raggiunga i
1.013 milioni di dollari, con una penetrazione in termini di user del 20,8% (6,6% in più rispetto al 2020).

I dati del primo semestre 2020 rilevano che la pandemia ha influito in modo sostanziale sull’evoluzione della presenza online del settore alimentare italiano con un incremento di oltre 2 milioni di clienti online da gennaio a settembre 2020.

Ma sebbene il mercato online alimentare in Italia non arrivi ancora all’1% del totale, contro il 4-8% nel resto d’Europa, è evidente come i brand e i produttori italiani abbiamo radicalmente cambiato l’approccio nei confronti della rete, luogo di vendita e di fidelizzazione imprescindibile.

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Luci e ombre della crescita dell’eCommerce nel Food

Ma se in molti hanno investito e hanno avuto successo, va evidenziato come il settore della logistica legata al food sia stato messo a dura prova dovendo far fronte ad un aumento della domanda con picchi anche del 300-400%.

“L’agroalimentare italiano è il primo settore industriale italiano e vale 538 miliardi di euro, il 25% del PIL, con 3,8 milioni di occupati in circa 70.934 aziende– spiega Casaleggio – Si tratta di imprese molto frammentate delle quali l’86% ha meno di 10 dipendenti. In questi ultimi mesi sia i grandi brand che i piccoli produttori si sono accorti dell’importanza di creare una relazione digitale diretta con il cliente. Con i negozi chiusi la rete è stato l’unico contatto con l’esterno e chi lo ha capito per primo ha sofferto meno. La pandemia ha dato una grande accelerazione alla digitalizzazione del settore alimentare portando la creazione o l’ottimizzazione degli eCommerce ma ha anche messo in evidenza la frammentazione del settore e le grandi differenze tra prodotti
per ognuno dei quali si impone una riflessione rispetto alla vendita in rete”.

Food ed eCommerce: 4 modelli ricorrenti

Attraverso l’analisi del mercato italiano e interviste ai top manager delle aziende alimentari del nostro Paese la ricerca di Casaleggio Associati ha individuato 4 modelli di business ricorrenti per l’eCommerce che variano in base alla tipologia di prodotto: il prodotto autonomo, ovvero singoli prodotti capaci di soddisfare il bisogno, il paniere proprietario, il paniere in partnership e i prodotti della spesa venduti attraverso la GDO.

I quattro modelli di strategia eCommerce generano un approccio diverso in termini di relazione digitale con il cliente finale e all’attività di marketing. Agire su queste due leve consente di ottimizzare il modello di eCommerce e di puntare all’affermazione della propria presenza online.

Investire nella rete e in un canale online comporta, infatti, investimenti non solo nella logistica e nella distribuzione ma anche nel marketing per instaurare e migliorare la relazione digitale con il cliente dando valore al brand, legando il prodotto a un’esperienza, differenziando i prodotti creando dei pack scorta o regalo, proponendo acquisti facilitati attraverso una gamma di prodotti di
più brand che completano il paniere, gli abbonamenti e il riordino automatico.

“Per le aziende del Food la presenza online non è più una scelta – continua Casaleggio – ma una richiesta che arriva dal consumatore. Il cliente finale vuole una relazione diretta con il brand, conoscere la filiera produttiva ed è sempre più attento a quello che consuma”. 

Quali sono gli strumenti per essere presenti online in modo professionale

Nel mondo dell’iperconessione siamo tutti viaggiatori alla ricerca di mete ancora da scoprire. Quando ci occorre conoscere un’informazione su un’azienda, trovare l’indirizzo di un negozio, o dobbiamo rintracciare un libero professionista perché necessitiamo di un servizio specifico, la prima cosa che facciamo è quella di sfilare lo smartphone dalla tasca e andare su internet per ottenere quello che si serve. Tutto passa dal web, e niente sfugge alla sua infinita rete. Ma non tutti hanno ancora capito l’importanza della presenza online e di come farla crescere.

Molte PMI si trovano a un bivio in cui devono prendere la fatidica decisione: lanciare o no la propria attività sul web? Se avevamo ancora delle remore a dover essere, o meno, presenti online, gli ultimi mesi hanno spazzato via anche i coriacei dubbi dei più scettici.

Essere online ci permette di esistere in un mondo in cui non esistono confini fisici. E per farlo oggi abbiamo a disposizione anche strumenti molto semplici come quelli offerti da Register.it.

presenza online

Perché è importante avere una presenza online?

La prima ragione per cui un’azienda e un professionista devono essere online e curare la propria presenza digitale è che ognuno di noi ricerca una grande mole di informazioni su qualsiasi tipo di brand e figura professionale, consultando esclusivamente il web.

Lanciare la propria attività online, di conseguenza, comporta maggiore visibilità e permette di essere rintracciati e contatti da chiunque.

Avere una presenza online, inoltre, fortifica l’immagine e la credibilità dell’azienda perché ogni brand e professionista potrà raccontarsi ai suoi utenti mostrando la mission dell’azienda, il perché è nata, prima di soffermarsi sui prodotti e i servizi che offre.

Essere online è il modo ideale per consolidare la propria brand identity. Inoltre, una cosa da tener presente è che prima di effettuare un acquisto, molti utenti indagano sulla policy delle aziende per capire se è in linea con il proprio modo di essere. Chiarire la propria l’identità è cruciale.

In ultima analisi, gli strumenti digitali consentono all’azienda e ai professionisti di accrescere il proprio giro d’affari perché essere online permette a tutti di conoscerci e poterci consultare.

Ma quali sono questi strumenti necessari per incrementare e sviluppare la propria presenza online?

Gli strumenti digital professionali che permettono di aumentare la propria presenza online

Quando cerchiamo delle informazioni specifiche su un’azienda o un professionista, sbirciamo i contenuti sui social, anche perché non tutti dispongono di un sito web. Ogni professionista, invece, dovrebbe raccogliere tutto ciò che riguarda la sua attività e i suoi servizi su un sito vetrina.

Gli strumenti digital professionali che ogni PMI e professionista necessita di avere assolutamente sono tre:

  • un dominio della propria attività
  • un sito su cui presentarsi
  • indirizzi email validi e certificati con cui comunicare

Registrare un dominio gratis

Un modo semplice per cominciare è usare un servizio che ci consenta di registrare il nostro dominio in modo gratuito. Il primo passo per creare un sito internet ed essere facile da trovare, è proprio la registrazione del dominio.

Una volta effettuata la registrazione finalizzeranno la riuscita della nostra presenza online a 360° e potremo andare avanti e personalizzare il sito web.

Creare e personalizzare un sito web

Dopo la registrazione del dominio, possiamo dare il via alla creazione e personalizzazione del nostro sito web. Possiamo scegliere il template che più si adatta a noi e alle nostre esigenze, avendo cura di scegliere un servizio che ci consenta di creare un sito mobile friendly, ossia ottimizzato per i dispositivi mobile e non solo per il PC.

Una volta creato e completato il sito, possiamo lanciarlo in rete. Inoltre se non si ha tempo di creare un sito da soli o si ha paura di fare pasticci, ci sono figure professionali che possono occuparsi di tutto il processo.

A cosa serve un sito web?

Il sito web è essenziale in questo mondo in continua evoluzione. Permette alle aziende e ai professionisti di farsi conoscere agli utenti e ai potenziali clienti, ottenere dati sulla propria community, creare delle promozioni ad hoc e personalizzate in base al proprio target e mercato di riferimento.

Inoltre, agevola la comunicazione grazie a dispositivi sempre nuovi e innovativi.

presenza online

Indirizzi email validi e certificati con cui comunicare

Ogni professionista e PMI devono disporre d’indirizzi mail professionali e personalizzati per poter comunicare con la propria community. Oltre alle semplici email, c’è bisogno di una PEC (Posta Elettronica Certificata), che offre una garanzia legale per qualsiasi comunicazione avvenuta, certificando l’invio, l’integrità e l’avvenuta consegna del messaggio.

La forza dei social media

Oltre a questi imprescindibili strumenti, un’azienda e un professionista devono creare e curare la propria presenza digitale anche sui canali social, ma non prefissarsi su queste piattaforme come obiettivo principale la vendita.

Sui social media dovranno creare una relazione continua e in tempo reale con la propria community attraverso un buon piano editoriale e comunicando tramite contenuti emozionali. Bisogna stabilire una conversazione bidirezionale, dove non solo si parla, ma si ascoltano i feedback degli utenti.

presenza online

Una volta online bisogna coltivare la propria identità attraverso la cura del  sito web e dei profili social. Un ottimo consiglio per restare competitivi in questo mondo in espansione è quello di dare sempre un occhio ai propri competitor e imparare dai loro punti forza ma soprattutto a non ripetere gli stessi errori.

flywheel model

Il Flywheel Model cambierà per sempre il tuo modo di approcciarti al marketing

  • Flywheel Model, il nuovo modello di crescita aziendale in cui le strategie di Inbound Marketing e le persone sono il fulcro.
  • E il Funnel Model? Non va in pensione, ma si focalizza sull’analisi e sulla gestione delle singole fasi aziendali.

 

Flywheel Model, il cosiddetto “modello volano”, una rivoluzione che per i marketer più tradizionalisti sarà sconvolgente. Non perché rappresenta un nuovo modo di vedere e di concepire il cliente come centripeto per la forza e la crescita del business, ma perché mostra quanto il più studiato Funnel Model vada in parte superato, o meglio confinabile alle singole fasi decisionali aziendali.

In pratica, per semplificare il concetto potremmo dire che, più Funnel Model insieme creano una base solida per il più moderno Flywheel Model.

Flywheel Model vediamolo nel dettaglio

flywheel model 1

Iniziamo con una definizione, “Flywheel Model è un modello per la crescita del business che si concentra sull’utilizzo dello slancio dei clienti soddisfatti per guidare le referenze e le vendite ripetute”.

Hubspot, la famosa società statunitense specializzata in marketing per le vendite e il servizio clienti, è così che definisce il modello volano, ossia un modello per il quale i clienti soddisfatti e fedeli sono la forza centrale che fanno crescere il business.

Rendere felice e fedele il cliente, spinta del nostro volano di crescita, deve essere l’obiettivo principale della strategia e del team. E solo un team coeso può dare al cliente, ormai diventato potente e selettivo nel suo processo decisionale, l’esperienza che desidera e l’attenzione che merita.
A differenza di quanto accade nel Funnel Model in cui il cliente entra dall’alto, percorre tutto il percorso verso il basso e, una volta fuori, ha concluso il suo processo di acquisto; nel modello volano il cliente non esce mai, ma la sua esperienza positiva lo riporta all’inizio del processo oltre che coinvolgere nuovi potenziali clienti con passaparola e recensioni positive.

Ma quindi come funziona?

Il Flywheel Model si basa su 3 aspetti fondamentali: quanto veloce va, quanto attrito ha e quanto grande è.

  1. La velocità, più il modello gira veloce più è in grado di produrre energia di crescita per l’azienda. La velocità viene incrementata man mano che il team va ad intervenire su quegli aspetti di maggior impatto sulla soddisfazione dei clienti, come, ad esempio, campagne di inbound marketing dedicate, un customer service efficiente o iniziative volte ad incrementare il passaparola;
  2. L’attrito, per definizione, è quella forza che rallenta il modello e si manifesta, soprattutto, in ambito del team: un team poco coeso e che ha difficoltà a condividere le informazioni distoglierà l’attenzione dal cliente e quindi diminuirà la velocità di rotazione del modello;
  3. Grandezza intesa come numero di soggetti e clienti, anche potenziali, che il volano è in grado di attrarre. Più questo sarà grande più il business aziendale avrà successo.

Quindi: le persone sono al centro,  Non si tratta però solo dei clienti, ma anche del team inteso come primo vero brand ambassador.

Ora passiamo alla pratica.

Strutturare un Flywheel efficace è questione di regole e tecnica, poi la componente umana sarà quella che lo farà girare se guidata al meglio.

Bisogna innanzitutto partire dalle fasi strutturali base che spaziano da come attirare il cliente a come farlo acquistare e diventare brand ambassador.

Per attirare il cliente potenziale verso la nostra azienda è necessario farsi notare, partendo, per esempio, da un sito internet ottimizzato e con user experience spiccata, oltre a pensare a prove gratuite di prodotto o di servizio, insieme ad una pubblicità targettizzata.
Una volta che abbiamo l’attenzione del nostro potenziale cliente è necessario trasformarlo da potenziale ad effettivo, portarlo quindi ad acquistare. Per fare questo si può pensare a strumenti come il miglioramento del percorso d’acquisto, a delle offerte dedicate come sconti sul primo acquisto accompagnato all’iscrizione alla nostra newsletter attraverso la quale continuare ad inviare pubblicità mirata.
Il cliente ha comprato, per la prima volta, quindi il primo passo è compiuto (top), ma adesso la partita si sposta su farlo acquistare di nuovo e far sì che parli di noi, positivamente, con la sua rete di amici e contatti. Ecco quindi che scende in campo il servizio di customer care e di post vendita in cui l’azienda si mette a disposizione del suo cliente per aiutarlo a raggiungere il suo obiettivo di acquisto facendolo sentire importante ed al centro del suo processo di acquisto.

flywheel model 3

Una volta gettate le basi per la costruzione del modello è necessario pensare alle metriche di misurazione della sua efficacia sia per ogni fase, sia del modello in toto per andare costantemente a fare manutenzione sul modello e sulla sua efficacia.
Si parla quindi di CRO test (Conversion Rate Optimization Test): test in grado di valutare l’efficacia degli strumenti di marketing e delle campagne studiate per andare a modificare o concentrare la strategia su quello che si è dimostrato più o meno efficace.

Infine la tanto nominata frizione, ossia la forza che rallenterebbe il volano. È necessario individuare le fasi deboli del nostro modello e lì concentrarci. Le campagne marketing, il team, la comunicazione o il servizio clienti possono essere alcuni degli esempi nei quali individuarle.

Ma questo blasonato Flywheel Model funziona davvero?

Ecco alcuni dati: il 57% dei processi di acquisto in ambito B2B si conclude prima di arrivare al contatto con la forza vendita e l’81% dei clienti basano la loro decisione sulle recensioni di altri compratori o di amici e parenti.

Dunque anche i dati confermano che un team efficace ed un cliente soddisfatto portano a un volano di successo.

Funnel Model vs Flywheel Model, perché l’innovazione funziona

Da sempre, chi ha studiato marketing lo sa bene, il Funnel Model è stato il pilastro del marketing e delle vendite, un percorso a fasi che conduce il potenziale cliente attratto da campagne di Outbound Marketing e che lo trasforma in un acquirente vero e proprio, ma che fuori dall’imbuto chiude il suo percorso di acquisto.

Nel nuovo Flywheel Model, al contrario, il cliente non è un semplice acquirente, ma un soggetto in grado, con il suo potenziale di acquisto, di guidare le scelte di business, consapevole di questo super potere: il consumatore, oggi, basa le sue scelte su recensioni e ricerche online fatte in prima persona ed è in grado, dall’altra parte, di influenzare gli altri, ecco perché in questo ultimo decennio il cliente è considerato un vero e proprio pilastro di crescita e sviluppo.

È quindi giusto dire che oggi il modello di crescita che la tua azienda dovrà adottare è quello a volano. Ma no panic, gli imbuti non scompaiono, solo devono essere applicati a quelle fasi dove davvero possono fare la differenza ossia i singoli processi aziendali, come quello di vendita, ad esempio.

In questo processo infatti, mappare le singole fasi attraverso cui il cliente viaggia può aiutarti a capire se e quale fase è farraginosa o complicata e quindi andare a mettere in atto manovre correttive specifiche come ad esempio migliorare l’efficacia del team vendita soprattutto nella fase pre vendita oppure rinforzare il customer care per incrementare il numero di referral o di brand ambassador.

Il Funnel Model, quindi, può aiutarti ad analizzare i diversi processi aziendali e creare un team coeso che abbia focus sui processi e obiettivi aziendali, persone in grado di coinvolgere altre persone (il target).

Possiamo quindi pensare ad un Flywheel Model come un vero e proprio volano meccanico i cui ingranaggi sono composti da Funnel Model specifici per ogni fase del processo di acquisto.

Come abbiamo già detto, la sostanziale differenza tra i due modelli sta nel fatto di come il cliente venga considerato; il prodotto, infatti, non basta più.

Nel Funnel Model il cliente è considerato come soggetto passivo, tramite outbound marketing il target viene bombardato in massa da messaggi pubblicitari e da comunicazioni in quanto il brand ha l’obiettivo di farsi conoscere da più pubblico possibile che sia in target o meno. Se è interessato ai nostri messaggi allora entrerà nel Middle of Funnel dove la nostra azienda viene paragonata ad altre della lista e il nostro futuro cliente sta ancora capendo se facciamo per lui o meno. Alla fine dell’imbuto troviamo i superstiti, ossia coloro che ci hanno scelto come soluzione, ma che ci abbandoneranno tanto in fretta quanto velocemente sono entrati.

E questo è il vero limite: non esiste una fase che punta al post vendita e a creare conversazioni intorno al brand.

Nel Flywheel Model, invece, il target cliente è il centro del modello, dai suoi acquisti, consigli e passaparola dipenderà il successo del nostro brand. Ecco quindi che il servizio di customer care non può assolutamente fallire.
Il cliente viene quindi attirato con un marketing che è diventato inbound, quindi targhettizzato, dopodichè viene coinvolto dal brand che gli offre informazioni di prodotto o su se stesso per cercare di instaurare un meccanismo di fiducia e infine cerca di fornirgli la miglior esperienza di acquisto che abbia provato, così che possa parlare bene di noi alla sua cerchia e portare nuovi clienti.

Outbound ed Inbound Marketing, due modelli a confronto

Pensatela come “ad ogni marketing il suo modello”, quindi outbound marketing e funnel model sono la prima coppia e inbound marketing e flywheel Model la versione più moderna.

Per Outbound Marketing si intende quel marketing di massa, “spinto” verso il cliente attraverso i media più classici come la stampa e la tv che interrompono l’attenzione di un target considerato passivo. Ecco quindi che con un target così si è pensato ad un modello a sua volta passivo, dove il cliente attirato all’interno dell’imbuto prosegue la sua esperienza verso il basso e in cui, una volta uscito, non viene considerato come possibile forza di crescita dell’azienda stessa.

Con l’avvento del marketing digitale, invece, il consumatore accresce il suo potere e cambia di ruolo, da passivo ad attivo e selezionatore di contenuti e brand da cui lasciarsi interrompere lasciando anche un contributo verso la sua cerchia con recensioni e feedback. Le aziende, quindi, pensano a un marketing più targettizzato e in grado di fornire contenuti di valore al loro fruitore. Si parlerà quindi, anche, di Flywheel Model, il modello volano in cui il consumatore è la forza di crescita (o di decrescita) del modello stesso e di conseguenza dell’azienda a cui si riferisce.

In particolare in relazione all’Inbound Marketing applicato al modello volano si studieranno campagne marketing in grado di alimentare l’attenzione del cliente in ognuna delle tre fasi fondamentali:

  • Attract, creo contenuti e conversazioni interessanti;
  • Engage, costruisco relazioni durature con il mio target;
  • Delight, delizio il mio pubblico con un’esperienza unica e tailor-made.

Alcuni esempi di strategie possono essere:

  • Fase attrattiva (attract): articoli propri su blog o social media, usare dei testimonial, ottimizzare i nostri contenuti per la SEO e le ricerche online
  • Fase di coinvolgimento (engage): mostrare all’utente perchè siamo la scelta per lui e che vantaggi avrebbe scegliendoci anche attraverso delle chiamate dirette, ma studiate a tavolino e che non sembrino le classiche chiamate da Call center
  • Fase di soddisfazione (delight): customer care anche online, canali per feedback e supporto anche su Facebook o Whatsapp, dare risposte tempestive

Con il cambiamento di modello cambiano anche le logiche dei team verso il cliente, se prima i venditori erano le figure chiave per trattenere un consumatore, oggi tutto il team deve essere in grado di attrarre e fidelizzare il cliente, ma ancor più importante è il servizio post vendita e customer care.

Se nel Funnel Model, insomma, era l’inizio del percorso la tappa più importante, con il Flywheel Model avviene tutto il contrario, è la fine quella che conta.

L'esigenze e i desideri dei lavoratori, sembrano mutare quotidianamente

Benefit aziendali: cosa sognano i dipendenti italiani

  • L’accesso ai benefit aziendali rappresenta un valore aggiunto per i lavoratori italiani.
  • Emerge la crescente difficoltà a creare un equilibrio tra sfera lavorativa e vita privata, ma i benefit al personale continuano a favorire l’aumento di produttività.

 

Per i dipendenti italiani, i benefit aziendali non costituiscono un optional, ma un asset importante dell’ecosistema professionale. Desiderano avere maggiore tempo per le attività sportive e intendono rimanere costantemente aggiornati: d’altronde dallo scorso lockdown si è notato un incremento delle iscrizioni ai vari corsi di formazione online.

Benessere fisico e della mente, convenzioni con centri sportivi e corsi di formazione per riqualificarsi e migliorarsi nel mondo del lavoro.

Salute fisica e crescita professionale, tra i benefit aziendali più ricercati

Benessere fisico e della mente, convenzioni con centri sportivi e corsi di formazione per riqualificarsi e migliorarsi nel mondo del lavoro.

Ecco cosa desiderano davvero gli italiani, che tuttavia da parte delle aziende continuano a trovare, come proposta più frequente, i classici buoni pasto. Lo rivela un’indagine di Urban Sports Club, l’applicazione per l’accesso ai centri fitness diffusa in tutta Europa. Dal sondaggio, è emersa la crescente difficoltà a creare un equilibrio tra sfera lavorativa e vita privata, in cui spesso i momenti da dedicare al proprio benessere fisico ed emotivo vengono sacrificati, e tutto ciò ha naturalmente un impatto al ribasso sulla macchina produttiva.

L’accesso ai benefit aziendali rappresenta un valore aggiunto per ogni lavoratore

Anche se, complice la profonda evoluzione degli stili di vita in atto, esigenze e desideri sembrano mutare quotidianamente, qual è lo scenario attuale e quali sarebbero le aree che a detta dei dipendenti potrebbero contribuire realmente a migliorare la qualità della vita?

“Il dialogo e la collaborazione con le aziende è fondamentale per realizzare questa visione attraverso l’erogazione di un benefit che possa davvero impattare in maniera positiva sulla vita dei dipendenti” – commenta Filippo Santoro, Managing Director per l’Italia di Urban Sports Club.

Mensa e assicurazione sanitaria i benefit più popolari

Eppure a disporre di benefit aziendali non sono in pochi, ma  il 70% dei lavoratori dipendenti. In ordine di popolarità, le aziende italiane propongono mensa o buoni pasto (52%), assicurazione sanitaria aziendale (47%) e prodotti di primaria necessità, quali acqua, caffè e snack in ufficio (45%). Al quarto posto ci sono il cellulare o computer aziendale, seguiti da generici premi o bonus. Al sesto posto c’è la possibilità di lavorare in smart working. Solo al settimo posto troviamo convenzioni con centri sportivi o fitness. In coda la palestra aziendale (6%) che tuttavia, va da sé, è concepibile solo in aziende di una certa rilevanza.

La classifica dei più utilizzati

Nella top 10 dei benefit aziendali più popolari in Italia non manca nulla, e si va dal caffè all’auto aziendale, fino ai buoni regalo:

  1. Mensa o buoni pasto
  2. Assicurazione sanitaria aziendale
  3. Beni di prima necessità (acqua, caffè, snack)
  4. Strumenti hi-tech (cellulare o computer aziendale)
  5. Premi o bonus
  6. Smart working
  7. Convenzioni con centri sportivi e fitness
  8. Auto aziendale
  9. Palestra aziendale
  10. Buoni regalo

LEGGI ANCHE: L’auto-organizzazione in azienda come alternativa alle gerarchie

La felicità dei dipendenti passa dai benefit aziendali

Ma cosa chiedono i dipendenti?

L’attività fisica è un’esigenza avvertita da molti e, almeno per quanto riguarda l’Italia, ancora poco radicata come forma di benefit aziendale. Circa un terzo del campione, tuttavia, sostiene di aver abbandonato lo sport a causa del protrarsi degli orari di lavoro. E, forse, proprio per questo sono in molti (52%), a dire che gradirebbero una convenzione con centri sportivi. Solo il 5% degli intervistati sostiene che sicuramente non usufruirebbe di questa opportunità.

Tra le proposte più apprezzate, quasi alla pari, ci sono poi corsi di formazione, aggiornamento e borse di studio, preferite dal 42% del campione. E in effetti, anche i corsi Ninja Academy sono disponibili sulle principali piattaforme di welfare, come EasyWelfare e Jointly.

Un benefit, dunque, finora poco considerato e che tuttavia, in tempi molto recenti, è stato rivalutato. Grazie anche al lockdown e allo smart working, infatti, numerose aziende hanno iniziato a puntare sull’aggiornamento professionale.

Chiude il podio, con il 28% delle preferenze, l’assicurazione sanitaria aziendale.

I benefici  alle persone favoriscono l’impresa

Ma a prescindere da quali siano, l’assoluta maggioranza (76%) dei dipendenti interpellati ritiene che gli incentivi possano generare output positivi anche per l’azienda stessa.

I benefit, dicono i lavoratori, favoriscono l’aumento di produttività, di conseguenza i dipendenti si sentono più soddisfatti e quindi più motivati. Dal canto suo, la realtà aziendale – afferma il 67% del campione – ne giova a livello d’immagine risultando più attraente agli occhi di nuovi possibili collaboratori e talenti. Inoltre si favorisce un legame più solido, di fidelizzazione, con i collaboratori già presenti nel team (52%).

Nello specifico, gli italiani credono che i benefit aziendali correlati alla sfera del benessere psico-fisico siano centrali, poiché impattano maggiormente sulla vita di chi ne usufruisce.

single's day cina ecommerce

eCommerce in Cina 2020: oltre al Single’s Day c’è di più

  • Il mercato eCommerce cinese vale il 50% delle vendite online mondiali e fattura il triplo degli USA, ma per penetrarlo sono necessari dei “must” digitali.
  • Alibaba è un colosso eCommerce con prodotti retail, wholesale, in border e cross border. Taobao, Tmall, Youku e DingTalk fanno parte del gruppo.
  • Ma oltre ad Alibaba e al Single Day ci sono una serie di altri player (JD.com, Vip.com, Secoo, WeChat) e di eventi marketing da conoscere.

 

La più grande festività commerciale in Cina è in arrivo e i brand sono in fibrillazione. Lavoro in un’agenzia che supporta le aziende in Cina e mai come in questi giorni ho pensato di darmi all’ippica. Scherzi a parte, il lavoro è quadruplicato. Per immaginare fino a che punto, vi invito a pensare alla preparazione pre-Black Friday. Ma con un lavoro massivo di traduzione linguistica e culturale dietro.

Però mica ci possiamo lamentare. Mentre noi precipitiamo verso il prossimo lockdown, in Cina il futuro pare un po’ più roseo. Mai come oggi, “Vendere in Cina” è diventato un ibrido tra un mantra e un diktat per aziende che vedono la Cina come un paradiso di consumatori alto-spendenti che salverà i loro bilanci aziendali. A torto o ragione (la Cina non è per tutti), c’è un po’ di background da conoscere prima di pensare al Single Day. Facciamo un po’ di chiarezza in questo articolo.

eCommerce in Cina: un mercato grande quanto la Spagna

Partiamo con un paio di dati impressionanti: la Cina, da sola, copre il 50% delle vendite online mondiali e supera di tre volte il fatturato eCommerce degli Stati Uniti (1.5 trilioni versus 566 miliardi, $). Per condividere un’ultima iperbole, il peso del mercato eCommerce cinese è maggiore del PIL spagnolo.

Siamo quindi tutti d’accordo se dico che la Cina oggi ha un fascino che va ben oltre la grande Muraglia per l’occidente, no? Approcciarla, però, non è così semplice.

L’ingresso digitale in Cina. I must have

Per farla molto breve, per poter vendere (o anche solo comunicare) in Cina ci sono dei must. Prima di tutto: l’awareness. I più fortunati l’hanno già (come Salvatore Ferragamo per le scarpe, Flexform per i mobili, Ferrero per le merendine), altri la devono costruire. Costruirla è un processo che richiede tempo, possono volerci anni per costruire un forte ricordo di immagine nella mente dei consumatori e soprattutto sforzi, perché quello cinese è il target a cui occorre adattare maggiormente il proprio marketing.

Digitalmente l’adattamento si traduce in un sito in lingua, con un hosting locale (altrimenti ciao velocità in Cina) e una manciata di account ufficiali sui social locali più importanti, primo tra tutti WeChat.

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Un’infografica che racchiude solo una parte di tutte le piattaforme per fare marketing in Cina (Sekkeistudio 2020)

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Dopo aver costruito una presenza solida (possibilmente anche offline), si può pensare alla strategia eCommerce. E anche qui le possibilità sono immense.

eCommerce in Cina = marketplace

Le abitudini di acquisto online in Cina sono molto diverse. Gli utenti non hanno nessun interesse a comprare un prodotto sul sito ufficiale del brand: spesso il sito si carica lentamente, non è interamente tradotto e ha meno comodità di un multistore come Tmall, del gruppo Alibaba. Ma oltre ad Alibaba (e il suo Single Day) c’è tutto un mondo di piattaforme (più o meno) emergenti che potrebbero rispecchiare maggiormente il target. Vediamo le percentuali di mercato.

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Quote di mercato dei marketplace in Cina (Statista 2020)

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Padrone indiscusso della piazza è Tmall, che possiede più del 50% delle quote di mercato (statista, 2020). A seguire, il rivale storico JD.com (entrambe sono nate come piattaforme generaliste) e il newbie Pinduoduo, che troppo novellino non è (287 milioni di visite al mese – Webretailer, 2020)

Taobao e Tmall: gli assi nella manica di Jack Ma

Permettetemi di ripetermi: non solo eCommerce in Cina, oltre ad Alibaba c’è di più, ma anche Alibaba, oltre a Tmall c’è di più. Se ci si addentra tra le parole chiave del marketing in Cina per i non addetti ci si può accorgere che tutte convertono ad Alibaba – Tmall – Single Day. Come se la grandezza di un mercato tale potesse trovare una spiegazione esaustiva in questi tre passaggi.

Prima di tutto, Alibaba è un ecosistema. Ha un core di attività legate all’eCommerce comunemente inteso: Tmall è il leader per il B2C, cui si accompagna Taobao (C2C e B2C), Freshippo (per il segmento food), AliHealth (healthcare) e Tianmao Chaoshi, che tradurrei letteralmente come il market di Tmall (à la Amazon Prime Now).

E-commerce in Cina_Alibaba

L’ecosistema Alibaba (Chozan 2020)

Questo per quanto riguarda l’in-border: per tutto il mondo cross-border (che tradotto per i non addetti è quello di chi non ha una sede o stock in Cina) ci sono poi Tmall Global e AliExpress tra i più conosciuti.

Accanto ai marketplace retail ci sono poi quelli wholesale: dedicati al B2B. Per i locali c’è 1688 (che sarebbe, peraltro, la forma originale di Alibaba, che era nato per connettere le imprese, non i consumatori) e per i forestieri Alibaba.com.

Ci vorrebbe un articolo solo per spiegare ognuna delle piattaforme del mondo Alibaba, ma basti dire che in aggiunta a tutte le piattaforme nominate poi ce ne sono altre complementari e che coprono altre industry: Alipay è insieme a WeChat Pay il metodo di pagamento digitale più diffuso; Youku la piattaforma video leader in Cina, DingTalk una sorta di chat aziendale ma più complessa e Ele.me il Just Eat orientale (di cui ammetto di aver fatto largo uso back in times).

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JD.com, Pinduoduo e tutti gli altri

Le altre piattaforme, che – disgraziatamente – negli articoli generalisti di eCommerce (e in questo) hanno sempre meno spazio, si distribuiscono più o meno equamente il target cinese.

JD.com, tuttavia, merita una menzione speciale in quanto rivale storico di Alibaba e marketplace che comunque ridendo e scherzando raccoglie quasi il 30% delle quote di mercato in Cina (Statista, 2020). Nato anch’esso come piattaforma generalista, oggi JD.com è forte in qualità di retailer e conosciuto per la sua rete distributiva pressoché onnipresente in Cina (ha più di 750 warehouse).

Tra gli altri marketplace che meritano una menzione ci sono Pinduoduo, focalizzato sugli acquisti di gruppo, Secoo e VIP.com, dedicati entrambi al segmento Fashion & Luxury e i miniprogram WeChat, dell’altro grosso gigante cinese Tencent (proprietario di WeChat, WeChat Pay, Tencent Video, Sougou e via dicendo).

Il Single’s Day e i mega festival commerciali in Cina

Paese che vai, calendario che trovi. Credo che ormai lo sappiano tutti: la Cina non segue il calendario gregoriano, bensì quello lunare. Che a mio modesto avviso è ricco di festività molto più interessanti degli onomastici di nomi che non ho mai nemmeno sentito. Questa differenza, unitamente alle tradizioni storiche e culturali cinesi altre, comporta un forte discostamento del calendario commerciale cinese rispetto a quello occidentale.

Il calendario lunare in Cina

Prima di tutto il Capodanno: qui è sempre il 31 dicembre, in Cina cade a cavallo tra gennaio e febbraio e varia data ogni anno. La sua celebrazione dura circa una settimana ed è seguita da ulteriori festività: la Festa delle Lanterne, San Valentino (quello internazionale e quelli cinesi – Qixi Festival e 520 Festival), la Festa delle Dragon Boat, quella di Mezzo Autunno e infine la Festa della Repubblica (studiata appositamente per lasciare la popolazione cinese in vacanza e permetterle di spendere).

E-commerce in Cina_calendario

Le festività (commerciali e non) cinesi sono numerosissime e diverse da quelle occidentali. Una marketing strategy vincente opera secondo il calendario del target, non il proprio. (East Media 2020)

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Tra Single Day e 618 Festival: il calendario eCommerce in Cina

In questo ventaglio di feste tradizionali, si inseriscono anche i mega festival commerciali. Il più famoso è ovviamente il Single Day, che nel 2019 ha generato 1482 miliardi di RMB in un giorno, di cui 10 in un minuto e mezzo (KR Asia 2019). Questo solo per Alibaba, perché anche su JD.com nonostante l’evento sia originariamente targato Jack Ma ha avuto ottimi risultati: 205 miliardi RMB.

Al Single Day JD.com ha comunque risposto con un altro festival commerciale branded: il 618, che sarebbe la data di fondazione della piattaforma e ha una crescita annua del 100%, 2.000 brand partecipanti e risultati altrettanto sorprendenti: 100 milioni di RMB, in 2 minuti, tramite Live Streaming (Chozan 2020).

Oltre a questi due eventi di portata gigantesca, ci sono poi eventi “minori” (tra virgolette, perché muovono comunque milioni di RMB) dedicati alle varie industry (il Food & Wine Festival si è appena concluso, ad esempio) e il National Day, con i brand che ogni anno vendono l’11,5% in più yoy.

Che dire? Manca meno di un mese al Single’s Day, ma in case you miss that, direi che potete ripiegare su tanto altro. E farcela per il prossimo.

splio contactless mobile wallet

Le potenzialità della tecnologia contactless per il rilancio del Retail, online e offline

La crisi sanitaria ha inevitabilmente accelerato la trasformazione digitale dei brand, in media dai 6 ai 7 anni, ponendoli davanti a nuove sfide necessarie per rispondere alle esigenze mutate del consumatore post-lockdown.

I consumatori hanno colto l’occasione per cimentarsi in nuove abitudini di acquisto: primo tra tutti troviamo l’esplosione dell’eCommerce, con una crescita stimata del 26% nel 2020. E un trend crescente di tutte quelle modalità di acquisto strettamente connesse agli acquisti online, come il Click & Collect, il Food Home Delivery, il Proximity Commerce e il reso dei prodotti indipendentemente dal canale utilizzato per l’acquisto.

La sicurezza ha fatto il suo ingresso nella customer experience: se da una parte i consumatori desiderano sentirsi sicuri nelle loro esperienze di acquisto, dall’altra il successo in-store è fortemente legato alla digitalizzazione del punto vendita.

Di fronte a questi consolidati cambiamenti, hai già pensato a come gestire la relazione con la clientela in questo periodo di nuova normalità?

Prova l’esperienza interattiva del Mobile Wallet e scopri come raccogliere i dati dei tuoi prospect grazie a Splio!

La tecnologia contactless, oltre a soddisfare le esigenze sanitarie, può accompagnare la tua strategia CRM. Il Mobile Wallet ti consente infatti di ottimizzare i costi di acquisizione, raccogliendo i dati dei tuoi prospect già dalla prima interazione, avvenuta online o in negozio. Splio, a tal proposito, ha creato un’esperienza interattiva per mostrare nel dettaglio come funziona il Mobile Wallet, sia per l’eCommerce che per il punto vendita fisico. L’esperienza offerta è unica, poiché l’utente è messo nei panni del consumatore e può avvertire immediatamente e in prima persona gli innumerevoli vantaggi di questa tecnologia.

Cos’è il Mobile Wallet?

Un vero e proprio portafoglio digitale, il Mobile Wallet è un’applicazione nativa che abbiamo tutti nei nostri smartphone: Apple wallet per l’iPhone e Google Pay per i telefoni Android. Sono applicazioni che non possono essere disinstallate, che non hanno bisogno della rete internet per funzionare e che sono attive automaticamente per le impostazioni del telefono.

In altri termini, la tecnologia contactless del Mobile Wallet rappresenta un’enorme opportunità per i marketer che desiderano stare al passo con i consumatori mobile first e iper-connessi. Costituiscono un nuovo canale di comunicazione, conforme alla GDPR, per ingaggiare e offrire ai tuoi prospect un’esperienza unica e di fidelizzazione a partire dall’inizio della vostra relazione.

Il mercato è in piena trasformazione e sono proprio i consumatori a guidarlo, ed è grazie al mobile che questo avviene. Il 93% degli italiani possiede uno smartphone, ciò significa che 9 italiani su 10 hanno accesso al mobile wallet.
Ma quali sono le opportunità per i marketer con questa tecnologia contactless?

Secondo Splio il Mobile Wallet è una leva di acquisizione, di fidelizzazione e di sicurezza dei punti vendita da sfruttare per il rilancio dell’attività retail, online e in negozio.

Una nuova esperienza in-store contactless

Il negozio è il canale di vendita e il CRM per eccellenza del settore retail: il 62% degli italiani infatti preferisce effettuare il primo acquisto in-store, per l’esperienza che solo il negozio fisico è in grado di offrire.

Il distanziamento sociale e le misure sanitarie sono oggi fondamentali e comportano una trasformazione dei punti vendita. I consumatori post-lockdown si recano in negozio per acquistare ciò per cui sono venuti, cercando di limitare le visite in negozio. Il drive-to-store assume quindi un’importanza chiave.

Ma quale esperienza in-store offrire oggi per stimolare le visite e le vendite?

In passato la fedeltà era rappresentata da una carta fisica nel portafoglio, che bisognava estrarre e mostrare in cassa. L’adesione al programma fedeltà avveniva compilando un form cartaceo, che comportava necessariamente il contatto fisico.

Oggi è divenuto imperativo sfruttare la tecnologia, per trasformare questi processi ormai obsoleti: la digitalizzazione del tuo negozio e l’utilizzo del mobile come interfaccia con il cliente possono aiutarti a rispondere sia alle esigenze sanitarie che ai nuovi bisogni del cliente post-lockdown.

Digitalizzando la carta fedeltà sul Mobile Wallet, risparmierai del tempo in cassa poiché il cliente dovrà semplicemente mostrare il suo smartphone al personale di vendita che scansionerà il codice. Inoltre, il cliente fidelizzato avrà accesso in tempo reale ai punti loyalty e ai vantaggi offerti, visualizzando una vetrina interattiva del brand.

Grazie al QR code esposto nel punto vendita, sulle pareti o in cassa, l’acquisizione di nuovi clienti in-store sarà semplicissima. Il cliente potrà facilmente scansionare il QR code con il suo smartphone e verrà reindirizzato a una pagina web, con un breve modulo precompilato da convalidare. Verrà generata automaticamente una carta fedeltà che il cliente aggiungerà al suo Mobile Wallet. Il brand avrà così acquisito in-store un nuovo membro al suo programma loyalty.

Generare lead da mobile nell’era del digital

L’mCommerce, ovvero lo shopping online effettuato tramite smartphone, è in rapida ascesa e conferisce crescente importanza al mobile. Durante il lockdown, il 50% degli acquisti online è avvenuto da mobile, evidenziando che i consumatori acquistano con lo smartphone anche comodamente dal proprio divano.

Nell’era del digital e dei social network è per i brand necessario considerare nuovi strumenti per attirare l’attenzione dei consumatori e ingaggiarli direttamente da mobile. La tecnologia contactless del Mobile Wallet consente di coinvolgere fin da subito i consumatori online.

In aggiunta alla digitalizzazione della carta fedeltà sullo smartphone, il Mobile Wallet consente di dematerializzare i coupon e ticket dei brand sul telefono.

Con il Mobile Wallet puoi raggiungere un prospect sui social network e instaurare con lui una relazione unica fin da subito. Il brand inserisce per esempio su Instagram un post sponsorizzato, per comunicare un buono sconto. Il consumatore clicca l’Ads e compila un breve form. Automaticamente si crea un coupon sconto digitale, che il prospect aggiungerà al suo Mobile Wallet. Il brand ha acquisito così un nuovo cliente fidelizzato sui social network.

Le nuove priorità dei marketer per adattarsi alla nuova normalità

È evidente che la crisi sanitaria ha reso indispensabile parlare di un prima e di un post-covid, sia dal punto di vista economico sia relativamente alle abitudini di consumo. Secondo Splio, i marketer per avere successo oggi in questa nuova normalità dovranno necessariamente mettere sotto una nuova luce il CRM, l’omnicanalità e la fidelizzazione. Poiché sono fattori di importanza chiave per implementare piani marketing di successo e aumentare la fiducia del consumatore.

Il CRM post-lockdown valorizza la conoscenza del cliente poiché la sua fiducia dipende proprio dalla segmentazione e dalla personalizzazione. Il successo delle campagne può avvenire solo tramite una gestione intelligente di KPI realistici, come la frequenza di acquisto.

L’omnicanalità non è più opzionale e deve rispondere a nuove abitudini di consumo, che rendono indispensabile ripensare ai canali di vendita in un’ottica integrata. I brand possono avere successo solo mettendo il cliente al centro e rispondendo alle esigenze e alla personalizzazione in tempo reale direttamente sullo smartphone dei consumatori.

La fedeltà post-lockdown deve ricompensare anche l’engagement, poiché se i premi del programma fedeltà stimolano il riacquisto, l’engagement influenza la fedeltà. Le interazioni social e web divengono quindi nuovi punti fedeltà da tenere in considerazione nel programma fedeltà, in aggiunta ai punti transazionali.

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accelerazione digitale

Affiliate Marketing: come aumentare le vendite online grazie all’affiliazione

L’affiliate marketing oggi vale oltre 13 miliardi di euro a livello globale, eppure sono ancora molti i brand che potrebbero scegliere questo canale, uno dei tanti all’interno del digital marketing.

L’affiliate marketing, infatti, si inserisce nel panorama dell’online advertising e si fonda su un concetto di “condivisione dei ricavi” per così dire, con un beneficio sia per i publisher, detti anche editori o affiliati, che per i merchant, advertiser o brand. A ognuno, insomma, la sua parte.

I recenti avvenimenti hanno costretto sempre più consumatori e aziende a rivolgersi al mondo online e non a caso tutto il mondo dell’eCommerce sta vivendo una crescita rapidissima. Come affrontare al meglio questa crescita? Lo scopriremo durante la Free Masterclass con Awin, che fornirà una panoramica dettagliata sul mondo dell’affiliazione, prendendo in considerazione sia il punto di vista dei brand che quello degli editori

L’affiliazione è la tecnica pubblicitaria prediletta già dall’80% dei player americani, proprio perché permette di remunerare a performance e non solamente alla visualizzazione di un annuncio pubblicitario.

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affiliate marketing

Come funziona l’Affiliate Marketing

Gli attori principali coinvolti nel processo sono tre:

  • i brand – detti anche advertiser
  • i publisher – ovvero gli editori
  • i network – che li mettono in contatto e permettono la creazione delle partnership

Il marketing di affiliazione (affiliate marketing in inglese), permette ai publisher di guadagnare commissioni sulle vendite effettuate a partire dalla promozione di prodotti e/o servizi dei merchant partner. A entrambe le parti viene garantita trasparenza, misurabilità dei ritorni sugli investimenti e un modello di pagamento basato solo sui risultati ottenuti.

L’Affiliate Marketing consiste sostanzialmente in un accordo commerciale tra una azienda che ha come obiettivo vendere un suo servizio o prodotto e un affiliato che promuove il servizio o prodotto dell’advertiser, spesso attraverso una piattaforma di affiliazione, che clusterizza e coordina gruppi di publisher.

A differenza delle attività di Display Adv classiche, può garantire volumi minimi di acquisizione ed ottimizzazione del CPA medio di campagna.

Essendo basato su un meccanismo piuttosto semplice, inoltre, tutte le aziende possono tecnicamente creare un programma di affiliazione, dalle grandi realtà alle piccole imprese.

Durante la Masterclass scoprirai il mondo dell’affiliazione, prendendo in considerazione sia il punto di vista dei brand che quello degli editori. Si mostrerà come il canale sia accessibile a qualsiasi tipologia di business, piccolo o grande che sia, rivelandosi una strategia di marketing a basso rischio e assolutamente sostenibile, specie in un momento di grande incertezza come questo.

Analizzeremo anche case study B2C, di diversi settori merceologici, dal fashion al finance, insieme a Daiana Iacono e Diego Nebuloni, rispettivamente Client Services Director e Head of New Business di Awin.

Affiliate Marketing

Credits: Depositphotos #129596810

Cosa imparerai durante la Free Masterclass

Questa Masterclass è rivolta a imprenditori, Digital Strategist, eCommerce Manager e in generale agli specialisti del digitale, per scoprire di più su:

  • Come funziona l’affiliate marketing
  • Alcuni dati di scenario
  • Diversi eCommerce, diverse necessità
  • Le diverse tipologie di publisher esistenti
  • Alcuni dei tool offerti dai network di affiliazione
  • Esempi e case history

La Free Masterclass è online e gratuita, iscriviti adesso per prenotare il tuo posto in prima fila! Ma se proprio non ce la fai a seguirla in diretta, potrai recuperarla on demand, attraverso la tua area utente.

RICAPITOLANDO

Free Masterclass “Affiliate Marketing Masterclass powered by Awin”
con Daiana Iacono e Diego Nebuloni di Awin

mercoledì 4 novembre 2020 dalle ore 13 alle 14

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Rendi la tua carriera professionale a prova di recessione

Questo argomento è stato concepito in tre parti

  • Prepararti all’incontro con un mercato del lavoro turbolento;
  • Sviluppare una strategia di carriera a prova di futuro;
  • Perfezionare il tuo marchio personale.

In questa sezione ci occuperemo di come affrontare un futuro mercato del lavoro turbolento.

La Madre di tutte le recessioni sta arrivando

Gli americani hanno una bomba enorme chiamata MOAB, che è comunemente chiamata “Madre di tutte le bombe”. Purtroppo, mentre scrivo questo alla Ottobre 2020, sembra che ci stiamo dirigendo verso l’equivalente economico: “MOAR” – la Madre di tutte le recessioni.

Nel Regno Unito, la Banca d’Inghilterra ha avvertito che il Regno Unito è pronto per la peggiore recessione degli ultimi 300 anni. In America, oltre 44 milioni di persone sono ora disoccupate. Si tratta di una cifra sbalorditiva e 11 milioni di persone in più rispetto all’intera popolazione attiva del Regno Unito. Anche in molti altri paesi la situazione è terribile e si prevedono forti venti economici.

Anche in Italia gli allarmi su cosa ci aspetta si susseguono di giorno in giorno.

Il vostro lavoro potrebbe essere a rischio se non lo è già

Per chiunque sia al lavoro, in cerca di lavoro o con la speranza di ottenere un lavoro migliore, il futuro è estremamente incerto. La disoccupazione è in aumento e i posti vacanti sono in calo. Nel mio settore, il marketing, i posti vacanti sono diminuiti del 75% rispetto all’anno scorso.

Ci sono migliaia di persone nel Regno Unito e milioni di persone in tutto il mondo che hanno smesso di lavorare a causa di Covid-19. Molti di questi posti di lavoro semplicemente non ci saranno più quando la crisi della Covid-19 sarà finita. Se siete già stati licenziati, allora potreste trovarvi in un mercato di acquirenti con poca domanda e molti lavoratori tra cui scegliere.

Questa è stata definita da McKinsey The Next Normal.

Ci siamo già stati in passato.

Nel 1987 abbiamo vissuto il crollo del mercato azionario del lunedì nero.

Nel 2000-02 abbiamo vissuto la recessione delle dotcom.

Nel 2007-08 abbiamo vissuto la crisi finanziaria.

Ora, con il Covid-19, abbiamo il quarto grande shock in 34 anni. Si tratta di una media di uno shock ogni 8,5 anni e mezzo.

Li ho sperimentati tutti nella mia vita lavorativa. Quando andrò in pensione, potrò aspettarmi almeno un altro shock che non è ancora stato rilevato. Per gli studenti che pensano a una lunga carriera di 45 anni davanti a loro, la minaccia di sconvolgimenti è grande e dovrebbero aspettarsi di essere preparati ad almeno 5 shock importanti nella loro vita lavorativa.

La differenza con il Covid-19 è che l’impatto è stato più nitido e universale che mai. Questa maggiore turbolenza sarà semplicemente una parte della futura vita lavorativa. Porterà a un cambiamento fondamentale nel modo di lavorare e di impegnarsi con i datori di lavoro. Dovreste aspettarvi maggiori cambiamenti sia nel vostro lavoro, sia nel vostro settore e nelle vostre condizioni di lavoro.

Per approfondimento su tutto questo, potete leggere “The New Long Life, A Framework for Flourishing in a Changing World” di Andrew Scott e Lynda Gratton (pubblicato nel 2020 da Bloomsbury).

Devi prepararti ora per un futuro di carriera fluido.

Quindi, devi iniziare a prepararti ora per un futuro fluido della tua carriera che ti aspetta. Questo futuro non è solo per le prossime settimane o i prossimi mesi, ma per i prossimi anni.

Se sei come me 25 anni fa, potresti non aver pensato molto alla tua carriera futura. Ero un giovane lavoratore energico e concentrato sul lavoro. C’era una scala di carriera naturale che potevo salire, ma non ho mai pensato se fosse la scala giusta per me. È stato solo quando sono diventato frustrato dalla mancanza di opportunità nella mia azienda che ho pensato alla mia carriera.

L’inazione non è più accettabile e lo devi a te stesso e ai tuoi cari di diventare padrone del tuo destino e di prendere sul serio la tua futura carriera.

Cosa dovete fare ora?

Per prepararsi al disordine che ci attende, bisogna fare tre cose:

1. Allineare la propria figura al mercato del lavoro;

2. Sviluppare una strategia di carriera;

3. Iniziare a fare marketing di sé stessi.

 

Allineati al mercato: l’audit dei punti di forza personali

Un mio amico era un poliziotto. Dopo un po’ di tempo, si è reso conto che poteva mettere a frutto la sua esperienza di poliziotto come formatore nella gestione della rabbia. Ora è molto richiesto come formatore per gli operatori sanitari, per gli operatori governativi e per il personale di prima linea nel trattare con i clienti arrabbiati e con il pubblico in generale. Conoscere i suoi veri punti di forza ha un grande impatto su quali lavori può fare domanda.

Quali sono i vostri veri punti di forza e come influisce sul vostro potenziale mercato del lavoro? Potreste avere dei punti di forza che aprono una nuova area di lavoro che non avete considerato in precedenza. Sei bravo con i bambini? Allora che ne dite di insegnare? Sei bravo con i numeri? Hai mai pensato di fare il contabile finanziario? Hai un hobby che ami? Puoi trasformarlo in un business? Sei bravo a spiegare le cose agli altri? Allora che mi dici della formazione?

Conoscere i tuoi veri punti di forza è quindi un esercizio importante. Dovresti quindi intraprendere un attento Personal Strengths Audit (controllo dei punti di forza personali). Infatti, i tuoi punti di forza possono essere suddivisi in 16 aree diverse attraverso diverse competenze. Utilizzate il modello qui sotto per vedere dove si trovano i vostri punti di forza. Cercate di riempire quante più caselle possibili con almeno un punto di forza.

 

Ovunque ci spazi vuoti, questi mostrano i potenziali punti deboli di altre aree a sfavore di altri candidati che si candidano per lo stesso lavoro. Naturalmente, i punti di forza e i punti deboli dipenderanno dal tipo di lavoro per il quale vi state candidando, ma qualunque essi siano, si inseriranno da qualche parte in questa matrice.

Guardare dentro di sé è la chiave di questo processo. Infatti, dovete prima guardare dentro di voi prima di guardare fuori di voi stessi al mercato del lavoro. Scavate a fondo e vedete cosa trovate.

 

La SWOT personale

Nonostante tutta la crisi economica, non tutti i settori stanno andando male e alcuni stanno effettivamente beneficiando della crisi di Covid-19. Ad esempio, molte industrie online stanno crescendo più velocemente che mai, tra cui l’istruzione online, lo shopping online e il gioco online. Al momento in cui scriviamo questo, c’è stata “un’esplosione” di prenotazioni di vacanze domestiche nel Regno Unito, poiché alcune restrizioni di viaggio sono state eliminate.

Ci saranno quindi anche delle opportunità. Ora è possibile cogliere i propri punti di forza e di debolezza e le opportunità e le minacce esterne in un Personal SWOT (vedi sotto).

Utilizzate questo SWOT per generare le domande chiave per la vostra carriera che dovete affrontare. Alcuni esempi sono: “Quali sono i posti di lavoro nella formazione online che posso ottenere nei prossimi 6 mesi?” oppure “Cosa devo fare per diventare un contabile qualificato? Per ottenere le domande giuste è fondamentale per ottenere la risposta giusta.

Come disse Albert Einstein: “Se avessi un’ora per risolvere un problema, passerei 55 minuti a pensare al problema e cinque minuti a pensare alle soluzioni”. In altre parole, se si definisce correttamente il problema, la risposta è molto più facile da trovare.

Non sottovalutare il potere dell’umile SWOT. Questo strumento è stato utilizzato in aziende globali complesse per semplificare le questioni strategiche che deve affrontare. Può quindi essere certamente utilizzato da voi a livello microscopico. È anche generalmente utilizzato in modo abusivo. Nella mia esperienza di centinaia di questi, direi che solo l’1% è fatto correttamente.

Fare un buon lavoro di questo primo passo vi aiuterà in modo significativo a prepararvi per il futuro fluido e turbolento che vi attende.

SWOT

 

Traduzione e adattamento a cura di Giorgio Burlini – Editor Ninja Marketing Pro Information