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professiioni più richieste

Ingegneri, informatici e le altre professioni di cui le aziende hanno bisogno

I fattori globali che stanno profondamente cambiando il mercato del lavoro (come progresso tecnologico, invecchiamento della popolazione, globalizzazione e digitalizzazione) incidono in modo considerevole sul gap tra domanda e offerta riguardo alle professioni richieste e le skill acquisite.

Il risultato dell’azione di questi fattori è la “distruzione” di alcune tipologie di lavoro e la creazione di lavori totalmente nuovi. Anche le professioni “tradizionali” che sopravviveranno al cambiamento dovranno confrontarsi con un cambiamento di competenze richieste e una contrazione della domanda.

Già oggi, ma ancora di più nel prossimo futuro, al centro dell’attenzione non vi sarà solo il tema dell’occupazione, ma anche e soprattutto quello della competenze: riuscire ad anticipare e interpretare le tendenze del mercato del lavoro diventa essenziale per gettare le basi di una migliore corrispondenza tra offerta e domanda nel mercato del lavoro.

Il report “Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a breve termine (2019-2023)” dell’Agenzia Nazionale Politiche Attive del Lavoro, ci fornisce utili indicazioni in questo senso.

report occupazione

Il modello di stima prevede che lo stock nazionale di occupati possa crescere in una misura compresa tra 374.000 e 559.000 unità, a un tasso medio annuo che potrà quindi variare tra lo 0,3% e lo 0,5%; A e B corrispondono al valore minimo e massimo che potranno assumere le variabili considerate.

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I fabbisogni occupazionali

La “Digital Trasformation” e l’Ecosostenibilità avranno un peso determinante nel caratterizzare i fabbisogni occupazionali dei diversi settori economici, arrivando a coinvolgere circa il 30% dei lavoratori di cui imprese e Pubblica Amministrazione avranno bisogno nei prossimi anni.

In particolare, si stima che imprese e PA ricercheranno un numero di lavoratori compreso tra circa 270.000 e circa 300.000 unità con specifiche competenze matematiche e informatiche, digitali o connesse a “Industria 4.0”.

Fra le figure professionali emergenti maggiormente richieste sul mercato ci saranno gli esperti nell’analisi dei dati, nella sicurezza informatica, nell’intelligenza artificiale e nell’analisi di mercato.

In particolare, le sarà molto importante padroneggiare queste competenze:

  • Capacità di utilizzare linguaggi e metodi matematici e informatici per organizzare e valutare informazioni qualitative e quantitative;
  • Capacità di gestire soluzioni innovative applicando tecnologie robotiche, Big Data analytics, Internet of things, ai processi aziendali.

Le nuove professioni emergenti in questo campo saranno:

  • Data Scientist
  • Big Data Analyst
  • Cloud Computing Expert
  • Cyber Security Expert
  • Business Intelligence Analyst
  • Social Media Marketing Manager
  • Artificial Intelligence Systems Engineer

Inoltre, la richiesta di competenze digitali non sarà limitata alle aree funzionali “tecniche” (Information technology, Progettazione e Ricerca e sviluppo), ma sarà sempre più presente anche nelle altre aree: quella amministrativa, le risorse umane, i servizi generali e le funzioni di staff.

Al momento, per oltre 9 profili su 10 è prevista la richiesta di competenze digitali.

Fenomeni come la Digital Transformation sono in gradi creare una discontinuità con il passato, introducendo nuovi paradigmi produttivi e nuovi modelli organizzativi e non interessano solo l’industria, ma puntano a creare un ecosistema digitale diffuso reso possibile dallo sviluppo di tecnologie avanzate che si estendono lungo tutta la filiera, dalla progettazione alla produzione, dalla logistica ai servizi post-vendita.

Anche in tema di economia circolare, saranno ricercati dalle imprese italiane tra 518.000 e 576.000 lavoratori con competenze green fino al 2023. Nel futuro, il dato è destinato a crescere e le competenze green riguarderanno, in maniera trasversale, tanto le professioni ad elevata specializzazione che le professioni tecniche.

Le altre filiere del lavoro

L’aggregazione di alcuni tradizionali settori economici consente  di individuare altre cinque filiere produttive che fanno da traino alla domanda di lavoro:

• salute e benessere: sanità e assistenza sociale, settore farmaceutico, industrie ottiche e medicali, servizi sportivi e altri servizi alle persone;
• education e cultura: istruzione e servizi formativi, servizi dei media e della comunicazione, servizi culturali;
• meccatronica e robotica: fabbricazione di macchinari, attrezzature e mezzi di trasporto, attività di installazione, riparazione e manutenzione, industrie elettriche ed elettroniche;
• mobilità e logistica: servizi di trasporto e logistica;
• energia: industrie petrolifere e chimiche e Public utilities.

Il fabbisogno occupazionale delle imprese della filiera “meccatronica e robotica” potrà riguardare tra 69.000 e 83.000 lavoratori entro il 2023.

Le figure più richieste saranno i tecnici per l’automazione e i sistemi meccatronici, i tecnici per la gestione e manutenzione ed uso di robot industriali, i progettisti di impianti industriali e gli addetti alla programmazione di macchine a controllo numerico.

In particolare, la meccatronica è il comparto manifatturiero centrale per il passaggio alle nuove modalità produttive, sinteticamente riassunte con il termine “Industria 4.0”, e con esso giocano naturalmente un ruolo di primo piano i comparti terziari dell’informatica e dei servizi avanzati e i principali utenti non sono più solo le grandi imprese, ma soprattutto le piccole e medie imprese che ricercheranno un maggior numero di figure professionali legate alla trasformazione della catena produttiva.

La prima domanda da affrontare alla luce di questi dati è: possiamo contare su un numero adeguato di specialisti, tecnici, pronti a entrare nel mercato del lavoro perché opportunamente orientati dalla scuola, prima, e dall’università, poi?

Già nel 2017, oltre un quinto delle figure richieste risultava di difficile reperimento, con quote sensibilmente più elevate per le professioni specialistiche (37%), tecniche (33%) e operaie specializzate (31%).

Forbice che si allarga ulteriormente per le figure professionali maggiormente coinvolte nei processi di trasformazione in atto.

In un mercato del lavoro in cui già si registra un elevato mismatch fra domanda e offerta di lavoro, il rischio che si corre è che i cambiamenti radicali in atto nel mercato del lavoro amplino ulteriormente questo disallineamento.

Dai grafici di Unioncamere è possibile estrapolare due dati molto importanti:

  1. il numero delle immatricolazioni e dei laureati diminuirà entro il 2023. Non è un buon segnale nella direzione di colmare l’evidente gap tra domanda e offerta nel mondo del lavoro, che richiederà figure sempre più qualificate e con competenze trasversali. Appare, tuttavia, una buona notizia per chi intenda seguire questo tipo di indirizzo: un numero minore di soggetti in grado di ricoprire specifiche posizioni tecniche agevolerà l’ingresso di tecnici, laureati e specializzati con migliori condizioni di lavoro e retribuzioni più alte.
  2. il fabbisogno totale dei laureati si concentra principalmente su profili economici, sanitari, ingegneristici e legati alla formazione. Occupano comunque una buona posizione anche le richieste legate alla formazione relativa ai campi scientifico, matematico e fisico, della geologia e della bio-tecnologia e al campo chimico-farmaceutico.

Le discipline STEM

In Italia, solamente 1 studente universitario su 4 è iscritto a facoltà STEM (il 27% del totale), e queste risorse non mostrano un incremento significativo negli anni.

Inoltre, secondo il report “RiGeneration STEM, le competenze del futuro passano da scienza e tecnologia” di Deloitte, di questi studenti, solo 1 su 10 è iscritto alle facoltà che rispondono appieno alle esigenze professionali emergenti.

Profili stem

Nonostante esista un potenziale bacino di studenti interessati alle materie tecnico-scientifiche, una percentuale rilevante di questi ultimi ha cambiato rotta nel momento decisivo di iscrizione: 2 studenti NON STEM su 5, e 1 giovane occupato su 3, hanno infatti dichiarato di avere avuto un interesse verso le discipline STEM, che non si è mai concretizzato.

Tra i fattori che influenzano le scelte scolastiche dei ragazzi, il primo posto è occupato dalla famiglia, mentre i servizi di orientamento hanno un impatto marginale: solo 1 studente su 6 è stato guidato dai centri di orientamento nella scelta dell’indirizzo scolastico. Gli studenti si troverebbero quindi un po’ soli, al momento della scelta, fattore che porterebbe ad una percezione distorta dell’effettiva offerta formativa e delle potenzialità della stessa.

Ma quali sono i motivi che allontanano i giovani dalla scelta di percorsi formativi STEM? Chi si iscrive a scuole secondarie NON STEM, lo fa principalmente perché ritiene che questi percorsi siano maggiormente in linea con le proprie capacità.

Nel passaggio all’Università, invece, la passione per le materie e la coerenza con le proprie capacità, vengono integrati anche dalla valutazione circa la possibilità di raggiungere la professione ambita. I giovani, infatti, associano al percorso STEM delle professioni evidentemente poco ambite, in particolare il professore sottopagato, lo scienziato premio Nobel, o l’informatico nerd.

Gli stereotipi di genere

Questi bias risultano ancor più marcati all’interno dell’universo femminile, presso cui vi è un’elevata percezione di disallineamento di interesse rispetto ai contenuti (per il 66% delle donne contro il 59% degli uomini) e di inadeguata formazione (per il 24% donne contro il 16% degli uomini). E se aziende e professori non riscontrano alcun gap di genere nelle performance, ben 1 giovane occupato in ambito STEM su 3 ritiene che il proprio lavoro sia più adatto alle capacità degli uomini.

deterrenti allo studio STEM

Le accelerazioni legate alla pandemia

Nonostante le previsioni del report di Unioncamere – ANPAL, Sistema Informativo Excelsior investano un arco temporale individuato tra il 2019 e il 2023, l’imprevedibilità dell’emergenza pandemica ha contribuito a rafforzare la visione sulla necessità di una formazione specializzata in campo tecnologico, sulla robotica e sulle discipline STEM in generale.

Iniziare a lavorare per ridurre il gap tra offerta e domanda di ingegneri, informatici, matematici, professionisti del martech e le altre professioni individuate in questa analisi, significa aprire la strada a una maggiore competitività per il Paese e a un migliore equilibrio sui dati dell’occupazione.

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roblox cos'è

Cos’è Roblox, come funziona e perché vale così tanto

  • 100 milioni di utenti attivi, 2 milioni di creators e 50B $ di capitalizzazione in borsa;
  • non un semplice gioco online, ma una raccolta di oltre 5o milioni di giochi diversi;
  • guadagni non solo per l’azienda, ma anche per chi contribuisce con lo sviluppo.

Roblox potrebbe non essere famoso come Fortnite o Minecraft, ma ha recentemente annunciato di avere più di 100 milioni di giocatori mensili attivi.

Un progetto forse sottovalutato all’inizio, che però è esploso diventando un vero e proprio fenomeno nel settore del gaming.

Cos’e Roblox?

Cos'è Roblox e perché vale così tanto 2

it.finance.yahoo.com

Iniziamo con il dire che Roblox non è una novità, o almeno non come la conosciamo oggi. L’azienda (Roblox Corporation) è nata nel 2006 e da allora è cresciuta in maniera costante.

Parlare di videogame sarebbe decisamente riduttivo dato che non si tratta di un singolo gioco, ma piuttosto di una raccolta con oltre 50 milioni di giochi, tutti creati dalla sua community di giocatori, rivoluzionario non credete?

Per capire più facilmente cosa è diventato Roblox, faremo un semplice paragone,  quello con YouTube.
Un’enorme libreria di “contenuti generati dagli utenti”, ma in questo caso i contenuti sono giochi piuttosto che video.

Gli utenti scaricano l’applicazione Roblox per computer (MacWindows), console di gioco, smartphone (AndroidiOS) o tablet e la utilizzano per sfogliare e riprodurre il catalogo di giochi.

Perché è così popolare?

Il fenomeno di Roblox è davvero molto particolare, soprattutto pensando al fatto che la maggior parte degli utenti che entra nella community è stato invitato a giocare da un amico.

Quindi, un successo decisamente organico. Aspetto fondamentale sono le funzionalità social, inclusa la possibilità di invitare ed aggiungere amici e chattare con loro durante il gioco.

Inoltre, secondo Craig Donato, chief business officer di Roblox, una delle ragioni della popolarità di Roblox è la sua enfasi sul “gioco non strutturato”.

Il gioco non strutturato non è altro che un’attività ludica in cui i bambini si impegnano in giochi che non hanno prettamente obiettivi di apprendimento specifici.

In un’epoca e soprattutto in un periodo storico in cui molti bambini sono più limitati nelle loro attività nel mondo fisico rispetto alle generazioni precedenti, è diventata naturale la ricerca di un’alternativa.

Quando tornavo a casa da scuola, salivo in bicicletta, uscivo nei boschi, giocavo a baseball. Ma oggi viviamo in un mondo in cui è difficile per i bambini uscire e giocare in modo non strutturato con i loro amici “, dice Craig. “La maggior parte delle esperienze sulla nostra piattaforma non riguardano solo l’obiettivo da portare a termine e quindi da vincere. È un’esperienza che fai con altre persone: un’esperienza condivisa.

Facile dedurre come la pandemia abbia dato un’importante spinta a Roblox, portando sempre più persone a trascorrere molto tempo online. Avere a disposizione una piattaforma in cui ognuno ha il suo avatar e ciascuno può giocare interagendo con altre persone, ha rappresentato una valida alternativa al distanziamento sociale.

Una buona fetta del successo di Roblox, però, è sicuramente dovuto a youtuber e streamer.

Per le nuove generazioni questi tipi di figure, non sono più dei semplici “influencer“, ma sono diventati dei veri e propri moderni opinion leader. Non è quindi difficile da capire quanto il loro ruolo abbia un’importanza enorme nella diffusione di un gioco al di là della promozione tradizionale.

Molti eventi si sono spostati negli ambienti virtuali di Roblox: incontri, appuntamenti, feste di compleanno e di ogni altro tipo. Anche per questo Roblox si presta perfettamente allo streaming  diventando, per questo settore, una vera miniera d’oro.

Come si crea un gioco su Roblox?

Chiunque può creare un gioco (o “esperienza”) scaricando il software Roblox Studio. Il software si basa su di un linguaggio di programmazione molto semplice, chiamato “Lua”. La diffusione dello sviluppo è stato reso possibile anche grazie alle numerose guide e ai forum di supporto.

L’azienda afferma di avere più di 2 milioni di “creators”, quindi circa il 2% dei suoi giocatori. I giochi più popolari possono ospitare fino ad un massimo di 100.000 persone contemporaneamente.

Molti utenti si limitano a creare giochi semplici o a dare vita a stanze virtuali in cui possono interagire con gli amici. Altri costruiscono giochi più complessi e iniziano persino a monetizzare grazie agli acquisti in-game.

Gli acquisti sono della tipologia che non  danno vantaggi competitivi; gli utenti infatti possono acquistare abiti e armi o altri oggetti, che possono usare per rendere i loro personaggi più belli ed originali.

Questi acquisti avvengono utilizzando la valuta virtuale di Roblox: Robux che possono essere scambiati per denaro reale.

I Robux, ovviamente, possono essere guadagnati muovendosi nel sistema, ma possono essere anche acquistati. Ad esempio, 400 Robux costano circa 5€. L’azienda premia gli sviluppatori condividendo il 30% delle entrate dagli acquisti virtuali.

Per capire la portata del fenomeno creators in Roblox, basti pensare che più di 1.250 sviluppatori hanno guadagnato almeno 10.000 dollari l’anno scorso attraverso le vendite virtuali nei loro giochi. I guadagni totali degli sviluppatori ammontano a più di 329 milioni di dollari solo quest’anno.

Quello che una volta era un hobby oggi è diventato un lavoro per molti dei nostri utenti, ed ora sta diventando sempre più la base per lo sviluppo di grandi progetti incredibilmente creativi che stanno emergendo sulla nostra piattaforma“, ha dichiarato il CEO David Baszucki, che ha fondato Roblox nel 2004.

LEGGI ANCHE: I trend che segneranno l’industria del gaming nel 2021

Dopo aver conquistato i bambini, diventa un successo a Wall Street

Le azioni della società quotate sotto il simbolo RBLX alla Borsa di New York, hanno chiuso la giornata di debutto in rialzo del 54% arrivando a 69,50 dollari di valore, partendo da un prezzo di riferimento di 45 dollari.

La quotazione diretta quindi, ha dato alla piattaforma una valutazione di circa 40 miliardi di dollari con una quotazione di mercato è pari a 51,43 miliardi di dollari.

Scegliendo di andare in borsa con una quotazione diretta, come hanno fatto aziende come Spotify, Slack e Palantir, Roblox non ha emesso nuove azioni in borsa e quindi non ha raccolto capitale.

L’azienda, fondata nel 2004, deve ancora registrare un profitto, a causa dei continui investimenti per l’infrastruttura tecnologica, la protezione dei dati e il pagamento dei creatori di giochi.

Roblox Corporation ha dichiarato di aver assunto quasi 400 nuovi dipendenti nel 2020, crescendo fino a 979 persone, e di aver acquistato una startup di intelligenza artificiale proprietaria di una tecnologia che potrà aiutare gli avatar e le ambientazioni ad avere un aspetto più realistico.

Negli ultimi mesi, grazie anche all’entrata in borsa, Roblox è diventata nota anche a chi non fa parte del suo pubblico abituale ed è facile prevedere una sua ulteriore crescita.

Cos'è Roblox e perché vale così tanto

blog.roblox.com

Chi gioca a Roblox?

Quando ci si iscrive a Roblox, viene richiesto all’utente di creare un nome utente che possibilmente non dovrà essere il proprio vero nome. Viene richiesta la data di nascita, il sesso ed una password. L’iscrizione crea sulla piattaforma un’area utente simile ad un account di un social network.

Sul profilo infatti, è possibile visualizzare i giochi a cui si è giocato, è possibile postare sul feed ed è anche possibile mostrare chi sono i propri amici, chi si segue e da chi si viene seguiti. Viene mostrato inoltre di quali gruppi si fa parte e i distintivi (traguardi) conquistati durante il gioco.

Roblox ha circa 100 milioni di utenti attivi e la maggior parte di essi sono under 18, divisi quasi perfettamente tra ragazzi e ragazze. La cosa davvero interessante che emerge dai vari dati raccolti in proposito è l’impatto che Roblox ha sui più piccoli rispetto a tutte le altre piattaforme.

Infatti, il 24% dei bambini intervistati dai 10 ai 12 anni usano Roblox, più che TikTok (13%) e Snapchat (20%).

Roblox è sicuro per i minori?

Gli amministratori di Roblox sono molto attenti alla tranquillità dei propri utenti. Proprio per questo vengono effettuate continue verifiche su tutti i giochi sviluppati, in modo da assicurarsi che non ci siano contenuti sessualmente espliciti o troppo violenti oppure offensivi.

Per i genitori, invece, è possibile monitorare l’account da remoto, controllando le interazioni con gli altri giocatori, gli acquisti in-game ed il contenuto dei giochi a cui i propri figli partecipano.
Inoltre, è possibile, in caso di evenienza, segnalare eventuali giocatori sospettati di violazioni di termini e condizioni.

Una cosa però è certa: come per tutte le piattaforme online che prevedono una parte “social”, anche per Roblox, sarebbe meglio che i minori non fossero lasciati completamente soli.

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Quali sono i giochi più popolari su Roblox?

Dato il numero enorme di utenti che giocano a Roblox esistono diverse tipologie di gioco creati ad-hoc per soddisfare un’ampia gamma di giocatori dai gusti più disparati.

I titoli più popolari sono sicuramente Tower of Hell, Meepcity e Piggy. Ma tra i più apprezzati c’è sicuramente Adopt Me, considerato da alcuni come il gioco più popolare di Roblox. Il gioco conta infatti circa 18,8 miliardi di visite e una media di quasi 500.000 giocatori attivi.

Si tratta di un gioco per “famiglie” in cui gli utenti devono far crescere una serie di animali domestici. Non solo, i giocatori possono anche decorare le loro case in stile The Sims e persino giocare online con gli amici. Ogni server può ospitare fino a 48 giocatori e la configurazione di un nuovo server privato è completamente gratuita.

Quale sarà il suo futuro?

Roblox oggi è disponibile in oltre 180 paesi e in 11 lingue diverse ma cresce molto velocemente.

Combinando social network e gaming, la piattaforma ha avuto un impatto notevole sui più giovani. Ciononostante ci vorrà del tempo affinché Roblox diventi un vero e proprio colosso, anche a causa di due grossi ostacoli.

Il primo relativo all’età media degli utilizzatori e il secondo inerente il periodo che stiamo vivendo.

Nel primo caso, infatti, bisognerà vedere se non ci saranno problemi, nel momento in cui la piattaforma verrà colonizzata da utenti più adulti.
Questo, infatti, potrebbe comportare problemi nella sicurezza ma potrebbe anche snaturare la spensieratezza tipica di una piattaforma dedicata a giovani utilizzatori.

Il secondo ostacolo potrebbe essere quello da affrontare nel breve periodo. Con la fine delle restrizioni, infatti, il mondo ritornerà alla vita sociale e Roblox potrebbe perdere quell’appeal legato proprio alla socialità che ne ha decretato il successo

digital tool strumenti digitali

Storydoc, Icons8 e Daily Gratitude Journal: i digital tool della settimana

Lo sappiamo bene: ci sono giornate stressanti, in cui tutto sembra andare storto. Questo capita tanto nella sfera personale della vita, quanto in quella professionale.

A fare la differenza, può essere un approccio positivo. Una buona abitudine è ringraziare ogni giorno per quello che abbiamo: ci permette più facilmente di renderci conto che, ogni problema è tuttavia superabile e possiamo riprendere a vivere con serenità la nostra vita.

Certo, qualche piccolo aiuto in ufficio non guasta: oggi vi presentiamo alcuni strumenti per migliorare l’aspetto grafico delle presentazioni e dei fogli di calcolo, ma anche strumenti per non dimenticare nessun appuntamento importante.

In più, un diario per annotare quotidianamente perché dovremmo essere felici ogni giorno.

LEGGI ANCHE: Jove, Google Cemetery e: i digital tool della settimana

Quel tocco in più

free icons digital tool

Vuoi migliorare le tue presentazioni, ravvivare i tuoi fogli o coinvolgere i lettori dei tuoi documenti di Google? Le icone sono sempre la risposta giusta! Con Icons8 puoi aggiungere centinaia di immagini in stili differenti ai tuoi file, per renderli riconoscibili e accattivanti.

Un coach per le conference-call

poised digital tool

Non ti senti abbastanza sicuro durante le riunioni in diretta? Anche questa abilità va allenata e puoi farlo con Poised, un “personal trainer” di comunicazione digitale che fornisce un feedback in tempo reale durante le riunioni online. Il tool funziona con Zoom, Slack, Microsoft Teams e Google Meet.

Lascia il segno

storydoc

Per dare un tocco in più alle tue presentazioni e trasformare diapositive statiche di vendita e marketing in bellissimi slideshow interattivi, puoi provare Storydoc. Aumenterai il coinvolgimento dei clienti e i tassi di conversione, senza aver bisogno di sviluppare nuove competenze di design o coding.

Ricorrenze virtuali

koya digital tool

Sei sei super organizzato ma ti capita spesso di dimenticare compleanni o anniversari che vorresti celebrare, KOYA è il tool che fa per te. Puoi programmare messaggi personali che includano ricordi, url e addirittura regali digitali. Per fare sempre bella figura anche online.

Felici a partire da quello che si ha

daily gratitude journal

Essere grati e ringraziare l’universo può avere incredibili benefici per la salute fisica e mentale.

Aumenta la felicità, aiuta a dormire meglio e allevia la depressione. Ci sono molti modi per praticare allenarsi a provare gratitudine ogni giorno, ma il diario quotidiano è uno dei modi più semplici ed efficaci. Per questo scopo, esiste Daily Gratitude Journal.

Come la Digital Health sta cambiando il mondo della salute

Nono appuntamento con i Webinar PRO targati Ninja: tutti gli insight, trucchi, trend, dietro le quinte sui temi caldi del momento, condivisi con voi.

Tema della puntata: Digital health ecosystem, ne abbiamo parlato con Roberto Ascione, Ceo & Founder di Healthware Group, company di digital health che da quasi 25 anni offre alle grandi aziende dei settori life sciences e insurance un insieme unico di servizi e competenze in consulenza strategica, comunicazione, tecnologia e innovazione per guidare la trasformazione digitale della salute.

Non perderti i punti salienti dell’intervista:

  • Le applicazioni della Digital Health: min 1,20
  • Come migliorare la gestione della salute: min 16,55
  • I benefici dell’adozione dei sistemi digitali: min 26,40
  • Le principali applicazioni della telemedicina: min 31,20
  • I dati della trasformazione digitale: min 34,05
  • Come sta cambiando il mondo della salute: min 36,00
  • Il prossimo futuro della Digital Health: min 40,00

A tavola e con gli amici, così gli italiani seguiranno UEFA EURO 2020

All’avvio ufficiale di EURO 2020, Just Eat, app leader per ordinare online cibo a domicilio in tutta Italia e nel mondo, e parte di Just Eat Takeaway.com, leader mondiale nel mercato della consegna di cibo a domicilio, ha condotto un’indagine* svelando una serie di previsioni sul cibo che accompagnerà le partite di quest’anno. Un italiano su due si è detto in trepidante attesa per l’inizio delle competizioni e l’84% ha dichiarato come il cibo sia un elemento fondamentale, con la pizza in testa per seguire il torneo da casa con amici.

Italiani e calcio: la nuova normalità agli UEFA EURO 2020

Il torneo di quattro settimane, che prende il via oggi, vede il 43% degli italiani pronti a guardare tutte le competizioni di EURO 2020, una percentuale che cresce se si guarda alla fascia maschile (53%). Dopo un anno di ritardo, gli EURO 2020 rappresentano un momento emozionante per i fan del calcio in tutto il continente e in Italia. Infatti, oltre il 47% degli italiani ha dichiarato di seguire il calcio in modo frequente e il 39% riferisce che le restrizioni non hanno influenzato le abitudini, ma di aver guardato la stessa quantità di partite. Questo vale soprattutto per i più giovani, con le fasce 18-24 anni (20,5%) e 25-34 (18%) che dichiarano di averne guardate di più. Il 26,5% degli intervistati ha invece ammesso di averne guardate addirittura il doppio.

Ma dove si godranno le partite gli italiani? Quasi il 90% ha dichiarato che le seguirà comodamente da casa, ma non manca chi sta programmando di recarsi a casa di amici e parenti (26%) o al bar (21%) per aumentare lo spirito di squadra e socialità. Inoltre, il 51% prevede di passare le sere dei match con gli amici, percentuale che cresce se si guarda alle fasce più giovani (73%), mentre il 46% ha dichiarato che vedrà le partite con il partner, tendenza che vale soprattutto per le donne (55%). 

Tra gli aspetti più importanti per gli italiani in relazione al calcio e alla visione delle partite spicca l’atmosfera generale (18,5%). Per il 20% degli intervistati, celebrare per le strade insieme a connazionali e altri tifosi rappresenta una delle esperienze che più mancheranno rispetto agli eventi sportivi vissuti gli anni precedenti la pandemia. E se il 34% non organizzerà nulla per compensare questa mancanza, il 19% dichiara che si connetterà online con altre persone per condividere in tempo reale impressioni ed emozioni, percentuale che cresce se si guarda alle donne (22,5%) e alle fasce 18-24 e 25-34 anni (24%). Altri piani per godersi al meglio le partite degli EURO 2020, includono per il 35% invitare degli amici a casa, mentre il 31% guarderà più partite del solito e il 25% ordinerà cibo a domicilio.

Calcio-cibo: connubio perfetto

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L’indagine condotta da Just Eat ha infatti evidenziato come il cibo giochi un ruolo centrale nell’esperienza di visione del torneo. Nonostante i tifosi italiani non abbiano una specifica tradizione per quanto riguarda gli snack (93%), l’84% dichiara che il cibo è un elemento imprescindibile durante la visione di una partita di calcio, da gustare principalmente prima del calcio d’inizio (30%) o durante il primo tempo (29,5%). La scelta ricade principalmente su snack veloci (26%), seguiti da qualcosa di casalingo preparato in anticipo (20%) o di ordinato grazie al food delivery (15%).

Gli appassionati di calcio italiani si affidano al cibo a domicilio soprattutto perché questo permette loro di rilassarsi e focalizzarsi sulla partita (33%), evitando di dover lasciare casa (30%) e quindi perdere momenti salienti della partita (23%). Quando si guarda una partita, il 32% conferma come la cosa più importante sia il gusto del cibo scelto, seguito dalla necessità di goderselo prendendosi il proprio tempo (21%), dalla qualità (19%) e dalla possibilità di condividerlo (17%). 

Mentre l’Italia si prepara ai match con Turchia, Svizzera e Galles, la ricerca di Just Eat ha svelato che gli italiani sono particolarmente patriottici quando si parla di cibo. L’89% dei tifosi italiani non ha nessun dubbio nell’affermare che la propria cucina sia la migliore, con la pizza in cima al podio delle scelte sia in caso di vittoria (40,5%) sia di sconfitta come comfort food (27%). La pizza rappresenta il piatto ideale da ordinare per il 67%, percentuale che sale tra le donne (71%), seguita dalle patatine fritte (32%), amate soprattutto dai più giovani (42,5%), e da un bell’hamburger (24%), che risulta essere il preferito dagli uomini (28%). I cibi contenenti carne sono inoltre i preferiti dal 73% degli intervistati quando si guarda una partita. Riguardo invece le bevande, per il 67% la birra rappresenta il perfetto accompagnamento, seguita dall’acqua (36%), dalle bibite (26%) e da un bicchiere di vino (16%).  

Rivelando i risultati del report, Tiziana Bernabè, Senior Marketing Lead Just Eat Italia, ha dichiarato:

Mentre l’eccitazione continua a crescere per gli EURO 2020 di quest’anno, è bello vedere quante persone siano appassionate come noi quando si tratta di cibo e calcio. Quello che ci hanno riferito i nostri consumatori in tutta Europa è che riunirsi per guardare le squadre competere, gustandosi del cibo delizioso a casa, è davvero un abbinamento perfetto. Siamo orgogliosi di sponsorizzare EURO 2020 e non vediamo l’ora di vedere cosa succederà nelle prossime settimane.

L’Italia aprirà il torneo questo venerdì e si potranno guardare le partite comodamente da casa mentre l’Italia compete in questi match: venerdì 11 Giugno con Turchia vs Italia (ore 21:00, Roma),  mercoledì 16 Giugno con Italia vs Svizzera (ore 21.00, Roma) e domenica 20 Giugno con Italia vs Galles (ore 18:00, Roma).

Il potere di un’immagine: contenuti reali e originali per essere ricordati

Un’immagine vale più di mille parole”. Una frase che abbiamo sentito dire così tante volte che sembra aver perso il suo reale significato. 

Chi lavora nel mondo della creatività sa benissimo cosa significa questa espressione: le immagini sono strumenti d’espressione così evocativi da essere essenziali in ogni forma di comunicazione. Le immagini però bisogna sceglierle con cura, altrimenti il messaggio non avrà l’effetto desiderato.

Ci affidiamo con leggerezza a strumenti che troviamo in rete, come le immagini Stock, senza rifletterci troppo. In fondo sono lì, a disposizione di tutti e per tutti, perché non approfittarne? Proprio perché possono essere utilizzate da tutti non sono contenuti personalizzati ma stereotipati e di conseguenza, messaggio e immagine non saranno coerenti.

Immagini autentiche per una comunicazione efficace

Quante volte vi è capitato, curiosando in rete, di non leggere un articolo e di passare oltre perché vi eravate già imbattuti nell’immagine di quel contenuto? A volte ci sembra di leggere sempre le stesse cose perché ricordiamo più le immagini che le parole.

E infatti succede che un’immagine diventa più famosa degli stessi brand e prodotti che pubblicizza.

Chi non ha mai visto in rete pubblicità di aziende e servizi promossi dalla fascinosa ragazza asiatica dai lunghi capelli setosi e il sorriso rassicurante? Ormai è diventata una vera e propria icona del web, e magari anche noi abbiamo utilizzato una delle sue immagini in stock per qualche nostro post senza farci caso.

Un problema che potrebbe penalizzare qualunque agenzia, anche la vostra. Immaginate di dover pianificare una campagna per il lancio di un nuovo prodotto. Oltre a un testo chiaro e conciso, vi serviranno delle foto professionali che andranno ad accompagnare le parole in modo tale da rappresentare a 360° sia il servizio offerto che il vostro brand. 

Volete davvero affidarvi a immagini già viste in giro e che non raccontano nulla della vostra identità?

Un errore che può sembrarci banale e insignificante ma che in realtà non ci consente di veicolare in modo personalizzato ciò che avevamo intenzione di comunicare. Inoltre, non dobbiamo dimenticare che magari non solo noi, ma anche i nostri competitor potrebbero usufruire della stessa foto in Stock su cui abbiamo fatto affidamento, confondendo ulteriormente chi ci ascolta e legge.

Se le immagini sono davvero così potenti, perché dovremmo accontentarci delle trite e ritrite foto Stock per rappresentare il nostro brand?

C’è bisogno di una comunicazione visiva personalizzata per farsi riconoscere subito. Creare una forte visual identity è fondamentale e le immagini devono essere fatte apposta per noi.

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Immagine personalizzata per contenuti unici

Abbiamo bisogno d’immagini e video su misura, che siano evocative e che accompagnino le parole per essere comprese e ricordate. Non dobbiamo solo stupire i clienti con foto accattivanti, ma dobbiamo essere veri per avvicinare le persone al nostro marchio.

Un brand per non essere dimenticato e distinguersi rispetto agli altri deve avere un’identità riconoscibile. In un mondo pullulante d’immagini, l’uso di foto originali e coerenti è diventato sempre più indispensabile per emergere.

Insomma, come deve essere un’immagine per catturare l’attenzione di chi la guarda?

  • Attraente e bilanciata, l’occhio vuole sempre la sua parte;
  • Coerente nell’insieme per essere capita;
  • Incisiva, così intensa da emozionare ed essere indimenticabile.

Set-Up: il servizio da conoscere per avere immagini originali

Se anche voi siete convinti che le immagini di repertorio non bastino e volete affidarvi a un servizio mirato e ad hoc, allora dovete dare un’occhiata a Set-Up.

Stiamo parlando della prima realtà in Italia di produzione contenuti social, sia foto che video, pensata e dedicata alle esigenze di art director, creativi e professionisti della  comunicazione che sono alla ricerca di una valida alternativa ai materiali Stock. Set-Up mette a disposizione un team di professionisti pronti a realizzare le vostre idee e i vostri progetti grazie a contenuti di qualità realizzati in tempi brevi ma a un prezzo accessibile.

Il bisogno di essere autentici per essere compresi

Un servizio personalizzato può davvero cambiare la nostra strategia di comunicazione. Contenuti con immagini e parole pensate appositamente per il nostro brand aiutano a descrivere e mostrare chi siamo e di cosa ci occupiamo in modo originale ed efficace.

Se la fiducia è alla base di ogni rapporto, lo stesso discorso vale tra aziende e clienti. Ecco perché ricorrere a immagini che ci riguardano e che parlino di noi e per noi, e non pescate da un catalogo sul web, ci aiuta a distinguerci in un mercato sempre più affollato.

Basta impazzire dietro immagini Stock che non possono parlare per noi. Lasciamo spazio a quelle reali. Facciamo largo alla vera essenza del nostro brand!

NON ANDARE IN STOCK, CONTATTA SET UP! >>

Come Orto Barbieri ha rivoluzionato il suo business grazie alla tecnologia

Il viaggio alla scoperta di nuove storie da raccontare e delle realtà Unbreakable continua: tra le aziende che hanno rivoluzionato il loro business, c’è anche “L’orto di Barbieri”, situata nel cuore della provincia di Bologna, tappa dell’Unbreakable Tour di Mirko Pallera con il Ninja Van.

Ad accogliere Mirko ed Esther Intile sono stai Gianni Barbieri, sua moglie Angela e suo figlio Alex, che a Granarolo dell’Emilia hanno rivoluzionato e restituito linfa vitale all’attività di famiglia, in crisi per la pandemia, attraverso la tecnologia e l’eCommerce.

>> Iscriviti al canale Unbreakable Tour per seguire tutte le tappe del viaggio alla scoperta delle aziende indistruttibili <<

LEGGI ANCHE: Come si può superare la crisi del settore eventi secondo Alfredo Accatino

L’azienda familiare ha una lunga storia: è stata fondata nel 1956 da Giorgio Barbieri. Nel corso degli anni, è passata alle generazioni successive e proprio i figli di Giorgio sono stati la vera leva del cambiamento.

Alex si è occupato dell’eCommerce e di quello che è stata la tecnologia e digitalizzazione.

Tecnologia: dalla tradizione all’innovazione

Era necessario evolvere l’approccio alla comunicazione e al cliente stesso, racconta Alex:

Abbiamo attivato dei piccoli test per gestire il processo. È stata necessaria la creazione di un profilo instagram a cui abbiamo collegato numero whatsapp, i primi ordini li abbiamo gestiti così: mandavo il listino, prendevo gli ordini, creavo e consegnavo a domicilio, con consegna inizialmente a Milano e Bologna. Mano mano ci siamo fidelizzati, la domanda è aumentata e quindi avevo bisogno di supporto per gestire i flussi di richieste. Ho iniziato con l’eCommerce, le settimane son passate tra consegne e ordini, e grazie al dialogo costante con i clienti abbiamo imparato come superare i limiti che stavamo riscontrando, ci siamo immersi in una nuova realtà.

Durante il primo lockdown hanno separato l’azienda agricola dal punto vendita, garantendo che i prodotti rimanessero il più naturali possibile.

Hanno anche superato il record di lavorazione con più di 20 ore di attività, sostenendo le persone anziane in difficoltà con l’ausilio della protezione civile.

Ci avete salvato!“: queste tra le parole più gratificanti delle persone che accoglievano i prodotti a casa de L’Orto di Barbieri, rivolte alla famiglia Barbieri, spiega Gianni:

Il contatto con le persone è stata una salvezza in quel periodo di chiusura. Ricevevamo sempre una bella accoglienza, avvertivamo l’entusiasmo con il quale ci aspettavano. Grazie ad Alex, ci siamo aperti al mondo digitale, con la piattaforma di eCommerce, senza lui, non saremmo stati in grado di gestire la produzione. Questo progetto ci ha ridato l’identità.

Il nuovo packaging del prodotto

Creata la piattaforma per l’eCommerce, non rimaneva che capire dove posizionare il prodotto in consegna.

L’idea era quella di eliminare l’utilizzo della plastica, prima con cassette di legno e poi con sacchetti di carta.

Nelle consegne su Bologna e zone limitrofe funzionava, ma il prodotto tendeva ad asciugarsi a causa delle ore trascorse nel furgone verso mete più lontane.

Per Milano e dintorni, bisognava trovare una soluzione, individuata grazie ai box di cartone, che riuscivano a conservare l’umidità del prodotto garantendone la qualità.

Abbiamo strutturato nuovi meccanismi che consentono al cliente di trovare il prodotto intatto all’interno. Rispetto alla vendita diretta in azienda dove ci siamo noi che spieghiamo bene le cose, quando la spesa la ricevi a domicilio noi non ci siamo, quindi deve essere tutto perfetto, altrimenti sarà l’azienda poi a pagarne le conseguenze.

Il modello di business è risultato vincente: prodotti biologici a kilometri zero, senza intermediazione, con maggiore guadagno a chi li produce. Tutto possibile anche all’infrastruttura digitale, che ha permesso di raccogliere con facilità richieste e ordini.

Da una trentina di ordini iniziali, l’Orto di Barbieri è passato velocemente a numeri molto più grandi, cosa che gli ha permesso di investire su una logistica ancora più efficiente, puntando sulla tecnologia.

Puntare sulla tecnologia: 3 consigli pronti all’uso

Quale lezione possiamo apprendere da questa bella storia, raccontata direttamente da un’azienda Unbreakable?

Il primo passo è partire da comprendere e saper comunicare chi sei, cosa vuoicosa contraddistingue la tua azienda dalle altre, quali sono i valori dell’azienda.

Il secondo consiglio è iniziare a mettere le mani in pasta, informarsi e studiare la tecnologia delle piattaforme.

Infine, farlo subito, non aspettare di avere la soluzione perfetta: capire subito cosa funziona, e cambiare cosa non funziona.

>> Viaggia assieme a Mirko Pallera sul Ninja Van per scoprire le aziende Unbreakable. Iscriviti qui <<

proteggere marchio ecommerce

Come fare per proteggere il marchio del tuo eCommerce

Nella serie di articoli di LegalBlink sulle tematiche legali del mondo eCommerce, questa volta parliamo di marchi e della loro tutela.

Internet è uno strumento in grado di fornire molta visibilità a un brand. Tuttavia, tale visibilità espone maggiormente il brand al rischio che questo possa essere utilizzato illegittimamente da terzi.

Il marchio costituisce un patrimonio aziendale. Infatti, è uno strumento comunicativo fortissimo, in grado di permettere alle persone di distinguere prodotti e servizi e di esprimere i valori che contraddistinguono un brand.

Un imprenditore digitale non può correre il rischio che questo importante elemento venga utilizzato illegittimamente da terzi, per questo motivo è fondamentale che effettui la Registrazione del marchio. La registrazione garantisce al titolare un uso esclusivo dello stesso, tutelandolo dalle contraffazioni.

Di seguito analizzeremo che caratteristiche deve avere un marchio per poter essere registrato e come effettuare una registrazione.

LEGGI ANCHE: Vendita B2B e B2C, le differenze che devi conoscere per il tuo eCommerce

Cosà può essere definito “Marchio”

Il marchio in un eCommerce è un elemento in grado di contraddistinguere i prodotti o i servizi forniti da un eCommerce rispetto a quelli forniti da un sito concorrente.

shopping online

Può essere registrato come marchio qualsiasi segno in grado di:

  • distinguere i prodotti o i servizi di un eCommerce da quelli di un concorrente;
  • essere rappresentato graficamente.

L’art. 7 del Codice della Proprietà Industriale (c.p.i) effettua un elenco dei segni idonei a essere registrati come marchi, ovvero:

tutti i segni, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, i suoni, la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche”.

Quindi, i marchi che possono essere registrati come marchi d’impresa sono i seguenti:

  • Marchio denominativo: il marchio costituito esclusivamente da parole, lettere, cifre o altri caratteri tipografici standard. Le parole, che costituiscono un marchio denominativo possono avere un significato o essere di fantasia (si pensi al marchio “Rolex”);
  • Marchio figurativo: il marchio si compone di elementi grafici, un’immagine o un logo (un esempio noto è la mela della “Apple”). L’elemento grafico può essere combinato anche con una parte testuale (es. “Barilla”).
  • Marchio di forma: alcune volte la funzione distintiva è individuabile nella forma del prodotto o nella sua confezione (es. bottiglia della “Fanta”). Tuttavia, per poter essere registrata come marchio tale forma dovrà possedere una mera funzione distintiva e non una connotazione tecnica o artistica.
  • Marchio di colore: il marchio può essere costituito esclusivamente da un colore o una combinazione di colori (un esempio il colore “Blu Tiffany”).
  • Marchio di suono: il marchio costituito da una melodia, da un motivetto musicale o da una sequenza di suoni, come ad esempio il suono caratterizzante l’avvio del sistema operativo “Windows”.
  • Marchio olfattivo: il marchio costituito da una fragranza (es. profumo di erba tagliata per la vendita di palline da tennis).

I marchi che più comunemente sono oggetto di registrazione negli eCommerce sono i marchi denominativi e figurativi.

Requisiti che il marchio deve avere per poter essere registrato

Il marchio per poter essere oggetto d registrazione deve possedere le seguenti caratteristiche:

  • Novità

Il marchio non può essere definito nuovo se esso è identico o simile a altri marchi già registrati in precedenza per contraddistinguere prodotti o servizi identici o affini a quelli che vorresti vendere nel tuo eCommerce.

Inoltre, il marchio notorio (marchio noto al pubblico che gode dello stato di rinomanza), oltre a non poter essere utilizzato da terzi per contraddistinguere prodotti e/o servizi identici o affini, non può esser utilizzato da terzi per contraddistinguere anche prodotti e/o servizi non affini (es. non è possibile utilizzare il marchio Coca-Cola per vendere giocattoli).

Tali principi sono definiti all’interno dell’art. 12 c.p.i.

  • Capacità distintiva

La capacità distintiva è disciplinata nell’art. 13 c.p.i., il quale afferma che questa caratteristica viene a mancare quando i marchi siano costituiti esclusivamente da segni o parole divenuti di uso comune (es. Lusso, Extra) o nel caso siano costituiti esclusivamente da denominazioni descrittive dei prodotti o dei servizi venduti, un esempio un eCommerce che vende scarpe non può utilizzare il marchio “Scarpe”.

Attenzione! Per poter avere un marchio con una forte capacità distintiva e che garantisca una tutela nei confronti di terzi, è importante evitare un segno che abbia collegamenti concettuali tra marchio e prodotti e/o servizi ad esso associati.

La registrazione di un marchio debole, ovvero con una correlazione tra il marchio e prodotto e/o servizio, non può impedire ad un competitor l’utilizzo di quel segno.

Per finalità di marketing, potrebbe verificarsi la necessità di registrare un marchio debole. Con il tempo e con l’utilizzo del marchio, esso potrebbe acquistare capacità distintiva, come è avvenuto per esempio al marchio “EstaTHE” o “Lemon Soda”.

  • Liceità e verità del segno

Ai sensi dell’art. 14 c.p.i., i marchi non possono essere contrari alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume (un esempio non è possibile registrare come marchio il termine “Mafia”).

I marchi, inoltre, non possono essere decettivi, ovvero in grado di trarre in inganno il pubblico in relazione alla provenienza geografica, la natura e la qualità dei prodotti venduti (es. non è possibile registrare il marchio cotonella per contraddistinguere prodotti che non hanno, nella loro composizione, del cotone).

Consulenza di un esperto e ricerca di anteriorità

Se si desidera registrare un marchio è importante rivolgersi a un consulente esperto. Un esperto è infatti in grado di verificare se la registrazione di un marchio può essere effettuata o meno e se sussiste il rischio che la registrazione possa essere oggetto di contestazione da parte di soggetti titolari di un diritto anteriore.

In primo luogo, è infatti estremamente importante verificare se il marchio ha effettivamente tutti i requisiti sopra enunciati. La presenza di tali requisiti è infatti indispensabile per effettuare la registrazione del marchio del tuo eCommerce e perché essa vada a buon fine.

Il requisito che necessita di un esame particolarmente approfondito è quello della novità. Per verificare che non siano stati registrati marchi uguali o simili al marchio al tuo è importante effettuare una ricerca di anteriorità.

Tale ricerca deve essere effettuata consultando varie banche dati. A titolo esemplificativo la banca dati dell’UIBM, del EUIPO e di TMview.

Tale ricerca permette di individuare se sono già stati registrati marchi uguali o affini al marchio che vorresti registrare e se tale marchio è utilizzato per contraddistinguere prodotti e/o servizi identici o affini a quelli che vorresti vendere nel tuo eCommerce.

Questa ricerca, quindi, permette di verificare che il marchio abbia il requisito della novità e se esso può essere oggetto di registrazione.

Come registrare un marchio

L’esclusività del marchio, derivante dalla registrazione, ha una valenza territoriale.

Per questo motivo è importante stabilire il territorio in cui si ha intenzione di operare nell’eCommerce, e nel quale si desidera tutelare il proprio marchio.

La registrazione può essere effettuata presso:

  • UIBM (Uffizio Italiano Brevetti e Marchi), in questo caso il marchio sarà tutelato solo in Italia
  • EUIPO (Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale), il quale consente la registrazione di un marchio dell’Unione Europea con valenza in tutti i paesi dell’UE
  • Ufficio nazionale, effettua la registrazione del marchio in un determinato Stato, la registrazione avrà valenza nello Stato in oggetto (es. se si desidera registrare il marchio in Cina è possibile rivolgersi al Cina Trademark Office)
  • WIPO (Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale), ufficio dove è possibile richiedere l’estensione internazionale di un marchio. In questo caso è possibile estendere la tutela di un marchio già registrato ad altri paesi che devono essere specificamente indicati.

Un ulteriore elemento da definire è il settore merceologico in cui s’intende operare. La registrazione di un marchio deve essere realizzata in relazione ad una classe, la quale ricomprende determinati prodotti o servizi.

A livello internazionale si prende come riferimento la Classificazione di Nizza, costituita da innumerevoli classi merceologiche che contraddistinguono prodotti e servizi. L’uso esclusivo è tutelato solo per la vendita dei prodotti o servizi della classe/i oggetto di registrazione. Quindi due marchi simili possono coesistere qualora i prodotti o i servizi ad essi corrispondenti non siano affini.

Attenzione! Una volta effettuata la registrazione del marchio per determinate classi non sarà più possibile estendere quella registrazione per altre classi. Sarà quindi necessario effettuare una nuova registrazione.  Nel caso tu abbia intenzione, nel prossimo futuro, di espandere il tuo eCommerce ad altre classi merceologiche potrebbe essere conveniente effettuare un’unica registrazione ricomprendendo tutte le classi di tuo interesse.

Tutela del dominio

Un ulteriore beneficio che apporta la registrazione del marchio, utile specialmente per chi detiene un eCommerce, è la possibilità di tutelare il proprio nome a dominio.

L’art. 22 del c.p.i. a tal riguardo enuncia quanto segue:

È vietato adottare come ditta, denominazione o ragione sociale, insegna e nome a dominio di un sito usato nell’attivita’ economica o altro segno distintivo un segno uguale o simile all’altrui marchio”

Da ciò ne deriva che in titolare di un marchio registrato può tutelare il dominio del suo eCommerce tramite l’applicazione delle norme sui segni distintivi.

Il nome a dominio viene quindi considerato un vero e proprio segno distintivo meritevole di tutela. L’utilizzo di un nome a dominio, da parte di un terzo, uguale o simile al marchio registrato può trarre in confusione il pubblico sull’effettiva provenienza di quei prodotti o servizi da un eCommerce piuttosto che da un altro.

Mediante la registrazione del marchio anche il dominio riceve tutela. Infatti, qualora un terzo decidesse di registrare un nome a dominio uguale o simile al tuo, preventivamente registrato, potrai pretendere la cessazione del suo utilizzo o la sua riassegnazione.

Conclusioni

In marchio costituisce un importante asset per ogni eCommerce.

Il marchio è l’elemento che permette di:

  • distinguere i prodotti o servizi forniti da un eCommerce
  • rammentare al cliente determinate caratteristiche e qualità dei prodotti venduti nell’eCommerce
  • trasmettere un messaggio ed esprimere i valori che contraddistinguono l’eCommerce

La tutela del marchio è fondamentale se desideri vendere i tuoi prodotti o servizi in un eCommerce.

La registrazione ti garantisce l’uso esclusivo dello stesso. In questo modo avrai gli strumenti e la tutela per poter contestare l’utilizzo illegittimo del tuo marchio da parte di un competitor.

La mancata registrazione di un marchio potrebbe costituire un rischio e non garantire tutela in caso di contraffazione.

B2B Marketing Conference: nuove sfide e previsioni del marketing B2B

I grandi e repentini cambiamenti dell’ultimo anno e mezzo ci hanno messo davanti a tante sfide, è vero, ma ci hanno dato anche modo di rallentare e di riflettere su diverse cose. Una delle più importanti è che proprio quegli eventi inaspettati possono stravolgere non solo la quotidianità, ma ridisegnare completamente schemi e abitudini che sembravano immutabili. La pandemia ha avuto un impatto così forte sulle nostre vite e sul lavoro da accelerare modi di vivere e processi che avrebbero impiegato anni a diventare quello che sono adesso. In un lasso di tempo molto breve abbiamo assistito alla totale, o quasi, trasformazione digitale del business in molti settori, ma non senza creare tumulto e un senso d’incertezza in altri.

Ci sono state aziende che hanno resistito perché hanno saputo innovarsi abbracciando il cambiamento e la rivoluzione digitale imminente. E altre che purtroppo hanno faticato e non sono riuscite a resistere a un impatto così veloce e irreversibile. Ecco perché nasce l’esigenza di resettare tutto, partire da zero e tornare a focalizzarsi sull’elemento vitale dei propri business: le Communities di riferimento.

LEGGI ANCHE: Digitalizzazione imprese: un test per valutare il livello digitale delle aziende

B2B Marketing Conference: ripartire dalle Communities

Chi lavora nel settore del marketing sa bene che c’è bisogno non solo di stare al passo coi tempi e di formarsi costantemente, ma anche di essere sempre all’erta per intercettare i nuovi bisogni delle communities di riferimento. L’analisi dei nuovi bisogni e delle nuove esigenze degli appartenenti alle varie communities diventa fondamentale per anticipare i cambiamenti nei propri mercati ed essere vincenti nelle nuove sfide di marketing.

Dopo il successo ottenuto nelle prime due edizioni, ANES, l’Associazione Nazionale Editoria di Settore, ripropone l’appuntamento con la B2B Marketing Conference per esaminare le nuove sfide che il Marketing B2B dovrà affrontare per la ripartenza del prossimo futuro. 

B2B MARKETING CONFERENCE: L’EVENTO PIÙ ATTESO DELL’ANNO! >>

B2B Marketing Conference

B2B Marketing Conference: che cos’è e perché è così attesa

Stiamo parlando dell’evento più atteso e importante dedicato al marketing B2B che si terrà a Milano presso l’Auditorium Giò Ponti di Assolombarda e in live streaming alle ore 9.30. Sarà aperto a tutti coloro che vorranno partecipare tramite l’acquisto di un biglietto proprio sul portale della B2B Conference.

“Innovare le communities per accelerare il business. L’evoluzione delle B2B communities al centro delle strategie di marketing”, questo è il titolo dell’evento e l’obiettivo è quello di aiutare le aziende tramite l’analisi delle tecniche più innovative e far conoscere le nuove esigenze della community di riferimento.

Per chi ancora non lo conoscesse, la B2B Marketing Conference è l’unico evento in Italia focalizzato sull’evoluzione e le strategie più innovative del marketing B2B, con l’obiettivo di offrire un’opportunità di aggiornamento e formazione altamente qualificata ai professionisti del mondo del marketing e della comunicazione B2B. 

Gli argomenti della B2B Marketing Conference

Quali saranno i temi trattati e perché è un evento da non perdere?

Tutti i settori, qualunque sia il mercato di riferimento, hanno bisogno di ripartire ma in modo consapevole. Per fare questo grande passo c’è bisogno di conoscere a cosa andiamo incontro perché tutto è cambiato e non si torna indietro, anzi. La rivoluzione digitale è più veloce che mai e non possiamo più farci cogliere impreparati.

In questa nuova edizione il focus dell’evento sarà sviluppato in 4 aree tematiche:

  • New media planning
  • Marketing automation e a.i. 
  • Dalla relazione digitale all’ e-commerce b2 
  • Innovative ideas for marketing

Sono queste le nuove sfide che ogni azienda dovrà affrontare e gli argomenti da conoscere a fondo per fare la differenza ed emergere rispetto ai propri competitors.

New media planning

Come sta cambiando il modo di comunicare alle communities di riferimento? Come deve essere il nuovo marketing mix? Quali sono le nuove tipologie di ADV?

Come vedete la comunicazione è sempre la leva principale per raggiungere e tenere ingaggiati i propri clienti e i propri contatti. 

Marketing automation e a.i.

Quali sono i nuovi processi e le nuove tecnologie che permettono di rendere automatiche specifiche azioni di marketing aumentandone produttività ed efficacia? I dati diventano sempre più importanti per capire come generare nuovi lead e mantenere i contatti nelle proprie strategie di business. 

È fondamentale conoscere quali sono i nuovi processi e le nuove tecnologie che ci consentono di rendere automatiche specifiche attività di marketing, migliorando l’efficienza e la produttività.

Dalla relazione digitale all’ e-commerce b2

Sui social media quali sono le migliori tecniche di vendita per interagire con i propri prospects? Come coltivarli e fidelizzarli? Quali sono le nuove strategie di marketing per sviluppare efficaci E-commerce B2B?

Si prenderanno in esame quali sono i social media e le tecniche di vendita più performanti per interagire con i potenziali clienti e come coltivare questi contatti lavorando alla fidelizzazione attraverso le interazioni su questi canali. Verranno anche approfondite le nuove strategie di marketing per sviluppare efficaci E-commerce B2B.

Innovative ideas for marketing

Esistono attività nuove che, in punta di piedi, stanno entrando nel mondo del business e che condizioneranno le future strategie di marketing. Quali sono le più efficaci? 

Qui si cercherà di approfondirle tutte. Una delle più affascinanti? Quella del Gaming, ma anche la Realtà Virtuale.

Pronti a partire?

Con oltre 1.300 iscritti, 30 speakers di alto livello, più di 4.000 presentazioni scaricate, la B2B Marketing Conference si conferma come l’appuntamento annuale di riferimento per l’intera community del marketing e della comunicazione B2B.

SEGNA L’APPUNTAMENTO IN AGENDA E PREPARATI A CONOSCERE IL PROSSIMO FUTURO! >>

digital divide

Digital divide: perché la scarsa digitalizzazione non è legata all’età

Il dibattito e l’attenzione mediatica sul tema delle “Nuove Generazioni” si sono palesati dall’innesco portato dalla velocissima evoluzione tecnologica degli ultimi anni che ha posto l’attenzione su come il “nativo digitale” si sia trovato ad affrontare l’apprendimento della realtà in maniera totalmente differente, conseguentemente a comportamenti sociali e relazioni fortemente modificati rispetto all’approccio più “analogico” delle generazioni precedenti.

Sembra incredibile come il termine “digitale” (dall’inglese “cifra”, in riferimento a un sistema a base dieci, come le dita delle due mani) abbia la sua radice etimologica nel latino “dito”, quindi qualcosa che dovremmo percepire con tangibilità, a fronte invece di un significato che nel virtuale perde il suo senso di contatto fisico, se non appunto per mezzo delle dita che posiamo sugli schermi dei nostri dispositivi.

Giovani e adulti insieme per un nuovo mindset tecnologico

Parlare oggi di digital divide, significa sottolineare non solo l’accesso alla connessione e ai device tecnologici, ma anche le differenze di valori, modelli cognitivi, stili di relazione e modelli di apprendimento tra “nativi” e “immigrati” digitali, rappresentati dalle generazioni precedenti (in particolare Boomers e X-Gen).

Sebbene queste diversità tra generazioni siano sempre esistite, oggi sono più rilevanti per la velocità esponenziale del progresso tecnologico (la digital transformation) e l’allungamento della vita media.

Quando l’attenzione si pone sugli attori che partecipano attivamente o meno all’evoluzione delle tecnologie e alla loro comprensione, il pensiero non può che andare verso la storica definizione di Apocalittici e Integrati di Umberto Eco: ognuno di noi può riconoscere quale sia il comportamento istintivo che abbiamo nei confronti di una nuova tecnologia che al suo avvento modifica usi, costumi e quotidianità consolidate, soprattutto in questo periodo storico dove la ricerca e l’innovazione ci avvicinano continuamente a nuovi manufatti o esperienze.

Declinando il concetto sul piano generazionale (e fatte le dovute eccezioni – non tutti i giovani sono “early adopters”, e non tutti gli anziani sono “laggards”, riprendendo il modello di diffusione dell’innovazione di Everett Rogers) è abbastanza condiviso nell’immaginario collettivo che nei confronti delle nuove tecnologie si possa attribuire agli adulti/senior un sentimento in prima battuta tendenzialmente più critico di fronte a nuovi strumenti digitali, di contro ad uno più aperto e “naturale” da parte della gioventù.

LEGGI ANCHE: Migrazioni social: la fuga dei giovani in rete generazione dopo generazione

Digital skills ibride tra abilità e maturità digitale

Il tema del digitale ha sommerso letteralmente le agende manageriali e del business da diversi anni (il termine Industry 4.0 è stato coniato nel 2013!) e ancora di più ha reso improcrastinabile la trasformazione digitale di prodotti, processi e persone con l’acceleramento “fotonico” innescato dalla pandemia.

Per conoscere quali siano gli ambiti su cui giovani e adulti possano allenarsi o scambiare conoscenza, o buone pratiche, per migliorare il livello di padronanza della tecnologia come mezzo di lavoro e di comunicazione interpersonale, è forse utile fare chiarezza sul tema delle competenze digitali.

La difficoltà, in questo caso, è orientarsi nei tanti framework che hanno provato a destreggiarsi sul tema delle skills utili per essere al passo con la trasformazione tecnologica e, soprattutto, con l’informazione e le relazioni esercitate con gli strumenti del mondo virtuale.

E il terreno è non poco tortuoso: dal DigComp oggi nella sua versione 2.1 e ai paradigmi di rilevazione del DESI (Digital Economy and Society Index), della Commissione Europea, alla Web Literacy di Mozilla, alle numerose classificazioni disegnate dalle società di consulenza con i cosiddetti “Digital Maturity Models”, dalle associazioni che fanno educazione digitale con i loro modelli “open source” e così via.

Sicuramente, le vicende di attualità dell’home/remote working hanno portato maggiore consapevolezza sul fatto che la trasformazione digitale non è rappresentata solamente dall’adozione di strumenti o piattaforme più potenti o, banalmente, dalla conoscenza degli aspetti tecnici di un software, o di un nuovo device digitale, bensì dalle capacità di mostrare un mindset aperto e duttile all’arrivo di un nuovo mezzo tecnologico, e contemporaneamente quella di adattarlo al contesto e all’uso che se ne deve fare.

Su questo è estremamente rilevante la distinzione sistematizzata tempo fa da Francesco Derchi e Giulio Xhaet tra maturità digitale e abilità digitale.

Nella prima, si tratta di nutrire la consapevolezza e il cambio di mindset:

  • conoscere e riconoscere i contesti informativi e saperli interpretare;
  • identificare le peculiarità di un contenuto digitale (e di uno reale);
  • capire le implicazioni che hanno i dati nel lavoro e nel business;
  • saper esercitare l’ascolto e la relazione positiva anche online;
  • avere una mentalità collaborativa;
  • conoscere le basi della cybersecurity;
  • interiorizzare gli aspetti del benessere digitale e i rischi dell’esposizione alla iper-connessione.

Nella seconda, si tratta di declinare in forma pratica queste consapevolezze o queste attitudini:

  • organizzare le informazioni e saperle selezionare (fake news e debunking);
  • sviluppare contenuti in forme cross-mediali;
  • leggere i dati con strumenti specifici di analisi;
  • interagire e collaborare efficacemente e con empatia online;
  • navigare e interagire sui social media in sicurezza;
  • praticare in maniera consapevole il digital detox.

Il cambio di mentalità può essere ovviamente differente a livello generazionale, sebbene queste abilità siano valide per tutte le età che si rapportano al mezzo digitale.

Per un giovane, potrebbe significare il raggiungimento di un maggior senso critico sugli strumenti che (in teoria o nell’immaginario collettivo) sa già usare con naturalezza, mentre per un adulto significherà integrare il critical thinking acquisito con l’esperienza di vita con la padronanza pratica delle app, dei tools e degli strumenti correlati (o semplicemente averne coscienza e viverli con meno resistenza a priori, oppure addentrarvisi con pazienza e proattività di apprendimento).

Quante di queste cose potrebbero essere un terreno di scambio reciproco intergenerazionale?

Soprattutto i temi del digital wellbeing e dell’approccio “analogico” e critico all’information overload dei social media potrebbero diventare il nuovo scenario di hybrid digital skill, dove il digitale e il tecnologico potrà essere sempre più inteso come strumento e non come fine, ma soprattutto ben equilibrato con la relazione umana e della vita reale.

Solitamente. in letteratura la relazione che l’individuo ha con la tecnologia si identifica o come “determinismo tecnologico”, dove ogni mutamento sociale sarebbe determinato da un cambiamento nei modi di comunicare connessi alle tecnologie, più che nei contenuti stessi, oppure del “costruzionismo sociale della tecnologia”, nel quale la tecnologia è conseguenza dei processi sociali.

Probabilmente, la lente più opportuna da utilizzare è una formula intermedia e “ibrida” di co-produzione, dove non è la società a plasmare le tecnologie, e non sono le tecnologie a determinare la società: piuttosto società e tecnologie si influenzano e modificano a vicenda, in un processo di coevoluzione.

Così come l’incrocio di codici e saperi e di interdisciplinarietà è il valore aggiunto delle nuove skill del futuro – anche rispetto agli scenari timorosi dell’algocrazia e del dominio delle Intelligenze Artificiali, immaginare la commistione di approcci e mindset culturali intergenerazionali può risultare la soluzione maggiormente strategica oltre che più “sana”.

Gli antidoti generazionali alla Hustle Culture e alla tossicità digitale

Il significato del termine “Analogico”, oggi acquisisce nel parlare comune un’accezione demodé, oppure sembra fare riferimento a qualcosa di lento e malfunzionante: in realtà la sua definizione sta per qualcosa di “non numerico, o non digitale, detto di strumento di misurazione che fornisce misure in maniera non direttamente numerica e anche qualifica di tali misure” (Treccani). Quindi un principio qualitativo opposto ad uno espressamente numerico – magari binario.

Se ci viene facile affibbiare il termine “analogico” alle generazioni più adulte, perpetrando un po’ di ageismo, forse dovremmo fare i conti con lo scenario che ci circonda, dove “veloce” è sinonimo di efficiente, di performante e di positivo.

Viviamo l’era delle distrazioni digitali e della società del “tutto e subito”: secondo il report “Digital 2021: Global Overview Report”, nonostante i cambiamenti significativi nei comportamenti digitali dovuti al COVID-19, le persone dicono che trascorrono circa la stessa quantità di tempo ogni giorno sui social media oggi come hanno fatto in questo periodo l’anno scorso.

Tuttavia, i dati GWI mostrano che la media giornaliera è aumentata di oltre mezz’ora negli ultimi 5 anni. In totale, l’utente medio di Internet ora trascorre quasi 7 ore al giorno utilizzando Internet su tutti i dispositivi, equivalenti a più di 48 ore a settimana online: due giorni interi su una settimana di sette giorni.

Supponendo che una persona media dorma tra le 7 e le 8 ore al giorno, ciò significa che ora trascorriamo mediamente circa il 42% della nostra vita da svegli online e che trascorriamo quasi lo stesso tempo a usare Internet che a dormire.

LEGGI ANCHE: Come condurre una vita digitale sana dopo il lockdown da Covid-19

Il vero problema del rapporto col digitale di questa epoca non è solo nella quantità di tempo che dedichiamo al “virtuale”, ma soprattutto gli effetti che questo comporta.

Come ricorda continuamente Alessio Carciofi nelle sue indagini sul digital wellbeing, possiamo permetterci il lusso di dimenticare ed esercitare la memoria perché la tecnologia lo fa per noi e viviamo l’era delle distrazioni digitali in piena dipendenza da notifiche. Siamo tutti più o meno consapevoli che la grande risorsa a cui aneliamo costantemente ormai è l’attenzione.

Già diversi anni fa, secondo uno studio di Harvard, le persone trascorrevano il 46,9 per cento delle loro ore di veglia pensando a qualcosa di diverso da quello che stanno facendo, e questo “vagabondaggio mentale” dovuto all’uso tossico degli smartphone e della digitalità (vd. anche il binge watching) ci rende anche piuttosto infelici e distaccati dalla realtà.

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La causa non è solo nelle dinamiche di interazione che le notifiche digitali comportano, attivando meccanismi di rinforzo e sprigionamento di dopamina, in perfetto stile “slot machine”.

La progettazione dei prodotti e del business digitale si focalizza sul restituire continuamente il piacere della notifica e il suo rinforzo, contemporaneamente, è consapevole che le persone sono immerse in una realtà complessa e piena di distrazioni, per cui è perennemente in atto una “guerra” per catturare l’attenzione delle persone. E i sistemi elaborati dalle aziende con le strategie di marketing evoluto attuale, pensate per elaborare prodotti che alimentano continuamente la nostra fame di gratificazione istantanea, si abbinano ad una cultura effimera della ricerca del successo e alla valorizzazione narcisistica dell’immagine, che inevitabilmente ci porta perennemente a sentirci a disagio e non “all’altezza” nella nostra vita quotidiana.

La battaglia culturale che porta avanti Raffaele Gaito da qualche anno per innescare consapevolezza sul valore del controllo personale del tempo, sull’importanza dell’innamoramento verso il processo e la sperimentazione, è la chiave di volta.

La sua ultima pubblicazione “L’arte della pazienza. Come essere perseverante in un mondo frenetico” è un saggio dai contenuti ormai irrinunciabili per cambiare prospettiva sulla res digitale, in particolare per quanto riguarda il paradigma della “Hustle Culture”, che letteralmente ci esorta a spingere forsennatamente nel lavoro e nella quotidianità, verso obiettivi spesso irrealizzabili e a stipare continuamente cose da fare in agende dense di appuntamenti.

Raffaele spiega con i dati delle ricerche, con gli aneddoti storici di personaggi famosi e con il suo vissuto da imprenditore digitale, un metodo utile per il mondo del lavoro, del business e della vita personale, ma soprattutto sfata molti miti dietro l’immagine edulcorata del “successo” degli influencer, sul valore del fallimento (anche quello lento, mediterraneo, non necessariamente il “fail fast” di californiana memoria) e sulla pazienza, intesa anche come costanza e capacità di fare analisi critica e qualitativa.

Un approccio diremmo “analogico”, nel suo pieno significato di leggere la realtà anche con le lenti qualitative e non solo quantitative sui risultati di breve termine del “pochi, maledetti e subito”; come forse ha trasmesso nella cultura aziendale la disciplina del Finance e del Controlling, spesso univocamente focalizzato sulle chiusure dei quarter e non sulla meta o sulle persone che lavorano a quegli obiettivi.

Con il remote working, inoltre, si lavora di più e ci si affatica di più, e forse solo oggi, in condizioni estreme, stiamo scoprendo quanto la cultura frenetica e workaholic dei ruggenti decenni precedenti abbia reso disequilibrate le nostre vite professionali e personali. Senza distinzione di età.

Il dialogo intergenerazionale per ripensare il digitale

Parlare di digitalità allora, non significa più parlare di giovani come “smanettoni” o “social media dipendenti”, né di boomer come negazionisti tecnologici. L’esperienza del digitale è ormai così immersiva che non serve classificarla come questione per le nuove o le vecchie generazioni.

Si tratta di identificare quali necessità, in campo tecnologico, possano essere scambiate considerando sia per i giovani, sia per gli adulti, la capacità di suscitare per entrambi un mindset dinamico che insegni a guardare le opportunità esistenti nelle sfide che pone l’innovazione tecnologica, ammettendo però le debolezze e le “in-capacità” del tutto umane, migliorando con i feedback continui e la focalizzazione sui processi anziché solo sui risultati.

Ad esempio, le persone adulte hanno la tendenza ad interpretare i social network come fonti informative a cui forniscono una fiducia e una credibilità molto elevata (un po’ come “lo hanno detto in TV” di qualche tempo fa).

Avendo imparato ad utilizzarli successivamente, non riescono a “governarli” nella loro totalità e il loro utilizzo diventa, quasi, un gioco forza tra piattaforma e utente. Le generazioni Y e Z, invece, riescono forse ad avere un quadro più completo del luogo digitale dove si trovano, percependo come fonte non il social network in generale, ma la pagina o l’utente che pubblica il contenuto, sebbene rimanga anche per loro la difficoltà a muoversi tra le numerosissime fonti e stimoli che provengono da un mondo social che si dirige verso la saturazione.

Premettendo che è urgente e più che necessario che la formazione legata alle digital skill sia materia scolastica, se non addirittura una “patente”, che possa essere assegnata a grandi e piccoli per utilizzare consciamente gli strumenti e vivere in maniera consapevole la propria cittadinanza digitale, per generare l’incontro generazionale sul terreno della tecnologia, allora, potrebbe essere utile individuare quali contenuti possano essere scambiati nel reverse mentoring bidirezionale che giovani e adulti possono trasmettersi l’un l’altro:

  • il valore analogico del networking reale, la cybersecurity e il digital detox, ad esempio, potrebbero essere i driver che gli adulti sono in grado di trasmettere alle nuovissime generazioni
  • mentre la social netiquette, la conoscenza di tools e “tricks” digitali, e forse anche il coding, possono essere topic che i giovani possono insegnare ai senior, in azienda e a casa.

Per tutti, senza distinzioni di età, l’esigenza di essere istruiti sul terreno delle fake news e del debunking affinché anche i valori culturali, civici e politici non vengano storpiati dalle dinamiche (ormai potremmo dire immorali), del clickbait e delle “filter bubbles”, che non permettono di certo un dialogo aperto e trasparente tra generazioni.