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4 modi in cui la pandemia ha cambiato i comportamenti di acquisto

Se sei come me, hai già abbandonato alcune abitudini nate con la diffusione del covid-19, come svaligiare gli scaffali degli alimentari o cercare allenamenti all’aperto o in casa adatti alla pandemia. Tuttavia, quel che sto continuando a fare è acquistare online, sia per la consegna della spesa che per i nuovi attrezzi per gli allenamenti. In qualità di responsabile globale per le ricerche e gli studi commerciali di Google, noto che i comportamenti come il mio sono largamente diffusi tra le centinaia di milioni di persone che fanno acquisti su Google ogni giorno. 

Per molte aziende è difficile sapere quali di questi comportamenti di acquisto dei consumatori siano soltanto transitori e quali siano destinati a durare nel tempo. Per aiutare i rivenditori a orientarsi in questa situazione, abbiamo esaminato i dati di ricerca di Google per creare la nostra guida ai cambiamenti di acquisto nel 2021 e abbiamo identificato quattro tendenze chiave per le quali tutti i commercianti dovrebbero prepararsi. Ecco cosa abbiamo scoperto.

1. L’ispirazione digitale alimenta il customer journey

Lo shopping online non è più solo un modo conveniente per acquistare prodotti con consegna a domicilio. È anche il luogo in cui i clienti scoprono nuovi prodotti e trovano ispirazione. Quando i clienti vagano per le corsie dei negozi virtuali sperano di rimanere entusiasti di fronte a ciò che vedono, cercano ispirazione o a volte la trovano per caso in posti inaspettati, quando non la stanno nemmeno cercando.

Lo vediamo sulle nostre piattaforme, dove il 70% dei consumatori ha acquistato un prodotto di un brand dopo aver visto un video su YouTube.

2. I valori dei clienti guidano gli acquisti solidali

Sempre più spesso, i clienti acquistano prodotti che rispecchiano i loro valori – che si tratti di sostenibilità, responsabilità aziendale o uguaglianza razziale. Non sorprende che l’interesse di ricerca per “marchi etici” e “acquisti etici online” nel 2020 sia cresciuto rispettivamente del 300% e del 600% rispetto al 2019. Inoltre, il numero di ricerche globali di “negozi di proprietà di persone di colore” nel 2020 è cresciuto di 9 volte rispetto all’anno precedente.

3. I consumatori guardano alla comodità più che mai

Se moltissime attività di vendita al dettaglio hanno chiuso o si trovano in grave difficoltà, il ritiro sul marciapiede e la consegna in giornata sono diventati punti fermi per molte persone. Le ricerche globali di opzioni quali “lungo il mio percorso” (+1000%) e “ritiro sul marciapiede” (+3000%) sono aumentate di anno in anno. La comodità è diventata un elemento distintivo essenziale per i rivenditori che sono riusciti a cambiare rapidamente.

I consumatori si sono abituati ad avere più opzioni di acquisto e probabilmente continueranno a utilizzarle, anche quando ritorneremo a comportarci come prima della pandemia, dando vita a un nuovo comportamento di acquisto post-pandemico.

4. L’imprevedibilità guida la domanda dinamica

Una cosa che possiamo sicuramente prevedere è che il mondo rimarrà imprevedibile. I governi di tutto il mondo si adattano ai cambiamenti locali e lavorano per riaprire in sicurezza, e i bisogni dei clienti si adattano di conseguenza. Lo abbiamo visto durante il lockdown, quando la gente ha riscoperto vecchi hobby e ha adottato nuove abitudini. Per esempio, rispetto al 2019, nel 2020 le ricerche di “kit per fare candele” sono aumentate del 300%, mentre le ricerche di “riscaldamento per esterni” sono aumentate del 600% perché la gente ha iniziato a mangiare all’aperto.

Articolo di: Sarah Bradley

Traduzione a cura di: Debora Melania Martuccio

gaming market

eSports e Videogame Industry, nuovi canali per una strategia multichannel

Ci sono mercati che hanno registrato dei grandi rialzi durante e conseguentemente alla pandemia.

Uno di questi è decisamente il mercato di eSports e videogame che, grazie alla sua capacità di connettere le persone, è diventato l’arena in cui migliaia di gamer, non solo professionisti, si sono potuti incontrare.

Il Covid-19 ha agevolato una diffusione massiva del gaming online in cui si è modificata la demografia delle persone che si sono avvicinate a questo mondo, non più solo nerd incalliti, ma anche donne in età adulta o intere famiglie.

Non dobbiamo incappare nell’errore di considerare il comparto “videogame” come la sola produzione e diffusione di videogiochi, ma è necessario includere anche tutte le forme di intrattenimento che a questi girano intorno, come canali Twitch o Youtube dedicati allo streaming di gamer professionisti in azione, o ancora ai video tutorial dedicati al gioco stesso.

Così, anche le big companies come Apple o Google, mai fortemente impegnate nel settore del gaming, si sono fatte avanti con le loro soluzioni basate su servizi cloud in aperta concorrenza alle più classiche consolle.

Per fare quindi un marketing multicanale nel 2021 è necessario pensare (anche) agli eSports e al suo pubblico di non solo gamers.

Lo stato dell’arte nell’industria del gaming

Come abbiamo detto prima, l’industria del gaming online ha subito una decisa impennata di ricavi e penetrazione durante il periodo pandemico, accelerando i trend di crescita già previsti.

La tipologia che più tra tutte ha tratto beneficio da questa condizione è quella del gioco d’azzardo online (i cosiddetti videocasinò), in cui si è registrato un incremento di pubblico di centinaia di migliaia di utenti.

Crescita importante anche dei giochi mobile a livelli in cui, grazie a microtransazioni, si è in grado di sbloccare livelli o procedere più velocemente nel gioco. Sono eGames a modello freemium, in grado di rispondere velocemente a un desiderio di intrattenimento e di investimento di tempo, figlio della pandemia.

In assoluto, però, i vincitori nell’industry sono gli eSports con una community mondiale, eterogenea, in grado di organizzare veri e propri tornei virtuali in cui i giocatori possono giocare in team o sfidarsi l’uno con l’altro.

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Per quanto riguarda la modalità di gioco, invece, siamo davanti ad un vero e proprio scontro tra il servizio Cloud, come quello di Google Stadia, in cui a fronte di un abbonamento mensile il giocatore può, anche usando solo il proprio cellulare come consolle, usufruire di un’ampia libreria di giochi online (mercato che si attesta su un miliardo di dollari) e le nuove release di Microsoft e Sony in materia di consolle fisica, comparto che ancora tiene la sua posizione e numeri.

Completano il quadro i giochi da e con PC è il segmento più lucrativo con un mercato che raggiungerà 32 miliardi entro il 2023.

Parliamo ora del pubblico.

Gli ultimi 3 anni hanno avvicinato agli eSports circa 500 milioni di nuovi giocatori con un profilo demografico diverso da quello che ci si aspettava, il 60% infatti sono donne di cui il 30% con meno di 25 anni.

É l’aspetto di socializzazione, il social gaming, che ha avvicinato questo nuovo pubblico al settore: l’84% dei gamer presi in considerazione nelle diverse statistiche, infatti, mette al centro la possibilità di connessione con altri giocatori in qualunque parte del mondo.

Con una media di 16 ore la settimana spese giocando direttamente ad un videogioco e circa 10 ore settimanale utilizzate per fruire di contenuti affini a quel videogioco, il comparto degli eSports apre un segmento importante per i brand, non solo per i creatori di contenuti, ma per tutti coloro che iniziano a pensare al gaming online come un vero e proprio media pubblicitario.

Si inizia, quindi, a parlare di “watchers, coloro che guardano un videogioco, o i contenuti ad esso correlato, come se fosse un film o un episodio di una serie tv. I contenuti più “streammati” sono sessioni di live playing dei propri idoli all’opera, highlights o tutorial.

Le motivazioni di visione sono diverse: c’è chi lo fa per passare il tempo come davanti a un vero e proprio media di intrattenimento, chi vuole migliorare le sue performance imparando i classici trucchetti, o ancora per rimanere connessi alla propria community o al proprio giocatore di riferimento.

Ora che abbiamo inquadrato il nuovo mercato del videogame, iniziamo con quelli che sono i primi tips per chi vuole approcciarsi a questo nuovo media e gli aspetti da tenere in considerazione per partire con la nostra nuova strategia.

  • Sempre più digitale e interconnessione: internet, smartphone e digitalizzazione dei contenuti portano i consumatori a fruire dei contenuti online, perdendo quella che è la fisicità del disco di gioco
  • Smartphone al centro: l’utilizzo del proprio cellulare per giocare, anche online, è la tendenza più diffusa.
  • Social Gaming: un videogioco diventa sempre di più un modo per socializzare e con la possibilità di condivisione dei risultati tramite social network diventa sempre di più accentratore di community online di appassionati e amici. Da qui la possibilità di raggiungere un pubblico immerso nel gioco e quindi molto interessato.
  • Popolarità equa: grazie a Youtube o Twitch chiunque può diventare creatore di contenuti.
  • Dati, dati, dati: analizzare il pubblico e il loro comportamento online, grazie anche alla possibilità di gioco in cloud, dà ai brand tutta la forza necessaria per creare contenuti dedicati e basati sulle cosiddette “personas”.
  • Conoscere il proprio pubblico è d’obbligo: se conosci il tuo pubblico e le sue diverse sfaccettature, insieme alle nuove possibilità di pubblicità online, puoi sia trattenere il pubblico già presente, ma anche essere attrattivo sui nuovi giocatori.

Le big companies della gaming industry

Oggi il mercato del videogioco è 8 volte più importante, anche per volume d’affari, del mercato della musica e 60% più grande del mercato dei film, attestandosi quindi come uno dei media più importanti al mondo.

Quali sono oggi i brand più presenti sulla scena?

Se Microsoft e Sony sono ancora i nomi top of mind per le console, Apple, Google, Amazon e, recentemente, Netflix hanno puntato sul cloud, mettendolo al servizio del gioco online.

Il loro vantaggio risiede non solo nella rete online che possiedono, ma anche e soprattutto nella capacità di raccogliere dati e mapparli, e tracciare in modo molto puntuale il comportamento di gioco del pubblico frammentato.

Partiamo da Apple e il suo servizio Arcade. Apple si colloca sul mercato sia con il servizio di gaming, sia con il device per giocarci, un servizio in abbonamento a 5 dollari/mese in esclusiva per i possessori di hardware Apple. La maggior diffusione è registrata in Asia e la company ha dichiarato che finanzia il servizio grazie ai proventi dei celebri device della mela.

Google ha già lanciato sul mercato Stadia, la possibilità di giocare online anche solo con il proprio smartphone. Stadia è un servizio di streaming di giochi con una libreria in continua crescita e alcuni giochi in esclusiva. Anche Stadia è corredato di un joystick il quale è utile per la comodità di utilizzo, ma non è una condizione esclusiva per il gioco, infatti il servizio di streaming può poi essere proiettato anche sulla televisione.

Poi c’è Amazon che sembra dire “non potevo certamente rimanere fuori” e lo fa lanciando un web service in abbonamento per gli sviluppatori.

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Infine, news più recente, è il lancio di Netflix dal mondo delle serie tv e film, a volte anche interattivi, al mondo dei videogame in streaming con il servizio “Netflix for Games”. Già la piattaforma aveva condiviso con i developers parte dei propri contenuti esclusivi come quelli riguardanti Stranger Things, ma chiaramente una piattaforma di gioco è un’altra storia.

Gaming Industry e marketing, come creare un matrimonio perfetto

Sembra chiaro, quindi, che i brand devono iniziare a considerare il mercato del videogioco non come un canale di marketing, ma più come una forma di intrattenimento su cui mettersi in vetrina con campagne dedicate.

Il panorama dei videogame è cambiato durante la pandemia, non solo con un incremento di valore economico o percentuali sempre maggiori di pubblico, ma soprattutto per il suo aspetto social e family, con la nascita e la diffusione di giochi in cui genitori e figli vengono intrattenuti, come Animal Crossing.

Il caso Animal Crossing, lanciato nel 2017, ha visto il suo successo tra marzo e aprile 2020 con un numero di download di circa mezzo milione.

McKinsey stima che i ricavi della gaming industry raggiungeranno più del miliardo di dollari tra il 2020 e il 2021 e che il 58% di questa cifra sarà imputabile agli sponsor.

Compreso che bisogna essere pronti per sfruttare al massimo il canale anche in termini di ROI e numeri, iniziamo a scendere più nello specifico in quelle che sono le tipicità della gaming industry se guardata con gli occhi di un marketing manager.

Innanzi tutto sarà necessario individuare e mappare il nostro target di giocatori.

Per farlo, possiamo iniziare con il pensare che ogni appassionato di un determinato videogioco rappresenta un piccolo membro di una tribù: generalmente, se ti appassiona un certo tipo di videogame o eSport avrai interessi che ad esso si collegano, prescindendo dal sesso, età o geolocalizzazione.

Le persone pretendono che lo sponsor in game sia genuinamente, almeno all’apparenza, coinvolto sul tema e ne condivida i valori in modo trasparente ed affidabile.
Tip: puntare sul leader della community, sul player più forte o più seguito, condurrà tutta la community in modo spontaneo a seguirti.

Fare marketing nella gaming industry deve essere una strategia multicanale essendo il gioco disponibile sa cloud, per console o da mobile. Ma non solo: il tema videogioco si apre anche su tutti quei media come Youtube o Twitch in cui non c’è una fruizione diretta di gioco, ma una visione di un contenuto video correlato.

Ecco allora che sarà necessario creare contenuti per le piattaforme di streaming, come quelli per esempio creati per Twitch, meno invasivi che non interrompono la visione in modo brusco o continuo, ma che sono contenuti che si inseriscono nel flusso della diretta e quindi più accettati.

Se si parla di mobile gaming, poi, moltissime volte l’annuncio pubblicitario ha lo scopo di sbloccare livelli o regali all’interno del gioco stesso, invece di pagare per lo stesso avanzamento.
Infine, non va sottovalutato il più tradizionale metodo di “product placement” in cui i protagonisti del gioco indossano abiti e divise o usano oggetti sponsorizzati da un determinato brand.

Vediamo alcuni esempi di brand nella Gaming Industry

  1. Il videogioco non solo come mezzo per giocare, ma anche come canale per nuove esperienze: Trevis Scott e la collaborazione con Fortnite.
    Un vero e proprio concerto per i giocatori che dava loro la possibilità di sbloccare abbigliamento sponsorizzato e in serie limitata, da far indossare ai personaggi del gioco.
    27.7 milioni di utenti hanno partecipato
  2. Il fashion nella gaming industry: le divise personalizzate di Jeremy Scott per gli EA games e l’abbigliamento Moschino per the Sims o gli outfit personalizzabili marchiati Valentino per Animal Crossing: New Horizons
  3. Come nella vita reale gli sponsor a bordo campo: Redbull, Intell, Mastercard
  4. Influencer. Sponsorizzare i più famosi giocatori online chiaramente porterà la community di gioco a seguire il leader con grandi ritorni di guadagni e visibilità per i brand coinvolti.
    Vedi il caso di Andres Vejrgang, baby fenomeno di FIFA, sponsorizzato da Redbull, che negli scorsi giorni ha pubblicato un post in cui diceva di aver donato 300.000 dollari all’Unicef grazie al suo sponsor.

 

Artificial Mindset: cosa è cambiato (e cambierà ancora) con l’Intelligenza Artificiale

Undicesimo appuntamento con i Webinar PRO targati Ninja: tutti gli insight, trucchi, trend, dietro le quinte sui temi caldi del momento, condivisi con voi.

L’argomento di questa puntata è l’Intelligenza Artificiale e le sue varie applicazioni: ne abbiamo parlato con Gianluca MaruzzellaCEO e Co-founder di Indigo.ai. Una piattaforma di intelligenza artificiale che utilizza chatbot e machine learning al fine di aiutare le aziende ad automatizzare la comunicazione con i propri clienti tramite la chat.

Non perderti i punti salienti dell’intervista:

  • Come l’AI ha supportato l’emergenza COVID-19: min 05,00
  • Le infinite applicazioni dell’Intelligenza Artificiale: min 11,00
  • Le discriminazioni sui chatbot: min 15,00
  • L’impatto degli assistenti vocali nel mondo bancario e assicurativo: min 17,20
  • Il futuro dell’AI in Italia e nel Mondo: min 24,40

Rap, Hip Hop e Trap: la storia di un’industria milionaria raccontata da Dj Delta

Il protagonista dell’Unbreakable Story di oggi è l’artista, Dj Delta, dj resident di N-Conference che ha accompagnato l’evento con la sua selezione musicale.

Dj Delta, che è un dj-sociologo, che racconta delle “resistenze” del contesto siciliano all’hip hop e del ritardo, rispetto ad altre zone d’Italia, nell’acquisizione di informazioni dagli Stati Uniti da cui prendere ispirazione: “Eravamo molto primordiali nel fare hip hop qui in Sicilia”.

Due linee di sviluppo dell’hip hop in Italia, quella di Jovanotti, per intenderci, e quella “anti-sistema” dei centri sociali, in realtà si sono mosse parallelamente. Jovanotti ha sfruttato una diffusione mediatiche che è arrivata prima della linea di sviluppo a contenuto politico. Lui riprendeva dall’hip hop quello che negli Stati Uniti era ‘combattere per il tuo diritto a fare festa’, l’idea dell’hip hop di passarsela bene. Solo dopo, nei primi anni ’90, è arrivato il modello legato alla contestazione”.

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Secondo Dj Delta, negli anni ’90 il legame con la musica locale era molto forte: erano tempi molto diversi da quelli di adesso quando, con internet, riesci ad accedere allo stesso bacino musicale al quale può accedere una persona che si trova dall’altro lato del mondo. I dischi li trovavi solo nel tuo negozio di quartiere e quindi il tuo stile musicale si definiva anche in base ai titoli che avevi a disposizione.

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dj delta unbreakable company

Faccio il Dj da 25 anni“, racconta Delta, “di pensiero divergente, di attitudine unbreakable, ne dovevi avere per immaginare che il giradischi, che per la maggior parte delle persone era un elettrodomestico, potesse diventare un vero e proprio strumento musicale“.

Quando avevo 10, 11 anni, andavo a lezione di chitarra e il maestro mi insegnava la pentatonica. Dietro di lui però c’era un giradischi, e io non potevo fare a meno di fissarlo. Alla fine cedetti alla tentazione di chiedergli se fosse uno strumento musicale. La risposta del maestro fu che non lo era: serviva ‘solo a riprodurre la musica“.

Così, Dj Delta ha smesso di prendere lezioni di chitarra e si è messo in testa che quella “roba lì” poteva suonare davvero. Una decisione che lo ha portato a vivere tante esperienze, nazionali e internazionali, fino alla vittoria del Red Bull Thre3Style 2016, una delle più importanti competizioni al mondo nel settore.

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meme regina mancini

Come si arriva in TV con un meme. Ecco chi ha creato Mancini-Regina

Dopo la vittoria della Nazionale Italiana di calcio agli Europei 2020, abbiamo esultato tutti.

Oggi, che il mondo è un po’ più digitale rispetto alle passate occasioni sportive, uno dei modi più semplici per esprimere un’emozione è quello di riversarsi sui social media e affidare a queste piattaforme la nostra gioia e, perché no, anche lo “sfottò” agli avversari che hanno perso.

Con le parole, certo, ma anche con le immagini.

Io non conosco “personalmente” Eman Rus. Anche se ci ho parlato al telefono e via direct message su Instagram, non conosco il suo “nome anagrafico”, ma solo la sua identità digitale. Che è ancora più seguita adesso che i suoi lavori hanno fatto, letteralmente, il giro delle piattaforme dei social network, arrivando anche sulle TV nazionali.

eman russ meme Mancini Regina

Se il nome di questo creator non vi dice molto, di sicuro lo farà l’immagine di cui parliamo oggi, il “meme” (anche se lui non li definirebbe così), in cui l’allenatore dell’Italia, Roberto Mancini, appare abbigliato con il classico outfit della Regina Madre.

 

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Come si fa a proteggere la paternità di un contenuto così “veloce”, se viene manipolato e condiviso migliaia di volte da realtà grandi e piccole? Lo abbiamo chiesto proprio a lui.

Abbiamo visto il meme Mancini-Regina un po’ dovunque, anche in tv. Ci racconti cosa è successo?

Il fotomontaggio Mancini Regina è stato realizzato il giorno che abbiamo scoperto di dover disputare la finale contro l’Inghilterra, ma si è diffuso in maniera esponenziale sul web solamente dopo aver vinto la partita contro gli inglesi. Mi sono goduto i festeggiamenti e, di conseguenza, non mi sono reso conto immediatamente di cosa stava succedendo sui social.

Il fotomontaggio è stato ripostato in molteplici pagine privandolo del mio logo e della mia firma, rendendo perciò sconosciuto l’autore; è stato trasmesso anche in televisione ma naturalmente la mia firma non c’era più, è comparso ovunque.. nei social e nelle home dei siti internet di vari giornali nazionali.

Persino una nota radio nazionale lo ha pubblicato nella sua pagina Instagram e, in seguito alle centinaia di segnalazioni fatte dai miei follower, nessuna modifica è stata apportata. Il fotomontaggio era stato privato del mio logo ed è stato aggiunto quello della radio che si è così appropriata del contenuto che io avevo ideato e creato.

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Se un meme diventa virale, rischia di perdere il legame con l’autore. Come si fa a tenerne traccia?

Con questa domanda ne approfitto per sottolineare il fatto che il mio lavoro è distante dal concetto di meme. Il meme per me cosa è ?

È l’immagine della Regina Elisabetta seduta da sola durante i funerali del marito, è Sergio Mattarella che esulta dopo il gol, è l’uomo affacciato dal balcone di Matera, è Chiellini che tira la maglia del giocatore inglese.

Ecco, sono tutte queste immagini che per circa una settimana diventano iconiche, e vengono snaturate dal loro contesto originario e rielaborate per creare dei contenuti ironici.

Nella maggior parte dei casi, questa tipologia di contenuti viene accompagnata da scritte all’interno dell’immagine. Io, nella maggior parte dei casi, se non sempre, non uso questa tipologia di contenuto.

 

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Piuttosto, cerco di creare degli scenari nuovi attraverso il fotomontaggio. Faccio satira attenendomi ai fatti di cronaca estremizzando la realtà o rielaborandola secondo la mia visione. Sono delle immagini che, a differenza dei meme, hanno un’ideale ben preciso e spero abbiano un eco più duraturo.

Vedo infatti che i miei fotomontaggi vengono utilizzati dalle persone come immagine profilo dei propri account; altri li stampano e se li appendono in camera, molti addirittura ne fanno delle magliette. Non so… credo che il mio lavoro sia molto distante dai meme.

Per rispondere alla tua domanda, per tenere traccia di un contenuto diventato virale è innanzitutto necessaria la firma o il logo riconducibile all’autore. Poi ti devi affidare al buon senso e correttezza delle persone o delle pagine che ripostano il tuo contenuto.

Basta una persona che rimuove la firma dall’immagine e il contenuto è andato perso. Ed è quello che è successo con Mancini Regina. Per tutta questa serie di ragioni sono nati gli NFT.

Dal tuo punto di vista, per un brand, quale sarebbe la procedura corretta per condividere un meme diventato virale?

É molto semplice: basta rendere onore al lavoro dell’autore citandolo nella caption, mantenendo il logo originario, senza l’aggiunta di loghi secondari.

I tag devono essere mirati. Se un’artista viene taggato in una sua foto riportata in un’altra pagina, ma nei tag ci sono altre 15/20 persone, penso che a quel punto il tag perde di valore. Lo stesso meccanismo dovrebbe verificarsi in tv o su altre piattaforme. Citando sempre chi c’è dietro quel contenuto e chi ha speso del tempo per crearlo.

Cosa c’è dietro la creazione di un meme virale? Qual è il processo creativo?

Il processo inizia con l’identificazione di un evento o di un tema con particolare rilevanza a livello nazionale o internazionale. Dopodiché, butto giù una serie di appunti e faccio delle prime simulazioni a mano. La fase ,forse più complicata, del mio lavoro è la ricerca delle immagini. Occorrono quelle con l’angolatura ben precisa, quelle con i colori giusti, servono le espressioni dei personaggi selezionati adatte, felici piuttosto che tristi.

A quel punto arriva il lavoro vero e proprio: collego la mia tavoletta grafica, apro Photoshop e “dedico il mio tempo ai livelli” ( i livelli di Photoshop, appunto). Termino il fotomontaggio, lo salvo e me lo invio nel telefono. Una volta visionato da lì, mi accorgo se il lavoro è soddisfacente o se è necessaria qualche altra modifica.

 

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Le piattaforme social puntano sempre più sui creator. Come monetizzi la creazione dei tuoi contenuti?

Un creator potrebbe monetizzare come monetizzano gli influencer, con la differenza che gli influencer ci mettono “solo” la faccia e la fama già consolidata, mentre un creator dovrebbe metterci un lavoro artistico alla base e un’idea originale. Si può monetizzare anche attraverso lavori su commissione per singoli o aziende, o creando contenuti esclusivi per altre pagine.

Che consiglio daresti a chi vuole intraprendere una carriera come la tua?

Il consiglio che posso dare a chi vuole avvicinarsi a questo mondo è di lavorare tutti i giorni per arrivare a un proprio stile riconoscibile, quello che esprime al meglio se stesso. L’attenzione al dettaglio è una componente fondamentale, stare sempre sul pezzo e anticipare le mosse degli altri e creare una visione differente che gli altri non hanno immaginato.

E poi, inutile dirlo, metterci sempre passione.

Ninja Marketing sta cercando due Junior Business Development & CRM Specialist: candidati subito!

Ninja Academy, storico punto di riferimento per gli innovatori del marketing, è in fase di profonda evoluzione e trasformazione. La Digital Business School di Ninja Marketing che ha già formato al digitale oltre 100.000 persone e più di 500 aziende, è alla ricerca di nuove risorse.  Il nostro team giovane, appassionato e sempre un passo avanti, è in continua crescita! 

Abbiamo aperto due posizioni per Junior Business Development & CRM Specialist che possano aiutarci a sviluppare nuove opportunità di business e veicolare sempre meglio i valori di Ninja in tutta Italia con entusiasmo ed energia. La risorsa sarà inserita in un contesto giovane, dinamico e fortemente innovativo, sarà coinvolta nelle attività di vendita dei prodotti formativi aziendali, di supporto al cliente ed assistenza telefonica.

Lo Junior Business Development & CRM Specialist è una figura di vendita interfunzionale che opera a stretto contatto con le unit B2B e B2C della nostra Digital Business School.

CRM & Outbound Sales

Nel ruolo di outbound sales, lavora come primo contatto con i lead generati dalle campagne marketing (sia consumer che business) per fissare appuntamenti consulenziali con i nostri Learning Expert. Si occupa inoltre di qualificare e contattare proattivamente (al telefono, via mail e attraverso i social media), aziende e professionisti che hanno bisogno di nuove competenze, modelli e strumenti per affrontare sempre meglio le sfide del digitale.

Le responsabilità e i compiti dello Junior Business Development & CRM Specialist:

  • Contatto diretto telefonico e via mail ai database di lead forniti dal team Marketing con lo scopo di promuovere l’offerta Ninja Academy e pianificare appuntamenti di consulenza e analisi del fabbisogno formativo;
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  • Assistenza dedicata a clienti business e consumer in supporto al team CRM.

Cerchiamo una persona motivata, con una buona attitudine commerciale, appassionata per il settore digitale e che sia in possesso dei seguenti requisiti:

  • Forte motivazione ed energia;
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  • Esperienza professionale anche minima come business developer, sales outbound, customer support telefonico;
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  • Laurea o diploma.

 Cosa ti offriamo: 

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Disponibilità oraria: full time

Sede di lavoro: preferiamo valutare candidati su Salerno, ma consideriamo anche figure per la sede di Milano. Offriamo inoltre una politica flessibile di Smart Working.

Amiamo farci stupire da chi ha talento e da chi non si accontenta mai dei risultati che ottiene ma cerca sempre nuove opportunità di crescita personale e professionale: un vero guerriero Ninja non si sazia mai!

Tipologia Contrattuale: inquadramento e retribuzione saranno commisurati a competenze e potenzialità del candidato.

Candidature dal sito di Virvelle qui. 

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10 best practice per sfruttare la Marketing Automation dei grandi nelle PMI

L’impatto della Marketing Automation su ogni tipologia di business è evidente.

Il cambio di paradigma verso un approccio non più esclusivamente legato al B2B o al B2C, ma orientato allo Human2Human (H2H) e alla mole di dati che ogni giorno viene scambiata, ha fatto in modo che strategie di marketing automatizzato potessero aiutare ogni azienda a generare nuovi lead, segmentarli, qualificarli e fidelizzarli oltre che, ovviamente, orientarli verso l’acquisto.

Non è un caso che, secondo quanto riporta Instapage, il 91% degli utilizzatori di Marketing Automation la ritengano realmente importante per raggiungere il successo nelle loro attività di marketing.

Perché la Marketing Automation è così importante per il B2C?

Che si tratti di grandi attori del mercato o di piccole e medie imprese non fa differenza: le strategie di Marketing Automation possono essere applicate ad ogni livello.

A maggior ragione nel B2C, la personalizzazione dei processi verso il cliente finale, basato sui suoi interessi, sulle sue azioni e su tonnellate di dati a disposizione (rispettando sempre le regole della privacy), permette di poter comunicare in maniera più intima con il proprio cliente e, soprattutto, ad un livello superiore.

Questo livello di coinvolgimento, come vedremo in una delle best practice più conosciute, non si limita più alla sola personalizzazione del messaggio con nomi o campi customizzati, ma può spingersi fino ad una personalizzazione predittiva guidata addirittura dall’Intelligenza Artificiale (AI).

Concentriamoci su alcuni suggerimenti sull’utilizzo della Marketing Automation nel B2C con una doverosa precisazione.

Una delle frasi che chi si occupa di Marketing Automation ascolta più spesso, confrontandosi con imprenditori di PMI, è: “Eh, ma questo per noi è inarrivabile. Stiamo parlando di futuro, ora è roba solo per grandi aziende.”

Nulla di più sbagliato. Ecco perché in questo articolo, sfrutteremo gli esempi di brand famosi facilmente replicabili anche da aziende più piccole.

Pronti a scoprire alcuni esempi di best practice sulla Marketing Automation nel B2C? Partiamo.

1 – Dai il benvenuto ad un nuovo lead

Che si tratti dell’iscrizione ad un portale (come ad es. Airbnb), della registrazione ad un eCommerce, dell’attivazione di un’app o di una fidelity card, una prima comunicazione di benvenuto (o di ringraziamento) aumenta la percezione del brand e cementa la connessione con l’utente.

Perché usare email di benvenuto? Secondo una ricerca CampaignMonitor per due ragioni fondamentali:

  • il 74% dei consumatori si aspetta una email di benvenuto non appena effettua l’iscrizione;
  • i nuovi lead possiedono altissimi livelli di ingaggio durante le 48 ore successive all’iscrizione.

Rispetto alle comunicazioni di campagne standard, le email di benvenuto sono caratterizzate dai più alti open rate (91,4%) e da un numero 5 volte superiore di CTR (click-through rate).

È chiaro che concentrare informazioni e azioni chiave in questo tipo di comunicazione diventa strategicamente importante per porre le prime basi per una corretta customer journey dell’utente.

AirBNB Marketing Automation

2- Mantieni il cliente costantemente sul pezzo

Che si tratti di un business fisico o uno virtuale vale la stessa regola: acquisire nuovi clienti è 5 volte più costoso che mantenere quelli esistenti.

Per questo è fondamentale non lasciarli scappare e non far passare troppo tempo dall’ultimo acquisto o dall’ultima interazione.

Notifica Push Marketing Automation

Nell’eCommerce, ad esempio, aumentando la customer retention del 5% è possibile aumentare il profitto dal 25% al 95%.

La Marketing Automation analizza tutti i dati a disposizione (ad esempio mettendo in campo matrici RFM – Recency Frequency Monetary – dinamiche) e valuta da quanto tempo un cliente non acquista, comunicando con lui in modo da proporgli nuove occasioni di engagement.

La stessa regola vale per tutti quei contatti che non interagiscono con il brand dopo i primi contatti. In questo caso è buona norma avviare campagne di re-engagement o di riattivazione in modo da mantenere sempre attivo e costante il rapporto con il brand.

3 – Iper-personalizza la tua proposta al cliente

In base agli interessi mostrati attraverso la visualizzazione delle pagine di un sito o di un e-commerce, l’interesse mostrato per una serie di video o, più in generale, alle abitudini di acquisto, è possibile “iper-personalizzare” l’offerta verso il cliente.

L’esempio più noto? Lo riconoscerai sicuramente in questa immagine.

Marketing Automation Netflix

Insieme a grandi player come Amazon, Starbucks, Spotify e altri, Netflix è l’esempio di un catalogo completamente personalizzato in base ai gusti del consumatore. Serie dopo serie, l’algoritmo studia le nostre preferenze per proporci contenuti sempre più adatti.

Che siano servizi di streaming di grandissime aziende o che si tratti di prodotti o servizi in vendita per la PMI, la sostanza non cambia.

Anche grazie all’apporto dell’AI, la Marketing Automation oggi è in grado di segmentare con un livello di dettaglio oltre ogni aspettativa, in base alle azioni del consumatore e di proporre al momento giusto l’offerta o il prodotto adeguato incrementando fino al 760% i ricavi.

4 – Festeggia gli avvenimenti importanti con i tuoi clienti

Immagina di svegliarti il giorno del tuo compleanno felice e pronto a rispondere alla marea di messaggi che stanno per arrivare, ma… passano le ore e sul tuo telefono nemmeno una notifica.

Come ti sentiresti?

Ora immagina che il tuo brand di abbigliamento preferito si ricordi della ricorrenza e non solo ti invii i suoi auguri, ma anche un’offerta sul capo che avevi adocchiato di recente. È un grande effetto “WOW”, vero? Sono certo che non vedresti l’ora di fiondarti nel punto vendita il prima possibile.

E perché non festeggiare l’anniversario del tuo primo acquisto?

Tenere a mente tutte le milestone è impossibile, ancor di più pensare di comunicare singolarmente con ogni cliente. Alla Marketing Automation, invece, non può sfuggire nulla, ma anzi aiuta ad incrementare le conversioni di vendita e, magari, ad identificare l’occasione giusta per proporre prodotti che non rientrano nelle abitudini di acquisto del cliente.

5 – Mantieni il tuo cliente costantemente aggiornato

La Marketing Automation può essere utilizzata per inviare importanti informazioni ai tuoi contatti sfruttando la multicanalità.

Che si tratti di ricordare un appuntamento dal dentista, di aggiornare il cliente sullo stato di una spedizione o sulla disponibilità del prodotto richiesto nel punto vendita preferito, della data di un evento o anche semplicemente della presa in carico di un’assistenza su un prodotto, la Marketing Automation aiuta a comunicare secondo il canale giusto (e preferito dal cliente) al momento esatto.

Marketing Automation IKEA

Ti va di fare un viaggio “tecnico” (e molto strategico) dietro le quinte con me?

Immagina di effettuare l’acquisto attraverso un chatbot su Facebook. Che sia o meno dotato di Intelligenza Artificiale, l’algoritmo ti guida verso la scelta del prodotto e, come un personal shopper virtuale, ti porta verso l’acquisto.

L’azienda riceve quindi la tua richiesta e prepara tutto per la spedizione segnalando, prima di affidare il tuo pacco al corriere, la presa in consegna della spedizione al tool.

Se hai preferito un’esperienza conversazionale la prima volta, perché utilizzare un altro modo per comunicarti che il prodotto ti verrà consegnato a giorni?

Ecco quindi che, grazie alla Marketing Automation, la segnalazione si trasforma in una comunicazione (un flusso del chatbot) sullo stesso canale semplicemente con un click da parte dell’operatore.

6 – Vendi di più

Hai mai effettuato un acquisto su Amazon? Ok, domanda retorica.

Senza scomodare il re degli eCommerce, qualsiasi portale di vendita online che si rispetti ha una caratteristica ben definita: il cross selling (“Aggiungi al carrello anche…”, “Potrebbe interessarti anche…”, “Chi ha acquistato il prodotto, ha aggiunto anche…” ti dicono qualcosa?).

Consigli Amazon Marketing Automation

L’arte di vendere prodotti complementari rispetto a quelli che si stanno acquistando permette di alzare il valore dello scontrino medio e quindi di raggiungere uno degli obiettivi principali di qualsiasi azienda B2C: vendere.

Inoltre, non si tratta solo di una caratteristica legata agli eCommerce. Il cross selling, grazie alla Marketing Automation, può essere proposto post acquisto con campagne dedicate.

Ma non è detto che per vendere di più si debba puntare solo sui prodotti complementari rispetto all’acquisto effettuato. Un’altra strategia è quella dell’upsell. In fondo, oltre l’80% delle vendite è generato dal 20% dei clienti. Attraverso la Marketing Automation è possibile estrarre maggior valore dai clienti proponendo acquisti successivi a più alto valore.

7 – Fai del tuo cliente il tuo miglior venditore

Arrivati a questo punto e dopo i primi 6 esempi fatti, è chiara l’espressione americana “Money is in the list”.

I clienti sono la più grande risorsa per un business, non solo perché generano le migliori entrate ad un costo inferiore (se si sfrutta correttamente e strategicamente la Marketing Automation), ma anche perché possono trasformarsi nella migliore forza vendita.

E sono due principi di Cialdini a guidare tutto questo: per la recensione il Principio della Riprova Sociale, per il referral quello della Reciprocità.

Quante volte hai scelto un ristorante guidato dalle recensioni dei clienti? In fondo, perché ti sei fidato di perfetti sconosciuti? La chiave è nell’esperienza che quelle persone hanno avuto prima di te e nel fatto che si siano trovate nella tua stessa situazione.

Richiedere una recensione dopo ogni acquisto di prodotto o servizio, dopo un’assistenza fornita o semplicemente per un post servizio aiuta a semplificare la scelta di ogni futuro cliente.

Stessa cosa vale per il referral. Premiare i propri clienti (ad esempio con uno sconto sul prodotto preferito o su quello che acquistano meno frequentemente) a fronte della presentazione di altri lead aiuta a generare nuovi contatti e nuove vendite praticamente a costo zero.

Secondo una ricerca Nielsen, le persone sono 4 volte più propense ad effettuare un acquisto che è stato raccomandato da un amico/conoscente. A questo si aggiunge che campagne di referral generano contatti con un valore lifetime più alto del 16% rispetto agli altri clienti.

E chi si può occupare di tutto questo in maniera automatica? Risposta ovvia, campagne di Marketing Automation appositamente studiate e progettate.

8 – Limited Time Offer

“Affrettati! Vale solo per questo mese…”

Quante volte lo hai letto? Eppure uno dei più grandi errori in questo caso è non ricordare a dovere dell’offerta a tempo limitato (LTO – Limited Time Offer).

Ecco che la Marketing Automation può correre in soccorso. Attraverso una campagna contenente remind all’offerta (che non si fermeranno fino alla conclusione o all’acquisto), il cliente riceve tutte le giuste informazioni che lo riscaldano e aumentano le possibilità di vendita.

9 – Attacca (in senso buono) quando il cliente oltrepassa le tue mura

Un titolo molto strano, non credi? Eppure è il principio alla base del geofencing, un modo di comunicare con il tuo cliente (precedentemente registrato al servizio) attraverso notifiche push o messaggi istantanei quando è nel raggio della tua attività.

Il sistema si basa su beacon e Wi-Fi (o hardware) di prossimità. Quando il cliente si trova nell’area virtuale definita, riceverà offerte di prossimità a lui dedicate in modo da generare o aumentare le conversioni.

10 – Sfrutta il potenziale della Marketing Automation

Ok, beccato! Ma dopo tutti questi esempi, avrai capito come l’utilizzo di strategie di marketing automatizzato possano essere utili per incrementare contatti e vendite in qualsiasi business B2C.

Di esempi se ne potrebbero fare ancora tanti (e molti li vedremo nel dettaglio nei prossimi articoli).

Ma quale best practice migliore da suggerire adesso se non… utilizzare la Marketing Automation?

Innovazione strategica: un appuntamento con il futuro

Dall’avvento di internet negli anni novanta, le innovazioni più disruptive sono dipese dalla creazione di nuovi modelli di business. Proprio l’osservazione di questo fenomeno è al centro dell’attività di ricerca di Strategy Innovation, spin-off dell’Università Ca’ Foscari Venezia, che dedicherà ai “Future Business Model” il prossimo appuntamento degli Strategy Innovation Workshop.

Con i saluti del Direttore del Dipartimento di Management, Anna Comacchio e la testimonianza di esperienze di successo come Conio, Habacus, Primo Space e Institute for the Future, Carlo Bagnoli, Ordinario di Innovazione Strategica presso il Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia, fondatore di Strategy Innovation, esplorerà i future business model: crowd economy che si basa sullo spirito di comunità e condivisione, free/data economy che offre l’accesso gratuito a un prodotto per raccogliere e quindi monetizzare dati sui clienti, smartness economy che rende intelligente ogni prodotto e processo grazie all’IA, closed-loop economies che si fonda sul riciclo e riuso dei «rifiuti», multiple world models che sfrutta la coesistenza del mondo reale e virtuale grazie alle tecnologie VR e AR, transformation economy che offre esperienze ripetute per cambiare lo stile di vita delle persone, decentralized autonomous organization che partendo dalla convergenza dell’IA con la Blockchain immagina la scomparsa dell’agire umano all’interno delle organizzazioni.

Interverranno: Carlo Bagnoli, Ordinario di Innovazione Strategica presso il Dipartimento di Management dell’Università Ca’ Foscari Venezia e fondatore di Strategy Innovation, Anna Comacchio, Direttore del Dipartimento di Management di Ca’ Foscari, Paolo Cuniberti Founder & Ceo Habacus, Lorenzo LatoHead of Sales Conio, Raffaele Mauro, Partner Primo Space e Mattia Crespi, Research Affiliate Institute For The Future.

LEGGI ANCHE: Dall’idea alla realizzazione: come validare un prodotto in 4 step

L’innovazione disruptive dei modelli di business technology push sarà, infatti, approfondita presentando i casi di Habacus, startup innovativa a sostegno della formazione accademica e professionale degli studenti e Conio, startup attiva nel mondo Digital Assets che attraverso la Blockchain sta trasformando il mondo della finanza. Queste realtà hanno sviluppato proposte di valore decisamente innovative sfruttando commercialmente le possibilità offerte, in particolare, dall’IA e dalla Blockchain.

Future business model

Oltre al technology push, l’innovazione disruptive del modelli di business può essere anche market-pull. Primo Space, fondo di venture capital focalizzato sullo space tech, offrirà l’occasione per approfondire i nuovi modelli di business che stanno emergendo all’interno della space economy. L’industria dello spazio sta vivendo una rivoluzione caratterizzata dalla nascita di nuove startup capaci di trasporre le soluzioni sviluppate nel settore e applicarle su altri, dal turismo, al lusso, alla logistica fino all’agricoltura.

L’innovazione disruptive dei modelli di business può essere, infine, anche design driven. Le communities digitali e fisiche stanno diventando il driver sempre più importante per creare nuove proposte di valore e mercati. L’Institute For The Future (IFTF), organizzazione no-profit di ricerca, formazione e consulenza nel settore dei future studies, ci aiuterà a comprendere le opportunità e le minacce di modelli di business di collaborazione basati sulle communities. Questi modelli sono caratterizzati da grandi vantaggi competitivi derivanti da maggiore fidelizzazione dei suoi membri e dalla capacità di acquisizione di nuovi clienti.

L’appuntamento è per il 15 luglio 2021 alle ore 17.30 con il webinar online, è necessario registrarsi.

Gli Strategy Innovation Workshop sono organizzati da Strategy Innovation, il Dipartimento di Management di Ca’ Foscari e Fondazione Università Ca’ Foscari con il sostegno di importanti partner italiani: Intesa Sanpaolo, Arper, Axians, Cisco, KPMG Italia e Sharp.

Coca-Cola celebra i vincitori di UEFA EURO 2020

Coca-Cola, partner storico dell’evento dal 1974, annuncia il lancio di una bottiglia in edizione limitata per celebrare i vincitori di UEFA EURO 2020™ e festeggiare insieme ai tifosi italiani la vittoria del Campionato Europeo. 

Per celebrare la vittoria, il brand ha realizzato una limited edition celebrativa di bottiglie Coca-Cola Original Taste da 450 ml, disponibile in alcuni punti vendita selezionati, fino a esaurimento scorte. 

Limited edition

UEFA EURO 2020ha segnato il debutto delle nuove bottiglie Coca-Cola realizzate interamente in rPET e così anche la limited edition è con 100% plastica riciclata. Il design cattura l’euforia di un momento magico, richiamando la cascata di coriandoli che ha avvolto i tifosi alla fine del torneo mentre le telecamere riprendevano la gioia dei campioni sul campo di Wembley. L’etichetta presenta così i colori e il nome dell’Italia e raffigura l’iconica bottiglia Contour di Coca-Cola nell’illustrazione del trofeo. 

LEGGI ANCHE: Forest, Flora Zebra e Praxis: i digital tool della settimana

Ha dichiarato Raluca Vlad, Direttore Marketing di Coca-Cola Italia:

In qualità di partner ufficiale di UEFA EURO 2020™, ci congratuliamo con i vincitori e vogliamo omaggiare e rinfrescare tutti i tifosi che hanno seguito con entusiasmo il torneo. Coca-Cola vuole continuare a ispirare i fan e a sostenere il loro amore per lo sport, invitando tutti a superare le distanze attraverso la condivisione delle proprie passioni, perché quando tifiamo insieme c’è ancora più gusto.

Le celebrazioni e la comunicazione della limited edition vivranno anche attraverso le attivazioni outdoor, digital, social e una pianificazione stampa. Una perfetta chiusura per la campagna UEFA EURO 2020™ di Coca-Cola, “Quando tifiamo insieme, c’è ancora più gusto”, un invito a superare le differenze partendo da quelle calcistiche e a condividere con gli altri la passione per lo sport.

Oltre Coca-Cola abbiamo raccolto una galleria degli altri brand che hanno celebrato i vincitori di #EURO2020!

de sign

Funzionale non basta: come un’impresa può fare propri i principi de-sign

Si fa presto a cadere nel tranello teso da alcune parole, troppo inflazionate, abusate, collocate qua e là in modo generalista o improprio.

Design” è certamente una di queste. Si cerca poi magari di caratterizzarne l’identità perduta di questa parola accostandola a termini ed “etichette” di natura emozionale e/o funzionale, che però di fatto concorrono a indebolirne la valenza.

Eppure, Design è una parola che porta con sé una profondità e un respiro che meritano una riflessione. Nella sua etimologia, design deriva, come ricorda Klaus Krippendorff, dal latino de signare, “dare un significato alle cose”.

Una capacità che appartiene quindi all’uomo, universalmente inteso, ancor prima che alla figura professionale che siamo stati abituati a chiamare designer.

La scala di progressione del valore

Siamo in fondo tutti un po’ designer, perché oltre ad agire in un contesto nel quale siamo in grado di derivare un significato per noi stessi, a volte – e più spesso di quello che pensiamo – siamo in grado di veicolare un significato agli altri.

I designer, quelli di professione, sono in grado di farlo imprimendo tale significato in un medium. Sia esso un prodotto, o sempre più un servizio, magari una esperienza o perfino una trasformazione. Ci stiamo qui riferendo esplicitamente alla scala di progressione del valore (economico) così come è stata proposta, ormai qualche tempo fa ma sempre attuale, da Pine e Gilmore.

Funzionale non basta: come un'impresa può fare propri i principi de-sign

Scala di progressione del valore economico, in Pine & Gilmore, The experience economy, 1999.

De-sign vuol dire proprio essere in grado di dare un significato a un prodotto/servizio/esperienza/trasformazione. Un significato che non può essere colto ed interpretato in modo anacronistico dall’utente ma necessariamente deriva dal contesto nel quale tale medium è inserito.

Si tratta quindi di una relazione complessa che coinvolge destinatario-utente, medium (prodotto, servizio etc.) e designer sullo sfondo di un contesto che può intrecciare più dimensioni, sociali, culturali, tecnologiche e altre.

I principi del de-sign

Dopo una simile premessa, è evidente quanto una riflessione più approfondita sul tema e sui principi del de-sign sia assolutamente inscindibile dal discorso portato avanti in questa serie di articoli sull’impresa ‘significante’.

Il mondo del design italiano è stato il riferimento per molto tempo, nel mondo, di questa capacità di coniugare tutto questo con la cultura del prodotto e del fare manifatturiero.

Il prof. Roberto Verganti del Politecnico di Milano ha fotografato questa impronta identitaria coniando il termine “design driven innovation”, l’innovazione guidata dal design, in contrapposizione a quella spinta più dai bisogni del mercato (market driven) e a quella spinta dalla tecnologia (technology driven).

Anche in questo caso, il rischio culturale è stato quello di confinare questo contributo della ricerca manageriale alla casistica delle imprese più note del design di prodotto (Alessi, Kartell e le altre).

Abbiamo poi compreso che questo orientamento poteva invece essere esteso non solo al prodotto propriamente inteso ma all’intero modello di business fino a traguardare l’identità strategica aziendale.

Perché il significato rappresenta quell’elemento di coerenza grazie al quale poter leggere tutte le diverse componenti (fornitori, clienti, processi etc.) che l’impresa nel tempo struttura e organizza per portare la propria proposta di valore al mercato.

Risulta, inoltre, elemento di innovazione nel momento in cui l’impresa agisce in qualità di “designer” ed è in grado di veicolare sul mercato nuovi significati, attraverso i propri prodotti, servizi, esperienze o trasformazioni.

Framework della strategia del significato, in Battistella, Biotto, De Toni, From design driven innovation to meaning strategy. «Management Decision» 50, 2012.

Framework della strategia del significato, in Battistella, Biotto, De Toni, From design driven innovation to meaning strategy. «Management Decision» 50, 2012.

Ha continuato a farlo magistralmente per anni Apple, anche se negli ultimi tempi sembra aver perso un po’ della spinta del suo significato strategico “Think different”.

Eppure, è riuscita ad agire a livello di esperienza utente, basti pensare ai suoi negozi “tempio” per la community dei propri fan di prodotto, prima azienda del ramo informatica a vincere la sfida del canale retail monomarca.

Ha contribuito di fatto, e non marginalmente, alla “trasformazione digitale” di una gran fetta di utenti, altrimenti non familiari con una tecnologia realmente poco accessibile e fruibile.

Lo sta facendo, a esempio in Italia, Loccioni, piccola-grande realtà B2B che ha ereditato la cultura olivettiana e ha declinato il significato di “sartoria tecnologica” in un modello di sviluppo sostenibile legato al territorio e ai suoi talenti che le consente di dialogare, da Angeli di Rosora nelle Marche, con i grandi gruppi industriali del mondo.

Il re-design applicato alla scala di progressione del valore

Anche in questo caso il de-sign ha riguardato la cura di tutti i livelli della scala di progressione del valore: prodotti a grande contenuto tecnologico ma con approccio “sartoriale”, servizi di trasferimento tecnologico, esperienze “aziendali” per clienti-fornitori e per gli attori, in primis giovani, del territorio, e trasformazioni, contribuendo all’ingresso nel mondo di lavoro di talenti espressione dell’heritage manifatturiero marchigiano e alla nascita di numerose startup e spin-off secondo una logica di ecosistema di business.

Il Design così inteso rappresenta oggi e continuerà a rappresentare per il futuro un potente motore “universale” di innovazione per le imprese.

In questo senso, più che parlare di design universale, vogliamo quindi porre l’accento sull’universalità del design quale mediatore e traduttore culturale tra impresa e mercato-cliente.

Pensiamo a Tesla, e al ruolo che il de-sign della sostenibilità ha avuto nel creare una proposta dirompente a un mercato retto da un settore industriale paradossalmente “conservatore”, specie quando si è trattato di recepire una profonda e intima ridefinizione della sua architettura tecnologica.

Pensiamo a Ryanair, e al suo declinare e veicolare al mercato e ai consumatori il significato di low-cost, ridefinendo alle fondamenta il concetto e livello di servizio e abilitando un nuovo, coerente, modello di business.

Pensiamo al Made in Italy che, quando riesce realmente a far proprio il significato di lifestyle italiano, esprime livelli di qualità e unicità che il mondo intero non può far altro che apprezzare.

Riteniamo quindi che le imprese debbano attrezzarsi e governare al meglio il costrutto teorico e pratico del de-sign come motore di (nuovi) significati. Si tratta di un costruire nel tempo un percorso, partecipato, aperto agli stimoli e ai contributi che possono giungere dall’esterno. Richiede competenze e sensibilità in parte nuove per le imprese. Queste devono infatti diventare interpreti culturali in grado di costruire e articolare nuove visioni e nuove proposte al mercato e da queste derivare coerenti modelli di business, soluzioni tecnologiche e operative.

D’altronde, il rischio che non devono correre è quello di risultare insignificanti. Il De-sign in fondo, nella sua essenza, vuole proprio evitare che ciò accada.

 

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Articolo realizzato in collaborazione con Gianluca Biotto