• About Author

  • Tutta l'Informazione Ninja nella tua mail

  • I social media hanno aiutato a sensibilizzare sul Climate Change, ma hanno dato spazio anche agli scettici

    L'impegno nella lotta delle emissioni di CO2 e nella sensibilizzazione dei governi al cambiamento climatico sembra essere cresciuta grazie all'uso dei social e vi spieghiamo perché

    15 Marzo 2019

    Oggi migliaia di studenti in tutto il mondo scendono in piazza per chiedere un’azione più incisiva sui cambiamenti climatici da parte dei loro governi. Si chiama “Global strike for future” il movimento globale di giovani che gridano a gran voce: “Non vogliamo le vostre speranze, vogliamo che vi uniate a noi”. Le manifestazioni, ispirate in particolare dalla giovane attivista Greta Thunberg, riguarderanno più di 100 Paesi, con i ragazzi pronti a chiedere una intensificazione delle azioni per affrontare i cambiamenti climatici a livello globale. Uno slancio sociale da parte dei più giovani, che in molti non si sarebbero aspettati, abituati a pensare ai teenager di oggi come costantemente concentrati sui loro device e poco attenti a quanto avviene nel mondo. Eppure, le manifestazioni di oggi sembrano essere il segno che i grandi movimenti sociali sempre più spesso partono proprio dal web, ma si trasferiscono con decisione e ampia adesione anche per le strade delle nostre città. LEGGI ANCHE: 5 esempi di tecnologie che ci aiutano a combattere sprechi e cambiamento climatico

    Le contraddizioni dei movimenti sociali nati sui social

    Al tempo stesso, è proprio da quei movimenti sociali nati nella Rete – e spesso sui social network – che potrebbero derivare contraddizioni e problemi per questi stessi movimenti. Come osservato pochi giorni fa da Nives Dolsak e Aseem Prakash, professori dell’Università di Whashington, su Forbes, la 24a Conferenza delle Parti (COP24) promossa dalle Nazioni Unite a Katowice, in Polonia, durante la quale i rappresentanti di circa 200 Paesi stavano cercando di raggiungere un consenso internazionale sul regolamento per l’attuazione dell’accordo di Parigi 2015, è stata mediaticamente annullata dalle proteste dei “gilet gialli”, proprio a Parigi. I manifestanti si opponevano, ironia della sorte, a una tassa sul combustibile fossile, in pratica contro gli stessi principi dell’accordo che stava nascendo nella COP24 sul cambiamento climatico. Se i social network consentono una connessione tra le persone, dunque, in modo più organico i movimenti sociali avrebbero bisogno di una logica di connessione tra loro, per generare una vera “teoria del cambiamento” da proporre ai governi. Il movimento per il clima in questi anni ha ben identificato il proprio obiettivo: armato di report scientifici, ha mostrato perché è necessaria un’azione per il clima. Resta però ancora aperto il capitolo sul come questa inversione dirotta dovrebbe avvenire. Il movimento presuppone oggi che le persone siano in grado di riorganizzare le proprie vite sulla base della gravità dei problemi climatici, muovendosi verso un’economia a basse emissioni di CO2, ma farlo concretamente significa avere una visione globale di come questo debba avvenire.

    Il cambiamento climatico sui social

    Le prime ricerche sulla relazione tra l’uso dei social media e la sua relazione con l’opinione pubblica sui cambiamenti climatici suggeriscono diversi impatti positivi. I social media incoraggiano infatti una maggiore conoscenza del problema del cambiamento climatico, e favoriscono la mobilitazione degli attivisti, dando spazio per discutere la questione con gli altri e per creare dibattiti online che inquadrano il cambiamento climatico come un fattore negativo per la società. I social, tuttavia, forniscono lo spazio anche per inquadrare il cambiamento climatico in una prospettiva di scetticismo, dando spesso spazio alle fake news sull’argomento. L’ultimo caso in ordine di tempo, quello relativo alla #10YearsChallenge che ha recentemente spopolato nei nostri feed. Una fotografia che ritraeva i ghiacci della calotta polare artica a distanza di 10 anni ha iniziato a circolare su Facebook: dal 2009 al 2019 la perdita di superficie ghiacciata sembrava tale da convincere chiunque della veridicità e della violenza del cambiamento climatico in atto. E anche se l’intento di sensibilizzazione verso il problema poteva apparire lodevole, si trattava di un falso, dato che la prima foto risaliva al 1984 e dunque a un periodo di molto precedente rispetto a quanto diffuso dal meme in questione. LEGGI ANCHE: Pantene, Dove e gli altri big brand che vogliono combattere l’inquinamento da plastica Gli studiosi oggi riconoscono che il cambiamento climatico è un argomento astratto per la maggior parte delle persone, e l’opinione pubblica su di esso si forma più facilmente in presenza di supporti che lo rendano psicologicamente più vicino all’individuo. Le informazioni filtrate attraverso i social media possono essere una di queste esperienze personalizzanti e concretizzanti che avvicinano il problema del cambiamento climatico alle persone. Ridurre la distanza psicologica tra le persone e il cambiamento climatico rende più facile anche l’impegno nella battaglia sociale ed ecco quindi la rapida crescita dei movimenti degli ultimi anni. Questi i dati sull’interesse nelle ricerche di Google sul climate change. Un’altra questione importante da considerare, quando si pensa alla crescita dei movimenti legati al cambiamento climatico sui social media, è legato al concetto dell’elaborazione cognitiva esperienziale: le persone, cioè, tendono a interpretare le informazioni attraverso l’affettività e l’emozione, che consentono di rendere determinati problemi teorici più familiari nella loro mente. Per questo ad esempio un’area importante in cui le persone concretizzano la loro idea sul climate change è l’esperienza personale del tempo, inteso come meteo. Infatti, diversi studi hanno dimostrato che quando le persone associano eventi meteorologici o innalzamento delle temperature al cambiamento climatico, sono più propensi a credere nel climate change, percependolo come un rischio. LEGGI ANCHE: Le Tech Company proclamano il loro impegno contro il cambiamento climatico, ma non è abbastanza

    Cosa accade sui social media?

    Cosa accade oggi sui social media in relazione al climate change? Notizie e informazioni su temi sociali circolano in un contesto sociale, che fornisce quindi un ambito personale a cui legare determinate informazioni, filtrate spesso attraverso gli amici o attraverso gli algoritmi dei social che tendono a fornire  informazioni basate almeno parzialmente sulle abitudini degli utenti. Inoltre, l’uso dei social media è spesso visuale e qui il cambiamento climatico viene effettivamente comunicato visivamente. In breve, quindi, i social media sono in grado di personalizzare le questioni sociali sotto vari aspetti, avendo un effetto concreto sull’opinione pubblica. Quanto spesso le persone discutono effettivamente il tema del cambiamento climatico sui social media? Secondo i dati raccolti dalla Oxford Research Encyclopedias il 7% degli americani condividono informazioni sul riscaldamento globale su Facebook o Twitter e il 6% degli americani ha pubblicato un commento online in risposta a notizie o blog post sul riscaldamento globale. Se questo dato può sembrare un po’ basso, a questo bisogna aggiungere che il consumo di informazioni sul meteo si sposta sempre più spesso online, con un quarto della popolazione negli Stati Uniti che controlla Internet almeno una volta al giorno per informazioni meteorologiche, per poi parlarne almeno nel 30% dei casi sui social media quando si tratta di eventi straordinari o di catastrofi naturali. L’analisi dei social media fornisce anche uno scenario per esaminare il sentiment sul cambiamento climatico. Uno studio ha esaminato, ad esempio, il sentiment su Twitter, mostrando che la gente parla negativamente degli argomenti legati a disastri naturali, trivellazioni petrolifere e costi climatici, ma parla positivamente di manifestazioni sul climate change, idee green e libri sul tema. Dall’altro lato, le analisi dei commenti di YouTube sui video in lingua inglese sul Climategate mostrano che la gente ne ha parlato come un esempio di frode scientifica, in cui gli scienziati sono corrotti e disonesti e come esempio di una truffa politica o di una truffa che fa parte di una più ampia cospirazione governativa internazionale. A dimostrazione che su uno stesso social media si confrontano spesso utenti con la stessa visione del problema, sia essa affermativa o scettica nei confronti del cambiamento climatico. LEGGI ANCHE: 5 sedie di design (sostenibile) per portare l’attenzione all’ambiente anche a casa e in ufficio

    Dai social alle piazze per combattere il Climate Change

    Esiste dunque una vasta gamma di possibili ruoli che i social media possono svolgere nell’incoraggiare differenti atteggiamenti e comportamenti riguardo ai cambiamenti climatici, e ci sono molte ricerche in proposito. Resta però un fatto: dalle discussioni su Twitter ai commenti sulle notizie, fino alle ricerche online, ci sono prove delle relazioni tra uso dei social media e opinione, conoscenza e comportamento delle persone intorno al problema del climate change. Se i social media incoraggiano una maggiore conoscenza del cambiamento climatico, la mobilitazione di attivisti e forniscono lo spazio per discutere del problema con altri e creare discussioni online che inquadrano i cambiamenti climatici come negativi per la società, i migliaia scesi oggi nelle piazze di tutto il mondo sono la conferma di questo potere di condivisione e aggregazione anche offline dei social.

    Fai fiorire le tue
    Digital Skills.

    FINO AL 35% DI SCONTO