Da dove nasce il fenomeno del biologico? Dopo la Seconda Guerra Mondiale, attorno agli anni ’50, il batteriologo Hans Muller fondò in Svizzera il Movimento dei Giovani Contadini: un piccolo gruppo di persone che promuoveva l’agricoltura biologica in Europa, puntando al suo riconoscimento sul piano legale.
Particolare attenzione veniva posta alla lavorazione del terreno, che doveva essere ridotta al minimo al fine di non alterarne la composizione microbica. Il biologico però faticava a decollare.
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Negli anni ’60, infatti, si ebbe la cosiddetta “rivoluzione verde” che aveva come obiettivo la massimizzazione della produzione agricola al fine di ottenere maggiori profitti e prevedeva un forte utilizzo della meccanizzazione, la diffusione della monocultura e il massiccio impiego di prodotti chimici di sintesi per la concimazione e la difesa delle colture.
Solo nel 1991, con il Reg. (CE) n° 2092/91, si è giunti ad una regolamentazione a livello europeo. Il biologico dunque, è stato per molto tempo prerogativa di pochi pionieri visionari, spesso allontanati per le loro idee troppo anticonvenzionali.
Oggi il mercato del “bio” in Europa vale oltre 34 miliardi e anche quest’anno ha registrato una crescita a doppia cifra; in Italia il boom risale al 2016, anno in cui si assistette ad un incremento del +20% delle superfici coltivate e degli operatori: un fiume in piena che non accenna a rallentare, capace di conquistare sempre più persone, con buoni stipendi e alla ricerca di uno stile di vita salutare.
Anche la GDO, allettata dalle interessanti opportunità economiche, ha deciso di inserirsi nel panorama del “bio” e ampliare gli spazi dedicati a questa tipologia di prodotti; a sbaragliare la concorrenza è Aldi, re incontrastato dei discount tedeschi.
Perché il biologico è diventato trendy?
Dietro al successo del biologico non ci sono solo precise motivazioni etiche ma anche studiate strategie di marketing.
Infatti, il
trend più significativo nel marketing alimentare degli ultimi anni è senz’altro quello relativo agli ambiti del biologico.
Anche i prodotti che non rientrano strettamente in questa categoria tendono a incorporare nella propria promozione i temi mutuati dal mondo del “bio”.
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Perché questo tipo di promozione funziona così bene? Perché
tocca le corde giuste dal punto di vista emotivo, e non c’è marketing che risponda bene agli stimoli emozionali quanto quello legato al cibo.
Sempre più aziende modificano i propri prodotti, lavorando sulla loro
percezione esterna, così da farli arrivare al cliente come parte di un messaggio che parla di
rispetto della natura e della salute, di semplicità, di ritorno alla genuinità e alle tradizioni, di attenzione agli ingredienti e a ogni fase della lavorazione.
L’obiettivo primario anche nel packaging è quindi quello di suscitare emozioni e sensazioni tramite elementi grafici e sfumature cromatiche.
I colori più usati sono tre:
verde, beige/marrone e giallo. Un caso d’eccezione è quello della
Barilla che per la propria linea di pasta biologica ha confermato l’iconico blu.
A fianco alle suddette strategie di marketing, ci sono anche specifiche
politiche di trasparenza e di controllo della filiera, atte a rafforzare la fiducia del cliente nel prodotto.
Ad un primo sguardo, l’attenzione dei consumatori per il biologico potrebbe sembrare frutto di scelte razionali: si desidera consumare un prodotto sano e si esige ricevere prove concrete della sua qualità prima di comprarlo.
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Per il biologico vince il marketing emozionale
La razionalità tuttavia, entra in gioco in una fase successiva. Il pensiero razionale, in questo caso, serve al cliente per capire come ottenere quel particolare tipo di prodotto, piuttosto che per scegliere di consumarlo.
La decisione di acquistare biologico, spesso viene presa a monte e ha molto più a che fare con la percezione di sé che con la salute vera e propria. Il consumatore, in questo caso, vuole compiere una scelta che gli restituisca un’immagine di sé stesso nella quale è fiero di riconoscersi. Vuole stimarsi, sentirsi una persona dagli interessi elevati e dagli intenti nobili, distinguersi dalla massa consumista ed essere orgoglioso di aver fatto la propria parte nel salvare il pianeta.
Per questa ragione i diversi brand, per entrare in relazione con questo genere di clientela, devono innanzitutto instaurare una connessione emotiva.
Questo tipo di clienti
sono disposti a spendere in media dal 25% al 100% in più rispetto a un cliente normale e spesso diventano dei veri e propri brand ambassador, capaci di comunicare i valori del marchio e dare inizio ad un efficace passaparola.
Quindi, se vogliamo strutturare una campagna di marketing per un prodotto alimentare non possiamo prescindere dal puntare sul marketing emozionale.
Nel cibo, infatti, si riversa moltissimo di ciò che siamo.