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  • Così non va: l’Italia ancora fanalino di coda in Europa per Digital Skill

    La strada per recuperare il gap digitale è senza dubbio ancora molto lunga e richiede un intervento massiccio per produrre un cambiamento sostanziale

    11 Novembre 2021

    La tecnologia sta cambiando la vita delle persone, in tutti gli aspetti. Le digital skill sono ormai richieste e necessarie in ogni aspetto del quotidiano, dal modo di comunicare a quello di vivere e, soprattutto, a quello di lavorare. Di conseguenza, aumenta anche il numero e il tenore delle sfide da affrontare, per il Paese e per il singolo, per rimanere competitivi sul piano internazionale e all’interno del mondo del lavoro. Le tecnologie digitali possono dare molte risposte e fornire soluzioni adeguate ad affrontare queste sfide, incentivando la competitività attraverso l’innovazione e traducendole in opportunità grazie al miglioramento del livello di istruzione e la creazione di nuovi posti di lavoro. La pandemia di Covid-19 ha reso la digitalizzazione una componente essenziale, sia per la ripresa economica, sia per l’implementazione dei sistemi sanitari e di assistenza dell’eurozona: transizione tecnologica, promozione di tecnologie abilitanti e rinnovamento del sistema sanitario in chiave digitale sono ormai priorità assolute.

    L’Italia e le Digital Skill

    A che punto è l’Italia rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea? Per comprendere l’attuale posizionamento nello scenario internazionale possiamo utilizzare un indicatore sintetico della Commissione Europea che, a partire dal 2014, monitora i progressi degli stati membri in tema di digitalizzazione, in modo da favorire la comparazione tra essi. Si tratta del Digital Economic Society Index (DESI). Nel report vengono prese in considerazione diversi aspetti della digitalizzazione, ma anche riguardo alle digital skill dei cittadini:
    • utilizzo di servizi Internet
    • capitale umano
    • connettività
    • integrazione della tecnologia digitale
    • servizi pubblici digitali
    In tutti i comparti si evidenzia un trend crescente, ma con evidenti differenze tra le diverse zone europee. indice digitalizzazione DESI L’impegno dell’Unione Europea in tal senso è chiaro: l’obiettivo è creare uno spazio digitale sicuro per le cittadini e le imprese. Aspetto da non sottovalutare è che questo spazio sia assolutamente inclusivo e accessibile a tutti. Per raggiungere il traguardo, sarà necessario transitare in una trasformazione digitale che tuteli i diritti fondamentali e la sicurezza dei cittadini. La proposta di strategia della Commissione Europea mette in primo piano le competenze e l’istruzione digitali, sottolineando la necessità di rafforzare la “sovranità digitale” dell’Europa. La proposta è articolata intorno a quattro settori:
    • competenze;
    • impresa;
    • pubblica amministrazione;
    • infrastrutture.
    Tra il 2015 e il 2020, l’incremento dei livelli analizzati nel report DESI è stato del 36%. I Paesi che hanno fatto registrare una maggiore crescita sono Ungheria (49%) e Polonia. Seguono poi Italia (45%) e Irlanda (44%). Il dato è certamente positivo, ma non fa che sottolineare quanto la crescita di posizione riguardi soprattutto i Paesi in cui il grado di digitalizzazione era più basso (Italia compresa). Pur posizionandosi nella parte bassa della classifica, l’introduzione dei sistemi e della tecnologia digitale ha permesso alle realtà “più in ritardo” di recuperare, almeno parzialmente, il gap con i paesi che si attestano alle prime posizioni. Sull’indicatore della connettività, Danimarca, Svezia e Lussemburgo registrano il punteggio più alto. L’Italia ha recuperato ben otto posizioni rispetto all’indagine del 2018, pur rimanendo nella posizione bassa della classifica, al 18esimo posto. Per quanto riguarda il capitale umano, troviamo sul podio Finlandia, Svezia ed Estonia, mentre noi siamo (ahimè) fanalino di coda della classifica. In tutti i Paesi parte dell’indagine, comunque, viene evidenziato un consistente gender gap: solo uno specialista Ict su sei è donna, segno che acquisire digital skill è tanto importante per il mondo maschile quanto per quello femminile. desi performance relativa per dimensione digital skill Anche per l’utilizzo dei servizi Internet, l’Italia occupa un poco dignitoso terz’ultimo posto, senza alcun miglioramento rispetto 2018. Recuperiamo invece una posizione rispetto al 2018 sull’integrazione della tecnologia digitale, posizionandosi al 25esimo posto.

    Il quadro generale

    In generale, possiamo renderci conto di un complessivo miglioramento nella digitalizzazione europea, che conferma però il divario netto tra i paesi nordici ad alti livelli di digitalizzazione e il resto dell’Europa. Le persone di alcuni Paesi possono contare su digital skill più ampie e questo è un vantaggio non indifferente. La strada per recuperare il gap digitale è senza dubbio ancora molto lunga e richiede l’intervento massiccio dei singoli stati per produrre un cambiamento sostanziale. Anche se la pandemia ha certamente spinto nella direzione della conversione digitale per moltissime attività economiche, c’è ancora molto da fare. Tuttavia, con l’introduzione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, l’Italia sembra sulla buona strada.

    Non c’è più tempo, è ora di invertire la rotta

    La resilienza è una delle capacità più importanti quando si affrontano le avversità e si cerca di riprendersi. Lo sconvolgimento della vita lavorativa che tutti abbiamo vissuto nell’ultimo anno sta aggiungendo una nuova dimensione al valore di questa capacità. Secondo Tatiana Kolovou, membro di facoltà della Kellogg School of Business, la resilienza è “la capacità di non cedere sotto pressione anche se non ci si sente tranquilli e fiduciosi, di essere in grado di sostenere l’energia durante compiti altamente impegnativi e di essere in grado di riprendersi rapidamente e rimbalzare alla posizione di partenza, anche quando si sta vivendo una battuta d’arresto”. Oggi però la resilienza ci permette di fare qualcosa in più: questa qualità, infatti, può aiutarci non solo a rimbalzare indietro, ma anche a rimbalzare in avanti, aiutandoci a trarre il positivo da esperienze che sembrano intrinsecamente stressanti. LEGGI ANCHE: Trasformazione Digitale: perché dobbiamo Reskillare 1 miliardo di persone

    Perché parliamo di Digital Skill e Resilienza Digitale

    Da una ricerca di Boston Consulting Group commissionata da Google risulta che le aziende maggiormente mature dal punto di vista digitale ottengono mediamente un aumento di revenue del 18% e riducono del 29% i costi aziendali, con un crescita delle proprie quote del mercato doppia rispetto alle aziende simili ma meno digitalizzate. Uno degli elementi della maturità digitale della aziende è la capacità di assicurarsi nuove skill e risorse. Skill specialistiche e un team agile in grado di fare e fallire velocemente sono fondamentale per il successo aziendali. In questo scenario c’è un’assoluta necessità di reskilling e upskilling e per questo anche il Governo italiano ha stanziato l’importante cifra di 40,29 miliardi euro per la transizione digitale. 1 miliardo di persone, infatti, devono reskillarsi entro il 2030. gender gap digital skill italia in Europa Con la pandemia si è toccato il massimo livello di disoccupazione con il 7,2% e con l’80% dei lavoratori che affrontano insicurezze sul proprio posto di lavoro (licenziamenti, taglio delle ore). Chi rischia di più sono i lavoratori con minore livello di istruzione e sprovvisti di Digital Skill e per questo la pandemia rischia di aumentare le disuguaglianze già esistenti: servono competenze digitali avanzate come quelle nel marketing digitale per rispondere a questo rischio.

    Le competenze per essere resilienti

    Quando parliamo di competenze avanzate ci riferiamo alle capacità e competenze tecniche che permettono oggi ad una azienda di essere presente sui mercati attraverso strumenti e piattaforme digitali avanzate. Ci riferiamo alla capacità di lavorare e collaborare da remoto, all’utilizzo di eCommerce, marketplace, piattaforme di delivery, strumenti di marketing e comunicazione digitali, di indicizzazione sui motori di ricerca, social advertising, strumenti di marketing automation, di analisi dei dati, così come della capacità di strutturare esperienze di consumo su piattaforme digitali basate sull’usabilità ma anche sul rispetto della privacy e della sicurezza. Oggi servono, insomma, esperti di privacy e diritto online, di web analytics, di segmentazione dei pubblici, media strategist, esperti di paid media, di creazione di contenuti, di ottimizzazione delle conversioni, esperti di user interface, designer di user experience, di dati e di tecnologie applicate al marketing. Infine, nel breve e nel medio termine nuove tecnologie modificheranno gli scenari e serviranno ancora nuove competenze, pensiamo al web 3.0 abilitato dalla blockchain, al metaverso, alla realtà virtuale e aumentata o alla mixed reality. Nuovi mondi e mercati digitali che necessiteranno di nuovi architetti, designer, rappresentanti, venditori, commercianti, animatori, programmatori, marketer specializzati. Non possiamo permetterci che questa occasione venga sprecata.

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