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Continua Marketing Hyper Experience, il Festival Digitale dell’Alta Formazione

Chi si occupa di formazione ha il compito imprescindibile di insegnare alle aziende come vivere le conseguenze della crisi e trasformarle in progetti virtuosi che non hanno nulla da invidiare a ciò che si è fatto in passato. L’esigenza attuale è di formarsi per il futuro, ottenere gli strumenti che servono adesso, sapere cosa tenere e cosa cambiare.

È da questa esigenza che nasce HYPER EXPERIENCE, il primo Festival Digitale dedicato alla Formazione. Un palcoscenico virtuale su un’innovativa piattaforma digitale dove andrà in scena una rassegna dei più importanti esperti nel mondo del marketing, vendite, negoziazione, strategia d’impresa e non solo. Infatti, ci sarà spazio anche per gli autori dei più importanti saggi che sono stati di ispirazione a migliaia di manager che incontreranno il loro pubblico in dei caffè letterari virtuali.

>>> Scopri subito tutto il programma di Marketing Hyper Experience!

Com’è nata l’idea di un Festival Digitale dedicato all’Alta Formazione

L’idea e il format sono di Performance Strategies, con i massimi esperti mondiali nelle aree strategiche per chi fa business oggi. Performance Strategies ha ascoltato le esigenze dei manager delle più importanti aziende come BOSCH, Pomellato, Ferrero, Adidas, Bauli, Banca Sella, PWC, Salesforce e tanti altri e ha voluto rispondere prontamente offrendo nuovi contenuti che potessero rappresentare una sorta di libretto di istruzioni per l’economia del futuro.

“Quanto accaduto negli ultimi mesi ci ha richiesto di andare ben oltre i limiti e di rifondare l’esperienza dell’alta formazione per rispondere a nuovi bisogni strategici, alla necessità di sviluppare modelli cognitivi e approcci specialistici. Abbiamo aperto le porte a una dimensione innovativa della formazione, dotata di un’incredibile forza evolutiva, grazie al sostegno dei relatori più eminenti nel mondo delle vendite, del marketing e della leadership. Un format innovativo ed unico, contenuti ed esperienze live e on demand per portare la formazione, il networking e l’ispirazione a un livello superiore, anche grazie ad una piattaforma tra le più importanti al mondo. È questo il nuovo mondo di Performance Strategies: Hyper Experience” – dichiara Marcello Mancini, founder Roi Group.

Come funziona Hyper Experience

3 settimane di contenuti, oltre 18 ore di formazione, 6 giorni di networking, 4000 partecipanti, aperitivi con gli autori, case studies: questo l’ambizioso programma di Marketing Hyper Experience. Content marketing strategico, neuromarketing, digital acceleration: ecco alcuni dei temi affrontati al Marketing Hyper Experience, il più importante virtual event italiano sui temi del marketing con 4 tra i massimi esperti nel mondo del settore.

Il primo Festival Digitale dedicato all’Alta Formazione sarà strutturato così: ci sarà un maxi-auditorium virtuale dedicato agli incontri con i relatori, una zona lounge, una sala d’attesa, stanze virtuali in cui fare aperitivi letterari con gli autori, sale dedicate ai momenti one to one tra le aziende per lo scambio delle informazioni e per stringere nuove relazioni di business, una library digitale, una focus room, una lobby. Queste sono solo alcune delle possibilità che i partecipanti avranno durante il festival.

Ha inaugurato il 9 ottobre Joe Pulizzi, uno dei massimi esponenti al mondo di Content Marketing, il primo a definirne il concetto nel 2001; venerdì 16 ottobre sarà la volta di Zoe Chance, esperta di persuasione ed economia comportamentale, è docente presso il dipartimento di Marketing della Yale School of Management; e in ultimo venerdì 23 ottobre protagonisti Neil Patel – definito da The Wall Street Journal uno dei più popolari influencer del settore, per Forbes è tra 10 migliori marketer online – e Derek Thompson, giornalista specializzato nei temi di media e tecnologia, uno degli autori più seguiti della rivista The Atlantic e autore del bestseller mondiale Creare Successi.

A intervallare queste giornate, il mercoledì di ogni settimana sarà dedicato all’aperitivo con gli autori di best seller internazionali sui temi del marketing come Alf Rehn ed Emily Heyward (14 ottobre), Perry Marshall e Safi Bachall (21 ottobre); e alle case study di successo con testimonianze e best practice dalle realtà imprenditoriali italiane. Protagonisti Roberto Giugliano di Redbull (14 ottobre); Giampaolo Grossi di Starbucks e Riccardo Iovino di Edilizia Acrobatica (21 ottobre).

Iscriviti a Marketing Hyper Experience, una grande arena dove trovare nuove ispirazioni, nozioni, contenuti e strumenti per poter ricostruire con successo e soddisfazione l’economia del futuro.

retail

Free Listing e Local Service ads: scopriamo i nuovi strumenti di Google per il Retail

  • Google ha da poco introdotto schede dei prodotti gratuite su Shopping tab e annunci di Servizi locali.
  • Per questi ultimi non è necessario avere un sito web per attivarli e si paga solo quando si riceve effettivamente il contatto di un potenziale cliente.

 

Google ha da poco annunciato il lancio di due nuovi strumenti pensati per aiutare i retailer a raggiungere i propri clienti e a cogliere nuove opportunità grazie al supporto del digitale.

Si tratta dell’introduzione delle schede dei prodotti gratuite (free listing) sulla Shopping tab e degli annunci di Servizi locali (Local Service ads).

In questo periodo di particolare difficoltà per il settore, è utile conoscere tutti i tool che possono consentire di migliorare il proprio posizionamento online, raggiungere effettivamente i potenziali clienti ed aumentare così le vendite. Scopriamo quindi insieme queste due nuove possibilità.

Le schede dei prodotti gratuite nella Shopping tab

Anche i retailer di Europa, Medio Oriente e Africa hanno l’opportunità di avere schede dei prodotti gratuite sulla scheda Google Shopping (Shopping tab).

Disponibili a livello globale a partire da metà ottobre, i risultati di ricerca sulla Shopping tab consisteranno principalmente in schede dei prodotti gratuite, per aiutare i retailer a trovare nuovi clienti pur non effettuando investimenti pubblicitari su Google.

Gli acquirenti potranno scegliere tra una più ampia selezione di prodotti e negozi, in tempo per il periodo di acquisti più intenso dell’anno.

Per i retailer che utilizzano già Google Ads per raggiungere potenziali clienti, la possibilità di utilizzare delle schede dei prodotti gratuite sulla scheda Google Shopping rappresenta una spinta anche per le campagne a pagamento.

Per fare un esempio pratico, negli Stati Uniti, i retailer che hanno usufruito sia delle schede dei prodotti gratuite sulla Shopping tab, sia degli annunci hanno visto in media raddoppiare le proprie visualizzazioni e aumentare del 50% le visite. E le piccole e medie imprese sono quelle che ne hanno beneficiato maggiormente, registrando incrementi maggiori da quando sono state introdotte le schede di prodotto gratuite.

Se già si utilizzano il Merchant Center e gli annunci Shopping, non è necessario fare nulla per beneficiare di questo cambiamento; l’inventario di prodotti apparirà automaticamente e senza costi.

Google sta lavorando, intanto, per rendere più semplice possibile il processo di adesione per i nuovi retailer. In Europa, è inoltre possibile scegliere quale Servizio di Shopping Comparativo (SSC) possa includere le schede dei prodotti gratuite.

LEGGI ANCHE: Verso il New retail normal: sono cambiati i comportamenti degli italiani

Mettere in contatto le persone con professionisti locali

Molte persone acquistano localmente e stanno cercando di rafforzare i contatti all’interno della propria community locale. Le ricerche che contengono la dicitura “vicino a me” sono più che raddoppiate in tutto il mondo: in Italia per esempio, considerando la prima settimana di aprile rispetto alla prima settimana di agosto 2020, sono cresciute del 300%. In Europa, nella prima metà del 2020, le ricerche di servizi locali, per esempio legate a lavori di ristrutturazione e manutenzione della casa, hanno subito un incremento del 25% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Per aiutare le realtà locali a raggiungere i clienti più vicini a loro, il colosso del web ha introdotto anche gli annunci di Servizi locali in Italia e in altri nove paesi europei: Austria, Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Spagna, Svizzera e Regno Unito.

Gli annunci di Servizi locali aiutano le persone a individuare e a mettersi in contatto con professionisti locali di fiducia – per esempio idraulici, addetti alle pulizie o elettricisti – supportati dal badge Protezione Google. I potenziali clienti possono visionare le informazioni relative alla loro licenza e le recensioni dei clienti precedenti, confrontarle e poi contattare i fornitori. Non è necessario disporre di un sito web per usufruire di questo tipo di annunci, e gli inserzionisti pagano solo nel momento in cui vengono contattati da un cliente, senza alcuna commissione prevista quando qualcuno clicca sull’annuncio. Le persone possono prenotare i servizi anche attraverso una telefonata.

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Lo stato delle piccole imprese online

La presenza online è diventata fondamentale per il successo commerciale di un’azienda, anche locale. Tuttavia, “secondo una ricerca YouGov del 2019, circa un terzo delle piccole imprese in Europa non ha neanche un sito web”.

Per aiutare le imprese a compiere i primi passi online, Google ha anche lanciato un sito per le aziende, dedicato alle piccole e medie imprese italiane. Google per le aziende si inserisce nel più ampio contesto di Italia in Digitale, il nuovo piano di Google annunciato a luglio per accelerare la ripresa economica del Paese attraverso progetti di formazione, strumenti e partnership per supportare le aziende e le persone in cerca di opportunità lavorative.

Proprio all’interno del sito dedicato a Italia in Digitale è ora consultabile una sezione interamente dedicata al retail, che raccoglie tutti gli strumenti Google pensati appositamente per supportare le aziende del settore. Da Market Finder, con il nuovo percorso specifico per il retail per creare una strategia aziendale globale, a Categorie Retail in crescita, per capire quali sono le categorie di vendita al dettaglio in rapida crescita nella Ricerca Google.

Da Grow My Store, pensato per supportare le aziende retail nel migliorare la loro presenza online, a Machine Learning Checkup, per capire le applicazioni dell’intelligenza artificiale e i potenziali benefici per la propria impresa, fino a Google My Business, per interagire più facilmente con i propri clienti.

Gli strumenti e le competenze digitali hanno rappresentato un’ancora di salvezza durante il lockdown. Oggi ha davvero senso continuare a sviluppare la propria presenza online non solo per fronteggiare il presente ma anche per farsi trovare pronti al futuro.

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DBInformation e Ninja uniscono le forze, per la formazione digitale

DBInformation entra in Ninja Marketing con l’acquisto del 51% del capitale. Mirko Pallera resta socio e amministratore della società con il 48%.

L’acquisizione della maggioranza di Ninja, edutech company focalizzata sul potenziamento aziendale per la trasformazione digitale, è tappa importante di un processo di sviluppo di DBInformation verso la diversificazione dei propri servizi alle imprese e, in particolare, verso la completa digitalizzazione della propria offerta. L’ingresso di DBI consentirà a Ninja di accelerare la crescita su nuovi settori e mercati.

Lo sviluppo di DBI, l’evoluzione di Ninja

“L’acquisizione della maggioranza di Ninja Marketing è per noi motivo di grande soddisfazione”, ha dichiarato Gianni Vallardi, amministratore delegato di DBI, che ha aggiunto:

“Abbiamo creato le condizioni per un ulteriore e rapido sviluppo di DBI in un campo, come quello della formazione digitale, in grande e continuo sviluppo. Ninja Academy è la realtà più dinamica e creativa presente sul mercato. Il suo fondatore, Mirko Pallera, rappresenta per DBI e per il mercato la massima garanzia di continuità dei programmi in corso e, soprattutto, di espansione delle attività attraverso nuovi progetti, nuovi corsi e tecnologie per la formazione digitale, nuove iniziative di marketing.”

Vallardi ha concluso sottolineando che: “Ninja è tappa importante dello sviluppo di DBI verso la digital transformation dell’azienda, che è già in piena fase di realizzazione con il supporto consulenziale di Alkemy spa. Altri passi seguiranno nella stessa direzione”.

Mirko Pallera, founder e CEO Ninja ha sottolineato: “Tutto nell’Universo si evolve verso una maggiore complessità e consapevolezza e così anche le aziende. Da oggi inizia un nuovo capitolo della saga dei Ninja. Con l’ingresso di un gruppo industriale editoriale e tecnologico come DBI nella compagine sociale ci assicuriamo maggiore solidità finanziaria, maggiore capacità manageriale, maggiore impulso commerciale. A questo si aggiungono la stessa energia di sempre, lo stesso approccio all’innovazione, lo stesso spirito ribelle e soprattutto un team straordinario in grado di realizzare l’impossibile”.

ninja e dbinformation

Nato nel 2004, come un pioneristico osservatorio sul marketing non-convenzionale, negli anni Ninja Marketing si è evoluto diventando il punto di riferimento per il marketing e la comunicazione in Italia.

Nel 2010 è stata lanciata anche Ninja Academy, la scuola di formazione nata per guidare i professionisti del futuro. Da quel momento il magazine e la scuola si sono evolute sinergicamente diventando insieme una piattaforma di empowerment professionale e contribuendo a formare giovani talenti che sono diventati affermati professionisti. E oggi l’obiettivo è quello di aiutare le aziende a crescere.

“L’ingresso di DBI in Ninja Marketing consentirà di accelerare i processi di crescita già in corso e di mettere in opera più rapidamente nuovi progetti finalizzati allo scaleup dell’azienda – racconta ancora il CEO di Ninja -. La nostra consolidata esperienza nel campo della formazione digitale si arricchirà e trarrà vantaggio dalla presenza di DBI, dalle sue attività, dal suo ricco data base e dalle ampie relazioni con migliaia di aziende italiane e con decine di migliaia di professionisti di diversi settori”.

Un nuovo CdA

ninja e dbinformation

Il nuovo CdA di Ninja Marketing è composto da Mirko Pallera, Adele Savarese, Roberto Briglia, Gianni Vallardi, Edoardo Vallardi.

Alex Giordano, dal 2015 socio di minoranza senza cariche rappresentative e operative, mantiene l’1% del capitale sociale.

Digital Marketing e Automotive

Digital Marketing e Automotive: cosa sapere per iniziare e 3 casi di successo

  • Segnali di ripresa dal mercato Automotive: il Digital Marketing può essere la benzina giusta per innestare la potenza propulsiva definitiva.
  • Il 92% degli acquirenti di auto effettua ricerche online prima di acquistare e il formato video è il contenuto preferito dagli utenti.

 

I dati di vendita del mercato automobilistico fanno ben sperare per il prossimo futuro grazie a una lenta ripresa post-lockdown. È il digital marketing per l’Automotive l’artefice di questa faticosa rimonta? In realtà, il marketing digitale è la via che produttori e distributori hanno deciso di intraprendere già da qualche anno a questa parte. E sembra essere molto più di una semplice tendenza.

Automotive, qual è il polso della situazione?

Partiamo da un dato interessante: secondo gli ultimi rilevamenti di agosto, la domanda di auto sembra essersi stabilizzata rispetto alla voragine che si era aperta a marzo 2020 in concomitanza del lockdown. I mesi tristi di marzo, aprile e maggio sono stati più un mettere in stand-by i consumi delle famiglie italiane, piuttosto che un vero e proprio collasso economico.

Ora, coloro che in precedenza facevano affidamento esclusivamente sul trasporto pubblico o altre forme di mobilità come il ride-sharing, valutano la possibilità di acquistare un’auto nei prossimi mesi. Probabilmente mossi dalla necessità di maggior sicurezza sanitaria negli spostamenti quotidiani, in primis casa-lavoro.

Quello che emerge dal sondaggio condotto da CarGurus è che il 79% degli intervistati non ha rinunciato all’acquisto di una nuova auto, ma sta solo aspettando una situazione economica più stabile.

Ma attenzione a pensare che il concessionario stia lucidando per benino la vetrina del suo salone, in attesa che i clienti si sentano pronti per far visita al suo parco auto. L’Automotive ha smesso già da un po’ di giocare d’attesa e, ancor prima della pandemia, ha scoperto il Digital Marketing. Vediamo come.

Digital Marketing e Automotive Google Trends

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Digital Marketing per l’Automotive, le strade si erano già incrociate

Già prima dell’avvento del Covid-19, i principali player Automotive hanno spostato focus ed energie verso il pubblico online. Pur senza calare completamente le serrande della pubblicità sui mass media tradizionali. Le restrizioni legate alle pandemia hanno solo accelerato le strategie di digital marketing già in test qualche anno prima. La digital transformation ha iniziato a fare breccia nelle opinioni di manager e responsabili di distribuzione, soprattutto negli Stati Uniti. Adesso si prova a fare sul serio anche in Italia.

In tanti si chiedono quali siano i KPI rilevanti per poter attuare una concreta strategia di marketing digitale per mercato auto e moto. Ad esempio, Treasure Data ha sviluppato un’indagine per raccogliere informazioni da oltre 30 professionisti del marketing Automotive per avere un’idea di come si svilupperà la “nuova normalità” nel mercato automobilistico. In che modo il digital marketing ottimizza l’Automotive per una ripresa a tutto gas?

L’Automotive si interfaccia con un nuovo consumatore, e lo ha capito

I responsabili marketing delle maggiori case produttrici di automobili hanno capito che il pubblico e i clienti stanno lentamente riversando la loro attenzione verso altri canali di comunicazione. Il fattore generazionale incide anche dal punto di vista della propensione all’acquisto. Chi decide di comprare un’auto, oggi proviene da un background molto diverso rispetto a quello di 20 anni fa. Sono cambiate esigenze, motivazioni, interessi verso uno specifico brand. E non ultimo, è cambiato il funnel di acquisto dell’utente medio tra i 25 e i 45 anni.

Il consumatore oggi sa come muoversi online, ma anche come dialogare in maniera diretta con l’azienda o il concessionario. Pretende un “trattamento” personalizzato: è un consumatore smart! Ergo, case automobilistiche e distributori devono spingere ancor di più sul pedale dell’acceleratore del digital marketing. Come devono farlo?

Il digital marketing per l’Automotive significa non solo rimodulare la comunicazione e i canali mediatici verso cui riversare le campagne di advertising. Ma adottare un vero e proprio metodo di acquisizione, profilazione e analisi dei dati socio-demografici del consumatore. I dati giocheranno un ruolo sempre più importante nella digital transformation dell’Automotive.

Già nel 2015, i player dell’Automotive avevano delineato un nuovo customer journey del cliente medio. I concessionari hanno circoscritto l’arco temporale del processo di acquisto medio dell’auto. Può durare grosso modo dalle 5 alle 12 settimane e in genere si sviluppa in questo modo:

  1. L’utente stila una selezione di veicoli a cui è interessato, in base a ricerche online, recensioni dal web e il grado di fedeltà e apprezzamento verso il brand (in genere da 1 a 3 mesi prima dell’acquisto);
  2. Successivamente, restringe la selezione in una short-list sulla base di pareri e opinioni di amici o parenti (in genere da 4 a 7 settimane prima dell’acquisto);
  3. Il momento del test-drive è circoscritto a una selezione di massimo 3 auto (in genere da 2 a 4 settimane prima dell’acquisto);
  4. Infine, si arriva al momento vero e proprio della scelta (in genere da 1 a 3 settimane prima dell’acquisto).

Ok, dove si inserisce il digital marketing in questo preciso calendario di conversione? Il vero punto di rottura è che la generazione della consapevolezza d’acquisto avviene online. Ecco perché:

  • Il 92% degli acquirenti di auto effettua ricerche online prima di acquistare.
  • Il 60% di tutte le ricerche Automotive proviene da un dispositivo mobile e alcune delle principali ricerche da dispositivo mobile sono correlate ai concessionari.
  • Il 64% degli acquirenti che guarda video online per avere informazioni sull’auto da acquistare, afferma che i nuovi formati video li convincerebbe ad acquistare un’auto senza un test drive.

Digital Marketing Automotive Video Google

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Grazie a piattaforme come YouTube e alle ricerche su Google, i consumatori hanno accesso a una enorme gamma di contenuti digitali prima di comprare l’auto che cercano. In questo senso, i professionisti del marketing per l’Automotive oggi vedono moltiplicare le opportunità di posizionamento del brand, soprattutto nel momento in cui gli utenti valutano quale sia l’auto migliore per le loro esigenze.

Negli ultimi due anni, il tempo di visualizzazione dei test drive in video su YouTube è cresciuto di oltre il 65%, segnando una tendenza nel consumo di video online simile all’impennata avuta con le recensioni e gli unboxing dell’high tech di alcuni anni fa. Il futuro dello shopping automobilistico si sta decisamente spostando online.

Nuove strategie da sfruttare per il digital marketing nell’Automotive

1. Usa l’integrazione dei dati

Produttori, distributori e rivenditori hanno a loro disposizione una serie sbalorditiva di database contenenti una grossa quantità di dati sui clienti, sulle transazioni e sulle prestazioni di marketing del concessionario.

Rispetto all’offline, la tecnologia digitale fornisce un percorso alternativo fatto di strumenti di gestione dei dati sempre più sofisticati quanto a capacità di acquisire, gestire e attivare informazioni. Dov’è l’utilità di tenere questi dati separati tra loro? Perché non provare a incrociarli per fare previsioni e strutturare una customer journey personalizzata?

Il ruolo di data analysis e CRO specialist sarà ancor più rilevante per poter rispondere in maniera adeguata a una ristrutturazione del digital marketing per l’Automotive e una corretta allocazione del marketing mix.

2. Sfrutta il local business

La catena di vendita dell’Automotive potrebbe sembrare piuttosto complessa e articolata. In realtà, il punto chiave è una corretta gestione del punto vendita grazie a un piano di digital marketing ben organizzato. Se è vero che il processo di acquisto inizia online, resta ancora inconfutabile che la firma del contratto si risolva in concessionaria. Ecco perché il trend della keyword SEO “concessionario auto vicino a me”, continua a riscuotere grande successo!

Il concessionario è l’anello della catena Automotive che deve necessariamente attivarsi con campagne di digital marketing locale. Parlo di ottimizzazione per SEO locale del sito web, sviluppo di campagne di advertising impostate per un pubblico locale, una corretta gestione della vetrina di Google My Business e dei feedback al suo interno.

3. Assicurati che i tuoi collaboratori siano digital-friendly

Il concessionario non può più essere il salone auto in cui il venditore si presenta al cliente in giacca e cravatta per intraprendere una trattativa estenuante. I tuoi collaboratori devono essere tanto smart quanto lo sono i clienti che si trovano davanti. Sono persone che hanno già guardato qualsiasi tipo di video-recensione su YouTube dell’auto dei loro sogni. Hanno letto ogni tipo di articolo di descrizione tecnica. Hanno trascorso ore e ore sui forum e sul sito della casa produttrice per analizzare ogni singola specifica dell’auto. Forse la conoscono meglio del concessionario!

Il compito di chi lavora in concessionario, è solo quello di trasferire l’esperienza utente dall’online all’offline. E farlo nella maniera meno “traumatica” possibile. In un mondo in cui la digital transformation per Automotive è la prassi, l’auto è già stata venduta online e il cliente si reca in concessionario solo per assicurarsi che il suo processo di acquisto esista davvero. Il venditore deve solo accompagnarlo nell’ultimo step del funnel di conversione. Possibilmente, il personale che lavora in concessionaria dovrà padroneggiare il linguaggio di comunicazione online, dal saper gestire una diretta social al saper negoziare in modalità videoconferenza, come spiega MotorK.

4. Sfrutta la potenza del video

Un dato interessante che emerge da una ricerca di Pixability in collaborazione con Google, è che tra i primi 200 video di auto più visti dal 2017 al 2018, quelli che generano maggior engagement tra gli spettatori sono i video pubblicati da creator e video-maker indipendenti. Si tratta di professionisti del social video marketing che hanno la passione e la giusta conoscenza tecnologica per presentare all’utente online l’auto dei loro sogni, nei minimi dettagli. Surclassando i video corporate delle case automobilistiche del calibro di Mercedes, Volkswagen, Ford. Questo riflette la fiducia e la connessione personale tra gli utenti online – YouTube in particolare – e i creator per l’Automotive.

Digital Marketing Automotive Creator Youtube

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Integrazione Digital Marketing e Automotive, 3 casi di successo

1. L’integrazione dei dati CRM per BMW Mini

In collaborazione con Universal McCann, BMW Mini ha ideato un sistema per ottimizzare i metodi di engagement del proprio target: adulti interessati a un veicolo di fascia premium. Mini ha scansionato i dati delle persone inseriti nel loro sistema CRM, o perché già clienti o perché avevano dato il consenso al trattamento dei dati dopo aver visitato un canale del brand. Mini ha dunque utilizzato la digital automation per ottimizzare attività di marketing come l’invio di messaggi e notifiche push personalizzate sui dispositivi mobile. Ciò ha aumentato di 3 volte la conversione dell’utente, riducendo il costo per acquisizione del lead fino al 75%.

2. Come Opel ha sfruttato Facebook Marketplace

Nel 2018, la casa automobilistica tedesca voleva aumentare il traffico sul sito web di Opel Occasions, il portale dove poter trovare veicoli Opel usati certificati. Quando Facebook Marketplace è diventato disponibile come posizionamento pubblicitario, Opel Netherlands ha collaborato con Greenhouse, la sua web agency di riferimento, per trarne vantaggio. Sono state create campagne di Facebook Ads con obiettivo pubblicitario Conversioni ed è stata impostata la ricerca sul sito web come principale evento di conversione.

I gruppi di inserzioni mostrati su Marketplace e nella sezione Notizie hanno ottenuto prestazioni migliori rispetto a quelli mostrati solamente nella sezione Notizie. Risultati: un 20% in meno sul costo per conversione; il 27% in più sulle conversioni dalle inserzioni mostrate su Marketplace; il 15% di copertura in più sulla sezione Facebook Marketplace.

3. TikTok, BTS e Hyunday

Con oltre tre miliardi di visualizzazioni, #PositiveEnergyChallenge è stato uno dei trend TikTok più popolari dell’estate 2020. L’agenzia coreana Global Business Solutions (GBS) ha pensato bene di lanciare la campagna per conto di Hyunday con il supporto della boy band coreana BTS. Il risultato è stato un vero e proprio crack mediatico. In particolare, la casa automobilistica di Seul ha trovato il modo per comunicare la visione del brand alle nuove generazioni: promuovere la sostenibilità ambientale e condividere maggiore consapevolezza sulle auto a idrogeno. Hyunday ha da tempo consolidato la partnership con i BTS per promuovere il suo marchio EV, IONIQ, rilasciando una serie di canzoni sulle principali piattaforme video e social.

Come spiega Wonhong Cho, Executive Vice President e Global Chief Marketing Officer di Hyundai Motor Company:

Hyundai Motor e BTS collaborano per diffondere il valore della positive energy che perseguono insieme oltre che alla promozione di un veicolo specifico. La nuova gamma IONIQ è la risposta di Hyundai Motor ai problemi ambientali e alle global community legate alla sostenibilità, di cui i Millennial e le generazioni della Gen-Z sono i principali sostenitori, e vogliamo dimostrare il nostro impegno con un’attenzione sempre maggiore verso i veicoli elettrici.

La partnership tra Tink ed Enel X per il digital banking

Enel X, la business line del Gruppo Enel, la più grande utility europea, ha scelto la piattaforma Tink come proprio fornitore di tecnologia di open banking. La tecnologia di personal finance management di Tink consentirà a Enel X Financial Services, società di Enel specializzata in soluzioni di pagamento, di sviluppare soluzioni finanziarie digitali rivolte ai propri clienti in Italia e in Europa.

La partnership

La scelta strategica porterà Enel X Financial Services in una posizione ottimale per soddisfare le crescenti aspettative dei clienti sui servizi digitali smart. Ciò consentirà all’azienda di sfruttare l’accesso alle soluzioni di Tink per il digital banking e la gestione delle finanze personali, disponibili attraverso la piattaforma di open banking di Tink. Le soluzioni finanziarie digitali di Tink implementate da Enel X Financial Services saranno lanciate nelle prossime settimane.

Giulio Carone enel x

Giulio Carone

Giulio Carone, CEO di Enel X Financial Services, ha affermato: “Questo accordo è un importante passo del nostro impegno per diventare uno dei principali player nel settore del digital banking, abilitato dalle opportunità generate dall’open banking, integrandolo nell’ecosistema Enel che include servizi quali l’energia e l’e-mobility. Attraverso la partnership con TINK saremo in grado di supportare i nostri clienti nella gestione quotidiana delle proprie finanze offrendo una soluzione innovativa che sarà in grado di fornire consigli personalizzati attraverso l’utilizzo dell’intelligenza artificiale e all’analisi dei dati”.

Lanciata nel 2017, Enel X è la business line globale di Enel dedicata allo sviluppo di prodotti innovativi e soluzioni digitali nei settori in cui l’energia sta evidenziando il maggior potenziale di trasformazione: città, abitazioni, industria e mobilità elettrica. La sua controllata Enel X Financial Services è un istituto di moneta elettronica autorizzato dalla Banca d’Italia che fornisce soluzioni di pagamento a consumatori e imprese.

Daniel Kjellén tink

Daniel Kjellén

Daniel Kjellén, co-founder e CEO di Tink, ha aggiunto: “Siamo estremamente orgogliosi di collaborare con la società di servizi finanziari di una delle più grandi aziende di utenze del mondo e diventare loro partner tecnologico di open banking. Collaborando con Enel X Financial Services, insieme e nel tempo renderemo disponibile la tecnologia di open banking di Tink a milioni di clienti Enel in tutto il mondo. Siamo pronti a supportare Enel X nella sua missione di diventare uno tra i principali player nel settore fintech”.

Dal suo lancio in Svezia nel 2012, Tink ha operato per consentire a banche, fintech e startup di creare servizi finanziari intelligenti basati sui dati. Tramite un’API, Tink consente ai clienti di gestire i propri conti da un’unica app, effettuare pagamenti, trasformare i dati grezzi in informazioni tangibili e controllare meglio la propria vita finanziaria. Oggi, Tink ha oltre 270 dipendenti ed è la principale piattaforma di open banking in Europa, dando l’opportunità ai propri clienti di connettersi ad oltre 2.500 banche che raggiungono più di 250 milioni di clienti bancari.

Quali sono le differenze tra Generazione Z e Millennial nelle decisioni di acquisto in store e online?

  • La Generazione Z preferisce vivere la classica esperienza di acquisto in un negozio fisico, toccando con mano e provando in prima persona i prodotti che vuole comprare.
  • Secondo alcune ricerche la Gen Z risulta essere una generazione incline a spendere il proprio denaro in modo pragmatico, a differenza dei Millennial.
  • I giovani consumatori sono più propensi a sostenere piccoli rivenditori locali oppure brand che rispettano e aiutano l’ambiente.

 

Abbiamo ampiamente discusso, nei mesi precedenti, delle differenze di comportamento che intercorrono tra la Generazione Z (coloro nati indicativamente tra la fine del 1990 e il 2010) e i Millennial (coloro nati tra gli anni ‘80 e gli anni ‘90).

Da lontano queste due generazioni possono assomigliarsi, essendo molto vicine a livello culturale e temporale. È facile presumere che queste due categorie possano pensarla allo stesso modo quasi su tutto, avendo ricevuto la stessa educazione, e che siano poche le cose che non hanno effettivamente in comune.

Ma le differenze in alcuni casi possono arrivare ad essere relativamente abissali, soprattutto perché la Gen Z è nata in un mondo dove ormai Internet e Social Media non erano più una novità da scoprire ma una realtà quotidiana.

Lo stravolgimento delle abitudini d’acquisto e di consumo dei media dettato dalla pandemia di Covid-19, oppure l’arrivo di piattaforme dedicate ai più giovani come ad esempio TikTok, sono solo due dei fattori che hanno accentuato ulteriormente le differenze tra queste due generazioni.

In questo articolo ispirato allo studio pubblicato da GlobalWebIndex analizziamo le differenze che intercorrono tra Generazione Z e Millennials per quanto riguarda le abitudini di acquisto in-store e online, cercando di capire come i brand possono adattare le loro strategie post-Covid19 in base a questi dati.

Lo shopping in-store non è morto

Come abbiamo commentato all’inizio, la Generazione Z è nata in un mondo dove il digitale non è una novità ma una realtà consolidata. Per questo siamo portati a pensare che la Gen Z acquisti prodotti quasi solo on-line, ma i dati lo smentiscono.

LEGGI ANCHE: Identikit del consumatore post-lockdown: da dove partire per conquistarlo

Come dimostrano i dati raccolti, sembra proprio che la Generazione Z, come tutte le altre generazioni precedenti, preferisca vivere la classica esperienza di acquisto in un negozio fisico, per avere la possibilità di toccare con mano e provare in prima persona i prodotti che vuole comprare.

E sembra che, paradossalmente, la pandemia di Covid-19 abbiamo consolidato la vendita al dettaglio, oltre ad aumentare ovviamente il numero di acquisti online.

Ne sono la prova diverse iniziative come l’apertura a Guangzhou e Parigi di nuovi concept-store monomarca di Nike, che sono l’esempio di come un negozio possa diventare un ibrido tra acquisti offline e online.

Una nuova generazione di “risparmiatori”

Nonostante il negozio fisico resista, c’è un aspetto dello shopping in-store che sta lentamente scomparendo: il pagamento in contanti.

Ma questa tendenza, al contrario di quanto si possa pensare, è più diffusa tra i Baby Boomer che tra la Generazione Z. Sembra infatti che con l’aumentare dell’età la preferenza a pagare in contanti diminuisca.


In generale comunque la Generazione Z è maggiormente abituata allo shopping online e ai servizi di pagamento mobile, e questo
distorce la loro interpretazione del “contante”. 

La Gen Z non vede al denaro come una determinata quantità di banconote o monete, ma come un fondo a cui può accedere direttamente e immediatamente (attraverso le carte di credito o servizi come PayPal).

Ma nonostante questo, diversi studi dimostrano che – a differenza dei Millennial – sono più propensi ad aspettare che un prodotto sia in saldo per acquistarlo piuttosto pagarlo a prezzo pieno, in modo da poter risparmiare qualcosa. 

Secondo una ricerca condotta da HSBC infatti la Gen Z risulta essere una generazione di risparmiatori, o meglio sono inclini a spendere il proprio denaro in modo pragmatico. 

In questo studio, HSBC ha chiesto a 2.125 adulti cosa avrebbero fatto con 1.000 sterline in contanti. Circa il 72% dei giovani di età compresa tra i 18 ei 24 anni ha dichiarato che trasferirebbe tutto o parte del denaro in un conto di risparmio, rispetto al 55% dei Millennial (di età compresa tra 25 e 34 anni).

Una particolare attenzione agli acquisti eco-sostenibili 

Una delle motivazioni per cui i giovani della Generazione Z prestano maggiore attenzione ai loro acquisti potrebbe basarsi nell’attenzione che ripongono nei confronti di temi di sostenibilità ambientale.

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Risulta infatti che, rispetto ai Millennial, siano più propensi a sostenere piccoli rivenditori locali oppure brand che rispettano e aiutano l’ambiente.

È giusto pensare che anche gli effetti secondari della pandemia di Covid-19, insieme ai movimenti come Black Live Matters oppure una maggiore coscienza a favore della comunità LGTBI+, siano tutti fattori che influenzano i comportamenti di acquisto di una generazione che è particolarmente attiva socialmente.

Cosa significano queste differenze per le imprese?

Abbiamo visto come la Generazione Z è più interessata a sostenere le attività commerciali locali e a fare acquisti di persona. Questo potrebbe essere un grande vantaggio per quelle piccole attività che stanno riaprendo con fatica dopo il periodo di lockdown.

In generale comunque il marketing generazionale può essere particolarmente produttivo, a patto che sia guidato da dati sicuri e comprovati e non si basi su supposizioni o stereotipi. 

Lo studio di GlobalWebIndex ne è la prova: al contrario di quanto tutti possano pensare, la Generazione Z non è destinata a seguire lo stesso percorso dei Millennial, soprattutto per quanto riguarda le abitudini di acquisto.

illimity e Gruppo Sella danno vita a una joint venture nell’Open Banking

Illimity e il gruppo Sella stanno dando vita a una joint venture nell’open banking finalizzata al rafforzamento di Hype, la soluzione digitale con funzioni di conto bancario e di sistema di pagamento.

Illimity entrerà nel capitale di Hype che diventerà una jv paritetica (al 50%) con Fabrick, società del gruppo Sella che detiene il 100% di Hype, che già serve 1,3 milioni di clienti.

“Allo stesso tempo, l’operazione ha l’obiettivo di accelerare i piani di sviluppo di Illimity nello specifico segmento, facendo della fintech la realtà italiana a più elevato potenziale di sviluppo nei servizi di light banking e quelli di Fabrick come abilitatore di Open banking e di progetti fintech di nuova concezione” si legge in una nota congiunta.

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Cosa prevede l’accordo tra illimity e Gruppo Sella

L’accordo prevede che Illimity, guidata da Corrado Passera, sottoscriva un aumento di capitale per Hype da 30 milioni di euro e conferisca alcuni asset alla stessa società. Fabrick conferirà azioni Hype a Illimity in cambio di una nuova emissione per un controvalore di 45 milioni di euro. Inoltre Fabrick avrà il diritto di ricevere altre azioni Illimity pari al 2,5% a condizione di obiettivi di redditività raggiunti da Hype nel 2023-24.

Per quanto riguarda gli accordi tra le parti, l’operazione prevede che Banca Sella Holding sottoscriva per cassa al perfezionamento dell’operazione un ulteriore aumento di capitale sociale in Illimity per 16,5milioni di euro, con esclusione del diritto di opzione (pari al 2,5%), per una partecipazione complessiva del gruppo Sella al perfezionamento dell’operazione del 10%.

Per effetto dell’operazione, Illimity emetterà complessivamente fino a 9,4 milioni circa di nuove azioni, di cui 7,3 milioni circa al perfezionamento dell’operazione e ulteriori 2,1 milioni complessivi entro il 2025 condizionati al raggiungimento dei predetti obiettivi di piano industriale di Hype di lungo periodo.

Il prezzo di emissione delle nuove azioni Illimity è di 8,337 euro e il perfezionamento dell’operazione è atteso entro la fine del 2020.

digital pr

Investire in Digital PR conviene: ecco alcuni dati e novità

  • Secondo le proiezioni degli analisti, una larga parte del budget complessivo di marketing verrà impiegata nel segmento delle digital PR.
  • Per le imprese italiane oggi è possibile usufruire di un  bonus che include tutti gli investimenti pubblicitari, digital PR comprese, su testate giornalistiche cartacee e online, televisioni, radio nazionali e locali.

 

Il mercato del digital marketing americano prevede per il 2021, nonostante una congiuntura economica fiaccata dalla pandemia da Coronavirus, un investimento totale prossimo ai 120 miliardi di dollari.

Secondo le proiezioni degli analisti, una larga parte del budget complessivo verrà impiegata nel segmento più interessante e futuribile degli ultimi anni: quello delle digital PR.

Impatto e ritorno economico delle digital PR

Se le pubbliche relazioni hanno sempre avuto il ruolo di collegare brand e attività al mondo esterno attraverso il megafono offerto dai media, non deve sorprendere se i professionisti di questo settore sono stati tra i primi in assoluto ad esplorare le potenzialità del web.

digital marketer skill

Con l’avvento di internet dei social network, infatti, gli specialisti della comunicazione hanno compreso prima di altre categorie come la promozione del futuro non potrà più prescindere dall’online.

Ma a cambiare non sono solo le piattaforme: ogni rivoluzione così radicale porta con sé linguaggi e modalità totalmente inedite, e anche le digital PR non fanno eccezione.

Una delle principali ragioni della diffusione così ampia tra professionisti, brand e aziende di ogni fascia e dimensione, è che sempre più consumatori si sentono infastiditi da un certo tipo di pubblicità di stampo tradizionale, che sebbene targetizzata finisce col risultare invasiva e spesso opprimente, oltre che ripetitiva.

Nonostante i dati Istat rivelino come solo 6 italiani sui 10 utilizzino la rete con regolarità, numeri inferiori alla media mondiale, il lockdown e la necessità di lavorare online hanno determinato un incremento statistico senza precedenti.

Dalle mille incertezze del futuro emerge quindi una sola certezza a trovare tutti concordi: il digitale rappresenta più che mail il futuro.

L’interconnessione globale pone tuttavia nuove sfide, rendendo più impegnativo emergere, differenziarsi dalla concorrenza e conquistare la fiducia dei clienti già acquisiti o dei potenziali tali nel mare magnum delle offerte che un consumatore ha, ininterrottamente, a propria disposizione.

Per raggiungere questi obiettivi, i veri capisaldi di una realtà commerciale in grado di prosperare, le pubbliche relazioni si confermano lo strumento più idoneo.

Secondo l’autorevole società di ricerche e raccolta dati americana Schlesinger Group, ricorrere alle digital PR garantisce un incremento di efficacia della propria campagna promozionale sui media di 5.2 volte.

I benefici di un’azione continuativa sono ancora maggiori.

Studiate per generare effetti positivi sul medio e lungo termine, attraverso strategie oculate che consentano di volta in volta di veicolare i valori e i messaggi di un brand, le PR riescono ad influenzare in modo decisivo le opinioni delle persone: il numero di coloro che credono alle pubblicità scende di anno in anno, mentre aumentano le fila di consumatori propensi a sviluppare legami di fiducia con brand trattati spontaneamente dai media.

È possibile farne richiesta a partire dal mese di settembre

Ecco perché non è più possibile farne a meno, e perché cominciare in un periodo di crisi è la scelta migliore.

PR e decreto Cura Italia: una nuova prospettiva per le imprese

Per contrastare gli effetti negativi legati all’emergenza Covid, il governo italiano ha dato vita al decreto ribattezzato “Cura Italia”.

Contenuto tra le misure a sostegno delle imprese, l’articolo 98 del decreto legge 18/2020 (modificante un DL del 2017) renderà ancora più conveniente ricorrere ai professionisti delle pubbliche relazioni per rilanciare, affermare e far decollare la propria attività.

Fino a tre anni fa era possibile scaricare le spese sostenute per campagne pubblicitarie fino al 30% e solo sulla parte incrementale rispetto a quanto investito nell’esercizio precedente.

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Da oggi in poi, grazie a una novità che promette di diffondere l’impiego delle relazioni pubbliche su larga scala, si potrà scaricare il 50% delle spese sull’intero totale investito.

Questo bonus è destinato a imprese, lavoratori autonomi ed enti non commerciali (compreso chi nell’anno precedente non ha effettuato investimenti in tal senso), e include tutti gli investimenti pubblicitari, PR incluse, su testate giornalistiche cartacee e online, televisioni, radio nazionali e locali.

Una misura, questa che renderà ancora più conveniente rispetto al passato pensare ad una campagna di digital PR adeguata alle proprie esigenze.

negozi fisici

I negozi fisici possono trarre vantaggio dalla crescita dell’online

Questo articolo è scritto da Jason Spero, Vice President, Global Business di Google

 

Rispetto ai primi mesi del 2020, la nostra vita oggi è molto diversa. Durante il lockdown, l’impiego della tecnologia da parte di aziende e persone è aumentato e ha subito un’accelerazione di circa cinque anni in otto settimane, con un impulso del telelavoro, della didattica a distanza, dell’eCommerce, dei rapporti sociali online. Il tempo trascorso in rete è aumentato come mai prima, e le persone si rivolgono a Google per esplorare, fare ricerche e programmare gli acquisti che effettueranno online e nei negozi fisici.

È un momento difficile per i proprietari di punti vendita fisici, ma massimizzare la propria presenza online può davvero aiutare a raggiungere potenziali clienti che vogliono fare acquisti di persona. Ciò che emerge con chiarezza è la crescente importanza per i clienti di vivere un’esperienza retail fluida tra online e offline.

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Jason Spero, Vice President of Global Business at Google

Come stanno cambiando le abitudini di acquisto

Sappiamo che le abitudini di acquisto stanno cambiando: oggi i consumatori sono più attenti nel programmare una visita in negozio ed è cresciuto l’interesse verso le informazioni aggiornate in tempo reale. Le persone vogliono sapere cosa aspettarsi da un punto vendita prima di recarsi sul posto, conoscere gli orari di apertura, la disponibilità di prodotti in magazzino e se è possibile ritirare i propri acquisti.

In Germania, per esempio, abbiamo notato che l’interesse per la ricerca “orari di apertura oggi” è raddoppiato rispetto all’anno scorso. Durante la crisi, le ricerche per le parole “in magazzino” a livello mondiale sono cresciute di oltre il 700% rispetto allo stesso periodo del 2019. Inoltre, le persone ritengono più importante fare acquisti in negozi locali: se consideriamo in questo caso l’Italia, le ricerche contenenti le parole “vicino a me”, infatti, nel corso degli ultimi mesi sono aumentate del 300%.

Recenti studi condotti da Google mostrano che la pandemia ha reso le persone più flessibili riguardo agli acquisti online o offline: il 73% si descrive come indifferente rispetto alla scelta del canale di vendita (dato in crescita del 65% dal periodo pre-crisi). Sebbene la crisi abbia accelerato l’adozione delle tecnologie digitali e le vendite online siano in aumento, secondo quanto rivelato da una nuova ricerca di Euromonitor ci si attende che la gran parte degli acquisti verranno ancora effettuati in negozi fisici entro il 2024 (il 78% del totale, contro il 22% di acquisti online).

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Come stimolare la crescita dei negozi fisici, oggi

La missione del mio team è aiutare imprese di ogni dimensione a stimolare la crescita raggiungendo il consumatore ovunque si trovi, online o in negozio, e porre in essere la trasformazione digitale affinché diventi accessibile per più inserzionisti. Uno dei pilastri perché ciò sia possibile è costruire strumenti digitali in grado di facilitare la connessione tra i negozi fisici e i clienti nel momento in cui l’acquirente programma gli acquisti futuri.

A maggio abbiamo lanciato il “ritiro all’esterno” per gli annunci di prodotti disponibili localmente per creare un rapido collegamento diretto tra gli acquirenti locali e i prodotti di cui hanno bisogno, rendendo il ritiro della merce più sicuro e più semplice, senza la necessità di entrare in un edificio.

Dopo 48 ore dall’inizio del lockdown e dalla chiusura dei negozi in Francia, Castorama, retailer francese di prodotti per bricolage, aveva lanciato un servizio di ritiro dall’esterno. Per tenere costantemente informati i propri clienti, Castorama ha aggiornato il proprio profilo Google My Business e ha introdotto per la prima volta la “Panoramica degli annunci di prodotti disponibili localmente”, mettendo in evidenza il nuovo servizio offerto. In questo modo, ha decuplicato le vendite online in dieci settimane.

Anche i nostri annunci per le campagne locali possono incrementare le visite nei punti vendita: lo ha scoperto il discount di abbigliamento tedesco Takko, la cui prima campagna in assoluto, condotta all’inizio di quest’anno, ha generato un aumento del 40% nel numero dei clienti nei negozi. Per rendere ancora più semplice la comunicazione di dettagli importanti per ogni azienda, abbiamo recentemente introdotto gli attributi di servizio nelle campagne locali, grazie ai quali i ristoranti potranno specificare l’offerta di servizi quali la consumazione sul posto o il take away nei propri annunci di campagne locali sulla Ricerca Google.

Presto, inoltre, aggiungeremo alcuni attributi per il commercio al dettaglio, come “shopping in negozio” e “ritiro dall’esterno”. Questa serie di funzionalità aiuterà i clienti a usare gli strumenti digitali per esplorare il mondo che li circonda, fornendo loro sicurezza e rassicurazioni ancora maggiori nel recarsi in un punto vendita fisico.

È fondamentale misurare l’impatto delle campagne online sulle visite in negozio e sulle vendite, ed è per questo che miglioriamo costantemente le funzionalità offerte. Volksbanken, la principale cooperativa di credito in Germania, ha ottimizzato le proprie campagne grazie alle funzioni Visite in negozio e Smart Bidding, generando un incremento del 320% nel traffico delle filiali. Volksbanken ha potuto misurare queste prestazioni grazie ai rapporti sui dati, aggregati e anonimi, forniti da Google.

Oltre a proporre campagne incentrate sull’aumento delle visite in punto vendita, abbiamo iniziato a integrare la misurazione delle vendite in negozio nel nostro prodotto automatico Smart Bidding. Creato con grande attenzione al rispetto della privacy, Smart Bidding permette a retailer e ristoranti di ottimizzare automaticamente le “vendite in negozio” sulla Ricerca Google, proprio come Smart Bidding già permette di fare con le conversioni online e le visite in punto vendita.

Considerando le così tante opzioni disponibili, abbiamo pensato di creare il nostro Advertising Solutions Centre, un semplice hub con prodotti, insights e consigli appositamente pensati per raggiungere i propri obiettivi di marketing, compreso l’aumento delle vendite in negozio.

Ci attendono ancora molte difficoltà in futuro, ma le strategie e gli strumenti di marketing online possono aiutare tutte le aziende a sostenere la ripresa, fornendo le informazioni di cui hanno bisogno per affrontare i cambiamenti in atto nel settore retail.

Fonti: 

  • Google Trends, IT, prima settimana di aprile vs prima settimana di agosto 2020. 
  • Google, Smart Shopper Research. UAE, IL, RU, SA, ZA, DE, UK, TR, EG, NL, SE. All product buyers of CE, Home, Fashion, Toys. n=11047 (11453). 2019 – 2020. 
  • Euromonitor (custom consulting project for Google). UK, USA, DK, SE, ES, IT, DE, FR, PL, NL. Retail Foresight. n=9577. June 2020.
COVdesign design COVID-19

COVID e Design: come la creatività si incastra con le opportunità post crisi

  • Le crisi portano progresso, sosteneva Albert Einstein e il design italiano è in prima fila per guidare un nuovo rinascimento delle idee, della creatività e del saper fare.
  • I nuovi scenari delineati dalla pandemia possono essere sfruttati per innovazioni e per soluzioni adatte alla nuova quotidianità.
  • Dai pannelli di design in plexiglass alle nuove postazioni di smart working, il genio creativo si fonde con le opportunità post pandemia. Il lato positivo COVID-19 c’è.

 

La storia insegna che l’altra faccia della medaglia delle crisi sono le opportunità. Giusto per rendere il concetto un po’ pop, in questo caso si potrebbe affermare che “si fa quel che si può, con quello che si ha”. Pane per i denti della creatività italiana.

Dovremmo aspettarci un secondo Rinascimento? Possiamo sperarci. Nel frattempo, le case e le cose vengono rivisitate e adattate alle nuove esigenze imposte dai tempi COVID-19.

In effetti, il Coronavirus ha cambiato e sta cambiando il nostro modo di vivere la socialità. Un metro di distanza ci separa da tutti coloro i quali non sono né congiunti, né familiari e il file rouge che muove la nostra quotidianità è il distanziamento sociale. Trasporto pubblico, uffici, stabilimenti, teatri, negozi, ristoranti, riflettono le nuove esigenze comportamentali.

Cambieranno conseguentemente anche gli spazi che viviamo?

Nuovi scenari

Va in scena il COVdesign che punta a risolvere le necessità quotidiane relative alla pandemia. Scenari noti messi in discussione, nuovi gesti, nuove prospettive che alimentano anche la progettazione di interni e il disegno industriale.

Smart working e mascherine fanno sì che sia attribuito un senso diverso a progetti e oggetti. È ragionevole, dunque, pensare che l’emergenza COVID-19 stia riplasmando case, uffici, città e infrastrutture?

Nonostante i pareri divergenti delle archistar, si fanno spazio alcune innovazioni d’artista al passo coi tempi. Aziende e design sono all’opera.

Il desginer Matteo Cibic, per esempio, firma la collezione COV e lancia alcuni tra i progetti italiani più interessanti legati alla pandemia. Li chiama “fancy transparent socializing panels”, i paraventi di design per essere protetti senza sentirsi isolati, utili soprattutto negli open space.

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C’è poi Christophe Gernigon, che con l’idea del “distanziamento socializzante” sperimenta sospensioni isolanti di plexiglass, per restare seduti a tavola in piena sicurezza.

Non mancano le postazioni di lavoro in casa: quinte o angoli per le diverse funzioni, per lavorare da remoto in serenità. Gli spazi domestici vengono dunque riorganizzati per improvvisare postazioni ufficio.

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E ancora una volta i designer si sbizzarriscono: dalla cosiddetta plancia di comando di Patricia Urquiola alla postazione operativa con vista sul Mediterraneo di Metz e Racine, le soluzioni sono molteplici e super creative.

Design in numeri

Nonostante le opportunità da cogliere un po’ giocoforza, la crisi COVID-19 ha inferto un duro colpo al mondo del design e, in maniera particolare, al comparto legno-arredo. In effetti, le micro imprese del settore hanno perso ad aprile 2020 il 72% del fatturato, assistendo ad un calo della domanda interna ed esterna.

In Italia sono 47.447 le unità locali che operano nel settore legno e mobili, dove in molte delle quali è alta la vocazione artigiana. È da questo tessuto e dell’attività dei maker che nascono creatività e innovazioni. Creatività messa alla prova già durante l’emergenza sanitaria, quando Christian Fracassi (maker e CEO di Isinnova) trasforma la famosa maschera di snorkeling di Decathlon Easybreath in un respiratore, utilizzando la stampa 3D.

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Il progetto di Isinnova ha poi ispirato anche un giovane tecnico antincendio di Ravenna, Ottavio Giannella, che ha ideato un raccordo che collega comuni maschere antigas da lavoro a ventilatori polmonari.

Il lato positivo

L’intento non è solo quello di descrivere ciò che il design può fare per rispondere al post COVID-19, ma è di dimostrare come designer e maker svolgano un ruolo fondamentale, soprattutto in tempi di crisi.

In effetti, il design in Italia è nato negli anni ’50 proprio dalla voglia di riscatto post-guerra e, da allora, ha sempre rivestito il ruolo di decodificatore delle necessità umane, nonché di traspositore dei bisogni e desideri dell’uomo nella realtà che lo circonda. E non si limita ad intervenire sull’esteriorità delle cose, ma ne investe anche la funzionalità e il profilo semantico.

Durante quei tempi, non si trattava di progettare oggetti nuovi, ma di sfruttare ingegno e creatività per rispondere ai problemi quotidiani. Ne sono testimonianza la Vespa, la macchina da scrivere Lexicon e la moka Bialetti. Oggetti che rappresentano come le minacce più gravi possano costituire un’opportunità per l’innovazione e la collettività.

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Dunque, nella società in cui ci troveremo a vivere post Covid-19, con le sue diverse e mutate esigenze, il design sarà un fondamentale strumento di adeguamento della realtà ai bisogni ed alle aspettative umane.

Chi l’avrebbe mai detto che COVID-19 e design sarebbero stati una perfect combo? Pensarla così aiuta a guardare il lato positivo della pandemia. Per il Rinascimento rimaniamo fiduciosi.