Nokia "low cost" con la nuova serie Asha

Eccoci nuovamente a parlare di Nokia.
Il recente Nokia World 2011 ha presentato, parallelamente ai più ambiti Windows Phones Lumia, un’altra nuova linea di smartphone decisamente più accessibili al grande pubblico: Gli Asha, con i modelli 200, 201, 300 e 303.

Un mercato sempre in fermento quello dei device low cost che la multinazionale finlandese non desidera certamente accantonare, nonostante l’inesorabile avanzata dell’universo Android, di cui avevamo parlato nella scorsa settimana con degli interessanti 5 modelli low cost.
La serie Nokia Asha 200 & 201 si presenta subito con un stile full color, adatto per tutti coloro che desiderano ascoltare musica, controllare velocemente la posta elettronica, giocare e socializzare sul web.


Entrambi i modelli hanno un peso di 105 grammi, tastiera QWERTY, il sistema operativo Symbian S40 e delle scocche realizzate in policarbonato. Display da 2.4 pollici con una risoluzione di 320 x 240, memoria espandibile fino a 32 GB tramite microSD. Fotocamera posteriore che non va oltre i 2 megapixel.

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La caratteristica più cool? L’Asha 200 è dotato di dualSIM con Easy Swap, quindi senza la necessità di spegnere il dispositivo cambiando sim, a differenza del 201 che è dotato solo di un più classico singolo alloggiamento sim.
Sia il 200 che il 201 sono parecchio funzionali e divertenti nella navigazione web, grazie al veloce Nokia Browser in grado di comprimere i dati fino al 90%. Si potranno inoltre registrare le suonerie direttamente dalla radio FM stereo, e tramite l’altoparlante posteriore ascoltare la musica ad alto volume.
Il prezzo comune per entrambi i modelli (2G) sarà di circa 70 euro.

Mentre la serie Nokia ASHA 300 & 303 è stata dotata di un più potente processore da 1GHz, Bluetooth, trasferimento dati via usb, ma questa volta con connettività 3G per offrire quindi un’esperienza internet migliore nella navigazione e sui social media con Nokia Browser che, ricordiamolo, sfrutta la tecnologia cloud.

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L’Asha 300 riunisce “il meglio dei due mondi” (come scritto chiaramente sul sito aziendale di Nokia Connects), in quanto il telefono viene fornito con un display da 2.4 pollici touchscreen insieme ad una tastiera tradizionale, avrà un peso di 85 grammi, una memoria interna di 140 MB che sarà possibile aumentare con una memory card microSD fino a 32 GB. La fotocamera è di 5 megapixel in grado di girare video nei formati QCIF, QVGA, VGA e MPEG4.

L’Asha 303 invece è un dispositivo leggermente più grande (rispetto all’Asha 300), dovuto in parte alle dimensioni del touchscreen, questa volta di 2.6 pollici, presentando una tastiera QWERTY che conferisce al 303 un peso di 99 grammi. Dotato di una memoria interna di 100 MB espandibile, anche in questo caso, con scheda microSD fino a 32 GB. Mentre la fotocamera è di 3.2 megapixel.

In aggiunta su questo Nokia si potrà trovare come gioco precaricato: Angry Birds, in versione Lite.   😉

I prezzi? Circa 120 euro per Asha 300, circa 150 euro per Asha 303. Il catalogo prodotti del sito italiano ufficiale Nokia ancora non è stato aggiornato con gli Asha, nonostante l’uscita dell’intera gamma Asha sia prevista tra questo mese di Novembre e Dicembre. .

Il nome “Asha” deriva dalla lingua Hindi, che significa “speranza”, una gamma di device che in definitiva mira a raggiungere con appunto una rinnovata speranza un miliardo di utenti della nuova generazione, soprattutto dei paesi asiatici e sudamericani, ad un prezzo accessibile. Una strategia di mercato fortemente voluta dalla stessa Blanca Juti (Vice Presidente Marketing Mobile Phones di NOKIA), ridefinendo quel concetto di “smartphone” come categoria di mobile phone di fascia superiore.

E in Italia questa nuova serie di Nokia Symbian riuscirà a resistere al crescente strapotere Android? Stay tuned! 😉

Le 20 parole più e meno connesse su LinkedIn [INFOGRAFICA]

LinkedIn: relationships matter! E’ lo stesso slogan della piattaforma che ci informa dell’importanza delle connessioni e del capitale sociale (legami forti e deboli) anche e soprattutto per trovare lavoro.

Ma quali sono i profili e le professionalità più (o meno) connesse sulla più importante piattaforma professionale al mondo, che registra statistiche sempre più interessanti (recentemente riportate da Mashable)?

Il Social Media Guru Dan Zarrella ha fatto alcune ricerche su un campione random composto da 40.000 profili, analizzando le parole più comuni trovate nei titoli e nelle presentazioni.

I risultati sono contenuti in un’interessante infografica, trovando parole e posizioni più (recruiter, networker, etc.) e meno (termini religiosi, etc.) connesse.

Cosa ci aspetta nel 2012: social media e tendenze per il prossimo anno

Si avvicina la fine dell’anno e si comincia a ragionare su cosa ci aspetterà nel 2012: non fa eccezione il mondo dei social media, che il prossimo anno potrebbe consacrarsi come strumento decisivo per le aziende dopo un 2011 pieno di novità.

Quali saranno le tendenze per l’anno venturo? È la domanda cui cerca di rispondere Beverly Macy nel post “4 Trends to Watch in 2012“, dove si elencano alcuni spunti d’analisi molto interessanti per prepararsi a una nuova fase, in cui i social network diventeranno decisivi per affermarsi e per comunicare. Scopriamoli insieme!

1. Sfruttare il caos

Nei social network si ragiona in termini di “tempo reale”: i contenuti vengono condivisi istantaneamente e rimangono fruibili per poco tempo, proprio perché gli utenti pubblicano continuamente nuove risorse da cui attingere.

Sembrerebbe che questo “magma” sia ingestibile e difficile da sfruttare per aziende che puntano ad affermarsi rafforzando la propria brand reputation: la domanda che sarà necessario porsi sarà non tanto “Perché stare nella social sfera?” quanto “Come sfruttare questi nuovi strumenti?”.

Un’analisi che dovrà necessariamente partire dal presupposto che gli ambienti dei social network sono per natura caotici, e da questo caos va generato una sorta di ordine che possa sfruttare questo carattere di istantaneità. Le aziende, che sapranno costruire una comunicazione partendo da questo “caos”, avranno una marcia in più rispetto ai competitor.

2. Il pensiero globale: l’intelletto della social sfera

Beverly Macy, nel suo post, parla apertamente di Global Social Brain: la social sfera è come una sorta di grande cervello globale i cui pensieri sono generati da tutti i contenuti prodotti dagli utenti all’interno dei social network.

Un flusso che, come abbiamo visto prima, è caotico e che ha un tempo limitato, e per questo molto dispersivo. La presenza di un brand in questi ambienti deve cercare di catalizzare quest’immenso flusso di dati, andando a cogliere legami con gli utenti che operano come sinapsi di tessuto celebrale.  Inoltre, i social network potrebbero diventare le piattaforme di partenza per comunicare non solo nella quotidianità individuale, ma anche nell’esperienza professionale: insomma, una mole di dati enorme. Analizzare e misurare questa mole di dati, costruendo cluster nuovi e sempre più mirati, sarà decisivo per chi vuole primeggiare nel mercato.

3. L’importanza della scoperta

Sfruttare non soltanto le affinità di utenti “vicini” (gli amici, tanto per intenderci), ma incentivare l’importanza della ricerca all’interno dell’ambiente sociale. Nel 2012 si presume che tutti i social network incentiveranno i sistemi di ricerca dei contenuti, più di quanto già accade oggi, dove i dati vengono reperiti dagli user sfruttando in particolare un sistema virale di tramissione da utente a utente. Le aziende dovranno essere in grado di “farsi trovare”, diventando riferimento per chi casualmente si imbatte in uno spazio istituzionale.

Just Give Me What’s Important and let me find what I need“, dimmi solo ciò che è importante e fammi trovare ciò di cui ho bisogno: Beverly Macy isola bene in una frase un concetto di cui bisognerà tenere conto per ogni azione sui social network!

4. Educarsi alla social sfera

Ogni azienda ha piani di sviluppo per i propri dipendenti: nel 2012 sarà decisivo il modo con cui le aree di formazione che aiutano i dipendenti a crescere nel proprio know how sapranno interfacciarsi a quelle che stanno diventando delle vere e proprie discipline di comunicazione – e di marketing – con regole ben definite: insomma, diventerà primario dotarsi di strumenti per imparare a usare gli meccanismi della social sfera.

Un primo passo sarà implementare e adeguare i percorsi formativi, i quali talvolta non comprendono per nulla nozioni che siano d’aiuto ad operare i social networl: pensiamo a molte delle piattaforme per l’e-learning utilizzate comunemente dalle aziende di tutto il mondo (per esempio Moodle): molto utili per una formazione nozionistica anche di alto livello, ma totalmente sprovviste di tool social.

Sarà indispensabile, e sicuramente il 2012 potrebbe essere un anno spartiacque in questo senso, imparare a utilizzare questi strumenti e sfruttarli per “raccontare” l’azienda all’esterno, e perché no, anche per integrare quei sistemi utilizzati per la formazione interna.

Insomma, le aziende dovranno in qualche modo “tornare a scuola”: Beverly definisce questa fase “seria quanto la metologia Six Sigma“, che dagli anni ’80 è uno dei parametri più importanti per la gestione della qualità del prodotto: un paragone lusinghiero, per la nascente scienza dei social media.

Sei fondatrice di una startup? Con Chiara Di Lullo analizziamo il progetto Start Pink

Perché vi chiedo di leggere questo post? Perché parleremo di un’iniziativa immediatamente utile per lo startupper, un nuovo modo di intendere il business,
Se stiamo iniziando da poco, su quali persone possiamo contare per la nostra start up? Chi è pronto ad ascoltare la nostra idea? Chi riconosce il nostro valore? Siamo considerate una forza importante e strategica? Quale corrispondenza c’è tra le nostre idee, la nostra visione del mondo e del nostro Paese? Quali sono le nostre prospettive per i prossimi tre anni? In che modo intendiamo raggiungere questi obiettivi nel medio periodo?
Per rispondere, io propongo l’idea di Start Pink. Ne parliamo con Chiara Di Lullo, sua cofounder.


Ciao Chiara. Dunque, Start Pink nasce come divisione di Liquid Diamond, agenzia di comunicazione specializzata nei Nuovi Media, che oggi vuole offrire la sua esperienza condividendo la sfida con le startup interessate. Ci racconti meglio di cosa si tratta? Com’è nata e come funziona?

Start Pink nasce come “declinazione” di Start Green, un bando con cui premiamo le start-up che cambiano le regole dell’impatto ambientale dell’uomo sulla Terra: Start Green premia la startup più conforme ai valori dell’ecosostenibilità e del rispetto ambientale; siamo ormai al quinto bando e nonstante le difficoltà, le soddisfazioni sono state davvero tante.

Abbiamo capito che lavorare per le startup significa mettere in conto molta fatica iniziale e guadagni non proprio facili e immediati, ma soprattutto tanta creatività e voglia di fare, di condividere, tutto l’entusiasmo di chi comincia una nuova avventura… cosa c’è di più stimolante?

Il passo dal verde al rosa è stato breve, le donne sono la categoria imprenditoriale più propensa alla condivisione e all’entusiasmo della novità, sono le meno preoccupate di aspetti legati alle risorse e le più predisposte a discutere di brand identity, team e comunicazione. Perché non premiarle?

L’idea di Start Pink intende lavorare per la migliore start-up a conduzione e gestione femminile. Questa verrà analizzata a partire dal business plan sottoposto al team di Start Pink. Cosa prevede il bando?

Diamo una strategia di comunicazione che svilupperemo nell’arco di 3 anni, con 3 pacchetti di strumenti di comunicazione personalizzati: dal logo al video, dal company profile al gadget.

Cerchiamo di offrire la nostra consulenza condividendo la sfida: stipuliamo una specie di contratto di compartecipazione perché pensiamo che solo facendo veramente parte della start-up possiamo vivere dall’interno questa esperienza e lavorare al meglio.
Curiamo la comunicazione da dentro alla start-up, gli strumenti specifici sono sviluppati in base alla strategia e al business plan che condividiamo.

Dunque, quali i requisiti e per proporvi la nostra startup?

Tra le start-up che si proporranno per ogni bando, verrà scelta quella più convincente e vicina ai valori del team di Start Pink che intende premiare la forza e la concretezza dell’imprenditoria femminile, l’entusiasmo e la propensione alla comunicazione.
L’unico requisito imprescindibile è una smaccata presenza femminile all’interno del direttivo della startup.

Cosa intendo per smaccata?
Che per le ditte individuali il titolare deve essere donna, per le società di persone e le cooperative almeno il 60% dei soci deve essere costituito da donne e per le società di capitali almeno i 2/3 delle quote devono essere detenute da donne e l’organo di amministrazione deve essere composto da donne per almeno i 2/3.
Quando diciamo che è per l’imprenditoria femminile… Facciamo sul serio!!!

<Ok, stimolante e senza dubbio la proposta è molto strategica. Ma dicevamo poco fa che una startup non ha praticamente soldi per dedicarsi ad alcuni progetti inizialmente. Quanto ci costerà, quindi?

Niente, non costa niente! Non chiediamo nulla al momento della firma del contratto,
Start Pink chiede una piccola percentuale sul fatturato alla chiusura del bilancio.

Quindi, se passati i primi 18 mesi la start up non ha fatturato nulla, non vi chiediamo nulla: di fatto se anche il nostro lavoro ha contribuito a portare qualche beneficio bene, se no… andiamo avanti con più convinzione ed energie! 😉

Allora, se vi siete incuriosite, inviate il vostro business plan e candidatevi per il bando!

Grazie infinite Chiara. A presto!

Un ringraziamento speciale anche per la concessione delle bellissime immagini di She, personaggio femminile nato tra le pagine facebook un anno fa dalla matita di Lorenzo Calza.

In Your Arms, stop motion fatto di caramelle [VIRAL VIDEO]

I videoclip musicali hanno una lunga storia alle loro spalle, che ha visto questo settore evolversi sempre più nel tentativo di promuovere un canzone, in modo sempre più singolare, scenico, d’effetto: c’è allora chi mette in piedi dei veri e propri cortometraggi, chi utilizza le foto scattate dai fan (vi ricordate di “Wetsuit” dei Vaccines?), e chi, come nel caso di questo video, fa della tecnica utilizzata e dei materiali il suo pezzo forte.

Il video di “In Your Arms” di Kina Grannis è stato infatti realizzato in stop motion, utilizzando ben 288 mila caramelle per comporre tutti i frames, in totale 2.460!
L’idea sembra essere stata vincente, considerando il più di un milione di visualizzazioni raggiunto in pochissimi giorni.

E non dimentichiamoci del ritorno di pubblicità per il brand che produce le caramelle utilizzate, i famosi “jelly bean” forniti dalla Jelly Belly per la produzione del filmato. L’azienda, sponsor del video, promuove infatti attivamente quest’ultimo su sito e social.
Di seguito potete visionare anche il “making of” di “In your Arms”, vero e proprio tripudio di fagiolini di gelatina della marca americana.
Una bella trovata, non credete?!

Si è appena conclusa la prima edizione della Gamesweek organizzata da Aesvi. Per tre giorni, Milano è stata invasa dai videogiochi!

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Gamesweek 2011 [Report Evento]

Terminata qualche giorno fa, Gamesweek 2011 è la manifestazione organizzata da AESVI che punta a divenire un appuntamento fisso in grado di invadere (letteralmente) Milano – così come già avviene per eventi più rodati (Fashion Week e Design Week) –  e che ha visto riunirsi nell’aria espositiva del MiCo i più importanti player del settore tra produttori e publisher.

Tutti intenti a distribuire gadget (solite resse, gomiti e spintoni per un cappellino… ne ho uno anche io 😀 ), coinvolgere il pubblico e presentare i propri colpi migliori in vista dell’arrivo delle festività natalizie.

Tutto perfetto? Per essere la prima edizione, direi di si. Soprattutto per le potenzialità che lasciano pensare a future edizioni ancora più riuscite in cui, accanto all’happening commerciale,  possa trovare posto un momento di approfondimento (robe da vecchi parrucconi :D) che possano affermare l’idea  del videogioco come oggetto culturale capace di produrre introiti quanto implicazioni socio-culturali.

Non mi resta che portarvi in giro con me. Come capirete, non sono un fotografo 🙂

Benvenuti alla Gamesweek 2011!


In giro per il MiCo Gate 3


In posa con… Cooking Mama


In coda a provare Batman Arkham City


Pronti a sudare con Kinect!


Evoluzioni calcistiche allo stand EA


Di ritorno a casa. Qualche gadget, qualche acquisto.

E voi, ci siete stati? Fateci avere le vostre impressioni!

Vi aggiorneremo non appena ci sono numeri in merito a questa prima edizione! Al prossimo anno!

Mekkanika: font steampunk e visionario di Riccardo Sabatini [INTERVISTA]

Mekkanika Typeface è una raccolta di caratteri ispirata ai disegni tecnici di macchinari del passato e del presente, uniti e incastrati fino a formare lettere e numeri, che richiamano lo stile steampunk.

L’autore è il designer fiorentino Riccardo Sabatini, aka Richard the rough, che sulla sua pagina su Behance descrive se stesso come “60 kg italian ignorance + 5 kg low quality creativity + 5 kg bad visual taste + 5 kg face like the ass + 10 kg presumption + 5 kg madness = 95 kg of me”

Un tipo originale e fuori dagli schemi, insomma. Non ho perso l’occasione di contattarlo per fargli qualche domanda:

Ciao Riccardo! Mekkanika è un typeface complesso e dettagliato ma nonostante questo lineare, oltre ad essere molto originale per il suo richiamo alla meccanica e alla robotica.  Ci sono artisti che ti hanno ispirato per questo lavoro?

Ciao Annamaria! La lista dei creativi che mi hanno in qualche modo ispirato è lunga, ma più che essere relativa a questo lavoro e questo specifico stile di “collage“, coinvolge  in generale a tutto ciò che reputo interessante nell’ambito graphic design/digital art/illustrazione e che mi ha influenzato nel modo in cui io percepisco questo campo, a cominciare dalle centinaia di colleghi talentuosi che ho scoperto e che seguo da anni su networks come Behance, Deviantart, Flickr etc.
Due mostri sacri che forse mi hanno maggiormente influenzato alla “radice”  sono Stefan Sagmeister e Shepard Fairey, il primo per l’eclettismo con cui affronta questo mestiere (specialmente per quanto riguardo riguarda la parte tipografica) ed il secondo per i posters e lo stile propagandistico delle sue opere, sia dal punto di vista della composizione che dei messaggi. In entrambi i casi però più che di influenza si tratta, come nel caso dei designers di Behance, di un’ispirazione generale che fa “bagaglio culturale”

Parlaci di come nasce l’idea di Mekkanika

Lo stile di Mekkanika, questa specie di “collage di pezzi” è uno stile che ho sviluppato dai primi anni di università e poi portato avanti.
Il mio primo “esperimento” è stato un tribute-poster fatto a Shepard Fairey per una mostra della mia università: sostanzialmente uno scontorno massiccio di personaggi tratti dai lavori di Fairey per poi crearne una specie di foto di gruppo:

Poi approfondii questo stile e iniziai ad applicarlo a forme precise, ma sempre utilizzando elementi “finiti” per comporne di altri:

E questa è la seconda volta che anzichè applicarlo ai soliti robot provo ad applicarlo ad un font, anche per cercare di evolvermi rispetto ai lavori che facevo in precedenza, ma pur sempre giocando molto con la grafica.
La prima volta che ho utilizzato questa tecnica non c’erano riferimenti ai robot, ma a qualcosa di molto più “chic” rispetto ai miei canoni classici di lavoro, ho infatti creato un font totalmente composto di decorazioni vegetali:

Con Mekkanika è stato un pò un ritorno agli esperimenti con i robot ma con uno stile un pò più pulito e studiato rispetto a quello degli anni passati, ma l’ispirazione “robotica” comunque rimane dietro l’angolo.

Un progetto molto complesso. Quanto tempo hai impiegato per realizzarlo?

Lo sviluppo ha richiesto diverse fasi: trovare il fondo giusto per le lettere (prima era un gradiente, poi è diventato bianco, poi è ridiventato colorato ma con un colore diverso ogni lettera), comporre le lettere, inventarsi il tributo ai transformers e le animazioni varie e caricare tutto online: grossomodo un mese prendendomela comoda.

Ho notato che sei del 1983! Sei molto giovane eppure da anni sei citato dai blog di grafica piu autorevoli a livello nazionale e mondiale, e puoi vantare collaborazioni e riconoscimenti di alto livello.  Che effetto fa?

In realtà se consideriamo l’età media dei graphic designers “emergenti” di talento a livello mondiale, ce ne sono anche di molto più giovani. Questo non toglie che queste soddisfazioni personali  mi abbiano dato un entusiasmo incredibile.
Ovviamente non credo che questo sia un punto di arrivo ma un punto di partenza. Ora è questione di continuare così.

Ed è quello che gli auguriamo anche noi!

I brand italiani tra i primi sulle Google+ Pages

Ieri Google+ ha ufficialmente aperto le brand page! Alitalia, Donna Moderna, Fiat, Tim, Vodafone e Juventus sono stati tra i primi brand italiani a cogliere questa nuova opportunità di comunicazione attraverso i social network creando un profilo su G+.

Le nuove pagine aziendali sono simili ai profili utenti, ma si riconoscono da una icona quadrata, presente sulla destra del nome, che indica che si tratta di una pagina e non di un profilo privato; inoltre, anche per le pagine aziendali, è presente un simbolo indicante che l’account è verificato.

Le pagine aziendali si possono aggiungere alle proprie Cerchie, andando così ad incrementare i follower del brand, e si possono condividere sul proprio profilo, consigliando così alle proprie Cerchie i propri brand preferiti.

Essendo state appena ufficializzate le brand page presenti attualmente sono ancora poche – oltre alle aziende italiane troviamo anche Angry Birds, Burberry, H&M, Pepsi e Toyota – ma tutti possono creare la propria brand page qui, scegliendo tra le varie categorie presenti.

Vincos sottolinea alcune limitazioni presenti attualmente nella creazione delle brand page su Google+:

– chi crea la pagina diventa, di fatto il suo amministratore unico. Al momento non si possono aggiungere altri admin o sostituire il primo. L’amministratore potrà, di volta in volta, scegliere se postare agendo come persona fisica (col proprio profilo G+) o come pagina

– il nome della pagina può essere cambiato in seguito, ma quello che ancora manca è la possibilità di scegliere una URL personalizzata.

Attraverso l’utilizzo degli Hangouts i negozi locali potranno avere un contatto diretto con i propri clienti, e magari offrire una consulenza direttamente da G+.


Sarà inoltre possibile connettersi ad una brand page direttamente dalle ricerche effettuate su Google. Inserendo il + davanti al nome del brand che stiamo cercando verremo indirizzati alla brand page collegata con il suggerimento ad inserirla all’interno delle proprie cerchie.

Certamente l’apertura delle brand page è la più importante tra le novità introdotte da Google+ e credo che, dopo il clamore destato negli ultimi tempi, sarà il banco di prova più importante per G+, quello che determinerà il destino del social network di casa Google.

Voi cosa ne pensate? Riusciranno le brand page a risollevare le sorti di Google+?

Gli studenti universitari al centro della Mobile Generation! [Infografica]

La diffusione di mobile devices genera nuovi standard di fatto (in ambito tecnologico e sociologico), e sta influenzano il modo di rapportarsi con il mondo. La “generation mobile”, ossia i ragazzi dai 18 ai 23 anni, vivono questo fenomeno in modo più intenso delle altre persone: frequentando ambienti che sviluppano la creatività, la logica e l’apprendimento (come per esempio le aule dell’università), questa classe di persone è generalmente più sensibile ai cambiamenti della società. Ci sono buone ragioni per credere che il “medium del futuro” per questa generazione sarà il mobile device; intanto, controlliamo insieme quest’infografica di HackCollege che ci mostra l’utilizzo dei mobile devices tra gli studenti universitari!

Mobile Generation Infographic

In particolare, i dati che ci hanno sorpreso sono:

  • iPhone e Android alla pari: siamo abituati a pensare ad Android come un “geek OS”, invece la mela ha lo stesso fascino sugli studenti (le percentuali di possesso sono praticamente identiche)
  • Il 93% degli studenti pensa che il mobile device, in un modo o nell’altro, abbia semplificato la loro vita. Probabilmente il restante 7% avverte il peso dell’essere “sempre disponibili” e di poter fare tutto anche in movimento
  • 9 studenti su 10 messaggiano abitualmente in classe, e 3 di essi lo fanno più volte in una stessa lezione
  • Il 70% degli intervistati crede che il mobile device sia estremamente o molto importante per una relazione
  • 4 studenti su 10 fanno il ripasso dell’ultimo momento sullo smartphone, mentre solo il 18% degli intervistati dichiara di voler copiare attraverso i mobile devices;
School Smartphones

E così, mentre qui in Italia vietano l’utilizzo dei cellulari tra le classi, alla Stanford University organizzano (e caricano su Youtube) corsi di mobile marketing già da un po’ di tempo. Il nostro consiglio è quello di dare le possibilità applicative a chi ha la giusta apertura mentale: è giusto vietare l’utilizzo di smartphone nelle scuole medie, poichè gli studenti di quella età non hanno le competenze necessarie per sfruttare i device in modo costruttivo. Tuttavia, se utilizzati in certi ambiti i mobile devices aprirebbero le porte ad una nuova visione di “apprendimento” (modifica in tempo reale di ricerche e powerpoint, lettura da e-book con consistente alleggerimento della “cartella”, modifica in cloud con gli altri amici, lavagne virtuali condivise, e in generale avvicinamento alle nuove tecnologie, sempre più importanti per il lavoro).

Let's Lunch: anche la pausa pranzo è social

Il fenomeno del social dining si sta affermando anche in Italia. Vi abbiamo già parlato di Cookous, la startup italiana che ha rivisitato il fenomeno delle cene tra amici in ottica social e digitale. Se, però, avete voglia di un incontro meno impegnativo e pranzate fuori casa è ora arrivato anche in Italia LetsLunch.com.

Fondato nel 2010 nella Silicon Valley da Syed Shuttari con l’obiettivo di “promuovere la creazione di reti intelligenti di business, concentrandosi sulle interazioni personali per costruire relazioni forti”  Let’s Lunch sbarca in Italia come primo paese dopo gli USA (sarà perché siamo la patria del buon cibo?).

Ribattezzato ben presto il “Linkedin della pausa pranzo”, Let’s Lunch permette, infatti, di ampliare il proprio network professionale sfruttando anche la pausa pranzo per incontrare persone che possano in qualche modo aiutarci a cambiare o a trovare lavoro, per incontrare finanziatori per i nostri progetti, oppure semplicemente per conversare con persone della propria città che hanno interessi simili ai nostri e con i quali confrontarci, il tutto in un’atmosfera rilassata.

Il funzionamento è molto semplice: basta iscriversi, indicare i propri interessi, la propria “lunch zone” e i giorni e gli orari in cui si è disponibili a pranzare.
Una volta inserito un giorno in cui si è disponibili a pranzare, si verrà avvisati il giorno prima tramite mail sulle persone che saranno disponibili a pranzare nelle vicinanze della vostra lunch zone. Al proprio account possono essere associati anche i profili Linkedin, Facebook e Twitter.


Dopo ogni pranzo viene richiesto un feedback sulla persona con cui si è pranzato. Ad ogni utente, infatti, viene assegnato un punteggio che va da 1 a 10. Il punteggio può dunque cambiare in base ai riscontri che otteniamo.
All’inizio il punteggio è costituito dalla reputazione virtuale calcolata sui profili Linkedin, Facebook e Twitter, ma i giudizi determinanti saranno poi quelli ottenuti dopo i pranzi; e chi ottiene punteggi elevati avrà la possibilità di incontrare i professionisti più affermati presenti sul social network.

Let’s Lunch!