Sotto-tag Imprenditore di personas

youtube toglie i non mi piace

Addio “Non mi piace”: YouTube ne nasconderà il numero in tutti i video

Questo è stato di certo un anno particolare soprattutto per chi lavora nel mondo del web. Sono tante le novità che i content creator stanno sperimentando e l’ultima notizia, oggi, arriva proprio da YouTube.

Di cosa si tratta? YouTube sta facendo un esperimento che sembra essere passato pressoché in sordina ma che ha riscontrato un discreto successo.

Il servizio sta implementando una modifica che renderà privato il conteggio dei “Non mi piace” in tutti i video. 

Quello che sappiamo è che il pulsante dei dislike resterà ancora visibile, ma il numero dei “Non mi piace” potrà essere visualizzato solo da chi ha caricato il video sul proprio canale. Il conteggio quindi non sarà disponibile per il resto degli spettatori.

LEGGI ANCHE: Abbonamenti per i creator: cosa sappiamo di Instagram Subscriptions

Una mossa per arginare l’intolleranza dilagante nel web?

È lecito chiedersi se questa mossa è stata pensata per cercare di limitare l’odio dilagante che ormai affolla il mondo del web. 

Il marchio di proprietà di Google è consapevole che alcune persone hanno utilizzato il pulsante dei “Non mi piace” per prendere decisioni sulla visualizzazione di un certo contenuto, ma hanno ritenuto che i conteggi segreti avrebbero aiutato meglio tutta la community in generale.

I content creator alle prime armi o che comunque non vantano grandi numeri, sono più spesso presi di mira da vere e proprie crociate d’odio gratuito, ha affermato YouTube. Questo test si è rivelato utile per ridurre tali molestie.

La mossa creerà teoricamente uno spazio “inclusivo e rispettoso” in cui i videomaker hanno maggiori possibilità di successo e si sentiranno al sicuro e più tutelati.

YouTube

Nascondere al pubblico i “Non mi piace” funzionerà?

Ovviamente non abbiamo alcuna garanzia che questa ultima trovata sarà utile a tutti gli utenti, o che comunque non indurrà i soliti molestatori a trovare alternative per infastidire i creator. 

Tuttavia, non possiamo negare che magari questo gesto potrebbe scoraggiare gli abusi di chi utilizza il pulsante “Non mi piace” con leggerezza, per non parlare di tutti coloro che sperano di far offuscare e censurare i video che si scontrano con le proprie opinioni.

Una cosa è certa, il web è nato come un posto libero e nessuno dovrebbe minare il modo di essere e di esprimersi dell’altro, soprattutto con cattiveria gratuita.

digitalizzazione italia - digital skill

Così non va: l’Italia ancora fanalino di coda in Europa per Digital Skill

La tecnologia sta cambiando la vita delle persone, in tutti gli aspetti. Le digital skill sono ormai richieste e necessarie in ogni aspetto del quotidiano, dal modo di comunicare a quello di vivere e, soprattutto, a quello di lavorare.

Di conseguenza, aumenta anche il numero e il tenore delle sfide da affrontare, per il Paese e per il singolo, per rimanere competitivi sul piano internazionale e all’interno del mondo del lavoro.

Le tecnologie digitali possono dare molte risposte e fornire soluzioni adeguate ad affrontare queste sfide, incentivando la competitività attraverso l’innovazione e traducendole in opportunità grazie al miglioramento del livello di istruzione e la creazione di nuovi posti di lavoro.

La pandemia di Covid-19 ha reso la digitalizzazione una componente essenziale, sia per la ripresa economica, sia per l’implementazione dei sistemi sanitari e di assistenza dell’eurozona: transizione tecnologica, promozione di tecnologie abilitanti e rinnovamento del sistema sanitario in chiave digitale sono ormai priorità assolute.

L’Italia e le Digital Skill

A che punto è l’Italia rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea? Per comprendere l’attuale posizionamento nello scenario internazionale possiamo utilizzare un indicatore sintetico della Commissione Europea che, a partire dal 2014, monitora i progressi degli stati membri in tema di digitalizzazione, in modo da favorire la comparazione tra essi. Si tratta del Digital Economic Society Index (DESI).

Nel report vengono prese in considerazione diversi aspetti della digitalizzazione, ma anche riguardo alle digital skill dei cittadini:

  • utilizzo di servizi Internet
  • capitale umano
  • connettività
  • integrazione della tecnologia digitale
  • servizi pubblici digitali

In tutti i comparti si evidenzia un trend crescente, ma con evidenti differenze tra le diverse zone europee.

indice digitalizzazione DESI

L’impegno dell’Unione Europea in tal senso è chiaro: l’obiettivo è creare uno spazio digitale sicuro per le cittadini e le imprese. Aspetto da non sottovalutare è che questo spazio sia assolutamente inclusivo e accessibile a tutti.

Per raggiungere il traguardo, sarà necessario transitare in una trasformazione digitale che tuteli i diritti fondamentali e la sicurezza dei cittadini. La proposta di strategia della Commissione Europea mette in primo piano le competenze e l’istruzione digitali, sottolineando la necessità di rafforzare la “sovranità digitale” dell’Europa.

La proposta è articolata intorno a quattro settori:

  • competenze;
  • impresa;
  • pubblica amministrazione;
  • infrastrutture.

Tra il 2015 e il 2020, l’incremento dei livelli analizzati nel report DESI è stato del 36%. I Paesi che hanno fatto registrare una maggiore crescita sono Ungheria (49%) e Polonia. Seguono poi Italia (45%) e Irlanda (44%).

Il dato è certamente positivo, ma non fa che sottolineare quanto la crescita di posizione riguardi soprattutto i Paesi in cui il grado di digitalizzazione era più basso (Italia compresa). Pur posizionandosi nella parte bassa della classifica, l’introduzione dei sistemi e della tecnologia digitale ha permesso alle realtà “più in ritardo” di recuperare, almeno parzialmente, il gap con i paesi che si attestano alle prime posizioni.

Sull’indicatore della connettività, Danimarca, Svezia e Lussemburgo registrano il punteggio più alto. L’Italia ha recuperato ben otto posizioni rispetto all’indagine del 2018, pur rimanendo nella posizione bassa della classifica, al 18esimo posto.

Per quanto riguarda il capitale umano, troviamo sul podio Finlandia, Svezia ed Estonia, mentre noi siamo (ahimè) fanalino di coda della classifica. In tutti i Paesi parte dell’indagine, comunque, viene evidenziato un consistente gender gap: solo uno specialista Ict su sei è donna, segno che acquisire digital skill è tanto importante per il mondo maschile quanto per quello femminile.

desi performance relativa per dimensione digital skill

Anche per l’utilizzo dei servizi Internet, l’Italia occupa un poco dignitoso terz’ultimo posto, senza alcun miglioramento rispetto 2018.

Recuperiamo invece una posizione rispetto al 2018 sull’integrazione della tecnologia digitale, posizionandosi al 25esimo posto.

Il quadro generale

In generale, possiamo renderci conto di un complessivo miglioramento nella digitalizzazione europea, che conferma però il divario netto tra i paesi nordici ad alti livelli di digitalizzazione e il resto dell’Europa. Le persone di alcuni Paesi possono contare su digital skill più ampie e questo è un vantaggio non indifferente.

La strada per recuperare il gap digitale è senza dubbio ancora molto lunga e richiede l’intervento massiccio dei singoli stati per produrre un cambiamento sostanziale. Anche se la pandemia ha certamente spinto nella direzione della conversione digitale per moltissime attività economiche, c’è ancora molto da fare.

Tuttavia, con l’introduzione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, l’Italia sembra sulla buona strada.

Non c’è più tempo, è ora di invertire la rotta

La resilienza è una delle capacità più importanti quando si affrontano le avversità e si cerca di riprendersi. Lo sconvolgimento della vita lavorativa che tutti abbiamo vissuto nell’ultimo anno sta aggiungendo una nuova dimensione al valore di questa capacità.

Secondo Tatiana Kolovou, membro di facoltà della Kellogg School of Business, la resilienza è “la capacità di non cedere sotto pressione anche se non ci si sente tranquilli e fiduciosi, di essere in grado di sostenere l’energia durante compiti altamente impegnativi e di essere in grado di riprendersi rapidamente e rimbalzare alla posizione di partenza, anche quando si sta vivendo una battuta d’arresto”.

Oggi però la resilienza ci permette di fare qualcosa in più: questa qualità, infatti, può aiutarci non solo a rimbalzare indietro, ma anche a rimbalzare in avanti, aiutandoci a trarre il positivo da esperienze che sembrano intrinsecamente stressanti.

LEGGI ANCHE: Trasformazione Digitale: perché dobbiamo Reskillare 1 miliardo di persone

Perché parliamo di Digital Skill e Resilienza Digitale

Da una ricerca di Boston Consulting Group commissionata da Google risulta che le aziende maggiormente mature dal punto di vista digitale ottengono mediamente un aumento di revenue del 18% e riducono del 29% i costi aziendali, con un crescita delle proprie quote del mercato doppia rispetto alle aziende simili ma meno digitalizzate.

Uno degli elementi della maturità digitale della aziende è la capacità di assicurarsi nuove skill e risorse. Skill specialistiche e un team agile in grado di fare e fallire velocemente sono fondamentale per il successo aziendali.

In questo scenario c’è un’assoluta necessità di reskilling e upskilling e per questo anche il Governo italiano ha stanziato l’importante cifra di 40,29 miliardi euro per la transizione digitale.

1 miliardo di persone, infatti, devono reskillarsi entro il 2030.

gender gap digital skill italia in Europa

Con la pandemia si è toccato il massimo livello di disoccupazione con il 7,2% e con l’80% dei lavoratori che affrontano insicurezze sul proprio posto di lavoro (licenziamenti, taglio delle ore). Chi rischia di più sono i lavoratori con minore livello di istruzione e sprovvisti di Digital Skill e per questo la pandemia rischia di aumentare le disuguaglianze già esistenti: servono competenze digitali avanzate come quelle nel marketing digitale per rispondere a questo rischio.

Le competenze per essere resilienti

Quando parliamo di competenze avanzate ci riferiamo alle capacità e competenze tecniche che permettono oggi ad una azienda di essere presente sui mercati attraverso strumenti e piattaforme digitali avanzate.

Ci riferiamo alla capacità di lavorare e collaborare da remoto, all’utilizzo di eCommerce, marketplace, piattaforme di delivery, strumenti di marketing e comunicazione digitali, di indicizzazione sui motori di ricerca, social advertising, strumenti di marketing automation, di analisi dei dati, così come della capacità di strutturare esperienze di consumo su piattaforme digitali basate sull’usabilità ma anche sul rispetto della privacy e della sicurezza.

Oggi servono, insomma, esperti di privacy e diritto online, di web analytics, di segmentazione dei pubblici, media strategist, esperti di paid media, di creazione di contenuti, di ottimizzazione delle conversioni, esperti di user interface, designer di user experience, di dati e di tecnologie applicate al marketing.

Infine, nel breve e nel medio termine nuove tecnologie modificheranno gli scenari e serviranno ancora nuove competenze, pensiamo al web 3.0 abilitato dalla blockchain, al metaverso, alla realtà virtuale e aumentata o alla mixed reality. Nuovi mondi e mercati digitali che necessiteranno di nuovi architetti, designer, rappresentanti, venditori, commercianti, animatori, programmatori, marketer specializzati.

Non possiamo permetterci che questa occasione venga sprecata.

Il Piano Ninja di Ripresa e Resilienza Digitale

Fino al 3 dicembre 2021 potrai avere formazione, informazione e networking gratis, grazie all’impegno di Ninja nel dare il suo contributo alla rinascita del Paese. Tre ingredienti fondamentali per alimentare la tua resilienza e quella di tante aziende italiane.

Iscrivendoti al Piano Ninja di Ripresa e Resilienza Digitale, avrai gratis:

  • Corso di Mirko Pallera, Founder Ninja, su come dar vita a un progetto di business digitale
  • Corso Speciale “I fondamentali del Digital Marketing” composto da 7 lezioni gratuite su Digital e Social Strategy, Digital e Social Media Advertising, Content Marketing, SEO e eCommerce Management NEW
  • La Daily Newsletter Ninja “Morning News” per essere sempre aggiornato sulle principali News in ambito Digital, Social e Tech e i Marketing Insights, selezionati dalle più autorevoli fonti internazionali di settore
  • Il Canale Telegram “Ninja Marketing” per restare sempre connesso con la Ninja Tribe, ricevere contenuti esclusivi, seguire eventi in diretta ed essere informato in anteprima su promozioni e novità dell’offerta di contenuti Ninja
  • La community Facebook “Ninja Marketing Dojo” per connetterti con le esperienze di professionisti come te e condividere consigli, aggiornamenti, ispirazioni

>>> Aiutaci a diffondere l’onda del cambiamento invitando anche i tuoi contatti!

Elon Musk vende azioni Tesla

Elon Musk ha venduto circa 5 miliardi di dollari di azioni Tesla

Il CEO di Tesla Elon Musk ha venduto quasi 5 miliardi di dollari in azioni Tesla, secondo i documenti finanziari appena pubblicati. Possiede però ancora più di 166 milioni di azioni.

Il suo trust ha venduto più di 3,5 milioni di azioni per un valore di oltre 3,88 miliardi di dollari in una raffica di scambi effettuati martedì e mercoledì. Queste transazioni non sono state contrassegnate come 10b5, il che significa che non erano vendite programmate.

I documenti hanno mostrato che Musk sta vendendo un blocco separato di azioni Tesla attraverso un piano programmato dal 14 settembre di quest’anno. Queste vendite ammontano a più di 930.000 azioni per un valore di oltre 1,1 miliardi di dollari.

elon musk vende azioni Tesla

LEGGI ANCHE: Dietrofront Elon Musk, no Bitcoin e la criptovaluta crolla

Il sondaggio sulle azioni Tesla e il crollo in borsa

Prima che il piano di vendita fosse reso pubblico, Musk aveva chiesto ai suoi 62,5 milioni di follower su Twitter di votare in un sondaggio informale, dicendo loro che il loro voto avrebbe determinato il futuro delle sue partecipazioni in Tesla.

I documenti rivelano che, in effetti, era già a conoscenza che alcune delle sue azioni erano destinate alla vendita in questa settimana.

Dopo il sondaggio su Twitter, le azioni di Tesla sono crollate più del 15% tra lunedì e martedì, prima di rimbalzare del 4% mercoledì. Il limite del 10% per cento delle azioni di cui si parla nel sondaggio è ancora molto lontano: Musk dovrebbe dar via ancora circa 17 milioni di azioni per arrivarci.

Le vendite aggiuntive di azioni non erano quindi previste e forniscono a Musk notevoli riserve di denaro, dato che la sua ricchezza è in gran parte legata proprio alle sue partecipazioni in Tesla e SpaceX.

Musk ha infatti più di 20 milioni di ulteriori stock option che scadranno ad agosto del prossimo anno.

Il CEO di Tesla è la persona più ricca del mondo, con un patrimonio di quasi 300 miliardi di dollari.

Conto corrente

Come riprenderti un po’ del tuo tempo libero? Ci pensa Enel X Pay

C’è una cosa che tutti vorremmo avere maggiormente a disposizione e che non sembra bastare mai: il tempo

Quante volte ci siamo lamentati di non averne a sufficienza, che le giornate sembrano volare e che non riusciamo a fare tutto ciò che vorremmo? 

Forse il problema non è esattamente il tempo, ma la gestione di esso. Pensiamoci bene: ogni volta che siamo in fila alla posta per pagare le bollette o una multa, non vorremmo essere da tutt’altra parte? Magari a casa, sul divano, a leggere un romanzo, o in centro per un aperitivo con gli amici. 

Una soluzione smart che vada incontro a questa esigenza potrebbe semplificarci la vita e farci guadagnare del tempo prezioso per fare quello che ci sta più a cuore.

conto digitale tempo

Enel X Pay: comodità e innovazione a portata di click

Enel X Pay è la soluzione completa per chi cerca un conto online, con IBAN italiano e carta Mastercard, ma anche per chi vuole semplicemente pagare l’ultima bolletta senza complicazioni da app o web.

A cosa serve Enel X Pay: i servizi

Enel X Pay ci consente di fare acquisti e pagamenti quando, dove e come vogliamo. Che sia da App o web, Enel X Pay offre una soluzione semplice e immediata.

conto corrente digitale

Conto online Enel X Pay

Con Enel X Pay hai un conto con cui gestire in tempo reale le tue finanze e semplificare le tue spese quotidiane. 

Paghi con la comodità di un tap pagoPA, bollettini, MAV e RAV, bollo auto e multe, effettui bonifici illimitati e gratuiti verso tutti, ricevi e scambi denaro con altri utenti Enel X Pay in modo immediato e gratuito. Dobbiamo dividere un conto al ristorante oppure organizzare una colletta per un regalo di compleanno? Con Enel X Pay è facilissimo! 

Pagamenti da App e Web 

Se però non volessimo aprire il conto online, possiamo scaricare l’app Enel X Pay, registrarci ed effettuare il pagamento di pagoPA, bollettini, bollo auto, MAV e RAV con la carta che si preferisce. Le ricevute sempre a portata di mano in app.

In alternativa, Enel X Pay offre anche la possibilità di effettuare tutti i pagamenti dal proprio sito pay.enelx.com.

Enel X Pay e pagoPA: pagare tasse e bollette in modo innovativo per risparmiare tempo

Con Enel X Pay effettui i pagamenti pagoPA, la piattaforma nazionale digitale che permette di saldare tributi, imposte o rette verso la Pubblica Amministrazione e altre realtà aderenti.  

Cosa possiamo pagare con pagoPA? Tributi, tasse, utenze, bolli, ticket sanitari e quote associative, per citarne qualcuna. Con Enel X Pay e pagoPA possiamo saldare tutto in pochi click. 

Che sia da App o sito Web, Enel X Pay è la soluzione per la gestione delle proprie spese quotidiane. Inoltre, gli avvisi pagoPA di Enel Energia non prevedono commissioni!

Più tempo libero meno stress

In un mondo sempre più connesso poter svolgere attività essenziali online porta di certo a una maggiore comodità e risparmio in termini di tempo, energia e denaro. E voi, siete pronti a riprendere un po’ del vostro tempo libero?

lasciare il lavoro è un trend: i giovani lo urlano su TikTok

Lasciare il lavoro è virale: la Gen Z festeggia il licenziamento sui social

I giovani non ci stanno più e vogliono lasciare il lavoro.

Non ci stanno a trascorrere i weekend a recuperare i task che non sono riusciti a svolgere nella settimana lavorativa. Dicono “no” agli straordinari e alla produttività a ogni costo, anche rimettendoci la salute mentale.

In un articolo del New York Times che è diventato virale la scorsa settimana, la ricercatrice Emma Goldberg ha esplorato come i millennial abbiano “paura” dei lavoratori della Generazione Z, che stanno spingendo per una nuova, audace richiesta di condizioni migliori sul posto di lavoro per raggiungere un giusto equilibrio tra ufficio e vita privata.

La Gen Z vuole lasciare il lavoro e festeggia il licenziamento su TikTok

Può sembrare un cliché, ma da sempre le generazioni più giovani si sentono meno vincolate all’impiego e alle responsabilità e sono, mediamente, più facilmente disposte a lasciare il proprio lavoro per lanciarsi in nuove avventure professionali, ma la generazione Z, soprattutto dopo la pandemia, sta portando questo concetto all’estremo.

Ad agosto, uno studio di Personal Capital e The Harris Poll ha scoperto che due terzi degli americani intervistati erano desiderosi di cambiare lavoro. tra i più giovani, la percentuale arrivava addirittura al 91%, più di qualsiasi altra generazione.

Quali sarebbero queste “assurde richieste” dei ventenni che si approcciano al mondo del lavoro? Meno mansioni, una valutazione del lavoro svolto basata sui risultati e non sulle ore trascorse in ufficio, maggiore flessibilità di orario.

È un netto contrasto con le giornate strutturate e sovraccariche di lavoro a cui sono abituati i millennials, ossessionati dal lavoro.

LEGGI ANCHE: Trasformazione Digitale: perché dobbiamo Reskillare 1 miliardo di persone

Shana Blackwell, lavorava come magazziniere notturno in Walmart . Quando si è licenziata, ha usato il sistema di interfono del negozio per dirlo a tutti nell’edificio.

Blackwell, allora 19enne, aveva raggiunto un punto di rottura a causa del suo lavoro estenuante e fisicamente impegnativo. Aveva presentato delle lamentele a Walmart ma senza alcun risultato.

All’inizio era pronta a licenziarsi “secondo le regole” ma nessuno era disponibile ad ascoltarla. Così, il suo lungo annuncio si è concluso con “”Fan**** ai manager, fan**** a questa azienda, fan**** a questa posizione … Mi licenzio, ca***!“.

@shanablackwellAnd here is the video of me quitting my toxic, sexist, racist workplace. #walmartchallenge #fyp #viral #walmart #walmarthaul #walmartfindspart1♬ original sound – Shana

Perché la Generazione Z vuole lasciare il lavoro

Il movimento globale fa parte di quello che Erika Rodriguez ha chiamato “slow-up” in un recente pezzo di opinione per il Guardian, riferendosi a un cambiamento permanente nel rallentare la produttività con lo scopo di separare nettamente il lavoro dalla vita privata.

@dogs6666660Original video with original sound as requested ? #HappyHalloween #fyp #OhNo #walmart #peopleofwalmart♬ original sound – dogs666666

Questa intenzione potrebbe tradursi nella volontà di prendersi pause non previste dagli orari di lavoro o rispondere alle email solo in determinati giorni della settimana, e la cosa spaventa molto i loro capi millennial, perché sembrano essere tutti d’accordo e compatti sulla questione.

Il fenomeno è probabilmente strettamente legato agli eventi degli ultimi due anni: secondo lo psicologo organizzativo Anthony Klotz, che ha coniato il termine “La Grande Dimissione”, vivere in un momento storico tanto condizionato da una pandemia globale ha spinto le persone a porsi delle domande esistenziali, oltre ad aver permesso alle persone, volenti o nolenti, di allontanarsi dai luoghi di lavoro e sperimentare altri modelli di vita.

Licenziarsi è un trend

Il CEO di LinkedIn Ryan Roslansky ha dichiarato in una recente intervista al Time che non dovremmo tanto parlare di “Grande Dimissione” quanto di “Grande Rimpasto”, per ciò che riguarda i lavoratori più giovani.

Il suo team ha monitorato la percentuale di membri di LinkedIn che hanno cambiato lavoro in base al profilo e ha scoperto che le transizioni di lavoro sono aumentate del 54% rispetto all’anno precedente. Le transizioni di lavoro della Gen Z sono invece aumentate dell’80% .

Ha avvertito le aziende a valutare attentamente la nuova situazione: “I vostri dipendenti a livello globale stanno ripensando non solo al modo in cui lavorano, ma anche al perché lavorano e cosa vogliono fare delle loro carriere e delle loro vite“, ha detto per poi concludere “Questo rimescolamento di talenti molto probabilmente continuerà per un altro anno o due, ma credo che alla fine si stabilizzerà“.

La Gen Z è felice di lasciare il lavoro e lo dice su TikTok

@definitelynotsantanai quit my job today♬ original sound – santana

Certamente il “job-hopping” ha degli aspetti positivi, perché motiva i giovani a cercare nuove opportunità e permette di capire cosa davvero si vuole ottenere: lasciare il lavoro e puntare a una vita lavorativa più flessibile permette infatti di estendere i propri orizzonti e avere uno sguardo più ampio sul futuro.

Di solito, le uniche persone informate su un licenziamento sono chi lo lascia, il capo e un rappresentante delle risorse umane.

Ma con un numero record di lavoratori che si sono decisi a lasciare il lavoro durante la pandemia, le persone hanno reso pubbliche sempre più spesso le loro storie in modo che tutti potessero vederlo e condividerlo.

La Gen Z non è per niente timida nel diffondere la notizia del licenziamento, anzi, incoraggia l’addio a ruoli tossici nello stesso modo in cui siamo stati abituati noi millennial a celebrava un nuovo lavoro come un grande traguardo.

@itsmarisajoIt’s like an elephant took its foot off my chest, but I’m also sad. Onward & upward ? #quittingcorporate #quittingmyjob #HelloWinter #9to5problems♬ Dog Days Are Over – Florence & The Machine

Sono compatti e fanno squadra contro un mondo del lavoro opprimente: su TikTok i giovani postano video allegri e festosi dopo aver lasciato il lavoro. E la cosa velocemente è diventata un trend.

Che rischia di rimodellare completamente il mondo del lavoro.

Addressability Era

Perché l’Addressability è il futuro dell’Advertising Online

Immagina di dover organizzare un matrimonio con 500 invitati. 

Hai preparato una valanga di inviti alla cerimonia e al ricevimento, ciascuno con la sua busta linda e le sue minuziose decorazioni. 

Sei già nell’ufficio postale pronto a spedire, con il bigliettino in mano e, davanti a te, l’impiegata ti attende sorridente. 

In quel preciso istante ti accorgi di non avere a portata di mano gli indirizzi degli invitati.

A quel punto, vai nel panico.

Ovviamente, si tratta solo di una situazione a titolo di esempio, ma è uno scenario molto simile a quello che si prospetta per il futuro della pubblicità digitale. 

I messaggi promozionali sono pronti sui nastri di partenza, ma le aziende si accorgono di non aver modo per farli arrivare al target corretto

I nostri prospect riceveranno la nostra sponsorizzazione?”, “Quanti di loro hanno visualizzato il messaggio?”, “Riceveremo una risposta?”.

Questo è il dilemma che dovranno affrontare molti editori e inserzionisti nei prossimi mesi.

Inserzionisti

LEGGI ANCHE: Commerce Media e First Party Data: un nuovo modo di scoprire il consumatore

L’Addressability Era

La chiamano Addressability Era e a tanti incute più timore del Capitano Willard di Apocalypse Now o di una scena di Squid Game. 

I marketer si affannano a reinventare il modo in cui identificare e raggiungere uno specifico target pubblicitario attraverso il web.

I giganti del digitale, Google e Apple tra i principali player, puntano ad adottare un approccio più attento alla privacy e ai dati dei consumatori, spingendo chi si occupa di pubblicità online a far fronte alla dismissione dei cookie di terze parti.

Facciamo chiarezza. 

Il meccanismo con cui inserzionisti ed editori comprano e vendono spazi pubblicitari è automatizzato e si basa su aste sviluppate attraverso i dati elaborati da una piattaforma che incrocia domanda e offerta. 

È il Programmatic Advertising Exchange

L’offerta è quella di spazi pubblicitari messi a disposizione dalle piattaforme degli editori (SSP – Supply Side Platform). La domanda è relativa alle inserzioni pubblicitarie che aziende e marketer devono allocare (DSP – Demand Side Platform).

Il Programmatic Advertising – e in particolare il retargeting – dipende fortemente dai cookie di terze parti. 

Ad oggi, su Safari e su Firefox l’impostazione di default del livello di privacy prevede già il blocco dei cookie di terza parte

Google Chrome si accinge a disabilitarli dal 2023 con l’applicazione della Privacy Sandbox, aggiornamento che segnerà un cambiamento radicale nel modo di fare advertising online.

Ma non è ancora arrivato il momento di suonare la Cavalcata delle Valchirie di Wagner e far salire in volo gli elicotteri: il cambiamento fa meno paura perché viene percepito come un’opportunità per offrire al consumatore 4.0 soluzioni di ingaggio multiple e multichannel.

LEGGI ANCHE: Cookieless: possibili soluzioni per evitare la catastrofe

Che cos’è l’Addressability e perché è così importante

L’Addressability è la capacità di identificare e raggiungere persone specifiche attraverso una campagna pubblicitaria. 

Una audience “addressed” è quella che puoi chiaramente tracciare e identificare attraverso dati univoci, come l’indirizzo email.

L’addressability è importante perché consente a un’azienda di capire come e dove coinvolgere il proprio pubblico di destinazione: con dati chiari su come specifiche persone interagiscono con le proprie campagne, l’azienda è in grado di creare segmenti di pubblico targettizzato, messaggi altamente personalizzati e lanciare campagne mirate che generano alto coinvolgimento e revenue.

La capacità di identificare le caratteristiche di un singolo consumatore è un’arma estremamente potente presente nell’arsenale della pubblicità digitale. 

Stabilire una comprensione di come gli inserzionisti utilizzano i vari dispositivi mobili e interagiscono online attraverso una miriade di canali e piattaforme, significa che i brand possono raggiungere il pubblico con la messaggistica giusta, al momento giusto.

Esattamente ciò che serve per far funzionare una campagna di digital marketing.

Il percorso verso l’addressability può presentarsi complesso, ma è un cambiamento che i professionisti del marketing devono abbracciare per non restare indietro in vista dell’imminente scomparsa dei cookie di terze parti.

Dal mercato arrivano chiari segnali che gli inserzionisti stanno già facendo progressi. 

Una ricerca svolta nel Regno Unito nel terzo trimestre del 2021 da Criteo, azienda global specializzata nell’Open Internet applicato al digital marketing, ha evidenziato che il 45% dei marketer con capacità di spesa nel digital marketing si sentiva confuso, stressato e arrabbiato quando ha scoperto la notizia. 

È comprensibile: si tratta di un grande cambio nel settore del digital advertising. 

Tuttavia, si prevede che quasi la metà degli inserzionisti e delle agenzie marketing (47%) spenderà di più per una maggiore identificazione del pubblico e in addressability nel 2021 rispetto al 2020. Esattamente la metà (50%) prevede di mantenere invariati i livelli di spesa. Solo il 3% ha dichiarato che spenderà meno.

La strada è tracciata.

Se i brand devono ottimizzare il ROI e gli editori massimizzare il rendimento, allora l’addressability deve essere generata e gestita in maniera solida per garantire l’integrità dei dati su cui sono pianificate le campagne.

Le complessità dell’Addressability

Prima di Internet, le aziende semplicemente creavano mailing list e raggiungevano le persone tramite messaggi di Direct Email Marketing. Sapevano dove stava andando il messaggio e a chi veniva recapitato.

Oggi che pubblicità e advertising si sono spostati online, l’addressability è diventata più complessa: le aziende ricercano soluzioni di tracciamento diverse, spesso integrate tra più canali – i cookie di terze parti sono l’esempio più eclatante – per tracciare i clienti su siti web, blog, forum e altre piattaforme. 

Sebbene questo abbia permesso loro di scalare meglio le loro inserzioni, è stata generata una mole impressionante di dati poco strutturati e un pubblico in gran parte anonimo, difficile da poter approcciare su altri canali.

Con la scomparsa dei cookie di terze parti, le aziende sono costrette a ripensare l’addressability e a nuovi modi di identificare il proprio pubblico.

Ma c’è una buona notizia: ora marketer e aziende possono riprendere il controllo dei propri dati e comprendere meglio i propri clienti. Hanno solo bisogno delle giuste soluzioni per affrontare questo grande cambiamento.

Clienti

LEGGI ANCHE: I nuovi trend post pandemia nella formazione aziendale

First (to the) party

L’idea di raggiungere il consumatore sbagliato con un messaggio che non fa per lui è l’incubo di qualsiasi marketer coscienzioso. 

Quando un editore e un marketer uniscono le forze, sono in grado di dar vita ad un efficace sistema di addressability e abbinare inequivocabilmente un consumatore specifico a una proposta commerciale altamente convincente.

In poche parole, se un consumatore utilizza il proprio indirizzo email per accedere al sito Web di un retailer e lo utilizza anche per accedere ai contenuti premium di un editore, quell’indirizzo e-mail verifica l’identità univoca dell’utente, confermando che è la stessa persona a navigare su entrambe le piattaforme. 

Ma i dati proprietari abbinati possono essere un concetto che trascende gli accordi del singolo inserzionista-editore.

Oggi c’è una crescente disponibilità ad accedere a fasce di dati altamente scalabili tramite collaborazioni tra publisher. Si tratta di piattaforme che agiscono sui propri dati e danno agli inserzionisti l’accesso a vasti pool di dati proprietari.

Questo approccio unificato non solo arricchisce le fonti di dati, ma consente anche all’industria editoriale (e pubblicitaria) di bypassare l’oligopolio eretto dai giganti del Tech nei propri walled garden virtuali. 

In pratica, è come presentarsi a un party prima di Google, Facebook e Amazon.

Le soluzioni di Addressability già disponibili

Come detto, Google ha dato alle aziende un preavviso di due anni prima di rimuovere i cookie di terze parti dal suo browser Chrome, mentre Safari e Firefox avevano già disabilitato i cookie di terze parti sui propri browser. 

Ora, molte piattaforme sono al lavoro per sviluppare soluzioni di addressability. Quando i cookie di terze parti non esisteranno più, marketer e inserzionisti non rimarranno persi nel vasto oceano dell’online advertising senza una scialuppa di salvataggio.

Cliente

Grazie alla Commerce Media Platform, Criteo offre una tecnologia che combina dati e intelligence per guidare i consumatori lungo il percorso di acquisto e supportare i marketer a ottenere migliori risultati di business. 

Un’offerta imponente che colloca Criteo in una posizione privilegiata all’interno del panorama “addressable”, dove un First-Party Media Network ospita più di 25.000 brand, retailer e editori da tutto il mondo. 

Uno strumento efficace per attivare il più grande insieme globale di dati commerce.

Il futuro dell’adv è Wide Open

La pubblicità contestuale è tornata in auge come principale metodo per raggiungere risultati di business significativi senza i compianti third-party cookie. Annunci rilevanti, focalizzati su un contenuto “cucinato” appositamente per la persona specifica che lo consumerà. 

La personalizzazione degli annunci si basa sui segnali contestuali di una pagina Web e sarà sempre più la normalità tra gli inserzionisti, i quali potranno utilizzare anche i segnali del commerce dei loro dati first-party. 

La pubblicità contestuale offre soluzioni per raggiungere specifiche audience con un occhio di riguardo alla privacy dei dati e la possibilità di affiancarla a nuove tecnologie come machine learning e intelligenza artificiale, rendono lo strumento ancora più potente.

Sovrapposizione di audience inferiore all’1% e fino al 90% di traffico che reindirizza ai siti web affiliati con campagne contestuali. Il tutto mantenendo i KPI in linea con le altre campagne mid-funnel che l’azienda ha in attivo.

Per quanto riguarda la pubblicità fondata su risultati tracciabili, l’addressability è la via Wide Open nel futuro dell’adv.

Perché una strategia marketing ha bisogno dei Nano Influencer

Qual è, se c’è, quell’ingrediente segreto in grado di rendere efficace una campagna marketing? 

Uno tra tutti: le persone. Le persone sono uno degli elementi più importanti da tenere in considerazione nella pianificazione di una strategia di marketing, in particolar modo a causa delle conseguenze dell’emergenza sanitaria, che ci ha imposto cambiamenti enormi. 

Tra questi mutamenti, anche le strategie di comunicazione e vendita delle aziende hanno subito trasformazioni. 

Quante attività locali abbiamo visto fallire? E quante di quelle sopravvissute stanno affrontando enormi sfide, tra cui la necessità di digitalizzarsi il prima possibile?

Brand e Influencer: perché il binomio funziona

In questo periodo in cui tutti siamo stati costretti a rimanere in casa con negozi e attività chiuse, comunicazione e vendita si sono ancora di più spostate sul digitale, spesso facendo ricorso a strategie che includevano la collaborazione con gli Influencer

È stato un periodo in cui le persone erano alla ricerca di ispirazione, un modo per capire come andare incontro a questa nuova e surreale situazione. 

Le ricerche si sono focalizzate sulla cura di sé, l’apprendimento di nuove ricette e video fai-da-te. 

Tutto ciò ha creato una forte opportunità per Influencer e marchi per interagire in modo nuovo con il loro pubblico attraverso messaggi più impattanti. 

Molti brand hanno quindi deciso quindi di riallineare le loro strategie includendo anche l’Influencer Marketing

Infatti, l’anno scorso abbiamo assistito a un aumento di contenuti come video brevi e Reels da parte delle aziende per promuovere i propri servizi e prodotti: una funzionalità in grado di generare più interazione da parte del pubblico e percepita come più autentica.

Questa tendenza si confermerà anche il prossimo anno, con l’inclusione dei Nano Influencer nelle strategie.

Chi sono i Nano Influencer?

I Nano Influencer sono creatori di contenuti con un profilo social fino a 10.000 follower

Molti di noi hanno dei potenziali Nano Influencer fra i contatti: sono quelle persone che accumulano tanti ‘like’ e commenti ai propri post e producendo contenuti interessanti e originali. Ognuno di noi può essere un Nano Influencer!

A differenza delle loro “controparti” più famose, cioè influencer di livello medio, macro o Star che esercitano un appeal ampio, generale o mainstream, questa tipologia di influencer parla a gruppi molto specifici, spesso categorie o sotto categorie di nicchia.

Perché le aziende dovrebbero rivolgersi ai Nano Influencer

La crescita esponenziale dell’influencer marketing negli ultimi 2 anni è dovuta principalmente a due motivi:

  • l’enorme crescita del numero di influencer sui social media;
  • l’incremento degli investimenti nell’influencer marketing da parte dei brand.

Alcune aziende tendono però ancora a sottovalutare il fenomeno. 

Perché invece un brand dovrebbe includere nella propria strategia marketing questi Influencer? 

Ecco 5 motivi per collaborare con i Nano Influencer.

Aumento dei tassi di coinvolgimento

I Nano Influencer condividono un rapporto costante e diretto con i propri follower. Ciò garantisce un più alto tasso di coinvolgimento

Inoltre, poiché il loro numero di follower è contenuto, possono mantenere un filo diretto e continuo rispondendo in direct o ai commenti, creando così una relazione autentica e di fiducia.

Il valore dell’autenticità

Questi influencer vengono visti come persone comuni e non come “i classici influencer”, più popolari e conosciuti praticamente da chiunque. 

La loro principale fonte di reddito non proviene quindi dall’influencer marketing e così tendiamo ad ascoltarli e affidarci a loro perché sono più avvicinabili e riconoscibili.

Passaparola positivo

Un Nano Influencer ha un rapporto personale e diretto con molti dei suoi follower. Significa che la loro promozione e il loro impegno può fungere da raccomandazione per il passaparola, per quel prodotto o brand. 

Il passaparola ha un grande peso nel dettare le decisioni di acquisto dei consumatori e può aiutare a guidare le conversioni per i marchi.

Nano Influencer

È più semplice lavorare con loro

In generale, i Nano Influencer sono più flessibili rispetto ai termini e alle condizioni dei brand con cui stanno collaborando. 

Le aziende avrebbero meno complicazioni a lavorare con loro rispetto a influencer di maggior successo. Inoltre, si avvicinano in modo proattivo ai marchi per ottenere accordi di sponsorizzazione.

Sono meno costosi e più motivati

Un Nano Influencer non è un influencer professionista, ma utilizza i social media come un lavoro secondario o un modo per mostrare a tutti la propria passione. 

Pertanto, sarà disposto a creare contenuti di marca in cambio di un prodotto o di una tariffa nominale. 

Come lavorare con i Nano Influencer

Ci sono tantissimi possibili Nano Influencer “nascosti” sui social media che non vedono l’ora di collaborare con il proprio brand preferito. 

Trovarli non sarà semplicissimo, ma hashtag specifici possono aiutare nella ricerca.

Un modo sicuro e professionale per trovare la persona che fa per la nostra azienda è quello rivolgersi ad agenzie d’influencer marketing.

TERRITORY Influence: il valore delle persone

TERRITORY Influence è un’agenzia d’influencer marketing a 360°. 

La sua mission è quella di (ri)mettere le persone al centro del marketing, offrendo collaborazioni rilevanti con brand-influencer, tra cui proprio i Nano Influencer. 

Una realtà che ha sempre creduto in queste figure, anche prima che si chiamassero così. 

A tal proposito ha realizzato un evento focalizzato proprio sull’argomento: #M2M – Marketers to Marketers, un nuovo formato di webinar di 30 minuti che si terrà il 9 novembre alle 17

Un appuntamento imperdibile creato per i marketer che vogliono scoprire l’influencer marketing o approfondirlo il più possibile. L’evento avrà come protagonisti i Nano Influencer della campagna di Haier.

<<Scopri come collaborare con i Nano Influencer e raggiungere il tuo pubblico>>

#M2M Marketers to Marketers: il programma

Durante il webinar verrà esaminata la campagna di successo di Care+Protect dell’azienda Haier, condotta con 750 Nano Influencer e 6 Macro Influencer. 

Alla diretta parteciperanno Eleonora Fiducia (TERRITORY Influence), Grazia Palmerini ed Emilia Calvello dell’azienda Haier e la micro influencer e food blogger Monica Pannacci @lericettedelcuore.

Gli argomenti su cui si svilupperà il dialogo sono:

  • consigli pratici per la gestione di una campagna con influencer; 
  • risultati concreti e benchmarks;
  • insights sulla scelta e partecipazione di Nano e Micro influencer.

I Nano Influencer fanno tendenza?

Ogni brand dovrebbe iniziare a considerare nella propria campagna marketing una collaborazione con i Nano Influencer. Non solo perché sarà una delle tendenze del prossimo anno, ma perché possono davvero mostrare sfaccettature diverse di un prodotto o servizio veicolate da un punto di vista del tutto nuovo e non mainstream. 

La maggior parte degli utenti di Instagram è fatta da Millennial e Gen Z: nativi digitali desensibilizzati ai contenuti promozionali sui social media. 

E i Nano Influencer possono essere gli interlocutori perfetti per conversare con questo pubblico.

<<Iscriviti al webinar e scopri come rendere efficaci le tue compagne di influencer marketing>>

tiktok for business copertina

Dalla Generazione T agli insight degli utenti: tutti i dati di TikTok che devi assolutamente sapere

Sono molte le novità recenti per TikTok presentate durante il TikTok World e alcune, molto interessanti, riguardano proprio TikTok for Business, una piattaforma globale che ospita tutte le soluzioni di marketing attuali e future per i brand, pensate per offrire gli strumenti necessari a creare storytelling creativi, in grado di ingaggiare la community di TikTok con il proprio messaggio e “a fare un TikTok”.

Quando un brand arriva su TikTok, il suggerimento della piattaforma è sempre di pensare come esperti di marketing, ma agire come creator.

Il 61% degli utilizzatori afferma che su TikTok i video sono unici, più che su qualsiasi altra piattaforma, e 7 su 10 aggiungono che su TikTok gli annunci sono divertenti.

LEGGI ANCHE: Selezionare il giusto creator per la tua campagna: uno strumento concreto

L’incontro con TikTok for Business

Abbiamo avuto l’opportunità di partecipare a una colazione con  TikTok for Business, un’occasione per fare il punto con Adriano Accardo, Managing Director, Global Business Solutions, Southern Europe e il suo team ed esplorare le opportunità di crescita per i brand su TikTok e le ultime novita’ dalla piattaforma.

TikTok for business - evento

Oggi siamo qui per raccontare un anno di storia per TikTok for Business” ci ha detto Adriano, “è stato un anno fantastico e abbiamo visto un’evoluzione profonda di quelli che sono i nostri contenuti e la nostra community. Parliamo sempre di più di Generazione T, composta da diverse generazioni, millennial, baby boomer, ma con un’attitudine unica“.

Una parte importante per la crescita ha riguardato anche la sicurezza, con le nuove community guidelines e gli strumenti creati per gli utenti.

Tutti i settori merceologici sono oggi sempre più presenti in piattaforma, fashion, luxury, food, retail, tech. Continuiamo ad aiutarli per raggiungere risultati non solo di brand awareness ma sempre di più di performance“, continua Accardo, “abbiamo creato un team qualificato con esperienza nei diversi settori e puntiamo a essere riconosciuti come un’azienda italiana nel mercato italiano e aggiungere valore all’ecosistema economia“.

La Generazione T si preoccupa e condivide. Da nipoti adolescenti a nonni più anziani, la Generazione T non lascia indietro nessuno. Anche se fuori dalla piattaforma uscire con parenti più anziani da adolescente potrebbe essere considerato imbarazzante o strano, su TikTok diventa un momento di orgoglio e legame.

TikTok for Business: la community ama l’intrattenimento e l’autenticità

Durante l’evento, è stata presentata anche una nuova ricerca sull’autenticità della community TikTok. Perché autenticità, creatività e allegria sono così importanti per i brand su TikTok?

Condotta in collaborazione con l’agenzia di cultural strategy Flamingo Group, l’indagine dimostra che l’intrattenimento è al centro dell’esperienza su TikTok e che il suo effetto si riflette sulla percezione del brand da parte degli utenti e sul tipo di inserzioni che ottengono i migliori risultati. 

evento tiktok for business

Secondo la ricerca, circa la metà (48%) degli utenti ritiene che TikTok sia allegro, rispetto al 30% di altre piattaforme, mentre il 41% ritiene che ispiri felicità, contro il 30% di altri social. Un’allegria contagiosa, con un impatto reale sugli altri utenti: il 78%, infatti, dichiara di provare sentimenti più positivi dopo aver guardato dei contenuti su TikTok.

E non c’è dubbio che TikTok sia in sintonia con molteplici pubblici.

Oltre un miliardo di persone in tutto il mondo entrano ogni mese nell’app per ridere, divertirsi, imparare, o scoprire qualcosa di nuovo. L’intrattenimento, dunque, è il fattore chiave su TikTok: un’altra ricerca, questa volta di Walnut Unlimited, rivela che il 75% degli utenti entra su TikTok principalmente per questa ragione.

Quando i sentimenti sono positivi, l’approccio all’advertising è migliore

E quando provano sentimenti positivi grazie all’intrattenimento, le persone vedono in modo diverso anche i brand. L’indagine ha riscontrato che il 56% degli utenti migliora la percezione di un brand dopo averne visto un contenuto su TikTok, rispetto al 52% di altre piattaforme.

Questo significa che le marche possono trarre vantaggio anche dal semplice fatto di essere presenti nell’app. In breve, su TikTok le inserzioni sono più performanti.

La ricerca EU CPG MMx di TikTok e Nielsen indica che nella pubblicità a pagamento TikTok presenta un ritorno del 30% superiore alla media del canale digitale.

La ricerca ha anche rilevato che gli utenti associano la pubblicità su TikTok a maggiore autenticità, divertimento, creatività, ispirazione e coinvolgimento rispetto ad altri canali.

Gli spot che possiedono queste caratteristiche possono quindi ottenere un elevato engagement su TikTok. E lo dimostra il fatto che alcune delle inserzioni di maggiore successo sulla piattaforma puntano proprio sull’allegria e l’autenticità.

Il coinvolgimento dei creator

tiktok for business khabane lame

Il coinvolgimento dei creator nelle campagne marketing è fondamentale per veicolare correttamente i messaggi e attivare le community di riferimento. Il TikTok Creator Marketplace offre a brand, agenzie e professionisti del marketing la possibilità di incontrare e mettersi in contatto con i creator più adatti di TikTok per la loro campagna attraverso uno studio approfondito dei dati e un percorso semplice per entrare in collaborazione con loro.

Come iscrivere i Bitcoin nel bilancio della tua impresa senza correre rischi

Sedicesimo appuntamento con i Webinar PRO targati Ninja: tutti gli insight, trucchi, trend, dietro le quinte sui temi caldi del momento, condivisi con voi.

L’argomento di questa puntata sono i Bitcoin con focus sul settore impresa: ne abbiamo discusso con Gianluca Massini Rosati, founder di Soluzione Tasse, imprenditore con oltre 20 aziende in 5 continenti, autore di bestseller e Business Angel specializzato in tasse e fisco, fonda nel 2018 Xriba, una delle 4 startup più finanziate del 2018.

Non perderti i punti salienti dell’intervista:

  • Tassazione e contabilità dei bitcoin nell’impresa: min 02,10
  • Come trattare gli asset in bitcoin all’interno dell’azienda: min 07,50
  • Dichiarazione dei redditi: come trattare i bitcoin: min 26,40

Un metodo concreto per scegliere l'influencer giusto per la tua campagna

Selezionare il giusto creator per la tua campagna: uno strumento concreto

La selezione del creator in una campagna (influencer outreach) è per antonomasia una delle sfide più rilevanti per chi opera in ambito influencer marketing.

Un influencer non adeguato può segnare negativamente non solo le performance di progetto, ma addirittura la reputation del brand.

Un problema talmente sentito da essere condiviso: stando al report Brand & Marketer di ONIM, questa è una challenge determinante per oltre il 60% dei professionisti intervistati.

obiettivi influencer marketing

Una difficoltà che è figlia dell’attività stessa: troppi e soprattutto troppo diversi tra loro i parametri da analizzare. Ne consegue la necessità di un approccio complessivo, in grado di integrare, contestualizzando, ogni singolo aspetto, semplificandone la lettura globale.

Una issue che può riassumersi in:

  • misurare e parametrizzare anche la dimensioni qualitativa dei creator
  • estrarre insight differenti, capaci di adattarsi all’esigenza precedente
  • connettere e integrare tra loro i diversi insight
  • parametrizzare e generare un indice che sia utilizzabile, capace di migliore le valutazioni e, conseguentemente, la scelta.

Quantità e qualità, insieme

La “doppia” dimensione è uno degli elementi che maggiormente segna l’influencer marketing e ne complica valutazioni e utilizzo. Alla dimensione “quantitativa” infatti, se ne affianca una prettamente  qualitativa, in molti casi decisiva per il successo di una campagna. Parametri che nella maggior parte dei casi sono complessi da “estrarre”, ponderare o ricondurre ad un singolo insight.

Capacità relazionali, creatività dei contenuti, know-how di settore sono solo alcuni di queste variabili, variabili che come è immaginabile hanno però un peso determinante nelle attività con creator e influencer.

Un mix che in molti casi caratterizza gli stessi, diventando variabile basilare nella capacità di spingere all’azione gli utenti o, come preferiscono molti, di influenzarli.

Elementi che guadagnano ancor più rilevanza in uno scenario, quello odierno, che sta rimettendo al centro il contenuto e il suo valore. Non soppesare quindi tali elementi rischia quindi di limitare pesantemente il nostro progetto e le sue possibilità di produrre un impatto reale sugli utenti.

Più fonti per dati sempre più estesi (e profondi)

Un’altra problematica della fase di outreach è il limitarsi alle piattaforma social e alle loro metriche superficiali.

Un modus operandi diffuso, forse per comodità, ma soprattutto per mancanza di conoscenze e figure idonee nei team, ma ancor più rilevante, di strumenti in grado di lavorare su analisi più profonde, andando oltre.

Ma il tool non basta, anzi. Molto spesso quando disponibile diventa un limite: il singolo strumento condiziona il metodo di analisi e non sempre è idoneo a rispondere alle numerose necessità di campagna.

selezione e gestione degli influencer

Esistono tool più o meno buoni certo, ma nessuno è “perfetto” o, almeno, perfetto per ogni singola situazione o progetto.

Serve un approccio più ampio e soprattutto strumenti capaci di integrare fonti differenti, capaci cioè di completare lo scenario, come quelle provenienti dalla web & social listening (topic, sentiment, reputation), quelle di image e video recognition, ma anche più “umane”, che necessitano di sensibilità di professionisti per essere comprese e valutate al meglio, come le competenze di settore del creator.

Facile comprendere quanto una figura parla di una tematica, molto meno in che modo.

Dati proprietari o di terze parti la cui gestione diventa un asset fondamentale, così come la loro lettura, contestualizzazione e interpretazione, in un’evoluzione da dato a insight.

Un’evoluzione in cui AI e machine learning sono e saranno sempre più determinanti.

Integrare e connettere per valutare: il metodo R.E.L.E.V.A.N.C.E.

Ottenere i dati e capire quali utilizzare non può bastare però. La reale differenza sta nel metterli a sistema e renderli utili a livello strategico. Come? Integrandoli. Non solo in modo che mantengano il loro valore/significato, ma ancor di più che riescano, insieme, a darci un livello di valutazione superiore, globale.

report parametri di selezione degli influencer

Una necessità non certo semplice a cui ho provato a dare risposta con R.E.L.E.V.A.N.C.E., una metodologia multi-KPI pensata per integrare parametri e fonti eterogenee, attribuendogli, in base alla tipologia e alle finalità di campagna, un peso variabile. Un approccio studiato per migliorare la fase di valutazione e adattarsi alle diverse esigenze e obiettivi dei singoli progetti.

  • REPUTATION: la reputazione del creator, analizzata e valutata grazie a tool di web & social listening e con l’integrazione di AI e machine learning
  • ENGAGEMENT: la capacità del creator di spingere gli utenti a interagire. Un parametro che deve tenere conto non solo della dimensione quantitativa, ma soprattutto della tipologia di interazione (like, commenti, condivisione) e del suo essere o meno on topic rispetto al contenuto pubblicato
  • LOYALTY: l’attitudine del creator a relazionarsi con la propria community e coinvolgerla attivamente
  • EFFECTIVENESS: la qualità dei contenuti prodotti, andando a valutarne stile, mood e caratteristiche
  • VERIFIED AUDIENCE: valutare le caratteristiche più complesse dell’audience del creator come nazione, età, sesso, interessi, affinità. Il numero di follower è e resterà sempre solo un numero
  • AFFINITY: l’affinità di stilte, mood, tone of voice tra brand-creator-fanbase
  • NOTORIETY: la notorietà di un creator online (menzioni e buzz online, posizionamento SEO delle keyword correlate), ma, ove possibile, anche offline (survey e ricerche dedicate)
  • COLLABORATIONS: le collaborazioni fatte in passato del creator, analizzando sia i progetti con competitor, ma soprattutto le performance dei suoi contenuti #ad
  • EXPERTISE: La competenza e il know-how dell’influencer, fondamentali in progetti verticali e con obiettivi come la laed generation. Un’analisi anche desk, ma supportata da AI e machine learning, andando oltre i contenuti pubblicati (studi, cv, ecc)

Parametri che a seconda della di campagna, della piattaforma, ma soprattutto delle finalità, sono integrati e “pesati” per offrire un parametro univoco e chiaro, utile a selezionare non un creator, ma quello ideale per il nostro progetto.

Andando nel concreto. In una campagna di brand awareness, expertise e loyalty avranno meno peso rispetto alla notoriety. In una, invece, in cui si vuole migliorare il posizionamento di brand o prodotto saranno reputation, loyalty ed effectiveness ad avere un ruolo centrale.

Da grandi budget dipendono nuove responsabilità (ed esigenze operative)

report retribuzione influencer

R.E.L.E.V.A.N.C.E. si presenta come una metodologia complessa, dispendiosa sia in termini di competenze, team, ma soprattutto di tool.

Una complessità capace però di limitare l’enorme rumore di fondo dello scenario odierno degli influencer, senza contare la necessità di supportare l’’evoluzione delle esigenze di chi investe nell’influencer marketing, al fine di garantire risultati concreti, in linea con aspettative e investimento

Un obiettivo raggiungibile solo trovando la sinergia, a livello di risultati, tra quantità e qualità. Se i creator sono la risposta, è fondamentale siano quella più giusta possibile per brand e progetto.