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Hootsuite - Social Trends 2021 -_EN

5 trend che domineranno i Social Media nel 2021 secondo Hootsuite

  • Il 73% dei marketers dichiara di avere come obiettivo principale per la comunicazione social nel 2021 l’aumento nell’acquisizione di nuovi clienti attraverso i Social Media
  • Il 70% degli utenti Internet di età compresa tra 55 e 64 anni afferma di aver acquistato qualcosa online nell’ultimo mese, e che continuerá a farlo anche dopo la fine della pandemia
  • Il 60% dei Millennials e Generazione Z afferma di voler acquistare più prodotti e servizi da Brand che hanno influenzato positivamente la società durante la pandemia

 

“[…] Quando c’è l’oscurità, c’è anche la luce. C’è resilienza, innovazione e creatività e c’è sempre un percorso da seguire per tornare a crescere. Nel rapporto di quest’anno trovate nuove soluzioni a vecchi problemi. Storie vere di marchi leader in tutto il mondo. Il tutto supportato dalle intuizioni delle menti più brillanti del Marketing e dai dati del nostro più grande sondaggio finora. Spero che vi aiuti a trovare la strada da seguire.”

Inizia con queste parole – volutamente di speranza dopo l’anno appena concluso – scritte dal CEO Tom Keiser, il report Social Trend 2021 pubblicato recentemente da Hootsuite. 

Basato su un sondaggio condotto nel terzo trimestre del 2020 su 11.189 marketers, combinato con dozzine di interviste a esperti del settore e rapporti pubblicati da aziende come Deloitte, Edelman, eMarketer, GlobalWebIndex, etc, lo studio identifica cinque tendenze chiave nel mondo dei Social Media per il 2021.

Prima di tutto vediamo come, tra le piattaforme social più utilizzate, più della metà dei brand coinvolti nello studio (61%) conferma l’intenzione di aumentare il budget pubblicitario destinato a Instagram.

Quasi la metà pensa di fare lo stesso per Facebook, YouTube e LinkedIn, mentre possiamo notare come, nonostante il successo incredibile raggiunto da TikTok nel 2020, i brand non sono ancora convinti a puntare sulla piattaforma a livello di investimento pubblicitario.

Di fatto già nell’ultimo trimestre del 2020 la copertura pubblicitaria di Instagram è cresciuta del 7,1%. Non sorprende che i marketers preferiscano seguire il “percorso più sicuro” per investire i loro budget e raggiungere quindi risultati garantiti, piuttosto che sperimentare nuove strategie e piattaforme.

Dopo questa breve premessa, vediamo nel dettaglio quali sono i cinque social trend del 2021 identificati nel report di Hootsuite.

#1 La corsa al ROI

Il 2020 è stato un anno che ha scosso l’economia di tutti i Paesi a livello mondiale, e ovviamente ha avuto un impatto importante anche nel settore della pubblicità. 

I tagli al budget pubblicitario sono stati inevitabili e hanno messo i brand in grande difficoltà al momento di ripensare – quasi stravolgere – le loro strategie di marketing.

Secondo il sondaggio il 73% dei marketers vede come obiettivo principale per la comunicazione social nel 2021 aumentare l’acquisizione di nuovi clienti, rispetto al 46% dello scorso anno, segnando un aumento del 58% su base annua.

Solo il 23% dei marketer ha parlato di “migliorare l’esperienza del cliente”, mentre l’utilizzo dei social per “acquisire informazioni sui clienti” è sceso al 15%, un errore preoccupante soprattutto in dopo un anno in cui il comportamento del consumatore è cambiato in modo radicale.

La corsa al ROI che segnerà le strategie di molti brand nel 2021 non sarà sufficiente. I marketers devono imparare a trarre vantaggio dagli strumenti a disposizione a livello social, per migliorare le esperienze online dei clienti.

Seguire questa strategia aiuta a differenziare i prodotti e servizi offerti dal brand da un numero infiniti di inserzionisti che cercano, disperatamente, di acquisire nuovi clienti in un momento di grande difficoltà economica dei consumatori.

Cosa possono fare i brand in questo scenario?

  • Investire nelle campagne multicanale che tendono ad avere un ROI maggiore rispetto alle campagne single media. Infatti, secondo Analytic Partners, per ogni nuovo canale il ROI può migliorare fino a un 35%;
  • Puntare sullo shopping online migliorando il processo di acquisto per i clienti, rendendolo divertente ed interattivo, utilizzando Instagram Live o Pinterest come showroom virtuali;
  • Fidelizzare i clienti attraverso i canali social (Forrester prevede che la spesa per il loyalty marketing aumenterà del 30% nel 2021).

#2 Il silenzio è oro

Un’altra lezione che ci ha insegnato il 2020 è che gli utenti vogliono utilizzare i canali social per connettersi e parlare tra di loro, non con i Brand, soprattutto in tempi di distanziamento sociale.

Nei primi giorni di pandemia molti marchi hanno adottato un tono eccessivamente sentimentale nei loro contenuti, provocando un’ondata di campagne quasi indistinguibili che le persone hanno iniziato a deridere sui Social Media.

La verità è che per troppo tempo la maggior parte dei Brand ha condiviso contenuti che gli utenti non ritengono interessante, come affermato dal 68% delle persone intervistate.

Nel 2021 quindi la strategia vincente per i marketers sarà capire dove e quando inserirsi nelle conversazioni – e quindi nella vita – degli utenti sui Social Media, creando contenuti capaci di sfondare il muro dell’indifferenza.

Cosa possono fare i brand in questo scenario?

  • Non ignorare le metriche sul consumo passivo di contenuti, perché i dati confermano che solo una piccola minoranza di utenti online commenta o condivide effettivamente i contenuti: la stragrande maggioranza di tutti i media online viene consumata passivamente;
  • Rafforzare i dati del Social Listening con dati da altre fonti, in quanto è molto difficile monitorare le conversazioni che avvengono per esempio tramite Instagram Stories, LinkedIn, TikTok o messaggi privati in generale, e questo può distorcere le informazioni che si ottengono;
  • Continuare a credere nel potere degli UGC per affiancare la produzione di contenuti di Brand, in quanto gli UGC sono economici e hanno il vantaggio di essere contenuti di cui le persone si fidano.

#3 La rivincita dei Baby Boomers

Il 2020 ha ribaltato lo scenario generazionale dei Social Media: l’aumento del tempo trascorso con online, la diffusione dei Live Streaming, dei giochi online e dei pagamenti mobile hanno prodotto nuove forme di alfabetizzazione digitale che si stanno trasformando in abitudini destinate a sopravvivere alla pandemia.

Vediamo come il 70% degli utenti Internet di età compresa tra 55 e 64 anni afferma di aver acquistato qualcosa online nell’ultimo mese, e il 37% prevede di continuare a farlo con più frequenza quando sarà finita la pandemia.

Storicamente, i marketer sono abituati a raggiungere i Baby Boomer attraverso la pubblicità televisiva tradizionale – che continua ad essere uno dei modi più efficaci per raggiungerli.

Ma vale la pena notare che negli ultimi 4 anni c’è stato un aumento del 66% di Baby Boomer che hanno scoperto nuovi marchi e prodotti tramite i Social Media – in particolare su Facebook – secondo i dati forniti da GlobalWebIndex.

I Brand non possono permettersi di trascurare le generazioni più anziane sui canali social nel 2021: utilizzando la segmentazione intelligente i marketers che includono i Baby Boomer nelle loro strategie digitali possono sfruttare questo crescente entusiasmo tecnologico.

Cosa possono fare i brand in questo scenario?

  • Segmentare i Baby Boomer in base alle loro passioni o hobby, non semplicemente per età: costruire il target di riferimento su dati sociali che riflettono gli interessi porta a un aumento del 40% del ricordo dell’annuncio;
  • Lasciare da parte gli stereotipi generazionali in quanto l’ultima cosa che i Baby Boomer vogliono vedere sono le campagne pubblicitarie in cui sono raffigurati come “vecchi” che hanno difficoltà ad interagire con la tecnologia;
  • Usare le recensioni online per aumentare la fiducia e influenzare le decisioni di acquisto dei Boomers.

#4 Conosciamoci di più

I Brand sono convinti che raggiungere i consumatori digitalmente sia un gioco da ragazzi, visto che oltre 4 miliardi di persone sono presenti sui Social Media, e la crescita del 2020 ammonta a un 12%. Ma non è così facile.

Secondo un sondaggio condotto tra 2.162 marketers condotto in collaborazione con Altimeter, il 54% ha affermato di non essere sicuro che i propri follower sui Social Media siano clienti effettivamente più attivi rispetto a quelli con cui non interagiscono digitalmente.

Questo accade principalmente perché la maggior parte dei Community Managers non ha sempre ben chiaro se sta interagendo con un cliente acquisito, un nuovo lead, un ex dipendente o un troll.

Qual è il motivo che molte volte rende difficile ai marketers capire se stanno interagendo con il target corretto? La mancanza di integrazione dei dati derivati dai canali social. Secondo Hootsuite infatti solo il 10% degli addetti ai lavori conferma di possedere sistemi aziendali dedicati all’integrazione dei dati in sistemi aziendali come Adobe, Marketo o Salesforce.

Le previsioni per il 2021 dicono che l’85% delle organizzazioni che integreranno i dati dei Social Media riusciranno a quantificare con maggiore precisione il ROI dei canali social appunto. Questo discorso vale sia per i dati organici che per i dati che derivano dall’advertising. 

Le opportunità di targeting e le metriche dettagliate fornite dall’ADV sono infatti fondamentali per riuscire a creare contenuti pertinenti e raggiungere le persone giuste sui Social Media. Eppure quasi un terzo (28%) degli intervistati non pubblica contenuti social a pagamento, anche se è risaputo che la copertura organica ha iniziato a restringersi a partire dal 2010. 

Cosa possono fare i brand in questo scenario?

  • Utilizzare i Social Media non solo come canale per coinvolgere gli utenti, ma una ulteriore fonte di dati che può aiutare a rafforzare la strategia di comunicazione;
  • Tenere traccia di tutti i dati raccolti sia dalle campagne organiche e da quelle a pagamento, per capire quali canali e quali contenuti stanno performando meglio;
  • Impostare flussi di lavoro manuali in assenza di soluzioni tecnologiche ad hoc, configurando manualmente un flusso di lavoro che può aiutare a misurare i risultati raggiunti sui Social Media.

#5 Tra cambiamento sociale e cambiamento Social

Le ricadute economiche ed emotive causate dalla pandemia di Covid-19, la nascita di movimenti come Black Lives Matter, il cambiamento climatico che ha alimentato gli incendi storici in Australia e Nord America e molto altro: questi fatti accaduti nel 2020 hanno spinto il capitalismo verso un cambiamento socialmente responsabile.

Questo cambiamento ha messo sotto pressione anche i Brand, che si sono trovati a dover affrontare pubblicamente questioni su cui le loro organizzazioni non si erano mai concentrate, o stavano solo iniziando a tenere in considerazione.

Di conseguenza le aziende si sono dovute adattare in fretta alla mentalità e alle aspettative socialmente consapevoli di generazioni più giovani e diversificate, come la Generazione Z. Nel sondaggio annuale di Deloitte sui Millennial e la Gen Z, il 60% degli intervistati ha affermato di voler acquistare più prodotti e servizi da Brand che hanno influenzato positivamente la società durante la pandemia.

I consumatori stanno sviluppando aspettative più alte in relazione a come le aziende possano contribuire a migliorare il mondo in cui viviamo, e utilizzare i Social Media come megafono per promuovere le iniziative sociali è cruciale nel 2021. 

Secondo Michael McGoey – Senior Manager di Twitter – “[…] I Brand che sono in grado di ascoltare la voce dei consumatori e plasmare i propri messaggi in base ad essa, saranno più propensi a sopravvivere e crescere. Quelli che perseguono solo narrazioni guidate dal marchio e che non sono sensibili ai tempi in cui ci troviamo, semplicemente non manterranno i propri clienti”.

Cosa possono fare i brand in questo scenario?

  • Creare una Social Media Policy che possa fornire linee guida all’intera organizzazione per dare a tutti la possibilità di agire rapidamente e con sicurezza;
  • Impostare un flusso preciso per le comunicazioni di crisi sui canali social, ovvero un piano interfunzionale che aiuta a risparmiare tempo prezioso e mantenere tutti concentrati in caso di crisi sui Social Media;
  • Usare il Social Listening come strumento di Intelligence che possa aiutare le imprese a prendere decisioni più intelligenti sulla base delle mutevoli esigenze dei clienti.
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La pandemia guida la crescita dell’eCommerce anche a San Valentino

Teads, The Global Media Platform, presenta i trend sul comportamento d’acquisto dei consumatori per San Valentino: il digitale è il canale di vendita primario e lo smartphone si configura come il device per eccellenza nel 51% dei casi. Nel 2020 la digitalizzazione accelerata di tutti i mercati causa Covid-19, ha guidato una crescita dell’eCommerce senza precedenti. Trend che si conferma anche per questo San Valentino 2021.

festa di san valentino

La festa dell’amore è stata sempre molto a cuore agli italiani che nel 2020 hanno speso circa 474 milioni di euro in regali di San Valentino. Secondo quanto rilevato dall’Osservatorio annuale Love Index di Mastercard emerge una differenza tra le donne, che si interessano al regalo per San Valentino già da metà gennaio pianificando l’acquisto, e gli uomini che invece sono più propensi ad acquistare sotto data. Una costante accomuna i due comportamenti: la ricerca è condotta quasi nella totalità dei casi online. Quest’anno si prevede che la curva di acquisti online segua il trend di crescita esponenziale che ha avuto l’eCommerce nel 2020: a Ottobre, il +54,6% rispetto all’Ottobre 2019 con un 51% di acquisti effettuati da mobile.

Per garantire la massima visibilità e la migliore esposizione online in un periodo così affollato, Teads ha sviluppato un pacchetto di più di 430 categorie di contenuto come Health & Wellness, Entertainment, Technology, Business, Home & Garden, Family, Auto, Environmental disponibili per le pianificazioni media di brand e advertiser e attivabili con il Teads Contextual Reachcast.  L’offerta, che permette di riservare in esclusiva per 24 ore una o più categorie di contenuto verticali, garantisce il massimo impatto sulla brand awareness e sull’engagement oltre ad un posizionamento esclusivo come top brand del contenuto verticale. 

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In momenti dell’anno come quello di San Valentino è fondamentale costruire una continuità comunicativa e assicurarsi di rendere scalabili gli asset di campagna in una strategia multichannel. Il formato inRead Stories Video di Teads permette di riutilizzare gli asset creativi verticali delle campagne social sulle inventory di qualità dei più prestigiosi publisher a livello mondiale. Una soluzione tecnologica che garantisce attenzione e user experience di qualità, con un dato di view time di 7,6 secondi in media (MOAT), e la migliore esperienza full screen con l’interazione tipica del mobile.

Angelo Lo Ponte, Head of Data di Teads italia ha dichiarato:

Le nostre tecnologie di analisi semantica sono in grado di analizzare il contenuto editoriale attribuendo differenti livelli e sfumature connotative ad un articolo e garantendo la massima granularità. Non si tratta di un semplice targeting attraverso keyword ma di un vero e proprio sistema di algoritmi che scansionano il contenuto dell’articolo in maniera precisa e sempre più sofisticata. Siamo fieri di poter garantire ai nostri partner la perfetta combinazione tra precisione e reach per supportare le loro strategie di contextual targeting.

insetti come cibo

Come il consumo di insetti può rivoluzionare il sistema agroalimentare

  • L’entomofagia è una pratica alimentare che accomuna, al momento, oltre 2 miliardi di persone
  • EFSA ha dato l’OK per il consumo umano delle larve gialle essiccate, sia nella versione intera che sotto forma di farina
  • Attualmente sarebbero oltre 3mila le specie di insetti commestibili e integrarli nella nostra dieta significherebbe ridurre l’impatto che il settore zootecnico ha sull’ambiente

 

Diffusasi per necessità in alcuni Paesi del mondo, come Africa, America Latina, Asia e Oceania, l’entomofagia, cioè ovvero il consumo di insetti da parte dell’uomo,  è una pratica alimentare che attualmente accomuna oltre 2 miliardi di persone.

Dal 2004, è sotto la lente d’ingrandimento della FAO (Food and Agriculture Organization), che la indica come una possibile soluzione per prevenire il rischio di carestie.

Stando al rapporto delle Nazioni Unite The World Population Prospects 2019: Highlights”, infatti, la popolazione mondiale dovrebbe raggiungere i 9,7 miliardi entro il 2050, sino a sfiorare gli 11 miliardi nel 2100.

LEGGI ANCHE: Budweiser, Coca-Cola e Pepsi in fuga dal Super Bowl. Che succede?

Pertanto, per far fronte conseguente enorme aumento della domanda di cibo, dovremo rivolgerci a fonti alimentari non convenzionali, più efficienti e sostenibili, evitando il depauperamento delle già poche risorse disponibili.

Gli insetti come cibo

Ecco allora che, in un simile contesto, l’allevamento e l’introduzione degli insetti nella nostra dieta appare come una delle strade immediatamente percorribili.

Gli insetti, infatti, oltre a riprodursi facilmente e in poco spazio, nutrendosi semplicemente di scarti agricoli, presentano anche un eccellente profilo nutrizionale, con grassi e proteine ad alto valore biologico, superiore addirittura a quello della carne bovina, suina e avicola.

Tuttavia, in Italia, l’entomofagia resta un tabù, tanto da essere vietata, al momento, dalla legge (art.35, Regolamento UE 2015/2283).

Negli altri Paesi europei la situazione non è molto diversa, fatta eccezione per alcune tipologie di insetti, già ammessi in “regime di tolleranza” e in attesa di una specifica autorizzazione al commercio.

Ma per capire se gli insetti faranno parte o meno della nostra dieta futura, dobbiamo fare un piccolo passo indietro.

By Steven G. Johnson – Own work, CC BY-SA 3.0

L’evoluzione del tema: da EXPO 2015 ad oggi

Era il 2015 quando, in occasione di Expo Milano, nel padiglione del Belgio, si parlò ampiamente e per la prima volta del tema degli “insetti a tavola”, di cui successivamente si occuparono anche alcune importanti testate, come La Repubblica, il Corriere della Sera, La Stampa, Panorama e il Fatto Alimentare.

Senza dimenticare le numerose interviste rivolte a chef nazionali ed internazionali, tuttora considerati dei veri e propri “pionieri” nell’utilizzo degli insetti in cucina; una cucina raffinata, che alcuni definirebbero gourmet.

Tra questi, ricordiamo l’irriverente cuoco danese René Redzepi e il brasiliano Alex Atala, considerato uno dei migliori chef al mondo, un genio poliedrico del nuovo millennio.

Tuttavia, il grande lavoro di comunicazione non bastò a convincere i consumatori, che si dichiararono favorevoli all’entomofagia solo per un misero 8%.

Una reazione piuttosto prevedibile, essenzialmente per due motivi: in primis gli europei e, in generale, gli occidentali sono portati ad associar erroneamente condizioni di povertà e di miseria, dalle quali vogliono fuggire al consumo di insetti; in secondo luogo, le abitudini alimentari in Europa sono completamente diverse da quelle che, ad esempio, possiamo ritrovare in Asia dove gli insetti non suscitano ribrezzo e disgusto.

Si tratta, dunque, di un rifiuto di ordine “culturale”, privo di altre ragioni. Ad ogni modo, dal 2015 ad oggi, qualche passo in avanti è stato fatto, anche in termini di accettazione del prodotto.

By Meutia Chaerani / Indradi Soemardjan http://www.indrani.net – Own work, CC BY 2.5

L’EFSA ha dato l’ok al consumo umano delle larve della farina

L’EFSA – l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare – ha da poco dato l’OK al consumo delle larve gialle essiccate (Tenebrio Molitor), sia nella versione intera che sotto forma di farina, da utilizzare come ingrediente per la preparazione di biscotti, barrette, pane e altri prodotti di consumo.

Entro sette mesi, dunque, la Commissione Europea dovrebbe presentare una proposta di autorizzazione per l’immissione sul mercato, da sottoporre al voto dei Paesi membri. Nel caso di una risposta positiva, si assisterebbe ad una netta accelerazione delle (numerose) valutazioni pendenti, fino ad un’integrazione stabile degli insetti nella dieta occidentale.

È chiaro quindi, che ci troviamo di fronte ad un momento delicato e al contempo decisivo per lo sviluppo sostenibile del sistema agroalimentare europeo.

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Pengo, CC BY-SA 3.0, via Wikimedia Commons

Scegliere gli insetti per salvare l’ambiente

Attualmente, infatti, sarebbero oltre 3mila le specie di insetti destinabili al consumo umano, tra larve, cavallette, ragni e altri, e la loro graduale diffusione al posto delle specie tradizionalmente allevate, potrebbe portare ad una sensibile riduzione dell’impatto che il settore zootecnico ha sull’ambiente, sia in termini di risorse consumate che di emissioni di gas ad effetto serra, derivanti dai processi metabolici degli animali, in particolare del metano, che concorre al surriscaldamento globale 23 volte di più della CO2.

Secondo un recente rapporto della FAO, il bestiame utilizza attualmente il 30% dell’intera superficie terrestre, di cui il 67% è rappresentato da pascoli permanenti mentre il 33% – e forse di più – da terra arabile, sfruttata per produrre foraggio.

Inoltre, in America Latina e in altri Paesi in via di sviluppo, l’allevamento sembrerebbe essere una delle principali cause di deforestazione.  Ogni anno, infatti, ettari di foresta, anche amazzonica, vengono abbattuti, per far posto a nuovi pascoli.

E se pensiamo infine che per produrre 1 kg di carne di manzo, sufficiente sì e no a sfamare una famiglia poco numerosa, sono necessari dai 16 ai 20 kg di mangime e circa 11.500 litri di acqua, per un totale di quasi 15 kg di CO2 emessi nell’ambiente, capiamo quanto sia importante rivolgerci al più presto a nuove fonti di cibo.

O, almeno, prenderle in considerazione.

Investire oggi sugli insetti, quindi, significa abbracciare un domani più pulito e sostenibile, senza necessità di virare verso regimi alimentari drastici, che annullano, talvolta pericolosamente, le fonti proteiche di origine animale.

 

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L’immagine di copertina è di Rik Schuiling / TropCrop-TCS – Own work, CC BY-SA 4.0

microsoft

Microsoft Italia: Matteo Mille è il nuovo Chief Marketing and Operations Officer

Matteo Mille è stato nominato nuovo Chief Marketing and Operations Officer di Microsoft Italia a diretto riporto dell’Amministratore Delegato Silvia Candiani. All’interno del Leadership Team di Microsoft Italia e in collaborazione con il team Marketing & Operations, Matteo Mille avrà la responsabilità di contribuire alla crescita della filiale italiana, definendo piani di business e strategie volti a sostenere il percorso di Trasformazione Digitale dei clienti e dei partner italiani, contribuendo così all’innovazione digitale dell’intero Paese, in un periodo così sfidante come quello attuale.

Matteo Mille, inoltre, contribuirà al piano nazionale Ambizione Italia #DigitalRestart per supportare il lancio della prima Region Datacenter Microsoft in Italia e delle diverse iniziative tra cui l’AI Hub, i progetti con le PMI, l’Alleanza per la Sostenibilità e le attività rivolte alla formazione di studenti e professionisti nell’ambito delle competenze digitali richieste dal mondo del lavoro e delle imprese. Infine, insieme al team contribuirà alla promozione delle iniziative di Diversity & Inclusion, sia internamente sia esternamente all’azienda, per costruire una società più inclusiva.

Matteo, entrato in Microsoft nel 2006 nel ruolo Server & Tools Director guidando il lancio di Windows Server e SQL, rientra in Italia dopo un’esperienza di 7 anni a Singapore dove ha ricoperto il ruolo di Partner Sales Development Lead per la regione APAC (Asia Pacific) sempre per Microsoft, contribuendo alla trasformazione digitale dell’ecosistema dei partner in 9 Paesi dell’Asia Pacifica e guidando anche il business Surface.

Sono entusiasta di rientrare a far parte della famiglia Microsoft Italia, guidare il team M&O e lavorare insieme al Leadership team per guidare la trasformazione digitale che i nostri clienti, i nostri partner e il nostro Paese oggi richiedono, per far fronte a un periodo così sfidante, portando l’Italia ai livelli che si merita, anche grazie al digitale. Le esperienze che ho avuto in Italia, Europa e Asia mi hanno dato l’opportunità di guidare team multiculturali, creando strategie di marketing, costruendo nuovi canali di vendita, raggiungendo significative crescite di business e trasformando diversi ecosistemi di partner. Metterò a disposizione la mia expertise per contribuire al rilancio del nostro meraviglioso Paese.

Ha commentato Matteo Mille.

Laureato in Telecomunicazioni presso l’Università di Pavia, Matteo Mille ha frequentato numerosi percorsi di formazione per executive tra cui Digital Business Strategy presso l’MIT SLOAN School of Management. Prima di Microsoft ha lavorato in aziende quali Italtel, Sun Microsystems, McKinsey e Telecom Italia.

Quando non trascorre il tempo libero con i suoi tre figli e non è impegnato in attività di advisor per startup o di mentor per studenti, lo si può trovare sott’acqua come DiveMaster oppure nei cieli italiani mentre pilota l’aereo costruito con il fratello.

La multicanalità arriva in banca: il self banking e la sfida di Selfy, la nuova proposta di Banca Mediolanum

Dal mobile banking al self (banking). La storia dell’online banking è fatta di questi improvvisi salti di paradigma, causati dagli scossoni provocati dalle nuove tecnologie e da eventi esterni che impattano il mondo dei servizi finanziari.

Dal 1981, la data in cui possiamo affermare che nasce l’online banking a New York, con City Bank e altre banche americane che offrono i primi servizi da remoto, la finanza digitale è totalmente cambiata e oggi è lontana anni luce da quella dei primi pionieri.

«Ci sono state tre fasi nell’evoluzione dell’online banking. La prima è stata segnata dalla volontà di trasferire “semplicemente” online dei servizi che le banche offrivano già in analogico. Ma oggi quel modello è ampiamente superato», racconta Edoardo Fontana Rava, direttore sviluppo prodotti e modello business di Banca Mediolanum. Il manager ne ha parlato durante la conferenza stampa di presentazione dell’ultimo prodotto nato nella banca fondata da Ennio Doris, Selfy, che mira a inserirsi nel nuovo paradigima dell’online banking, dove sono i clienti a costruire la propria banca su misura.

3 sviluppi dell’online banking

Se New York è stato il laboratorio dei primi esperimenti di banca da remoto, è in Europa, e in particolar modo in UK, che l’internet banking prende avvio, soprattutto nella sua veste di “home banking”. Tutto nasce dall’esperimento di Bank of Scotland, che offre un servizio chiamato Homelink: in sostanza, i clienti della banca possono connettersi online attraverso le loro tv e i telefoni, per trasferire denaro da un conto a un altro. Questo è un articolo del New York Times d’annata che parla di questa rivoluzione

L’Internet banking domina almeno fino all’ingresso sul mercato dei primi telefoni cellulari, quando avviene il secondo scossone all’interno del mondo bancario, nelle relazioni con i clienti. Nel 1999 viene introdotto il WAP, acronimo di Wireless Application Protocol, è il sistema che permette ai telefoni di connettersi alla Rete. Le banche intuiscono la portata di questa rivoluzione e capiscono che la comunicazione via SMS, che finora avevano adottato, non sarebbe più bastata.

Nel decennio che va dal 2000 al 2010, si prepara il terreno per la rivoluzione mobile con un evento su tutti: il 9 gennaio 2007, un keynote che passa alla storia. In quel giorno, Steve Jobs presenta a Cupertino il primo modello di smartphone destinato a un pubblico di massa. Le banche allora si spostano sul mobile: tra i pionieri c’è ancora una banca Uk, la Royal Bank of Scotland, RBS, che lancia la sua prima app sull’Apple Store.

Dal mobile banking nascono poi tutta una serie di nuovi competitor, le banche tutte digitali, che aprono la strada a un nuovo paradigma: «Le banche online come Revolut o Illimity sono state brave a cogliere i cambiamenti e a innovare completamente la customer journey dei clienti: hanno saputo cogliere un’esigenza. Tuttavia, non sono riuscite a raggiungere l’omnicanalità o meglio il self banking», spiega Fontana Rava.

Self banking

La banca giusta per il cliente è quella che riesce a utilizzare, o meglio ancora quella in cui si riconosce. Se le nuove banche digitali hanno imposto una diversa esperienza utente ai clienti, ovvero quella di entrare nella banca quando vogliono e come vogliono, con un semplice accesso a Internet e un’app o più app mobile dedicate, il self banking fa un passo ulteriore in avanti, con il cliente stesso che partecipa attivamente alla costruzione del suo “ecosistema bancario”.

Il self banking è un po’ l’evoluzione dei criteri di scelta che il cliente adotta per decidere verso quale banca dirigersi. Apparentemente, questi criteri sembrano non essere cambiati nel tempo. Un cliente sceglie un banca sulla base del prezzo, della qualità del servizio e della prossimità/comodità. Eppure, oggi queste tre motivazioni assumono nuovi significati:

«Per prossimità non si intende più la vicinanza fisica a una filiale, ma la possibilità di accedere via app a tutte le offerte. Per la qualità di servizio si valuta non più il tempo di attesa in filiale o le disponibilità orarie degli sportelli, ma la possibilità di accedere alla banca quando voglio. Mentre il prezzo non è più solo sinonimo di convenienza: i clienti oggi sono disposti a spendere anche di più, se il servizio li soddisfa. L’emergenza Covid in questo ha aiutato, portando più consapevolezza», continua Fontana Rava.

Il manager spiega che le banche devono abbracciare ogni giorno la sfida dell’innovazione. Dall’analisi dei comportamenti, devono imparare a leggere le abitudini dei clienti e aggregare in unico posto tutta una serie di servizi, specie oggi che il conto corrente viene usato tutti i giorni.

La sfida di Selfy

Si è parlato di questo e di tanti altri temi sul presente e futuro dell’online banking durante la conferenza stampa di presentazione di Selfy, che ha visto tra gli ospiti la partecipazione, oltre al già citato Fontana Rava, di Simone Friggi, responsabile Sales Finance & Gaming Nord Ovest per Tim, di Gianni Rovelli, responsabile comunicazione e marketing commerciale per Banca Mediolanum, e Nicola Belli, consigliere delegato di Armando Testa, moderati dal giornalista Dario Donato

Con Selfy, Banca Mediolanum fa sua la sfida della multicanalità. Si tratta di un servizio dedicato ai nuovi clienti della Banca, al quale gli utenti possono iscriversi direttamente da pc o smartphone, per accedere a tantissimi servizi finanziari. Dall’app si possono pagare F24 e bollettini, controllare i movimenti delle carte, ricevere e inviare denaro in tempo reale, pagare da smartphone in abbinamento ai servizi Samsung Pay, Apple Pay, Garmin Pay e Google Pay. Ma anche fare trading online, chiedere prestiti e rateizzare i pagamenti:

«Uno dei valori in più di Selfy risiede nella possibilità offerta all’utente di personalizzare al massimo la sua esperienza. Dalla scelta della fotografia, dei colori e perfino dei servizi. Con Selfy vogliamo mostrare il nostro volto dell’open banking, che non risiede nel fare le cose, ma nel capire quelle che funzionano meglio per il cliente, per poi aggregare in una soluzione servizi finanziari e non solo, in modo tale da facilitargli la vita».

Scendendo ancora più nei dettagli, l’app è gratis per i clienti minori di 30 anni, mentre per tutti gli altri è gratuita il primo anno, mentre dal secondo anno in poi il costo è di 45 euro l’anno. Altri benefit dell’app nascono dalla partnership che Banca Mediolanum ha stretto con altri player, come Tim.

Accreditando lo stipendio a Selfy, l’utente avrà per esempio la possibilità di navigare con Tim a 100 GB al mese per 12 mesi, con in più il router in regalo:

«Con Selfy abbiamo voluto creare un vero e proprio universo dove è il cliente a scegliere cosa usare e quando. Dove è in cliente, in altre parole, a costruire la sua banca», conclude Fontana Rava

digital tools

Loomy, DriveandListen e TypeStudio, i digital tool della settimana

In questo periodo di restrizioni e lockdown, sono molte le esperienze che abbiamo smesso di vivere: aperitivi, serate in compagnia di amici e parenti e gite fuori porta. Tra queste, anche la possibilità di spostarsi con assoluta libertà, distraendosi guidando per la città.

Insieme agli strumenti utili per migliorare la produttività in ufficio e semplificare alcuni task in ufficio, stimolare la creatività nella creazione dei contenuti e pianificare al meglio le pubblicazioni sui social, la rete ci viene in soccorso con  un tool che ci permette di percorrere in auto alcune delle più grandi città del mondo, simulando l’esperienza di guida.

Questi sono i digital tool Ninja di questa settimana.

Scoprire il mondo in auto, restando a casa

drive and listen

Se ultimamente hai sognato di tornare a viaggiare, il fine settimana potrebbe essere l’occasione giusta per fare un giro in macchina ad Amsterdam o a New York. Come farlo senza violare nessun decreto? Con DriveandListen, un simpatico tool di simulazione di guida ambientato in tante grandi città nel mondo.

A proposito di calendari

loomy

Se per pianificare le tue strategie cerchi qualcosa di più di semplici date di pubblicazione, puoi provare una piattaforma tutto-in-uno come Loomly. Tra le sue integrazioni, anche strumenti per trovare l’ispirazione nella creazione dei contenuti.

Formati per ogni social

typestudio

Il video può essere una parte davvero potente del tuo arsenale di social media marketing, ma può essere difficile da adattare ad ogni piattaforma. Type Studio ti permette di tagliare diversi pezzi di contenuto dai tuoi filmati e modificarli in modo che lo stesso video sia perfettamente adatto ad ogni formato.

Grande Fratello

exposing

Se hai caricato delle foto sul web negli ultimi anni, c’è una buona probabilità che siano state usate per costruire sistemi di riconoscimento facciale. Exposing.AI ti aiuta a scoprire se le tue foto su Flickr sono tra gli scatti utilizzati per “allenare” gli algoritmi.

 

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cina clubhouse

Clubhouse esplode anche in Cina e si scatena il mercato degli inviti

I cinesi hanno scoperto Clubhouse e si stanno riversando in massa sull’app di chat audio in gruppo.

Chi c’è su Clubhouse in Cina? Soprattutto le élite cinesi: più precisamente, persone che lavorano in ambito tecnologico, opinion leader e influencer dei social media ma anche dissidenti e giornalisti.

L’esplosione della notorietà del nuovo social network in Cina è abbastanza recente: il giorno dopo che Elon Musk ha fatto il suo ingresso su Clubhouse, l’hashtag “Clubhouse Invite Code” era in cima ai trending topic su Weibo, il più grande portale di informazione cinese, di proprietà di Sina. L’apparizione del fondatore di Tesla, in particolare, ha acceso la curiosità per l’applicazione in Cina, dove gode di un grande seguito di fan.

Le persone si stanno confrontando prevalentemente su argomenti legati alla politica. Mentre la censura diventa sempre più invasiva nei confronti dei social media cinesi, i frequentatori di Clubhouse stanno utilizzando le stanze come una nuova piazza per confrontarsi su temi scottanti, come democrazia, identità cinese e la gestione della pandemia da parte del governo.

LEGGI ANCHE: Cos’è Clubhouse, il social audio su invito amato da VIP e Venture Capitalist

La vendita degli inviti

Clubhouse è diventato tanto popolare che chi ha a disposizione inviti per consentire l’ingresso ai propri contatti li ha messi in vendita su Xianyu, un’app cinese per la vendita di oggetti usati, anche se attualmente i venditori sembrano superare i compratori ed è necessario un’account Apple extra cinese per accedere.

Gli addetti ai lavori hanno subito fiutato l’affare e già ci si chiede chi sarà il primo a copiare la nuova app per realizzare la propria versione Made in China. Wu Yunfei di Dizhua, un’app simile a Clubhouse, ha scritto che ha testato l’applicazione e ha provato “sentimenti contrastanti” sentendo già la gente discutere su come copiarla. Justin Sun, un imprenditore cinese che ha fondato la piattaforma di criptovalute TRON, ha immediatamente annunciato su Twitter che stava costruendo un’app simile, chiamata “Two”, per replicare il successo di Clubhouse in Cina.

clubhouse

Sebbene Clubhouse abbia riscosso enorme successo negli ultimi giorni, sono molte le applicazioni di chat vocali già presenti sul mercato cinese. Nessuna di loro, però, è riuscita a diventare mainstream.

Clubhouse è stato lanciato lo scorso aprile dall’imprenditore della Silicon Valley Paul Davison e dall’ex-Googler Rohan Seth. Grazie anche alle restrizioni e ai lockdown in tutto il mondo, molte persone hanno scaricato l’app, ancora in modalità beta, per discutere o ascoltare argomenti che vanno dalla politica alla tecnologia in una serie di chatroom. Insieme al fascino della sua esclusività, l’attrazione principale dell’app è la possibilità per gli utenti di partecipare a conversazioni ospitate da celebrità come Elon Musk e motli altri VIP che hanno sposato il nuovo sistema fin da subito.

La rinascita dell’audio: intervista a Damiano Crognali, autore di Podcast

Riprende il ciclo Webinar PRO: approfondimenti ed insight con i veri guru del digital, interviste esclusive e dedicate ai PRO member.

Ospite di questa giornata con Mirko Pallera, founder di Ninja, è stato Damiano Crognali, giornalista, videomaker, autore di Podcast e autore del libro “Podcast: il nuovo rinascimento dell’audio”.

In più, 10 consigli per sfruttare al meglio la piattaforma solo audio del momento: Clubhouse.

Buona visione!

world nutella day

World Nutella Day, come un brand può arrivare al cuore delle persone

Gli italiani sono conosciuti nel mondo per molti motivi. Sono tante le bellezze storiche e archeologiche che gli altri Paesi ci invidiano e molta dell’ammirazione che persone vicine e lontane provano per l’Italia arriva grazie alle nostre specialità alimentari.

Sono pochi, però, quei prodotti in grado di diventare brand planetari, tanto amati (e consumati) e tanto famosi da raggiungere, per notorietà e apprezzamento, icone mitologiche come la pizza e la pasta.

È raro, ma succede, proprio come è capitato a Nutella, uno dei marchi italiani più conosciuti e apprezzati. Un Love Brand riconosciuto che oggi può contare su una giornata mondiale creata dai suoi stessi consumatori, oltre a 100 milioni di famiglie che la consumano, in tutto il mondo.

Per cercare di capire un successo così grande, abbiamo fatto qualche domanda a Matteo Conti, Head of Marketing nutella Europe.

Matteo Conti - CMO di Ferrero

Matteo Conti – Head of Marketing nutella Europe

LEGGI ANCHE: Come la percezione che abbiamo dei brand condiziona le nostre scelte d’acquisto

Come si crea un Love Brand amato come Nutella?

Questa è la domanda del secolo: bisognerebbe chiederlo al papà di Nutella, il signor Ferrero. Quindi a Pietro Ferrero e poi al figlio Michele, che ha trasformato il prodotto in un brand.

Partiamo dal fatto che Nutella nasce come Giandujot e poi diventa SuperCrema. Prima di tutti i competitor, il signor Michele Ferrero comprese l’importanza del naming giusto per l’esportazione del prodotto negli altri Paesi: SuperCrema presentava degli ovvi limiti di overpromising e il nome “nut-ella” rispose alla necessità di questo cambiamento creando un brand name unico e comprensibile soprattutto in termini fonetici, identitari e visivi a livello planetario.

Naming e identità visiva, cioè il nome Nutella e la scelta del vasetto, hanno grandemente contribuito al suo successo. Parliamo quindi di una vera e propria Marketing Strategy già nel 1964: il nome Nutella venne infatti testato sia in Italia che all’estero prima del lancio sui mercati.

nutella giandujot

Source: nutella.it

Il secondo punto che può aiutarci a comprendere questo successo è il fatto di essere sempre stato un prodotto oggettivamente semplice, un prodotto per tutti,  partire dal dopoguerra. La prima Nutella infatti era solida, era una merenda più accessibile per i bambini in un momento in cui il cacao era introvabile.

Da lì, questa origine si è confermata nel tempo: la sua ricetta è estremamente semplice e questo determina un costo e un prezzo al consumo e accessibile in quasi tutte le geografie, sebbene le materie prime che la compongono, come cacao e nocciole, siano spesso soggette a fluttuazione dei costi. È un prodotto poco soggetto alla stagionalità: a differenza di altri prodotti al cioccolato, Nutella soffre meno questo fenomeno nel periodo estivo e riesce ad avere una diffusione anche nelle latitudini più calde.

Il terzo fattore di successo planetario è sicuramente la comunicazione gli investimenti di marketing, che, fin dal 1964, hanno accompagnato Nutella con una storia di comunicazione tipicamente pubblicitaria. Nata in Italia ma poi perseguita molto bene in tutti i Paesi, ha permesso la penetrazione a livello mondiale e l’esplosione dell’awareness del brand: oggi, più di 100 milioni di famiglie nel mondo acquistano Nutella.

Dal tuo punto di vista, il successo del brand dipende anche dal rapporto dell’azienda con i suoi dipendenti?

Assolutamente sì. Nutella, ma tutta Ferrero si distingue per il senso di appartenenza unico delle sue persone, è un valore inestimabile. L’amore e l’autenticità che Nutella ha attorno a sé, il tributo e il sostegno da parte dei suoi dipendenti che sono i primi fan del brand, costituiscono certamente una componente fondamentale della ricetta del successo.

Che mondo sarebbe senza Nutella? Cosa sarebbe Ferrero senza questo prodotto?

Difficile dirlo, ma certamente Nutella ha avuto un ruolo determinante nell’espansione dell’azienda a livello geografico.

I Nutella Biscuits sono diventati in breve oggetto di culto. C’era una strategia ben precisa o è stato semplicemente amore a prima vista?

nutella biscuits

Source: nutella.it

È la domanda che tutti hanno posto, qualcuno anche con tono polemico. In verità, non c’è stata alcuna strategia di scarsità: noi conoscevamo la capacità produttiva dello stabilimento e quello che abbiamo messo sul mercato è quello che riuscivamo effettivamente a produrre e distribuire. Grazie alla forza del brand, la domanda di prodotto ha superato ogni previsione. Avevamo previsto di avere successo, ma certamente le modalità e i tempi hanno sorpreso anche noi.

Nel 2008 come spuntino al G8, su un francobollo nel 2014 e ora Nutella sarà anche su una moneta. Quali sono i prossimi ambiziosi traguardi da raggiungere?

Nutella è una marca delle persone prima che dell’azienda. Dal punto di vista del radicamento culturale nei singoli territori, noi non pianifichiamo elementi di portata istituzionale e sociale come questi o come il World Nutella Day. Sono infatti delle opportunità e delle occasioni che si vengono a creare quasi naturalmente.

La moneta è l’ultima degli attestati di stima che rendono Nutella strepitosa e unica nel suo paese d’origine e uno stimolo per noi a renderla tale ovunque.

Il World Nutella day è una occasione importante, soprattutto per i fan: è davvero sentito dalle persone che hanno deciso spontaneamente di dare vita a questo evento, nato negli Statu Uniti grazie alla blogger italo-americana Sara Rosso.

world nutella day

Source: nutella.it

Lo sviluppo organico è stato straordinario e, dal 2015 a oggi, abbiamo sostituito Sara nell’organizzazione e pianificazione dell’evento ma continuiamo a ispirarci a lei. Apriamo i nostri canali ricordando il World Nutella Day e dando alle persone la possibilità di celebrare il loro legame e il loro amore per il prodotto nelle modalità che preferiscono.

Questa attitudine all’apertura ha generato un interesse spontaneo da parte di influencer e altri brand, che hanno iniziato ad augurare un “buon World Nutella Day” sui nostri social e sui loro canali, diventando una sorta di movimento social autogenerato, in qualche modo in grado di portare in modo spontaneo un po’ di positività, per altro davvero necessaria di questi tempi.

Senza la necessità di una pubblicità tabellare, si mette in moto un sistema di autentica passione positiva che corrisponde proprio alla mission del brand: portare un po’ di positività in più alla vita di tutti i giorni.

Non solo digitale: il futuro dei pagamenti è nel proximity payment

Oramai ci abbiamo fatto l’abitudine: pagare senza denaro (cashless) e magari senza toccare nessun dispositivo (contactless) è diventata la quotidianità durante il periodo dell’emergenza. Ma ci ha anche aiutato a scoprire la comodità del proximity payment, ovvero dei pagamenti di prossimità.

Sicuri, comodi e veloci, rendono ancora più evidente che tutto può essere racchiuso in pochi essenziali strumenti: una carta o uno smartphone.

Ma andiamo con ordine e scopriamo cosa si intende per proximity payment e quali sono i trend che stanno guidando oggi il settore dei pagamenti.

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proximity payment

Che cos’è il Proximity Payment e come sta crescendo

I pagamenti oggi sono sempre più smart e uno dei comparti che ha registrato negli ultimi anni il miglior tasso di crescita è quello del proximity payment, ovvero la modalità con cui in negozio smartphone e carte sostituiscono i contanti.

Con il termine proximity payment, infatti, si intendono i pagamenti elettronici di prossimità, cioè quelli che richiedono una vicinanza fisica tra l’acquirente e il venditore del prodotto/servizio che si intende acquistare. Per avvenire, la transazione sfrutta il sistema contactless: il pagamento avviene attraverso la connessione a corto raggio del dispositivo mobile, quindi attraverso la tecnologia NFC (Near Field Communication). Ad esempio, basta avvicinare il telefono al POS senza toccare nulla per portare a termine la transazione.

Ma c’è di più, perché la prossimità va intesa non solo in senso digitale, ma anche fisico. In un settore come quello dei pagamenti, che si rivolge potenzialmente a persone diversissime tra loro, per età, competenze digitali e più semplicemente abitudini, anche la capillarità della rete fisica ha un peso. Mooney, ad esempio, grazie all’unione di SisalPay e Banca 5 (Gruppo Intesa Sanpaolo) permette di prelevare contanti, pagare bollettini, tasse e servizi PagoPA, fare ricariche, acquistare biglietti dei mezzi pubblici ecc., in oltre 45.000 punti vendita – bar, tabaccherie ed edicole – in modo perfettamente integrato con le più moderne piattaforme digitali.

Grazie all’offerta Mooney è possibile effettuare sia operazioni in contanti che attraverso i canali digitali ed elettronici di pagamento, integrando e rafforzando l’offerta commerciale di tabacchi, bar ed edicole abilitate con un ventaglio si servizi e soluzioni adatti praticamente a tutti i target (o quasi).

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Il mercato del Proximity Payment

Secondo l’Osservatorio Mobile Payment & Commerce, negli ultimi anni in Italia i pagamenti proximity sono aumentati del 650%, per un totale di oltre 15,6 milioni di transazioni in negozio effettuate via smartphone nel 2018.

Un recente white paper pubblicato da eMarketer ha dettagliato più nello specifico una preziosa visione del mercato dei pagamenti di prossimità in continua crescita. Secondo la ricerca, i consumatori di tutto il mondo stanno rapidamente adottando l’uso regolare del proximity. Tra gli altri dati, si stima che nel 2021, il 17,2% della popolazione globale sarà utente di pagamenti di prossimità mobile, con un valore compreso tra i 5 e i 10 miliardi di euro. Se verranno rispettate le attese, cioè, il proximity payment supererà di gran lunga il valore delle transazioni eCommerce e peer-to-peer.

Con un po’ di ritardo rispetto agli altri Paesi, anche l’Italia ha iniziato a seguire questo trend ed è aumentato sia il numero degli utenti che utilizza il proximity payment, sia quello degli esercenti che hanno compreso l’importanza di offrire ai consumatori opzioni di pagamento più semplici e comode, sia che avvengano attraverso canali fisici (nei punti vendita), sia che siano digitali o elettroniche (con smartphone o carta di credito), in un’ottica sempre più phygital.

Una carta che strizza l’occhio all’intrattenimento

Mooney ha reso i servizi di pagamento davvero di prossimità, vicini, a portata di mano, offrendo un’esperienza “onlife” al tempo stesso fisica e digitale anche grazie alla sua carta prepagata Visa per tutte le tue esigenze: contactless, con IBAN italiano, e che permette di gestire tutto tramite app. E l’attivazione è gratuita!

La carta Mooney si può usare per qualsiasi tipo di spesa, in tutti i negozi in modalità contactless e online grazie al servizio Visa Secure. Sempre online è anche possibile inviare bonifici, controllare il saldo, monitorare tutti i movimenti, ricaricare il telefono e pagare i bollettini dallo smartphone, risparmiando sulle commissioni.
Infine, per ricaricare la carta è sufficiente andare in uno dei tanti punti vendita abilitati o effettuare un bonifico.

Ma Mooney non si rivolge solo a chi vuole trovare soluzioni di pagamento comode, veloci e sicure: anche la rete degli esercizi convenzionati, infatti, ha accesso a servizi di supporto al business, investimenti diretti, formazione qualificata e un modello comunicativo bidirezionale e all’avanguardia, fondamentale per la digitalizzazione dell’impresa.

E non è tutto. Mooney parla davvero la nostra lingua e per questo ha anche lanciato un divertente Quiz Talk Show condotto da Rossella Brescia che prevede la partecipazione di 56 persone tra cui 4 manager Mooney, 2 influencer (Rudy Bandiera e Francesco Facchinetti) e 50 tra gli esercenti e i clienti che già si avvalgono del servizio. Insomma, il divertimento (e il pagamento) è assicurato.

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