• About Author

  • Tutta l'Informazione Ninja nella tua mail

  • Lotta all’uso improprio dei dati, è giunta la fine di Facebook?

    Facebook custodisce il più grande database mai esistito sugli esseri umani

    30 Marzo 2018

    Da sempre ci chiediamo, anche piuttosto ingenuamente, quante cose Facebook sappia davvero sul nostro conto. La preoccupazione legata al fatto che Facebook possa usare in modo illecito i nostri dati personali è viva da sempre e, dopo lo scandalo di Cambridge Analytica, è passata dall’essere un pensiero latente nel retrocranio al diventare improvvisamente un dato di fatto.

    LEGGI ANCHE: Perché Facebook non ruba i nostri dati ma siamo noi che siamo scemi digitali

    Facebook – per il quale la monetizzazione delle informazioni è da sempre il motore del business – custodisce, ad oggi, il più grande database di dati mai esistito.

    Noi tutti siamo coscienti (chi più e chi meno) del fatto che le grandi compagnie di carte di credito, ad esempio, conoscono quali luoghi frequentiamo abitualmente, come spendiamo i nostri soldi e quali acquisti facciamo. Inutile dire che è proprio questa inesauribile fonte di informazioni su ognuno di noi – e, quindi, vale a dire su un’orda di potenziali consumatori – che rende Facebook così prezioso, in particolare per gli inserzionisti. Da questo, allo stesso tempo, deriva una significativa responsabilità.

    Purtroppo, alla luce dei recenti avvenimenti, Facebook ha dimostrato un certo lassismo in materia di protezione della privacy dei suoi utenti.

    È giunta la fine di Facebook?

    facebook

    All’indomani dello scandalo della settimana scorsa, Facebook ha subito un tracollo delle proprie azioni in borsa dell’entità di 75 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato. Una bella batosta e, senza dubbio, la peggiore crisi vissuta finora dal padre di tutti i social network. Ma sarà questo, davvero, a segnare la fine de Il Social Network? 

    Nel corso degli scorsi giorni ci sono stati degli “exit” importanti, a partire da Brian Acton – cofondatore di WhatsApp, proprietà di Facebook – il quale ha lanciato su Twitter l’hashtag #deletefacebook fino ad arrivare a Elon Musk, fondatore di Tesla e di SpaceX, che ha risposto all’indignazione generale eliminando le proprie pagine da Facebook. 

    Inoltre, i dati riportano che lo scandalo abbia ancor di più rafforzato il fenomeno migratorio degli utenti da Facebook a Instagram – che ha dell’ironico se pensiamo che, in realtà, Instagram è il “figlio illegittimo” di Facebook e proprietà del suo stesso padre fondatore. Pertanto, le attività su Instagram sono allo stesso modo finalizzate all’affinamento del targeting degli annunci degli inserzionisti – che solo nel 2017 hanno inciso dell’oltre 98% sul fatturato totale dell’azienda e ne rappresentano, quindi, la sua raison d’être

    La bolla prima o poi doveva esplodere, tuttavia a distanza di una settimana – ebbene sì – Facebook esiste ancora. Non è per niente semplice, del resto, cancellare Facebook (e Instagram) dalla nostra vita, radicato a tal punto nella nostra quotidianità da renderci incapaci di farne a meno. Basti pensare che Facebook conta in tutto circa 2 miliardi di utenti attivi su una popolazione mondiale di 7,4 miliardi di persone. Calcolando che l’App non è disponibile in alcune tra le più popolose nazioni mondiali senza connettività, non viene difficile capire l’entità dell’egemonia del social network di Menlo Park.

    Piattaforme come Facebook e Instagram sono diventate una parte assai rilevante dell’interazione quotidiana che abbiamo con le nostre reti di amici, il cui grado di importanza per la nostra vita sociale viene ignorato finché non ce ne si priva. Del resto, i social network creano dipendenza e questo dato di fatto è stato ormai ampiamente dimostrato.

    È troppo tardi per eliminare Facebook

    facebook

    Infine, c’è da dire che il vantaggio reale dato dal cancellare il proprio account Facebook oggi è fortemente discutibile, semplicemente perché è troppo tardi. I dati a cui Cambridge Analytica e molti altri attori in gioco hanno avuto accesso risalgono al 2014. Questa settimana, nelle varie interviste, Zuckerberg ha promesso che verranno intrapresi dei “controlli forensi” al fine di stanare eventuali usi impropri dei dati degli utenti iscritti alla piattaforma, ma forse questo controllo andava fatto a priori, prima che milioni di App e strumenti collegati a Facebook registrassero i dati dei vari profili per sfruttarli in un secondo momento per fini di varia natura – commerciale o politica che sia.

    LEGGI ANCHE: Cambridge Analytica, Zuckerberg rompe il silenzio: sono responsabile di quanto è successo

    Questo significa che tutte le attività svolte su Facebook nel corso dei diversi anni sono state abbinate a precise inclinazioni psicologiche, sulla base delle quali è stato stimato quali tipi di persone possono essere più influenzabili rispetto ad altre da alcuni messaggi sulla base dei propri interessi, dei gruppi di appartenenza e dei contenuti che hanno dimostrare nel tempo di apprezzare.

    Ognuno di noi è “schedato” all’interno di quello che è a tutti gli effetti il database comportamentale più accurato della popolazione su scala mondiale.

    Chiudere il profilo oggi potrebbe essere un valido segno di protesta ma nulla più. Qualsiasi sia lo sforzo che Facebook farà in materia di protezione dei dati, nulla potrà impedire che aziende e privati utilizzino tutte le informazioni che hanno incamerato (e continueranno a incamerare) per reindirizzare i propri messaggi pubblicitari, attrarre un pubblico sempre più specifico e anche manipolare l’opinione pubblica.

    Big Data: urge una regolamentazione

    facebook

    Per concludere, il nocciolo della questione non è Cambridge Analytica e neppure Facebook in realtà, ma è il modo in cui i big data vengono utilizzati nella vita di tutti i giorni – archiviati, sfruttati e condivisi senza seguire qualsivoglia etica o regolamentazione che punti davvero al preservare l’integrità delle informazioni che scegliamo ogni giorno di condividere pubblicamente, senza pensarci troppo sopra.

    Per ora ci lasciamo con un barlume di speranza sul tema dato dalla dichiarazione di Tim Cook, CEO Apple, in occasione del China Development Forum che, a una domanda sull’opportunità di limitare in qualche modo l’uso illecito dei dati, risponde con un serafico: “Penso che la situazione sia diventata talmente grave e delicata da rendere necessaria una regolamentazione ben congegnata”.