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  • L’Italia non è abbastanza attraente per i nomadi digitali ed è una grande opportunità persa

    Abbiamo tutte le caratteristiche che ci potrebbero rendere un hub per i nuovi lavoratori, ma non le sfruttiamo: ecco cosa ci manca e cosa ci stiamo perdendo

    28 Febbraio 2019

    Se hai mai sentito parlare dei nomadi digitali (ma se frequenti il web nel 2019, difficilmente ormai potrai non averlo fatto), avrai anche sentito parlare di una serie di destinazioni collegate a questo termine. Sì perché cosa fa rima con nomade digitale, se non Paesi come Thailandia e Bali? L’intera definizione di questo termine, ovvero “persone che sfruttano le potenzialità del digitale per remotizzare il proprio lavoro e rendersi indipendenti da una location”, si è evoluta intorno al concetto di viaggio a lungo termine. Viaggi che tipicamente si rivolgono a location specifiche, dotate di alcune caratteristiche fondamentali per i bisogni del popolo dei nomadi digitali. Non sono molte, e le raccoglie tutte schematicamente un sito come NomadList: la presenza di una buona connessione a internet, un costo relativamente basso, una buona qualità di vita media, e una cultura interessante e viva da scoprire. La presenza in maniera più o meno forte di queste caratteristiche comincerà immancabilmente ad attrarre l’interesse di questa tipologia di viaggiatori/lavoratori, ed essendo questa una sorta di “tribù” internazionale che in qualche modo si ritrova e rimane in contatto online, altri nomadi digitali inizieranno a venirne a conoscenza e ad arrivare. Basta vedere come è andata in Paesi come, appunto, la Thailandia e Bali. Chiang Mai e Ubud sono diventate un po’ le mete simbolo del nomadismo digitale, e intorno a questi luoghi sono fioriti interi ecosistemi volti a soddisfare la nuova domanda: co-working, corsi e convention, co-living, internet café all’avanguardia, ma anche strutture turistiche generiche specializzate in questo pubblico. Oppure alle Canarie, che da paradiso dei pensionati si stanno velocemente trasformando in paradiso per i nomadi digitali e gli imprenditori, grazie a un clima invidiabile, l’inclusione nell’Europa e la tassazione agevolata. LEGGI ANCHE: La top 5 delle città dove lavorare da nomadi digitali E ancora in Romania o in Estonia, Paese quest’ultimo assolutamente avanguardistico, che ha intravisto nei nomadi digitali una grande forza del futuro e ha riadattato interamente la propria economia per diventare un polo di attrazione. Ha introdotto la possibilità di ottenere un’eVisa ed eResidency, di gestire tutto interamente online, e molti altri vantaggi.

    I vantaggi dell’essere (e dell’ospitare) nomadi digitali

    nomadi-digitali-destinazioni Ma perché imprese e Paesi interi dovrebbero prestare attenzione a questo nuovo modo di vivere, e cercare di intercettarne gli esponenti? Semplicemente perché ci sono una serie di aspetti positivi nell’ospitare una fiorente comunità di nomadi digitali, soprattutto se questi prendono la residenza fiscale nel Paese. In generale i lavoratori da remoto e la loro presenza sempre più sostanziosa rappresentano un vantaggio per le aziende, che possono accedere più facilmente a una forza lavoro qualificata in qualsiasi parte del mondo, senza limiti di luogo, e che si evolvono verso una cultura lavorativa basata sul risultato e non sul controllo. Ma ancora di più lo fanno per uno Stato. Le lezioni menzionate sopra dovrebbero darne un chiaro assaggio, visto che si tratta di economie che stanno fiorendo (o ri-fiorendo) grazie alle politiche di attrazione verso i nomadi digitali che hanno implementato. Perché i nomadi digitali sono una comunità incredibilmente attraente per qualsiasi nazione:
    • se prendono la residenza fiscale, pagano le tasse nel Paese in questione ma raramente approfittano appieno dei costosi servizi (ad esempio la sanità gratuita) di cui si avvale un cittadino normale, a causa del fatto che spesso si trovano all’estero;
    • sono una comunità molto attiva, in grado di rilanciare l’economia turistica e non dei luoghi in cui decidono di fermarsi;
    • creano dei poli di attrazione per altri nomadi digitali, alimentando un ecosistema di imprenditoria e startup che ha innegabili benefici sul territorio;
    • in virtù della propria “remotizzazione”, aiutano a combattere lo spopolamento dei borghi e il sovraffollamento delle città; un nomade digitale non è interessato a un attico in una grigia e affollata città, quanto più a una casetta in affitto per qualche mese in un antico borgo, magari vicino al mare, dove il clima è sempre mite (a patto che la connessione Wi-Fi sia buona, ovviamente).
    Insomma, per attrarli non serve molto in fondo (un buon clima, costo della vita contenuto, buone infrastrutture ICT, una cultura interessante), e averli in casa ha praticamente solo risvolti positivi per un Paese e per la sua economia. E allora perché in Italia ce ne sono così pochi? LEGGI ANCHE: Remote first, quali sono benefici e costi concreti per le aziende che scelgono il lavoro da remoto

    L’Italia, il Paese perfetto per i nomadi digitali, solo che non lo sanno

    nomadi-digitali Ma aspetta un attimo: buon clima, buon cibo, cultura interessante, costi contenuti… mi sembra di vedere un sacco di caratteristiche ben note della nostra amata penisola! Insomma, abbiamo un clima e una cultura più interessante dell’Estonia, no? E siamo più comodi a livello di presenza in Europa rispetto alle isole Canarie, comunque a 3-4 ore di volo dalla terraferma. Potremmo essere un polo di attrazione pazzesco per i nomadi digitali di tutto il mondo, con le suddette conseguenze positive su tanti ambiti dell’economia. E non solo al nord e nella ormai celebre città del business Milano, ma anche nel Meridione e nei tanti meravigliosi paesini che si stanno lentamente ma inesorabilmente svuotando. Potremmo essere il Paese preferito dai nomadi digitali senza fare grandi sforzi. Peccato che loro non lo sappiano, e che nemmeno l’Italia stessa sembri rendersene molto conto. Basta guardare l’elenco delle sopra citate città perfette per il nomadismo digitale di NomadList: continui a fare scroll down e non compare nessuna città nostrana. Appaiono Berlino, Vienna, Bratislava, ma di italiano niente. E poi, eccola, la prima che incontriamo, parecchio in basso: Bari. A conferma di quanto si diceva prima sulle preferenze di questa nuova tipologia di lavoratori. Cosa ci manca, per poter comparire più in alto e iniziare ad attirare sempre più nomadi digitali? Fondamentalmente, tutto il resto. Tutto ciò che non ci sia stato naturalmente concesso per posizione geografica e cultura. Perché purtroppo il nostro Paese è ben noto per essere uno di quelli in cui conviene meno investire, e nel quale soprattutto i freelance (tipicamente la struttura societaria dei nomadi digitali) sono bistrattati e sommersi di tasse. Anzi, il paradosso è che sono gli stessi nomadi digitali italiani a sentirsi quasi obbligati ad emigrare in altri Paesi, con sommo dispiacere. Complice anche una burocrazia lenta, e un digital divide ancora consistente che rende solo la permanenza nelle grandi e medie città sostenibile a chi ha deciso di spostare il proprio lavoro online, rimaniamo un fanalino di coda tra le location che possono attrarre nomadi digitali. Non aiutano nemmeno le recenti riforme economiche, che hanno provato a fare un passo nella direzione giusta ma che sono poi rimaste con il piede fermo a mezz’aria. nomadi-digitali La Legge di Bilancio di fine anno doveva introdurre grandi novità per le partite IVA, rendendoci potenzialmente una delle tassazioni più competitive in Europa per fatturati fino a 65.000 euro; peccato che il peso dell’INPS ci riporti inesorabilmente invece tra quelli più tassati. Sono stati previsti ottimi investimenti per startup e Venture Capital, così come la riforma precedente sul lavoro ha giustamente regolarizzato lo smartworking, ma per quanto riguarda i lavoratori autonomi, e quindi la maggior parte dei nomadi digitali, la situazione è stagnante. Con grande dispiacere dei nomadi digitali stessi da tutto il mondo, che invece (come tutti i viaggiatori) riconoscono nell’Italia un Paese dei sogni, che racchiude in sé tantissime delle qualità che rendono una location attraente per questa nuova forza lavoro. Intanto, comunque, sempre più persone si avvicinano al lavoro online e al nomadismo digitale. Forse se nel 2025 le previsioni che vogliono un miliardo di nomadi digitali nel mondo si avvereranno, allora i nostri governanti alzeranno finalmente un sopracciglio e si renderanno conto della grande opportunità che rappresentano per un Paese come il nostro. Ma nel frattempo, quanti altri Paesi europei se ne saranno accorti e avranno già implementato strategie di attrazione nei loro confronti, con le quali dovremo poi combattere per prenderci la nostra fetta?

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