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Nel futuro il cliente è al primo posto: 5 aziende l’hanno capito grazie alla pandemia

Nel corso di quasi 15 mesi da quando è stato annunciata la pandemia da COVID-19, la vita è cambiata radicalmente. La maggior parte di noi ha stravolto i propri piani – sia personali che professionali – e ha maturato una comprensione molto più profonda di cosa significhi adattarsi. 

Abbiamo osservato enormi cambiamenti nel modo in cui le persone interagiscono con le aziende a livello mondiale. Il comportamento d’acquisto è estremamente cambiato: i clienti hanno iniziato a esplorare, cercare e pianificare la maggior parte dei loro acquisti sul web. La nuova realtà della pandemia ha costretto molti brand a cambiare radicalmente le loro strategie di marketing; altri, invece, hanno accelerato strategie già avviate.

Fra tutte le sfide dell’anno scorso, i brand si sono mostrati ai consumatori come mai prima d’ora, creando un modello di marketing ancora più incentrato sul cliente. Puntando su soluzioni come i dati di prima parte e l’automazione, le aziende ora garantiscono maggiore tutela della privacy, personalizzazione e convenienza alle persone che interagiscono con il brand e lo vivono.

Mentre gli Stati Uniti iniziano a immaginare il ritorno a una parvenza di normalità, abbiamo parlato con cinque leader del marketing in diversi settori che hanno messo in atto dei cambiamenti customer-centric per preparare le loro aziende al futuro.

Di seguito spiegano come hanno utilizzato i dati di prima parte e l’automazione, dando consigli chiave agli altri marketer, indipendentemente dal settore di appartenenza.

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Promuovere le connessioni per creare una community

Nel mondo dei servizi finanziari, è facile concentrarsi sull’utilità dei prodotti che offriamo. Ma alla fine della giornata, il denaro e la gestione di un’azienda riguardano soprattutto le persone. I proprietari delle piccole imprese dipendono dalle relazioni con gli altri, e i video ci aiutano a raccontare queste “storie di persone”. Su YouTube possiamo raggiungere venditori in cerca di ispirazione e idee su come sopravvivere e prosperare.

Lauren Weinberg, Chief Marketing Officer di Square

La missione di Square – permettere a tutti di accedere agli strumenti per avere successo, in base alle proprie caratteristiche – è stata ideata l’anno scorso. Il COVID-19 è arrivato proprio mentre l’azienda stava preparando la sua prima grande campagna di brand, facendo slittare il lancio. Square ha immediatamente riallocato il suo budget di marketing per offrire software gratuiti e rimborsi ai proprietari delle piccole imprese profondamente colpite dalla crisi.

Nel corso della pandemia, Square ha deciso che non poteva continuare a basarsi sul performance marketing, come faceva da tempo; i proprietari delle aziende stavano cercando consigli su come adattare le loro attività, e Square aveva le soluzioni e gli strumenti per aiutarli.

L’azienda ha trasformato la sua strategia iniziale di messaggistica mettendo in evidenza le soluzioni indispensabili agli imprenditori per affrontare le nuove modalità di fare business, come i pagamenti contactless, gli shop online, il ritiro e la consegna sul marciapiede, e i Prestiti Paycheck Protection (PPP).

Poi, per sostenere ulteriormente la comunità delle piccole imprese, Square ha invitato i clienti a condividere le loro storie di lotta e resilienza chiamando un numero verde. I messaggi ricevuti hanno dato il via alla serie di video Seller Stories di Square, che unisce storie d’ispirazione di piccole imprese, come quella del più antico rivenditore di abbigliamento maschile di Detroit che ha creato un e-commerce per rimanere aperto, con dei consigli su come prosperare in tempi difficili.

Sviluppando questo duplice approccio, Square ha ottenuto un aumento dell’82% del traffico web di prospect rispetto all’anno precedente e ha aumentato il tempo trascorso sulla landing page della campagna di oltre 3 volte.

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Trasformare i clienti in superfan fedeli

Abbiamo cercato con tutte le forze di ridurre la distanza tra l’ispirazione e l’acquisto per i nostri clienti. Quando qualcuno è ispirato da un prodotto, vogliamo essere lì per aiutare a concludere l’acquisto, quindi abbiamo fatto una serie di progressi in ambito social commerce. La centralità del cliente è sempre stata un obiettivo della nostra azienda, e stiamo continuando a migliorare in questo senso.

William White, SVP e Chief Marketing Officer di Walmart U.S.

Come più grande rivenditore al mondo, Walmart serve circa 220 milioni di clienti e membri nel mondo ogni settimana. Quindi, quando i consumatori di tutto il mondo hanno dovuto affrontare le difficoltà economiche legate alla pandemia, la missione dell’azienda – aiutare le persone a risparmiare per poter vivere meglio – è diventata più importante che mai.

Per soddisfare le mutevoli esigenze dei clienti, Walmart ha accelerato e ampliato i servizi esistenti di ritiro sul marciapiede, ritiro in negozio, consegna in giornata e consegna a domicilio. E per semplificare ulteriormente l’esperienza d’acquisto online dei clienti, l’azienda ha unito le sue app, un tempo separate, per i prodotti alimentari e gli acquisti.

Walmart sapeva anche di dover rafforzare l’amore per il brand per avere clienti fidelizzati in un mercato ipercompetitivo. La soluzione è stata Walmart+, un nuovo tipo di abbonamento che offre ai clienti dei vantaggi per risparmiare tempo e denaro, tra cui il pagamento “scan-and-go” sullo smartphone nei negozi al dettaglio e una spedizione veloce e gratuita per gli acquisti online. Inoltre, Walmart ha iniziato a offrire “esperienze di brand” su larga scala, come ospitare film drive-in nei parcheggi dei negozi, per favorire le relazioni con i clienti.

Walmart ha già visto il risultato del cambiamento verso una maggiore customer-centricity. Il suo impegno ha contribuito a una crescita del 37% delle vendite online e una crescita del 6% delle vendite totali negli Stati Uniti per il primo trimestre dell’anno fiscale in corso.

Contestualizzare i contenuti attraverso dati di prima parte

I viaggi con le tecnologie contactless non devono essere meno personalizzati. Quando conosciamo le preferenze di un cliente o l’iscrizione a un programma di fidelizzazione, possiamo offrire le promozioni giuste e condividere i contenuti più rilevanti, come i dettagli sui nostri ristoranti, se è un buongustaio, o le informazioni sulla spa, se ama il relax. Usare i dati di prima parte in questo modo ci permette di personalizzare le esperienze e far risparmiare del tempo ai nostri colleghi in azienda per garantire esperienze eccezionali.

Julia Vander Ploeg, vicepresidente e responsabile globale del settore digitale e tecnologico di Hyatt Hotels

Hyatt ha capito da tempo l’importanza di unire i manager del marketing, dei dati e dell’analisi, dell’ingegneria, dei prodotti e non solo attorno a un pensiero condiviso: segnali in entrata, segnali in uscita. Questo ha permesso all’azienda di integrare le piattaforme di dati con quelli di ogni team perché questi attingano alle stesse informazioni, al fine di fornire esperienze allineate con i valori del brand.

Il COVID-19 ha poi dato la spinta per accelerare l’uso, da parte di Hyatt, dei segnali dei clienti per offrire interazioni personalizzate più smart. L’azienda è passata da una strategia di dati di terze parti a un approccio basato sulla privacy e sui dati di prima parte. Questo ha permesso a Hyatt di costruire relazioni dirette con gli utenti e offrire contenuti di valore in cambio delle loro informazioni. L’offerta di “contenuti in contesto” includeva dettagli personalizzati e rilevanti sulle destinazioni, come ristoranti vicini, eventi sportivi, concerti e anche ritardi dei trasporti locali.

Dando priorità ai dati di prima parte e offrendo un’esperienza più personalizzata, Hyatt ha raggiunto 13 volte più clienti nel 2020. L’azienda continuerà a sfruttare il successo delle esperienze di brand customer-centriche per promuovere la fidelizzazione dei clienti in tutto il Gruppo.

Supportare i clienti in modo autentico

I marketer devono essere sempre pronti a cambiare direzione. Man mano che ci avvicinavamo al 2021, abbiamo percepito più volte l’ottimismo dei nostri clienti per il futuro. Il loro ottimismo, unito al ruolo importante che gli imprenditori svolgono nel creare nuove idee e incrementare l’economia, ci ha aiutato a trasformare #OpenWeStand in un messaggio per il 2021: – Make a Different Future.

Fara Howard, Chief Marketing Officer di GoDaddy

Con lo scoppio della pandemia, GoDaddy si è resa subito conto che i clienti avevano bisogno di aiuto in modi nuovi e diversi. Questo ha portato GoDaddy a lanciare #OpenWeStand, una campagna che ha riunito oltre 70 partner aziendali con l’obiettivo di aiutare gli imprenditori a gestire una piccola impresa in tempi incerti. Sul sito della campagna, GoDaddy ha creato un’ampia gamma di strumenti per aiutare la comunità delle piccole imprese a riunirsi per una forte causa: “Come rimanere aperti, anche se le vostre porte sono chiuse”.

Per capire quanto successo ha avuto #OpenWeStand tra il pubblico, GoDaddy ha collaborato con Google per sviluppare una metodologia e un sistema di misurazione. L’azienda ha usato gli studi di Brand Lift per misurare i cambiamenti nell’awareness del brand, nella consideration e nell’interesse di ricerca, e ha applicato il modello dell’attribuzione per misurarne gli effetti durante il custumer journey.

Sulla base dei risultati ottenuti, GoDaddy è stata in grado di ottimizzare la campagna nel tempo. Ha incrementato l’utilizzo dell’offerta automatica e ha introdotto annunci adattabili della rete di ricerca (responsive search ads) per raggiungere, ad esempio, i clienti nei momenti giusti con un messaggio pertinente.

Ad oggi, più di 70 grandi aziende si sono unite alla causa di GoDaddy per sostenere le piccole imprese e il video dell’inno #OpenWeStand ha totalizzato oltre 65 milioni di visualizzazioni.

Offrire esperienze diversificate

Per quanto riguarda l’adozione dei servizi online nel settore Automotive, ciò che avrebbe dovuto richiedere dai tre ai cinque anni ha richiesto soltanto sei mesi. Durante la notte si sono verificate importanti curve di apprendimento. Non è stato facile, ma ci sono state molte nuove opportunità. I clienti possono creare relazioni con i brand che non avrebbero mai creduto possibili. Quindi, come brand, dobbiamo pensare a come soddisfare le esigenze dei clienti ed essere davvero presenti per loro, usando i dati. Stiamo cercando di cambiare l’intero modello di relazione con i clienti.

Suzy Deering, Global Chief Marketing Officer di Ford Motor Company

Se molte aziende si stavano focalizzando solo su come rimanere a galla durante la pandemia, Ford aveva una visione più grande. In un momento in cui le vendite dell’industria automobilistica erano scese del 15%, l’azienda ha colto un’opportunità di trasformazione del business e ha iniziato a delineare un piano.

Guidata da un nuovo CEO, Ford ha iniziato a mettere in discussione tutto, dai silos organizzativi alla leadership, fino al futuro dei suoi veicoli. Come parte del processo, il brand ha intrapreso una partnership strategica con Google per reinventare completamente l’esperienza del cliente attraverso nuove tecnologie, come migliori veicoli connessi, e servizi più personalizzati, come richieste di manutenzione in tempo reale.

Tra le altre attività di marketing, Ford sta mettendo al primo posto anche le relazioni con i clienti. L’azienda sta rapidamente passando da un modello di acquisizione a un modello basato sulla fedeltà che le permetterà di soddisfare le continue esigenze delle persone in modo più personalizzato.

Senza sapere come sarebbe stata la “nuova normalità”, queste aziende hanno dato priorità alla soddisfazione dei bisogni dei loro clienti investendo in dati di prima parte e nell’automazione. Anche se non possiamo prevedere quali sfide ci aspetteranno, trovare nuovi approcci che mettano i clienti al centro del vostro business è un ottimo modo di prepararsi a quel che accadrà nel prossimo futuro.

Articolo di: Kate Stanford

Traduzione a cura di: Debora Melania Martuccio

Diversity, inclusion, equality: Spotify contro la discriminazione di genere

Libertà di esprimere la propria unicità. Ispirare un cambiamento positivo ed aprire nuove strade per la parità di genere verso una cultura del rispetto delle differenze, nel tentativo di abbattere disuguaglianze, stereotipi e clichè.

L’onda rainbow si propaga in Italia per il Pride Month, per celebrare la difesa dei diritti delle persone, oltre le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere.

Attivisti, star system, brand e aziende in campo per contrastare l’omofobia e la transfobia, l’avversione e l’intolleranza nei confronti delle persone, gay, lesbiche, bisessuali e transessuali.

Diversità che può tradursi in leva di business o nella necessità, per i brand, di prevedere all’interno dell’organizzazione aziendale anche un Chief Diversity Officer per l’inclusione della diversità e della disabilità.

La rivoluzione dei modelli culturali

Una spinta rivoluzionaria che parte dalle icone indiscusse del pop mondiale, da Madonna, a Cher e Lady Gaga con messaggi di sensibilizzazione  rivolti all’affermazione della dignità e dell’uguaglianza, alle grandi big tech, come Spotify, eBay, Facebook, Google e TikTok, riunite in Italia nel progetto #Tech4Pride con l’illuminazione arcobaleno del Palazzo storico del Comune di Milano in occasione della Pride Week.

“Un’illuminazione fisica, ma soprattutto metaforica – spiegano le big company – per accendere i riflettori sull’importanza di sostenere un luogo sicuro per ragazze e ragazzi respinti dalle loro famiglie dopo aver fatto coming out”.

Un’iniziativa congiunta tesa al sostegno di Casa Arcobaleno, una Casa per i ragazzi discriminati per il proprio orientamento sessuale e identità di genere o per il percorso di transizione avviato. Un luogo sicuro dove sentirsi accolti per realizzare il proprio progetto di vita, seguendo i propri desideri.

«La musica, nella storia, ha sempre offerto alle minoranze culturali oppresse il modo per far sentire la propria voce. E noi, che nasciamo come piattaforma di streaming musicale, abbiamo fatto nostro questo ruolo di “amplificatori”»,

esordisce Ester Gazzano, Head of Consumer Marketing, Southern and Eastern Europe di Spotify, che si racconta a Ninja Marketing sul tema delicato della Diversity & Inclusion.

 

 

Diversity, inclusion, equality: Ester come si costruisce una strategia D&I, su quali principi etici si fonda?

«Nel caso di Spotify, la Diversity & Inclusion rappresenta una parte fondamentale del Dna aziendale: ha nella sua mission la volontà di dare a tutti la possibilità di esprimere la loro arte, e quindi incoraggia, supporta e a volte fa da pioniere a queste voci che sono segnale di un cambiamento sociale importante. Oltre a essere parte integrante della mission aziendale, la D&I nel nostro caso è rispecchiata dalle stesse persone che sono parte dell’azienda: in Spotify arrivano talenti di ogni cultura, razza e genere, per poter rappresentare ogni punto di vista, incoraggiare la creatività, perseguire l’innovazione e capire meglio ogni tipologia di utente e creator».

Spotify, eBay, Facebook, Google e TikTok in campo, per la prima volta insieme, per sostenere la comunità LGBTQA+ e celebrare la Milano Pride Week. Come nasce questa sinergia?

«La sinergia nasce dalla volontà, come ha citato il Sindaco di Milano Giuseppe Sala a commento dell’iniziativa, di fare la differenza insieme nella promozione dei diritti e nella diffusione della cultura della condivisione, della solidarietà e della tolleranza. Noi di Spotify, come le altre big tech coinvolte, siamo un po’ uno specchio di quello che accade nella società, in termini di costumi, tendenze, movimenti sociali: il movimento a favore dei diritti della comunità LGBTQ+ cerca una rappresentanza anche attraverso le aziende che sono, appunto, in grado di veicolare i loro messaggi e amplificare la loro voce, e Spotify lo è certamente. La cronaca di quest’anno ha visto protagonisti diversi casi di ragazzi e ragazze discriminati dalle proprie famiglie dopo aver fatto coming out. Abbiamo dunque ritenuto fondamentale attivarci e unire le forze per supportarli, affinchè possano avere un luogo sicuro, quale è Casa Arcobaleno, in cui essere accolti e trovare una nuova famiglia».

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L’importanza dell’autenticità della vision D&I per un’azienda

Inclusione: è una strategia di marketing da cavalcare per le aziende o una reale conquista nella lotta contro ogni forma di discriminazione?

«Non esiste strategia di marketing legata alla D&I che possa essere efficace senza che l’azienda non abbia l’inclusività nel suo DNA. Le persone oggi chiedono, se non pretendono, autenticità da parte delle aziende, così come chiedono che le aziende si esprimano e agiscano in maniera concreta su determinati temi e accadimenti. Dunque l’inclusione, così come la diversità, prima di tutto devono essere parte integrante di un’azienda».

La narrazione podcast della cultura queer: nasce PRIMA

Quali sono le iniziative ideate da Spotify per garantire diversità e inclusione all’interno dell’azienda e, in contemporanea, permettere ai propri creator di manifestare la propria libertà di espressione.

«Negli anni durante il mese del Pride siamo stati presenti con diverse attivazioni volte a creare uno spazio più ampio e permanente per la cultura queer, sia sulla piattaforma che nella società. Quest’anno in Italia abbiamo lanciato PRIMA, un nuovo podcast originale che racconta la storia di Mariasilvia Spolato, la prima donna in Italia ad aver dichiarato pubblicamente la sua omosessualità nel 1972. Questo podcast vuole celebrare, a 50 anni dalla nascita dei primi movimenti omosessuali, il coraggio di chi, esponendosi in prima persona, ha aperto nuove strade e cambiato la vita delle generazioni successive. Abbiamo inoltre rinnovato Pride, un hub editoriale che promuove artisti, podcaster e playlist LGBTQIA+. Dell’hub fa parte anche la playlist Pride Italia, che celebra la musica di artisti e artiste che fanno parte della comunità italiana LGBTQIA+ o che a essa sono legate, in modo iconico. Spostandosi sul tema a noi caro del gender gap, abbiamo di recente lanciato la nostra campagna globale EQUAL».

Ester Gazzano, Head of Consumer Marketing, Southern and Eastern Europe di Spotify

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In cosa consiste EQUAL?

«È dedicata a promuovere la parità di genere e a celebrare il contributo delle donne nel mondo dell’audio. Tramite Equal, intendiamo far conoscere sempre più le artiste e le podcaster a livello locale e internazionale, attraverso partnership globali, attivazioni, nuovi contenuti e supporto concreto sulla piattaforma come all’esterno.

La cultura della D&I viene trasmessa da Spotify sia ai creators che alla sua audience anche attraverso le persone che sono parte dell’azienda: a livello centrale vengono promossi diversi programmi, progetti ed eventi orientati a favorire l’inclusione, come ad esempio l’Inclusion Summit, che nel tempo ha ampliato il numero di delegati da diversi uffici nel mondo proprio per garantire massima rappresentanza e favorire un momento globale di confronto su questi temi».

Da creator ad inspirator: quanto sarà fondamentale ispirare modelli positivi contro qualsiasi forma di odio razziale, di genere, etnico o religioso?

«Sicuramente è fondamentale. Anche per questo la nostra campagna sulla parità di genere, EQUAL, mette in primo piano ogni mese delle nuove artiste. Il primo volto che abbiamo scelto, ad esempio, è stato quello di Madame, che sul tema si è personalmente esposta e che rappresenta un modello di riferimento per tutti i giovani, essendo stata grado di parlare di diversità, inclusione e di ricerca della propria identità con un linguaggio accessibile a tutti: quello della musica».

Pari opportunità di genere anche nelle progressioni di carriera: le statistiche, purtroppo, dimostrano un gap salariale e anche di crescita professionale delle donne rispetto agli uomini. Qual è la vision di Spotify in proposito?

«È un gap che conosciamo, avendo rilevato che, ad esempio, solo 1 artista su 5 nelle classifiche è donna, un dato in netto contrasto con il ruolo chiave e la grande influenza delle donne sia nel successo di Spotify che dell’industria musicale in generale. Un dato che prendiamo come punto di partenza per dare il nostro contributo e costruire progetti che possano colmare il gap. Nell’ambito di EQUAL, ad esempio, abbiamo lanciato un Board attraverso cui 15 organizzazioni di tutto il mondo si impegnano a offrire un incentivo economico, una tantum, per supportare le artiste e lavorare in collaborazione con loro per scoprire metodi tangibili per rendere l’industria audio più equa. Abbiamo inoltre rinnovato, sempre a livello globale, anche programmi di successo come Sound Up per dare sempre nuove opportunità alle donne nel mondo dell’audio. Il tutto oltre alle playlist dedicate alle artiste donne, che promuoviamo sempre nell’ambito di EQUAL».

Nasce Spotify Greenroom: come sarà possibile bloccare eventuali contenuti offensivi della dignità umana? È possibile, inoltre, tracciare un primo bilancio a meno di due settimana dal lancio in Italia?

«Abbiamo lanciato Greenroom consapevoli che il potenziale dell’audio è illimitato, quindi anche con l’obiettivo di sperimentare nuovi format che aiutino i creator a interagire con la propria audience e viceversa. Non abbiamo risultati da condividere a così poco tempo dal lancio, ma siamo convinti che questo possa rappresentare un ulteriore strumento da offrire alle persone, artisti o utenti, per esprimere la loro creatività. Per garantire a tutti un’esperienza piacevole e sicura su Greenroom, non sono ammessi contenuti che fomentano l’odio o l’esaltazione della violenza, la promozione dell’autolesionismo, le molestie, la pubblicazione di contenuti sessualmente espliciti e violazioni delle condizioni d’uso di Greenroom. In generale stiamo lavorando per assicurare che le policy legate alla gestione dei contenuti su Greenroom siano coerenti con quelle delle altre piattaforme da noi acquisite (es. Anchor, Megaphone) e continueremo a investire in quei team che svolgono un ruolo nel garantire che le nostre piattaforme siano sempre sicure da utilizzare».

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temporelli copertina

Podcast, Steve Jobs e stampa 3D: intervista a Massimo Temporelli

Sposare una tecnologia, sposare l’innovazione significa guardare al futuro con ottimismo. Nessuna delle persone che dicono di voler abbandonare la tecnologia sarebbe disposta a fare a meno del wi-fi o dei viaggi in aereo, a meno di non essere davvero ortodossi“.

In questa tappa degli appuntamenti con gli Unbreakable Speaker protagonisti di N-Conference, Mirko Pallera di Ninja ha incontrato Massimo Temporelli, fisico e co-founder della start up innovativa sulla fabbricazione digitale TheFabLab.

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F***ing Genius e stampa 3D

Massimo è anche protagonista di un seguitissimo podcast, “F***ing Genius“, che racconta le grandi figure che hanno cambiato la nostra evoluzione, da Nikola Tesla a Steve Jobs, da Marie Curie a Leonardo da Vinci: assolutamente consigliato!

Secondo lui, fare ricerca e sviluppo sulle nuove tecnologie è l’unico modo per far incontrare innovazione e sostenibilità. Il suo F***ing Genius ideale è quasi un antropologo, oltre che uno scienziato, più umano e meno tecnico, in grado di proporre alla società quello che non sa ancora di volere: quello che rappresentano ad esempio Steve Jobs ed Elon Musk.

Audacia, coraggio, tecnologia, progettualità, innovazione sociale e tecnologica: questa la ricetta di Massimo Temporelli per essere unbreakable.

massimo temporelli the fablab

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Il grande potenziale della digital fabrication è che permette di passare facilmente dall’idea al progetto e dal progetto alla produzione con pochi passaggi, senza dover frequentare la vecchia filiera industriale.

Infatti, nel corso del viaggio all’interno di TheFabLab, il suo spazio in Talent Garden, tra “Umarell” di ogni dimensione e altri prodotti di artigianato digitale da scrivania stampati in 3D come il “Made in Italy” (la famosa manina “all’italiana” che oscilla), Massimo ci spiega perché ha dato vita al suo podcast verticale sul percorso di alcune delle personalità più innovative della storia:

Se i giovani ascolteranno le storie di Marie Curie, che nell’800 fece di tutto per diventare una scienziata e ricercatrice quando era complicato per le donne; se sentono le storie di Elon Musk, di Steve Jobs, di Edison, di Laura Bassi, di Archimede, si innamoreranno della scienza e porteranno il messaggio anche in quest’epoca: portare la scienza e la tecnologia a compiersi nel business“.

L’hacking delle maschere per trasformarle in respiratori

La passione per la scienza e la tecnologia può portare a risultati inattesi: “Quando è scoppiata l’emergenza Coronavirus, mancava tutto: valvole, siringhe, mascherine. Così mi ha chiamato la direttrice de Il Giornale di Brescia, chiedendomi di realizzare le valvole con la stampa 3D. Grazie a Cristian Fracassi, che ha fatto reverse engineering sulle valvole esistenti, abbiamo realizzato i primi prodotti. Poi, una cosa incredibile: grazie alla collaborazione di Decathlon, siamo riusciti a trasformare un tipo di maschera in uno strumento per la respirazione assistita. Tanti Fab Lab si sono messi a disposizione del progetto e abbiamo contribuito a salvare probabilmente migliaia di persone in diverse parti del mondo“.

In questa storia ci sono tutti gli elementi per diventare unbreakable: audacia, coraggio, tecnologia, progettualità e innovazione, sociale e tecnologica.

>> Viaggia assieme a Mirko Pallera sul Ninja Van per scoprire le aziende Unbreakable. Iscriviti qui <<

abbonamento informazione digitale

Crescono gli abbonati all’informazione digitale: i numeri di Reuters

Più di un anno dopo il suo inizio, la pandemia continua a mostrare i suoi effetti anche sull’industria dell’informazione. La crisi, ad esempio, ha accelerato la scomparsa dei giornali stampati, impattando ulteriormente sulle società di media e anche gli inserzionisti sono spaventati di fronte alla flessione economica globale. Nuovi modelli di business come abbonamenti e membership per l’informazione digitale sono stati accelerati dalla crisi, ma nella maggior parte dei casi, questo non ha ancora compensato il reddito perso altrove.

Questo è quello che emerge chiaramente anche dall’ultimo Digital News Report di Reuters Institute, per analizzare il quale abbiamo raggiunto telefonicamente Federica Cherubini, Head of Leadership Development (puoi ascoltare il contributo audio nella versione gratuita della Ninja PRO Information oppure dal lettore qui sotto).

L’impatto della pandemia sull’informazione

I consumatori hanno rapidamente adottato nuovi comportamenti digitali durante i periodi di lockdown e questo sta al tempo stesso aprendo nuove opportunità ed evidenziando nuove sfide. Il report di Reuters mostra che abbonamento e membership stanno diventando un modello sostenibile per un numero crescente di pubblicazioni di  nicchia e di alta qualità, e in alcuni paesi per gruppi di media locali.

Ma è anche chiaro che i contenuti a pagamento non sono la panacea per tutti gli editori. Né funzioneranno per tutti i consumatori. La stragrande maggioranza, infatti, non è ancora disposta a pagare per le notizie online e con sempre più contenuti di alta qualità che scompaiono dietro i paywall, ci sono preoccupazioni pressanti anche su chi non può permettersi l’accesso all’informazione.

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Federica Cherubini, Head of Leadership Development @Reuters Institute

Cosa è successo in Italia

In particolare in Italia, il COVID-19 ha esacerbato alcune delle debolezze storiche del settore dei media, contribuendo al calo dei ricavi complessivi, al calo dei lettori di giornali, e all’abbassamento degli standard editoriali  adottati nelle notizie cronaca. Le conseguenze della pandemia sembrano essere state state meno gravi per le grandi piattaforme piattaforme online.

L’ambiente mediatico italiano è tradizionalmente caratterizzato da un settore televisivo particolarmente forte e un settore dei giornali debole e in declino. Tuttavia, i ricavi pubblicitari online hanno superato i ricavi pubblicitari televisivi per la prima volta nel 2019, e ora rappresentano quasi la metà (49%) dei ricavi pubblicitari complessivi nel settore dei media italiani.

A causa della gravità della pandemia nel Paese, i media italiani hanno aumentato lo spazio dato a queste notizie, e sia la televisione che i notiziari online hanno hanno visto un aumento significativo dell’audience. Durante i mesi di marzo e aprile 2020 per esempio, i telegiornali italiani in prima serata hanno attirato oltre il 50% di pubblico, con un aumento di circa il 5% rispetto l’anno precedente.

Tuttavia, la pandemia ha anche prodotto un forte calo delle entrate pubblicitarie, che sono la principale fonte di finanziamento per molti editori italiani, e ha accelerato il declino della carta stampata. Nei primi nove mesi del 2020, i ricavi totali per il settore dei media italiani sono scesi di 780 milioni di euro, con considerevoli diminuzioni osservate sia nei giornali (-15%) che nelle trasmissioni radiotelevisive (-8%), mentre la pubblicità online è cresciuta (+7%). Come ha sottolineato l’autorità italiana per la comunicazione, sono le grandi piattaforme piattaforme online, che già generano circa l’80% della pubblicità online in Italia, a beneficiare di questo aumento (+11%) , mentre gli editori e le agenzie pubblicitarie stanno subendo ulteriori perdite significative anche in questo mercato (-7%).

I media d’informazione italiani hanno risposto in vari modi. Molti dei principali organi di informazione hanno aumentato il numero di annunci sui loro siti web, così come la loro invasività. La tendenza verso modelli a pagamento per l’informazione digitale si sta sviluppando ulteriormente e, sebbene sia finora stato usato principalmente dai siti web dei quotidiani, anche alcuni siti di notizie nati già come digital hanno iniziato a introdurre schemi di abbonamento. La proporzione di persone che pagano per le notizie online è comunque ancora bassa, pari a un 13%.

Chi è disposto a pagare per le notizie online?

«In 20 paesi dove gli editori hanno spinto attivamente gli abbonamenti digitali, il 17% dei lettori ha dichiarato di aver pagato per qualche tipo di notizia online nell’ultimo anno (tramite abbonamento, donazione o pagamento una tantum). Questo è in aumento di due punti percentuali nell’ultimo anno e cinque in più dal 2016 (12%)».

Nonostante questo, è importante notare che la grande maggioranza dei consumatori in questi paesi continua a resistere al pagamento per l’informazione digitale. Troviamo il maggior successo in un piccolo numero di paesi ricchi con una lunga storia di alti livelli di abbonamenti a giornali cartacei, come la Norvegia 45% (+3), la Svezia 30% (+3), la Svizzera 17% (+4), e i Paesi Bassi 17% (+3). Circa un quinto (21%) ora paga per almeno una fonte di notizie online negli Stati Uniti, il 20% in Finlandia e il 13% in Australia. Al contrario, solo il 9% dice di pagare in Germania e l’8% nel Regno Unito

Gli abbonamenti multipli stanno diventando più comuni solo «nei mercati maturi come negli Stati Uniti, dove la media arriva a due», mentre nella maggior parte dei paesi, una grande percentuale di abbonamenti digitali va a pochi grandi marchi nazionali, «secondo una tendenza che indichiamo come winner-takes-most dynamics», spiega Federica Cherubini.

Prospettive future dell’informazione digitale

Gli abbonamenti stanno cominciando a funzionare per alcuni editori, ma non è  chiaro se funzioneranno per tutti i consumatori. La maggior parte della gente non è abbastanza interessata alle notizie, o non ha sufficiente reddito disponibile per dare priorità alle notizie rispetto ad altre esigenza della propria vita.

Tra coloro che non pagano per l’informazione digitale, solo una piccola minoranza afferma che probabilmente lo farà in futuro per le pubblicazioni online che gli piacciono. I tassi sono più alti nei paesi che sono già avanzati (16% in Norvegia) rispetto a quelli che non lo sono (8% nel Regno Unito), il che suggerisce che c’è ancora spazio per la crescita anche nei paesi con mercati maturi e che un’abbondante offerta di notizie gratuite, sia da fornitori di servizi commerciali che pubblici, è un fattore chiave per alcuni di coloro che attualmente non pagano.

cannes lion

Cannes Lions 2021: i vincitori e le campagne più coinvolgenti

Si sono conclusi i Cannes Lions 2021, anche questa volta svolti in streaming a causa delle restrizioni anti Covid. I progetti presentati quest’anno sono stati più di 29mila, provenienti da 90 Paesi. Alcune iscrizioni concorrevano anche per i premi del 2020, ovviamente sospesi a causa della pandemia.

Da questa edizione del festival della creatività, l’agenzia pubblicitaria Publicis Italy esce da grande vincitrice, avendo fatto incetta di 30 Leoni ed essendosi  aggiudicata anche il titolo di seconda agenzia più premiata dell’anno.

Tra tematiche attuali come la pandemia e l’inclusività  di genere, abbiamo selezionato quelle che secondo noi sono state le campagne più belle ed coinvolgenti.

Grand Prix Film| Grand Prix Health & Wellness| Titanium Grand Prix|

Gold Lion Glass| Gold Lion Film Craft| Gold Lion Health & Wellness|

Gold Lion Film – 2021

ESSITY – BODYFORM #Wombstories 

Agency AMV BBDO Londra

Super premiata durante i Cannes Lions 2021, Bodyform racconta ancora una volta le donne dal punto di vista del ciclo mestruale. Difficoltà a concepire con la fecondazione assistita, endometriosi, volontà di non volere figli, menopausa. Storie comuni, normali, viste dall’esterno. E il racconto animato visto dal punto di vista dell’utero: a volte triste e arido, a volte confuso, impazzito, dispettoso. Un universo complesso e a volte poco conosciuto. Il piacere, la rabbia, l’amore, il dolore, l’accettazione: non è facile “relazionarsi” con il proprio utero. Tutti dovrebbero sapere cosa significa e, soprattutto, comprendere. Un grande film questo di Essity, per i contenuti, per la realizzazione e per continuare ad incoraggiare le donne a raccontare la propria storia, ogni storia di donna e di utero.

La campagna Womb Stories insieme alle precedenti Bloody Normal e Viva la Vulva, è volta alla consapevolezza del corpo della donna e alla rottura dei tabù sul ciclo mestruale a cui ancora oggi (nella vita e in pubblicità), siamo legati.

Wombstories inoltre ha dato coraggio a migliaia di conversazioni sulle proprie storie e sulla condivisione dei racconti sulla malattia dell’endometriosi. Ma non solo: ha dato vita ad una nuova metodologia per classificazione del dolore, andando a sostituire l’obsoleta scala “da 1 a 10”. Attraverso sensazioni e descrizioni inserite in un “dizionario del dolore” risulta più semplice riconoscere e diagnosticare i diversi tipi di dolore, in particolare quello dell’endometriosi.

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Grand Prix Film 2021

NIKE • You Can’t Stop Us

Agency Wieden+Kennedy Portland

Negli ultimi anni abbiamo dovuto riprogrammare eventi e quotidianità, siamo stati e lo siamo ancora protagonisti di rivoluzioni a favore delle diversità. Nel film, il filo narrativo è quello del mondo dello sport che in pieno stile Nike affronta diversi ostacoli: in questo caso la pandemia e l’ingiustizia razziale. Il mashup, realizzato attraverso l’analisi di 4000 filmati ci mostra, come in un doppio schermo, gli atleti più famosi durante le loro performance. Tra questi notiamo anche il quarterback Colin Kaepernick, già protagonista di Nike e dei Cannes Lions 2019, che con il “taking the knee” mostra la sua protesta contro le discriminazioni razziali. “You can’t stop us” recita il voice over. Perché anche quando le cose non andranno bene, la nostra forza sarà quella di non essere soli. “E quando le cose non saranno giuste, ci uniremo per il cambiamento”. Nonostante le difficoltà, torneremo più forti che mai perché “nessuno può fermare quello che possiamo fare insieme”.

Grand Prix Film | Gold Lion Film Craft 2020

LACOSTE • Crocodile Inside 

Agency BETC Parigi

Lo sgretolarsi delle anime di una coppia durante un litigio si riflette con lo sgretolarsi del mondo attorno. Sui loro visi si leggono rabbia, passione, rancore, delusione. Si separano, si ritrovano ma i riavvicinamenti non convincenti portano ad un finale disastroso in cui la coppia riesce però a salvarsi in extremis grazie alla forza dell’amore.

Gold Lion Film | Gold Lion Film Craft 2020\2021

DIESEL • Francesca

Agency Publicis Italy

La modella trans Harlow Monroe è la protagonista di questo tanto brillante quanto attuale film. Nei panni di un giovane, vive la sua quotidianità costruendo il suo sogno di diventare una donna. Durante la transizione Francesca, piena della sua consapevolezza femminile ha però ancora un desiderio più profondo: quello di diventare suora. La sua determinazione le regala una nuova identità e la realizzazione personale.

Complimenti Publicis Italia!

Grand Prix Outdoor 2021

HEINEKEN • Shutter Ads

Agency Publicis Italy

Un’idea a livello globale che ha coinvolto nuovi spazi OOH a favore dei bar costretti a chiudere durante il periodo di lockdown. Publicis Italia ha trasformato 5000 saracinesche di tutto il mondo in spazi pubblicitari per il brand Heineken, “pagando” gli affitti degli spazi direttamente ai commercianti. Una grande operazione che ha raccolto 7,5 milioni di euro destinati appunto alla sovvenzione dei locali chiusi.

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Grand Prix Outdoor 2020

BURGER KING • The Moldy Whopper

Agency Burger King Miami, Publicis, Ingo e David Miami

Burger King ha una grande notizia da comunicare: nella composizione dei suoi panini ha eliminato 8.500 tonnellate di conservanti artificiali a livello globale. Come farlo sapere se non con una chiara immagine della naturale decomposizione degli alimenti durante il tempo? Ci saremmo aspettati anche un’analisi delle muffe ma, per questa volta, non fa niente!

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LEGGI ANCHE: I “polli verdi” di Burger King invadono City Life: in arrivo i nuggets vegetali

Grand Prix Outdoor

RENAULT • Village Electrique

Agency Publicis Conseil Paris

Non tutti sono aperti ai grandi cambiamenti. Negli ultimi anni, nonostante la consapevolezza che per il settore automobilistico l’elettrico sia il futuro, il 93% delle persone ritiene di non essere pronta a questo cambiamento. Renault ha trovato un modo alternativo per persuaderci. Scovando uno dei più piccoli paesi in Francia, ha sostituito le 11 automobili dei 25 cittadini con altre elettriche per un periodo di 3 anni. Appy, di fatto, è diventato il primo paese al mondo 100% elettrico. Sono cambiate le abitudini degli abitanti? No di certo. Ma a cambiare sono state le emissioni di Co2 e le vendite delle auto elettriche in Francia, incrementate del 50%. Proprio un “Appy” ending.

Grand Prix Print & Publishing | Grand Prix Campaign Industry Craft 2020\2021

DOVE • Courage is Beautiful

Agency Ogilvy London

Dove, famosa per esaltare con positività la bellezza nella autenticità di ognuno, è riuscita a coglierla anche in un periodo di sofferenza come quello della pandemia. La vera bellezza questa volta è nella forza e nella stanchezza di tutti gli operatori sanitari che si sono dedicati alla cura dei pazienti ricoverati. Diversi soggetti per un unico concept di impatto. Visi scavati e stanchi, segnati da tute, mascherine ed elastici. La bellezza di quei segni sta nel coraggio e nell’amore con cui hanno messo a rischio la propria vita per aiutare quella degli altri.

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Grand Prix Design 2020

NOTPLA • Notpla

Agency Superunion London

Una nuova visione del packaging: naturale e comodo. Così Notpla presenta ai Cannes Lions 2021 il suo progetto contro l’abuso della plastica che sta distruggendo il mondo. Un nuovo modo di dissetarsi e di usare le monoporzioni. Un aiuto per l’ambiente che grazie alle sue caratteristiche organiche -e non sintetiche- riesce a decomporsi in poche settimane contro i 700 anni della normale plastica.

Grand Prix Design 2021

H&M • Looop

Agency Akqa Stoccolma

L’87% degli abiti che non usiamo più finiscono in discarica. Per dare un aiuto concreto al cambiamento climatico dovuto alle emissioni delle lavorazioni, H&M promuove la circular fashion. Insieme all’Honk Hong Research Institute of Technology, è stato messo a punto il primo sistema di riciclaggio da capo a capo. Attraverso un’esperienza immersiva, i clienti possono scegliere in quali vesti -è il caso di dire- far rinascere il proprio capo di abbigliamento che desiderano riciclare. Senza l’uso di acqua né di prodotti chimici. Saranno spettatori del processo di destrutturazione e ricomposizione dei filati direttamente in negozio. H&M prevede di portare la tecnologia Looop anche fuori dalla Svezia, in nuovi mercati per incoraggiare i brand a scegliere il riciclaggio. Il messaggio, per noi, è quello di guardare ai nostri abiti vecchi come una risorsa e non più come un ingombro da buttare via.

Gold Lion Design 2020\2021

KRAFT HEINZ CANADA • Pour Perfectly

Agency Rethink Communications

Può un’etichetta posizionata in modo diverso sul prodotto incrementare le vendite e aumentare l’interesse di ricerca del 400%? Ebbene, sì. Heinz Ketchup, di fama quasi preistorica, ha riconquistato il suo pubblico canadese ed attirato nuovi acquirenti grazie ad una semplice ma evidentemente potentissima mossa: ruotare la sua etichetta di 31° in modo da suggerire la perfetta angolazione per la fuoriuscita del prodotto.

Grand Prix Glass 2020\2021

STARBUCKS • I AM

Agency VLMY&R Brasile

Il Brasile registra la maggior percentuale di transgender del mondo. Nonostante ciò, le pratiche burocratiche per cambiare nome richiedono tempi lunghi e procedure ostili. In più, il pregiudizio e la discriminazione rendono il cambio di identità socialmente e psicologicamente alienante. Così, Starbucks per la Giornata Internazionale della Visibilità Transgender, in accordo con l’ufficio notarile ha trasformato il locale in un ufficio in piena regola, pronto a garantire il cambio nome in modo legale e rapido. Il 29 Gennaio si trasformerà dunque nella giornata in cui Starbucks aiuterà le persone nel processo legale di cambio nome.

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Grand Prix Creative Strategy 2020\2021

CHEETOS • Can’t Touch This

Agency Goodby Silverstein & Partners

Cheetos, gli snack al formaggio dalla polvere arancione, per riposizionarsi sul mercato ha trasformato la sua debolezza in punto di forza. Per anni Cheetos è stato lo snack per le pause in famiglia che nel tempo si è rivelata non essere più la condizione dominante di acquisto. Il “difetto” di lasciare le dita sporche ha aperto nuovi punti di vista verso un nuovo pubblico non più circoscritto in casa ma uno dall’indole giocosa e dispettosa. I Pop Corn Cheetos hanno spostato l’attenzione su quello “sporco difetto“, trasformandolo in un buon motivo per giustificare una simpatica indolenza.

 

Titanium Lion | Gold Lion PR | Gold Lion Direct | Gold Lion Brand Experience & Activation 2020

DIESEL • Enjoy Before Returning

Agency Publicis Italy

Acquistare abiti, indossarli e poi restituirli per ricevere il completo rimborso: questo è il Wardrobing, il fenomeno che sta costando all’industria della moda ben 15 bilioni di dollari l’anno. Mentre mezzo mondo sta combattendo contro questa politica, Diesel, dalla filosofia prettamente controcorrente, invece la incentiva. Nella sua campagna F\W 2019 il brand ispirandosi al wardrobing mostra modelli che indossano le etichette ben in vista sugli abiti, a penzoloni sulle aste degli occhiali e dai cinturini degli orologi. Poco importa…quale pubblicità migliore che si trasforma addirittura in un trend? Questo approccio infatti ha portato a Diesel un incremento delle vendite del 24%, una riduzione dei resi del -9% in store e del -14% online. Ma comunque ricordatevi di non staccare le etichette dai vestiti!

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Gli altri premi vinti da Publicis Italy ai Cannes Lions 2021, oltre i più importanti già citati, sono:

Diesel “Enjoy Before Returning” : 1 Argento in Creative Ecommerce; 3 Bronzi in Creative Ecommerce, Social & Influencer e Print & Publishing;

Diesel “Francesca”: 1 Argento in Film;

Heineken “Shutter Ads”: 1 Argento in Outdoor e 1 Argento in Media;

Heineken “We’ll met again”: 1 Bronzo in Film;

Barilla “Playlist Timer”: 4 Bronzi in Social & Influencer, Direct, Entertainment for Music, Audio e Radio;

Bottega Veneta “The Invisible Store”: 1 Argento e 1 Bronzo in Outdoor;

Netflix “The Crown”: 1 Bronzo in Single Market Campaign.

Docenti di tutta Italia a scuola di intelligenza artificiale: Summer School sull’AI a Modena

Sono passati alcuni mesi dalla firma del protocollo d’intesa che ha visto Ammagamma e l’Istituto Comprensivo 3 di Modena “Mattarella” dare vita a LUCY, la prima scuola sperimentale di intelligenza artificiale per gli istituti secondari di primo grado.

Dato il successo di questa prima esperienza, positiva sotto tutti i punti di vista per gli oltre cento studenti che vi hanno preso parte, Ammagamma e l’Istituto Mattarella hanno deciso di dare vita anche alla fase successiva del progetto. L’obiettivo è quello di educare anche gli adulti a comprendere e a utilizzare i dati e le tecnologie di intelligenza artificiale, in modo consapevole e responsabile, ovvero di formare i docenti del primo ciclo (scuola primaria e secondaria di primo grado) di altre scuole d’Italia, affinché possano replicare il programma didattico di Lucy e gettare le basi per creare una community sulla buona pratica di educazione all’AI.

Con il progetto Lucy abbiamo realizzato la prima sperimentazione curricolare di didattica dell’intelligenza artificiale per la scuola secondaria di primo grado, dedicata non solo agli studenti ma anche ai docenti. Questa esperienza annuale, realizzata per le terze medie dell’IC3 di Modena, ci ha portato a costruire un percorso multidisciplinare e laboratoriale finalizzato alla scoperta dei meccanismi di funzionamento dell’AI e all’immaginazione delle implicazioni e nuovi utilizzi delle tecnologie intelligenti.

Ha commentato Daniele Barca, Preside dell’IC3 Mattarella di Modena.

Formazione

LEGGI ANCHE: Le migliori attivazioni dei brand su eSport e gaming

L’intelligenza artificiale è infatti integrata nella nostra vita digitale quotidiana e può essere un valido supporto nel processo decisionale delle persone. Ma che cos’è l’intelligenza artificiale? Cosa è in grado di fare e dove è possibile applicarla? Come leggere i dati che vediamo tutti i giorni?

Educare all’intelligenza artificiale non significa solo rendersi conto di quali siano gli strumenti “intelligenti”, ma anche, e soprattutto, significa comprenderne il funzionamento per ridimensionare la percezione “magica” e la visione distopica di quello che potrebbe essere il suo impatto nel futuro.

Educare a pensare è un vero e proprio format didattico che abbiamo studiato per rispondere al tema dell’approccio critico al digitale e trova fondamento nei concetti espressi all’interno del libro bianco sulla didattica dell’intelligenza artificiale “De Arte Intelligendi”, redatto e promosso da Ammagamma. Serve un approccio multidisciplinare per comprendere a fondo l’AI. Questa è l’ambizione della nostra scuola e la visione educativa di Ammagamma.

Ha aggiunto Pietro Monari, responsabile dei progetti Education di Ammagamma.

Il percorso, che si svolgerà tra gli spazi dell’Istituto Comprensivo e il convento di suore Orsoline dove ha sede Ammagamma, guiderà i partecipanti in un viaggio tra l’evoluzione tecnologica dell’intelligenza artificiale e la storia culturale modenese, attraverso delle attività laboratoriali che metteranno in collegamento la storia, la letteratura, la magia e l’immaginazione, con l’informatica, la robotica, la natura e la matematica.

Il corso è accreditato S.O.F.I.A., con il codice 60473, darà diritto a crediti formativi e si terrà presso il future lab spazio Leo dell’IC3 di Modena (scuole medie Mattarella, Viale Piersanti Mattarella, 145).

Qui per accedere alla pagina di iscrizione alla Summer School.

attivazioni dei brand

Le migliori attivazioni dei brand su eSport e gaming

Gli eSport abbracciano un ampio spettro di opportunità, che i brand di ogni categoria merceologica potrebbero sfruttare a proprio vantaggio.

Di fatto, il pubblico degli eSport è altamente eterogeneo e diversificato con una percentuale femminile sempre più crescente e rilevante. Infatti, la ricerca esclusiva condotta da YouGov per i membri dell’Osservatorio Italiano Esports ,“Gaming ed Esports in Italia”, ha rivelato che il 37% degli eSport fan italiani è di sesso femminile, su un totale di 6 milioni di appassionati.

Inoltre, secondo il “Global Esports and Live-Streaming Market Report del 2021” pubblicato da Newzoo, prevede che il settore raggiunga, entro la fine dell’anno, un valore complessivo di 1,1 miliardi di dollari.

In tal senso, tutti i giochi possono essere considerati terreno fertile per i brand che vogliono intercettare la generazione Z e il pubblico dei giovani adulti, utilizzando innovative dinamiche di gamification.

Ecco, quindi, alcune delle migliori attivazioni di brand che hanno sposato con successo gli eSport in chiave di marketing e monitorati dall’Osservatorio Italiano Esports.

LEGGI ANCHE: 6 milioni di italiani amano gli eSport: una grande opportunità per i brand

Burger King e gli eSport di simulazione sportiva

Burger King è stato uno fra i primi grandi marchi a cogliere realmente l’opportunità di avviare un processo di attivazione eSports, attraverso due titoli di simulazione sportiva: FIFA e NBA 2K.

Stevenage Challenge

Stevenage challenge” è la sfida lanciata nel 2019 da Burger King. Lo Stevenage FC è un club calcistico inglese che milita attualmente nella Football League Two (la quarta serie del campionato inglese).

La sfida proponeva ai fan e giocatori di FIFA 2020 di vestire la maglia firmata Burger King di una squadra oscurata, giocare e superare una serie di prove virtuali. Condividendo le proprie azioni e gol su Twitter e aggiungendo l’hashtag ufficiale #stevenagechallenge, ai partecipanti era offerta la possibilità di vincere cibo gratis offerto dal colosso americano, già sponsor della squadra inglese.

Sono stati più di 25mila i goal condivisi sui social: per ciascuno BK si è impegnato nell’inviare codici omaggio e sconti da riscattare presso i vari punti vendita.

Un’ondata che ha fatto appassionare sempre più fan che hanno iniziato a giocare con lo Stevenage anche in diretta streaming su Twitch. Attraverso un effetto domino avviato ed alimentato dalle condivisioni social, la squadra è divenuta quella più giocata.

Tuttavia, si tratta di una campagna rivoluzionaria, ma non casuale. Infatti, è nata da uno studio approfondito del pubblico dei gamers, delle loro abitudini e comportamenti: amano il cibo e soprattutto il fast food. Una trovata geniale che ha unito armonicamente FIFA, uno tra i giochi più amati al mondo, e Burger King.

NBA 2K è stato il secondo protagonista delle iniziative di Burger King.

La recente partnership siglata con il gioco ha visto la creazione di un’arena personalizzata “BK TheMenuCourt”. Un’iniziativa che ha coinvolto i fan direttamente dal divano di casa, proponendo, come nella “Stevenage challenge”, sfide e trick da superare per vincere panini e bibite gratis.

NBA Burger King

Ciò ha dunque portato i giocatori presso i numerosi ristoranti della catena e sicuramente, una buona parte dei vincitori, dopo l’ingresso nel locale, avrà deciso non solo riscattare il panino vinto ma di acquistare anche altri prodotti di BK. In questo modo, i giocatori, già clienti acquisiti, hanno rafforzato il proprio legame con il brand mentre coloro che non lo conoscevano si sono trasformati in potenziali nuovi clienti.

Lamborghini e la nuova vettura digitale in-game

Lamborghini si è cimentata negli eSport nel 2020 attraverso l’organizzazione di un torneo automobilistico, The Real Race, che, grazie al successo riscosso nella prima edizione, si svolgerà anche quest’anno nel novembre 2021.

Un impegno quello di Lamborghini avviato su Rocket League, il gioco che unisce il calcio e le automobili.

 

Il brand accompagna il gioco su tre differenti livelli: introduzione in-game di una vettura Lamborghini, la Huracán STO, sponsorizzazione dell’ultima tappa primaverile della Rocket League Championship Series (RLCS X Lamborghini Open) e infine realizzazione di un nuovo evento competitivo di gare 1 vs 1, Battle of the Bulls, che si è tenuto durante gli Open.

Un progetto in cui la presenza di Lamborghini è molto forte, ma allo stesso tempo si sposa perfettamente con quella che è la filosofia e l’ottica dei giocatori di Rocket League.

Fashion brand divisi tra eSport e Gaming

Anche i brand di lusso hanno colto le grandi potenzialità del settore, cavalcando l’onda e offrendo ai players nuove esperienze di contatto diretto con il marchio stesso e la sua essenza.

Burberry, negli anni, ha proposto una serie di videogiochi proprietari avviando parallelamente una strategia differente nell’ambito gaming: l’obiettivo è stato quello di raggiungere e intercettare un target ben definito, il pubblico asiatico.

Burberry x Honour of Kings

Per questa ragione Burberry ha avviato una partnership esclusiva riservata alla sola Cina continentale con Honour of Kings che nel novembre 2020 ha registrato più di 100 milioni di utenti attivi giornalmente.

Il brand si è inserito armonicamente nel gioco attraverso l’introduzione di due skin personalizzate, ovvero abiti, a tema “Spirt of Nature”.

honor of kings burberry

In questo caso, il progetto offre agli utenti, nonché potenziali clienti, la possibilità di esplorare i prodotti attraverso una dimensione virtuale, andando a stimolare la curiosità ed interesse nell’approfondire Burberry valori, la sua storia e i suoi prodotti.

Sulla stessa scia, Gucci, in collaborazione con tre noti titoli gaming, ha proposto ai suoi fan e player delle creative integrazioni di brand in una nuova esperienza di gioco.

Nel giungo 2020 è stata lanciata l’iniziativa su Tennis Clash, un gioco mobile che propone un’esperienza di gioco simile al tennis reale. Una partnership a doppio livello: introduzione di esclusivi outfit firmati Gucci e realizzazione di un torneo speciale, Gucci Open.

Gucci eSport

Il secondo gioco scelto è stato The Sims 4, questa volta però con una strategia volta a promuovere e associare Gucci alla sostenibilità ambientale.  È stata fedelmente riprodotta, in versione digitale, la collezione eco-sostenibile Off-The-Grid.

Gucci Sims

L’iniziativa più recente di Gucci nell’ambito gaming è all’interno di Roblox,  piattaforma gaming in cui ogni utente può ricreare il proprio mondo e la cui quotazione in borsa ha toccato i 45 miliardi di dollari.

gucci roblox

Il progetto Gucci, ideato per festeggiare il centesimo anniversario del brand, ha visto la nascita di Gucci Garden Experience, un evento in cui è stato ricreato un ambiente in cui i giocatori potevano fare shopping oppure rilassarsi in una location personalizzata. Sono stati in molti ad aver acquistato i prodotti Gucci in versione digitale, spendendo cifre paragonabili ai corrispettivi oggetti reali. Infatti, alcune borse hanno anche raggiunto transazioni da 4000 dollari.

Fortnite e le integrazioni creative di grande successo

Fortnite non ha bisogno di presentazioni ed è stato la scelta di numerosi brand. Non si tratta solo di un gioco, ma di una piattaforma di intrattenimento completa in cui le sponsorizzazioni si inseriscono in armonia in un contesto di divertimento e competizione. Con i suoi concerti virtuali in-game, Fortnite ha davvero rinnovato il settore e il concetto di videogame.

Quello di maggior successo è stato The Astronomical, il concerto organizzato da Travis Scott all’interno di Fortnite, che ha avuto una risonanza stupefacente su tutti i social e piattaforme streaming: 27,7 milioni di partecipanti, 1,7 milioni di spettatori su YouTube e 1,2 milioni su Twitch.

Travis Scott x Fortnite

Questo non è stato solo un concerto, ma una grande opportunità che Nike ha sfruttato.

Infatti, il 2017 è l’anno che segna l’inizio della collaborazione tra Nike e Jordan con Travis Scott, che insieme hanno realizzato molteplici e colorate rivisitazioni delle iconiche Air Force 1.

Proprio durante l’evento, l’avatar del rapper americano ha indossato vari modelli, garantendo a Nike un’altissima esposizione e la possibilità di acquistare fisicamente le scarpe agli utenti collegati durante il concerto.

Anche Puma ha scelto Fortnite, associandosi al progetto di introduzione della versione virtuale del calciatore brasiliano Neymar. La collaborazione ha visto l’inserimento di una skin personalizzata dell’atleta, molteplici accessori e l’organizzazione di un torneo avviato il 28 aprile 2021, la Coppa Neymar Jr. Partecipando al torneo il miglior giocatore di ogni Paese ha vinto le sneakes Puma x Fortnite Future Z, in limited edition e non in vendita.

Puma si è inserita nel gioco anche nella modalità creativa, proponendo ai players uno spazio dedicato ad esperienze a tema parigino nel Puma Welcome Hub.

Infine anche NBA ha optato per Fortnite, con l’obiettivo di intraprendere una campagna di attivazione di brand avviata nella notte tra venerdì 21 e sabato 22 maggio 2021. Un progetto inaugurato con l’inizio dei play-off negli Stati Uniti e che ha previsto più step: introduzione di skin personalizzabili con le 30 maglie delle franchigie, pacchetti di accessori selezionati da due famosi atleti NBA (Donovan Mitchell e Trae Young), organizzazione di un evento esclusivo e creazione di un punto di ritrovo nella modalità creativa di Fortnite, NBA Welcome Hub.

L’evento, Fortnite x NBA: The Crossover si è svolto nel corso di cinque giornate e ha visto partecipare circa 1 milione di giocatori divisi tra la categoria fan e players delle 30 franchigie.

Come abbiamo visto, i progetti e le idee attraverso cui i brand possono entrare in una nuova dimensione virtuale di gioco, sono infinite.  Una rilevante occasione per intercettare target molto ampi e variegati ma allo stesso ben definiti, per sviluppare e potenziare nuovi modelli di business e infine per trasmettere valori e vicinanza del marchio alle nuove tendenze.

Sono infatti il coinvolgimento strutturato su più livelli, l’opportunità di testare in prima persona e la creatività i tre assi portanti su cui sono state sviluppate tutte queste iniziative di attivazione di brand all’interno di giochi e titoli eSport. Un’efficacia reale in cui la customizzazione permette agli utenti di sentirsi profondamente parte del marchio, indossando abiti ed accessori come nel caso delle iniziative in-game di Burberry e Gucci.

I videogame, a fronte anche della nascita di nuovi e diversificati stili di vita, saranno la nuova frontiera di fusione armonica tra il brand e i consumatori.

strumenti digitali per l'ufficio

Tweetflick, Ricotta Trivia e TWM: i digital tool della settimana

A qualcuno l’ufficio manca da morire, qualcun altro farebbe di tutto per non tornarci.

Altri ancora, farebbero l’impossibile pur di proseguire le attività professionali in un contesto naturale e piacevole, magari in un altro paese europeo.

Indipendentemente da quale sia il profilo che più si avvicina al tuo, nella selezione dei digital tool di questa settimana puoi scoprire come soddisfare questo tipo di bisogni e alleggerire la vita quotidiana, tanto nel caso che tu sia costretto a dirigerti in ufficio ogni mattina, quanto nel caso la tua abitazione sia diventata anche sede della tua vita professionale, tra call, bambini urlanti e gatti che passeggiano sulla tastiera.

LEGGI ANCHE: EngageWith, The Breakfast e Premast: i digital tool della settimana

Chat di lavoro più divertenti

ricotta trivia

Chi l’ha detto che Slack debba essere solo un luogo di scambio di informazioni e di direttive? Grazie a Ricotta Trivia puoi creare momenti di pausa e intrattenimento con i colleghi anche online, con quiz asincroni e giochi che stimolano la condivisione.

Come usare Twitter al meglio

twitterflick digital tool

Se vuoi salvare, organizzare e accedere in modo più rapido ai tweet a cui tieni, devi assolutamente provare Tweetflick. Un gestore di segnalibri che dà i superpoteri agli utenti del social.

Sei ancora in smart working?

strumenti digitali

Sembra assurdo, ma anche ora che ci avviciniamo alle vacanze potrebbe mancarti l’ufficio. Per ritrovare un po’ di atmosfera lavorativa e concentrarti meglio al suono della tastiera o del vociare in sala riunioni, c’è imisstheoffice. Un bell’esempio di content experience, in grado di catapultarti dritto alla tua scrivania grazie a design essenziale e rumori d’ambiente.

Logo tester

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Il simbolo del tuo brand è un vero logo o ha bisogno di un tagliando? Grazie a TWM puoi scoprire subito se il tuo logo è all’altezza degli standard dell’industry, verificando automaticamente unicità, scalabilità, tolleranza allo sfondo, colori.

Lavorare dalla Spagna o dal Portogallo

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Sei un freelance o svolgi un lavoro da remoto? Forse potrebbe piacerti farlo dall’estero, in veri paradisi naturali di Spagna e  Portogallo. Su Rural Club puoi ricevere tutte le informazioni sulle location. abitazioni e spazi di co-working

purpose

Come la tua azienda può cambiare il mondo partendo dal Purpose

Nioghalvfjerdsfjorden sembra una parola scritta a caso da un bambino sulla tastiera del computer di casa, di quelle che si escono fuori mentre si gioca a fare gli impiegati come mamma o papà.

In realtà, è una parola islandese, o meglio: è un nome proprio. Di un ghiacciaio della Groenlandia, per la precisione. Uno dei tanti posti che probabilmente non si sarebbero mai sentiti nominare se non fosse per un fatto capitato nell’autunno del 2020.

Lo scorso settembre, infatti, è dal ghiacciaio Nioghalvfjerdsfjorden che si è staccato un blocco di ghiaccio grande quando Parigi. Un gigantesco iceberg, proprio così.

Le cause sono, manco a dirlo, da ricondurre al Global Warming. È una di quelle notizie che riempiono le code dei telegiornali, lasciano lo spazio dell’indignazione nei primi secondi pur apparendo lontanissime e vengono anche dimenticate senza conseguenze apparenti. Un po’ come tutto ciò che riguarda il riscaldamento globale.

Cosa c’entra tutto questo con il Purpose, le aziende e le nuove tendenze?

La risposta sta nel definire l’origine del fenomeno: perché la necessità di identificare un Purpose è sì evidente, ma non si può comprendere fino in fondo se non si comprende il “perché” oggi sia così di stretta attualità.

E no, non può bastare dire “i consumatori ce lo chiedono”. Per capirlo fino in fondo, bisogna capire da dove nasce il bisogno di dare alle aziende uno scopo.

Rimuovere come forma di controllo

Torniamo per un attimo al cambiamento climatico. Il rumore che fa un iceberg grande quanto una capitale europea è diverso da quello di uno scarico di automobile inutilmente in movimento o una bottiglietta di plastica abbandonata in spiaggia.

Il peso specifico è lo stesso, però, se consideriamo che entrambi i fenomeni si possono ricollegare a una stessa matrice, ossia il modello di sviluppo che il mondo, o meglio, una parte del pianeta, si è dato.

Il fenomeno del riscaldamento globale infatti, pur ostracizzato da una certa corrente di pensiero definita negazionista, da più parti è indicato come un fenomeno fortemente correlato all’azione umana e anzi, causato dalla stessa. Ed è evidente che molto c’entri come e quanto produciamo e consumiamo.

Questa consapevolezza, però, non ha sembrato generare, almeno fino ad oggi, un mutamento nei comportamenti delle persone. Anzi, si potrebbe tranquillamente dire che le persone abbiano continuato a comportarsi come se il problema non ci fosse.

Certamente, alcuni potrebbero condividere l’opinione che tutto sia frutto di un normale processo trasformativo del nostro pianeta. Questa posizione però è notoriamente minoritaria e non condivisa dalla maggioranza della comunità scientifica.

Su questo punto è interessante leggere una riflessione pubblicata già nel 2014 da Stefano Caserini, docente del Politecnico di Milano, contenuta in un paper da titolo “I cambiamenti climatici: la sfida del XXI secolo“.

Nella pubblicazione, un po’ datata ma ancora attuale, si può leggere una riflessione puntuale sulla percezione del problema “riscaldamento globale”, un fenomeno che si sta manifestando da almeno un secolo e negli ultimi trent’anni ha paurosamente accelerato.

“La lentezza del cambiamento e i messaggi tra loro dissonanti veicolati dai mass media generano una sensazione di impotenza diffusa, se non paralisi: l’utente-spettatore che ascolta gli scienziati contrapporsi sullo schermo non sa più a chi credere e su quale base agire; percepisce l’aleatorietà e discutibilità di ogni posizione scientifica e non sa reagire, né ha spesso gli strumenti e le competenze per discernere e farsi un’idea propria su temi così complessi, anche perché spesso non arricchisce il suo sapere con contributi culturali non provenienti dalla televisione.”.

Televisione, certo, ma non solo. Una decina di anni fa si era appena cominciato a parlare di filter bubble e simili. Oggi, però, non è più un concetto così vago, ed è noto che arricchire il proprio bagaglio culturale è azione che contempla inevitabilmente il coinvolgimento della sfera digitale, con il fenomeno di selezione a monte delle fonti che porta, com’è logico, la formazione di un’opinione viziata da preconcetti.

Il professor Caserini però non si limita a questo, e continua con un ulteriore elemento di riflessione, decisamente più interessante.

Le percezioni soggettive possono solo parzialmente essere informative su un problema, quello del clima, caratterizzato da una grande inerzia temporale. La paura non sembra un fattore che porta ad un maggior coinvolgimento nelle azioni di mitigazione, e gli shock causati da eventi estremi non sembrano determinare necessariamente più consapevolezza. L’irregolarità del fenomeno e i fattori di disturbo rendono importante un’interpretazione non solo dei singoli eventi, magari basata su sensazioni individuali, temporanee, ma su una lettura globale dei processi in corso. Negli ultimi anni si è giunti a teorizzare, quale extrema ratio, una pedagogia delle catastrofi: paradossalmente, gli uomini potrebbero cambiare se e solo se colpiti direttamente da eventi altamente stressanti (ma non letali, o almeno non per tutti…), tali da costringerli a generare e ricercare nuovi apprendimenti, vere e proprie conversioni dei loro stili di vita e di pensiero sul pianeta. Una potente ristrutturazione cognitiva, insomma.“.

In altre parole, il cambiamento climatico non ci sta toccando ancora così direttamente da comprendere come ogni piccolo cambiamento nel nostro stile di vita può impattare sul risultato finale. Questo ci porta a non considerare che anche noi, nella nostra individualità, possiamo contribuire a fermare un fenomeno potenzialmente disastroso.

Possiamo impedire a mani nude e da soli che un iceberg si stacchi dal Nioghalvfjerdsfjorden? Teoricamente no. Praticamente, sì: basterebbe convincersi che è così.

Se infatti tutti capissimo che ogni nostro gesto è correlato a conseguenze più grandi, riusciremmo a orientare avvenimenti decisamente più grandi di noi.

È un problema epocale, si sa: se tutti facessero la propria parte. Il punto è che, cognitivamente, sembra che l’uomo non sia in grado di farlo.

Un po’ perché egoista, un po’ forse perché vittima di questo principio di rimozione.

Ci racconta in esclusiva Stefano Liberti, giornalista esperto di cambiamento climatico e autore di diversi libri sul tema, l’ultimo intitolato Terra Bruciata: “C’è un problema di tempo: si parla infatti del “Dobbiamo farlo per i nostri figli”, quando in realtà c’è un discorso di tempestività. Perché la raccontiamo così? Perché nel dibattito pubblico se ne parla con tempistiche più dilatate? Se si confronta ad esempio come ci siamo confrontati con la pandemia abbiamo una differenza abbastanza evidente. Ci sono due cose complementari: la percezione che siamo di fronte a qualcosa di “spazialmente” e “temporalmente” lontano, che sembra non riguardare noi ma riguardi altre latitudini, altri paesi, e che quindi non ci riguardi. Questo approccio non considera ad esempio l’interconnessione degli equilibri del pianeta. La seconda è che spesso si ha la percezione che il problema sia talmente grande che non possiamo avere soluzioni per risolverlo. Siccome è così grande lo sublimiamo, facciamo finta che non ci sia. Questo anche perché lo si racconta così, come un qualcosa di gigantesca, ed è un qualcosa che riguarda anche gli attivisti, che presentano il Global Warming come catastrofico. Immaginare che ci siano delle soluzioni per temperare e adattare il nostro mondo alla nuova situazione è vitale.“.

Fino ad oggi?

Credere nelle idee non è più così semplice

La risposta per opporsi a una trasformazione epocale, a un problema collettivo, a una sfida per il futuro sembrerebbe essere affidata a due diversi aspetti: alle istituzioni (governo, parlamento, rappresentanti del popolo) e conseguentemente alle ideologie che ne sostengono la gestione.

Se intervengono le entità chiamate a dare un indirizzo alle masse, teoricamente si dovrebbe ottenere un risultato.

Ciò non avviene se a mancare è la fiducia: e nelle istituzioni, così come nelle ideologie, si può dire che ce ne sia rimasta pochina.

Le ideologie sembrano essere morte, a fronte delle idee che invece ancora resistono, con conseguente vulnus gestionale. Scrive Daniele Fulvi su TheVision: “Ad essere scomparsa dai radar, dunque, non è l’impostazione dell’azione politica sulla base di valori etici, ma la buona politica che di tali valori si dovrebbe nutrire. Soprattutto nelle nuove generazioni, è molto forte l’urgenza di implementare una visione del mondo che si contrapponga a quella del capitalismo neoliberista, ormai in profonda crisi.“.

Una sensazione confermata anche dai dati.

Secondo un’indagine pubblicata dal PEW Research Center, negli Stati Uniti dal secondo dopoguerra in avanti si è evidenziato un trend negativo particolarmente marcato nella fiducia dei cittadini verso il governo e verso gli organi che dovrebbero far riferimento per una sana vita pubblica: i partiti.

 

Non va meglio in Europa: secondo un’indagine svolta dalla Comunità Europea, negli ultimi quindici anni il legame soprattutto con le istituzioni nazionali sta deteriorandosi, lasciando spazio a un generale scetticismo in particolare verso quelle più vicine all’idea di democrazia e rappresentatività, il Parlamento.

A proposito della perdita di fiducia verso le ideologie, ci racconta Giorgio Triani, sociologo e docente di Comunicazione giornalistica e pubblicitaria presso l’Università di Parma, dove è anche coordinatore del master su Web communication e social media: “Il fenomeno orami della caduta verticale delle ideologie non comincia oggi. La fine delle Grandi Narrazioni era già stata annunciata da Francois Lyotard nel famoso saggio La condizione post moderna e da un decennio e più le consideriamo defunte. Morte. Dire però che le ideologie sono morte è una grossa inesattezza, per quanto efficace come immagine. Perché le ideologie non muoiono mai: si trasformano, cambiano. ma sono sempre pronte a riprendersi il loro posto, nella politica soprattutto. Ne di sinistra ne di destra come amano oggi dire in molti. Secondo il noto libro di Barthes, Miti d’Oggi è la più netta, ancorché nascosta e furba, forma di ideologia. D’altra parte le ideologie sono sistemi di valori, di credenze, attese, emozioni, paure e quant’altro. Diciamo che le ideologie, quelle che abbiamo ereditato dal secolo scorso sono in pausa, pronte però a riaccendersi. Credo si possa pronosticare che presto con la crisi epocale in corso ritorneranno prepotentemente in sella.”

E quindi, che si fa?

I CEO (e le aziende) come guida

In questo spazio vuoto comincia a intravedersi la ragione per cui, oggi, parliamo di Purpose.

Chi prende il posto delle istituzioni nel cuore delle persone? Chi sono gli organi preposti a lavorare per risolvere i grandi problemi del pianeta?

Secondo l’Eldeman Trust Barometer 2021, la risposta sta nel mondo del business.

L’indagine ci mostra dei dati molto interessanti, e un assunto che potrebbe diventare un mantra che riassume perfettamente il nostro tempo: le persone si aspettano che il business vada oltre il business.

Il 65% degli italiani afferma che le figure che dovrebbero assolvere il ruolo di problem solver quando il governo non riesce più ad agire per risolvere i problemi sociali sono i CEO.

Il 57% li indica come guida ideale per il cambiamento, a discapito dell’attesa del governo.

Infine, e questa è la notizia più interessante, il 55% crede che i CEO dovrebbero essere responsabili non solo nei confronti di consigli di amministrazione e degli stakeholder, ma anche nei confronti dell’opinione pubblica.

Perché questa fiducia?

La tesi più attendibile sembra quella che indica la maggior attenzione spesa dalle aziende verso temi quali la sostenibilità, la collettività e l’etica: in altri termini, CEO e brand sono vittime della trasformazione (in positivo) che la consapevolezza di dover agire nel rispetto del contesto sociale, economico e ambientale ha comportato.

Pur limitandosi allo scenario italiano, c’è da scommetterci che queste statistiche siano coerenti con quelli europei e mondiali.

Un battito d’ali per cambiare il mondo: il Purpose è un incipit

Con Effetto Farfalla, secondo la Treccani, si indica “l’estrema sensibilità alle condizioni iniziali esibita dai sistemi dinamici non lineari. In altri termini, infinitesime variazioni nelle condizioni iniziali producono variazioni grandi e crescenti nel comportamento successivo dei suddetti sistemi“.

In una situazione di caos, ogni minima variazione può condurre a una trasformazione epocale.

Torniamo allora al tema con cui abbiamo cominciato il nostro articolo: evitare di lasciare una bottiglietta di plastica sulla spiaggia, o di prendere l’auto per percorrere 600 metri, può contribuire a non accrescere l’inquinamento degli oceani o allo scioglimento dei ghiacci del Nioghalvfjerdsfjorden in Groenlandia?

Se rimangono gesti isolati, no.

Ma le se le bottiglie che si evita di lasciare sulla spiaggia diventano cinque milioni, o si evita di prendere trecentomila auto per percorrere 600 metri, si può auspicare che sì, qualcosa possa cambiare.

Per le persone, che assolvono il ruolo di consumatori, diventa più semplice immaginare di smettere di comprare merce in plastica o prendere l’auto per tratti brevi se a consigliarlo è una marca che offre un’alternativa altrettanto soddisfacente, se sapranno che le proprie marche preferite scelgono a monte di cambiare per raggiungere quegli scopi.

Ad esempio, producendo packaging a basso impatto ambientale o proponendo vetture ibride io non faccio solo una scelta di mercato, ma anche etica.

Secondo l’indagine effettuata da GFK nel novembre 2020 “Who Cares, who does”, questa tendenza si è accentuata nel New Normal, complice la pandemia che ha mostrato come la quotidianità potesse esser vissuta con modellizzazioni differenti.

 

Sempre rimanendo sul mercato italiano: il 30% dei consumatori evita i prodotti con imballaggi in plastica, il 36% non acquista più prodotti che impattano negativamente sull’ambiente, il 62% preferisce i brand che sono concretamente attenti all’ambiente.

 

Un piccolo gesto come l’acquisto di un prodotto invece di un altro diventa la testimonianza concreta che ognuno di noi sta facendo la propria parte: la cosa più importante, è che tutto questo può avvenire senza cambiare le nostre abitudini.

Ancora Giorgio Triani: “Sì, attualmente pare che il consumo e le marche abbiano preso il posto della politica e delle ideologie. Però è un a funzione vicaria, surrogata. Si sono infilate nel vuoto e lo hanno colmato. Personalmente credo che aziende e brand possano assolvere una funzione importante nell’orientare le persone. Ma lo possono e debbono fare nello specifico proprio. Ovvero sui temi (ideali) che ispirano le rispettive missioni aziendali, ma non pensando di diventare loro delle Chiese, dei Partiti. Per fare esempi  Barilla può e deve proporre una cultura corretta del cibo, ma non pensare di potersi esprimere su tutto ( sul cambiamento climatico e sulle smart city) …il mondo che vorrei deve fermarsi alle Nastrine o agli spaghetti…… Per tutti vale  la raccomandazione di attenersi al proprio stretto ambito, nel momento in cui si assumono posizioni non meramente merceologico“.

Evitando l’effetto “religione” che può portare l’individuo a deturpare l’effetto benefico di questa tendenza al consumo consapevole e “migliorativo”, possiamo pensare che l’Effetto Farfalla di cui parliamo possa generare in maniera totalmente automatica e sinergica un cambiamento che diventa evidente e si muova come una valanga,  come scatenato da un’unica matrice di senso e frutto dell’unione di un’intelligenza collettiva, la community attorno alla marca, che si fa un tutt’uno con l’azienda che ispira il cambiamento.

Cosa che poteva succedere attorno a un movimento politico e di opinione, e che oggi si sviluppa quando andiamo al supermercato o finiamo nello shop online del nostro marchio preferito.

La campagna Adidas in partnership con Parley “Run for the Ocean” per la protezione degli oceani: la plastica raccolta torna in circolo sotto forma di scarpe. Un brand che “cambia la vita” e dà un senso alle persone.

A confermare ciò, Stefano Liberti: “Le grandi aziende si stanno schierando, penso a Patagonia che fa operazioni che sono contrarie al proprio modello di business. Al di là del fatto che siano un B-Corp, loro sembrano genuinamente interessati ad affrontare i problemi che affliggono il clima, sembra anche più dei soggetti pubblici che devono mediare con i grandi centri di potere, le corporazioni, e diventa tutto un compromesso. Questa crisi però non è risolvibile con i compromessi, e bisogna schierarsi: anche perché alcuni interessi saranno sopraffatti, sia per mitigare le cause che per adattarsi agli effetti. Spesso si dice che il cambiamento passa dai comportamenti dei singoli e dei gruppi, che devono diventare sostenibili: il rischio che diventi un alibi per le decisioni che vanno prese, che vanno fatte le macropotenze come USA, Europa, Cina. Gli obiettivi sono difficili da raggiungere, per questo ci va un intervento possente. Lo stesso vale per i territori, la cui azione di adattamento richiede l’intervento dello Stato. Certo, i comportamenti che nascono dal consumo consapevole possono spingere la politica a essere più incisiva: il comportamento del singolo però sposta poco. Se però le aziende diventano driver di cambiamento qualcosa si può smuovere: è più facile comprare qualcosa in cui la soluzione è già integrata, che non cambiare le mie abitudini. Se c’è un’azienda che mi vende una bevanda in plastica riciclata e l’altra no, nn dovrò cambiare abitudini e certamente ci sarà un impatto.“”

Il Purpose è solo una logica conseguenza, una risposta al vuoto lasciato nelle persone per rispondere al loro bisogno di dare un senso alle cose.

Nel “Il Secolo Breve” tutto questo veniva assolto dalla forza delle ideologie, oggi dall’individualistico bisogno di soddisfare le proprie necessità che, finalmente, sembra non più essere fine a se stesso.

Chiaro che centrando il Purpose, un’azienda offre anche un senso alle cose che compie. Diventa più credibile. Attiva trasformazioni più credibili.

In termini narrativi: scrive l’incipit di una storia che diventerà a tutti gli effetti parte di tanti, e a cui tanti prenderanno parte.

Non sappiamo se sia positivo osservare come tutto questo venga generato dall’atavica incapacità dell’uomo di rinunciare a qualcosa (perché, comunque, rimane sempre il consumo il centro di tutto): sicuro non sia del tutto premiante per chi crede che l’umanità possa migliorarsi.

Certamente, se una marca può aiutare a combattere la xenofobia o la diffusione delle microplastiche, allora è comunque un qualcosa di positivo che può contribuire alla crescita collettiva.

Perché ogni azienda ha una responsabilità sociale e come scoprire la tua

Decimo appuntamento con i Webinar PRO targati Ninja: tutti gli insight, trucchi, trend, dietro le quinte sui temi caldi del momento, condivisi con voi.

L’argomento di questa puntata è la CSR, Corporate Social Responsibility: ne abbiamo parlato con Marco Marchetti, Head of Digital Marketing di Despar. Grande appassionato di marketing e comunicazione, è coinvolto in prima linea anche in tutte le attività aziendali che hanno a che fare con l’impegno sociale.

Non perderti i punti salienti dell’intervista:

  • Cos’è la CSR, Corporate Social Responsibility: min 03,20
  • I 4 pilastri fondamentali della CSR: min 07,25
  • Come avviare un contesto aziendale: min 09,00
  • I progetti a lungo periodo: min 13,00
  • I benefici della CSR per le imprese e le persone: min 16,55
  • La situazione in Italia: min 18,00
  • I case study: min 22,40
  • Cosa aspettarci per il futuro: min 32,45