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  • Migrazioni social: la fuga dei giovani in rete generazione dopo generazione

    Sembra passato un secolo da quando Facebook sembrava essere una novità esclusiva riservata ai più "smart"

    9 Aprile 2021

    Qualche giorno fa vi abbiamo raccontato di come fra i giovanissimi stia spopolando Omegle. L’occasione giusta per introdurre un concetto più vicino al mondo dell’etnografia digitale piuttosto che a quello del social media management: quello di migrazioni anagrafiche. L’idea che generazioni intere si spostino sul digitale da canale a canale, alla ricerca di nuovi spazi “vergini” da colonizzare, non è neanche così originale. Stiamo parlando, in effetti, della ripetizione di meccaniche note all’umanità, che da sempre ricerca nell’ignoto la propria realizzazione. La Rete, con il suo carattere di “non-luogo” e l’ormai raggiunta capillarità planetaria, è il teatro di queste nuove migrazioni, e Omegle può dirsi solo l’ennesima conferma di un fenomeno che si ripete ciclicamente. In questo articolo proveremo a individuare alcuni passaggi fondamentali per individuare, negli ultimi quindici anni, come tutto questo si è manifestato, provando a tratteggiarne una fenomenologia.

    In principio furono i forum

    Social Business Forum 2016 scopri i topic dell'appuntamento del 6 e 7 luglio Tutto comincia con il Web 2.0. Quando la Rete diventa “dialogica”, aprendo le porte alla possibilità di socializzare, si cominciano a intravedere i primi spostamenti. Forum e blog e social media diventarono il primo veicolo di trasformazione della società in ottica digitale: il fatto che agli inizi del millennio non abbiano sviluppato fenomenologie di massa come oggi siamo in grado di osservare dipende esclusivamente dal tasso di penetrazione del web fra le persone, ancora troppo basso per trasformare i casi che vengono registrati su di esso come ideali. Si tenga comunque conto che è in questi anni che si scoprono alcune meccaniche oggi comuni, come la “viralizzazione di notizie” (vere o false), così come il concetto di distribuzione del contenuto, che sarà di base allo sviluppo di idee ancor oggi molto attuali. È molto interessante notare anche che è in questa fase embrionale del web come lo conosciamo oggi, che affondano le radici due piattaforme ormai importantissime per comprendere il concetto di migrazione anagrafica: 4Chan, che nasce dall’idea di Christopher Poole nel 2003, e reddit, che viene fondato nel giugno del 2005 da Steve Huffman, Alexis Ohanian e Aaron Swartz. Come abbiano fatto ad arrivare fino a noi queste due piattaforme rimanendo in buona salute, rimane una di quelle curiose meccaniche che possono essere ricondotte alla ciclica attenzione che si rivolge a ciò che è vintage e genuino. I forum riescono a mantenere questa qualità.

    2004: Facebook e il primo confine

    ninja Sembra passato un secolo da quando Facebook sembrava essere una novità esclusiva riservata ai più “smart”. Oggi il social network più grande al mondo continua a essere il più abitato, anche se a distanza di 15 anni dalla sua nascita possiamo affermare con moderata sicurezza che la sua utenza sia sostanzialmente stanziale. Ad oggi, alcune statistiche si spingono a sostenere che solo il 51% delle persone tra i 13 e i 17 anni usa Facebook, nonostante sul gigante di Mark Zuckerberg permetta di iscriversi proprio dai tredici anni in su. Non è sempre stato così, però: possiamo dire che quando è nato e ha cominciato a crescere, Facebook è stato una sorta calamita proprio per la fascia più giovane, che allora erano i Millenials.

    2010: Instagram, l’El Dorado

    social media marketing Quando arriva sull’app Store, il 6 ottobre 2010, Instagram è forse ancora più vicina a un’app per filtrare le foto che non a una piattaforma social. Ci mette poco, però, per acquisire lo status di social network di tendenza, tanto che due anni dopo, il 9 aprile 2012, a meno di due anni dalla sua nascita, Facebook ne annuncia l’acquisizione per un miliardo di dollari. Quella che sembra una spesa folle per una piccola startup cresciuta rapidamente con soli tredici dipendenti (a fine 2011 sono più di 150 milioni le foto caricate sulla piattaforma sviluppata da Kevin Systrom e Mike Krieger) si dimostra forse la scelta più azzeccata da Mark Zuckerberg, forse ancor più preziosa rispetto a quella che lo porterà nel 2014 ad acquisire WhatsApp. Il perché si può intuire oggi. La GenZ, che nel mentre diventa oggetto delle attenzioni da parte delle aziende, ha sostanzialmente snobbato Facebook in nome di una crescente attenzione per i linguaggi visuali e la precisa volontà di evitare spazi già abitati da altri. Ad oggi, secondo Hootsuite, poco meno del 37% degli utenti Instagram è sotto i 25 anni (il 33% è fra i 25 e i 34). Attratti dalla semplicità d’utilizzo, e forse dalla capacità della piattaforma di ottimizzare poche funzioni innalzandone la qualità (scattare foto, fare video, diffonderle, interagire), oggi su IG possiamo con sicurezza affermare che si sta formando il gusto dei consumatori che fra 10 anni monopolizzeranno le attenzioni del mercato. Non è un caso che su Instagram siano nati fenomeni come l’influencer marketing, oggi centrale nel content mix di chiunque. È anche su questo canale che si comincia a notare il problema dell’eccessiva metrificazione, ossia dell’emergere di bulimia da reaction che porta soprattutto i più giovani al manifestare problemi di autostima. Non è un caso che sia la stessa piattaforma a eliminarli, nel 2018, a seguito di un movimento crescente di osservatori che parlano apertamente di demetrificazione. In questa fase, la prima migrazione anagrafica è già avvenuta, ma le persone non se ne sono accorte. Semplicemente, si osserva da lontano un movimento che però è sintomatico, e che diventerà endemico di un modo di usare il web: d’altronde, nel mentre, il digital divide grazie agli smartphone si è ridotto sensibilmente.

    2011/2017: Snapchat, Blue Whale e uno scenario frammentato

    Gli Spectacles di Snapchat sono arrivati anche in Italia

    I più assidui lettori di Ninja Marketing ricorderanno che anche il nostro magazine ha trattato diffusamente il fenomeno della Blue Whale. Quello che si è dimostrato essere una specie di bufala, è però indicativo di una serie di comportamenti che vengono adottati e che sono frutto delle migrazioni anagrafiche oggetto di questo articolo. Nel 2011, infatti, mentre Instagram comincia la sua corsa negli USA, da un’idea di Evan Spiegel, Bobby Murphy e Reggie Brown nasce Snapchat, l’app per la produzione e invio di foto e video a tempo che nel tempo ridefinirà il concetto di consumo di contenuto. L’app del fantasmino diventerà un must per i giovanissimi (ad oggi è usata per il 48% da utenti fra i 15 e 25 anni. Il 30% ha fra i 26 e 35 anni) e affiancherà Instagram nella “dieta social” della GenZ, cui nel frattempo si unisce nel 2016 un’altra piattaforma che nel tempo diventerà molto nota: musical.ly (che nel 2018, com’è noto, verrà acquisita da TikTok). Sempre nel 2011 è nata un’altra piattaforma decisamente salita agli altari della cronaca nell’ultimo biennio: Twitch. Per molti, la vera alternativa ai broadcaster televisivi, è il network che ha permesso di far diventare di massa la figura del gamer, ma non solo. Oggi creator di tutti i generi si muovono su Twitch, generando non poche opportunità di monetizzazione. Queste sono solo alcune delle ragioni per cui i sei anni in oggetto mostrano uno scenario che si frammenta sempre più. La Blue Whale, nel suo essere fino a un certo punto cronaca, è lo specchio di una fenomenologia che fotografa l’incapacità di intercettare e comprendere i movimenti dei più giovani sul digitale. Lo scambio di foto, il sexting, l’incontro online, i fenomeni predatori verso i più giovani utilizzatori della Rete, sono tutte derive che si mescolano a una trasformazione dei costumi obbliga la società a confrontarsi con una serie di piattaforme che il più delle volte non vengono neanche capite dai media mainstream, tanto da non registrare passaggi di massa da un habitat a un altro. Il problema è quando la cronaca nera si riempie di fatti che, all’improvviso, fanno da cassa di risonanza di fenomeni attivi da un po’: si può citare, fra i più pittoreschi, quello originato dal creepypasta Slender Man, che oltre a ispirare un film prodotto nel 2018 sembra divenne la ragione nel 2014 anche di un accoltellamento.

    2018/2021: la migrazione continua

    Se oggi dovessimo mappare “come” si muove l’umanità online, come socializza, dove prende posizione, probabilmente dovremo uscire fuori dalle normali statistiche per entrare in territori per molti inesplorati. Ciò che è certo è che soprattutto la fascia più giovane ha imparato a impiegare il web come acceleratore per socializzare. Possiamo affermare con sicurezza che la Generazione Alpha si avvia a essere la prima che concepirà definitivamente la socialità come definitivamente mediata dal web. È in questi anni che si sono susseguite segnalazioni simili a quelle della Blue Whale, partendo da casi di nera che avevano come protagonisti bambini e adolescenti protagonisti di atti violenti, di autolesionismo o a volte peggio. Nel 2020 è stato il caso di Jonathan Galindo, mentre più recentemente si è parlato tanto del Choking Game (tornato in auge ultimamente dopo esser salito agli altari della cronaca già negli anni ’90) che pur partendo da logiche diverse (il primo riconducibile a un creepypasta, il secondo più a un trend malsano tipo quelli di TikTok) acquisiscono forza grazie alla viralità del messaggio. Viralizzazione che è possibile grazie essenzialmente alla colonizzazione di molti habitat diversi, scarsamente presidiati (e conosciuti) da chi per esperienza e giudizio potrebbe fermare sul nascere certe mode. Ad oggi, oltre alle piattaforme citate nel nostro precedente articolo (Omegle, Discord) sono diverse le app e le soluzioni che gli under 20 usano per incontrarsi (e che possono diventare territorio pericoloso, se non ben utilizzate). Oltre alle “anziane” Twitter e Tumblr, che per motivi diversi stanno tornando in auge e che possono viralizzare in fretta contenuti privati e favorire l’incontro con malintenzionati, sono tante quelle soluzioni a disposizione che, c’è da scommettere, in tanti non conosceranno. Fra la messaggistica privata, ad esempio, ci sono ad affiancare le più note WhatsApp e Telegram (diventata protagonista suo malgrado di casi di cronaca legate a revenge porn e attività illecite varie), ma anche  GroupMe e Kik Messenger. La prima è una piattaforma del tutto simile alla suite di Instant Messaging appartenente alla galassia Zuckerberg, con la differenza che attraverso di essa è possibile condividervi il calendar personale. La seconda è espressamente per bambini, con la possibilità di sponsorizzare le chat ed effettuare acquisti in-app, come avviene ad esempio su WeChat. Appartenente alla famiglia delle videochat c’è Houseparty, dove è possibile organizzare stanze in video fino a otto persone, e Live.me, dove anche i più piccoli possono trasmettere in diretta, realizzare video e persino monetizzare con i propri contenuti, senza alcun filtro. Della stessa famiglia di Omegle possiamo citare anche MeetMe, Yubo e Amino, più vicine alle logiche di dating che non al semplice incontro: tutte però passano da un incontro che può essere anche video, con tutte le conseguenze del caso. Su modello di Snapchat importante segnalare Whisper, app che replica le meccaniche di Insegreto.com, con la differenza che oltre alla componente testuale si può condividere anche un contenuto visuale: il più delle volte, oltre alla sfera sessuale, è spazio di condivisione per fobie, insicurezze, depressioni e similari.

    Osservare, capire, prevenire

    Educazione futura Tante volte si sono lanciati allarmi (puntualmente caduti nel nulla) su fenomeni digitali che non sempre hanno condotto a una vera presa di coscienza dei comportamenti che si tengono online. La realtà dei fatti porta però a un’unica considerazione: per sua natura, il digitale è liquido, e liquidi sono i comportamenti che si assumono navigando. In presenza di una civiltà che sta transitando verso una completa digitalizzazione dei processi sociali, è evidente che gli ultimi arrivati, i giovani, siano più efficienti nell’appropriarsi di meccaniche e modelli di utilizzo che, la storia ci insegna, sono decisamente diversi di volta in volta. Come questo piccolo excursus cerca di dimostrare, siamo passati in vent’anni dall’interagire con lentezza a esprimerci secondo logiche multimediali con tempi sempre più ridotti, dandoci addirittura delle metriche per determinare l’efficacia del nostro messaggio e il gradimento che esso è in grado di sviluppare. Un’evoluzione a scarto ridotto, dove il medium è centrale e non sempre chi immagina le modalità e gli utilizzi è in grado di determinare dove queste condurranno. L’unica chance per riuscire a condurre questo cambiamento epocale è imparare a conviverci, abituandosi all’idea che ciò che vediamo è solo la punta dell’iceberg. Il web è un mondo al momento infinito, dove nascono di continuo nuove forme di costruzione di senso: un non-luogo, dicevamo, ma morfologicamente ricco per paesaggi, culture e abitudini, proprio come un continente che si sta esplorando e ospita tante civiltà sconosciute. La differenza è che quelle civiltà siamo noi, e non tutti viaggiamo con gli stessi scopi e le stesse velocità. Progetti come  Social4School o Social Warning – Movimento Etico Digitale (cui anche chi vi scrive aderisce orgogliosamente) tentano proprio di preparare chi deve vigilare a questa esplorazione. Iniziare questo viaggio è indispensabile: la posta in gioco è il veder le migrazioni anagrafiche diventare teatro di molti più casi che riempiranno le pagine di cronaca.