In principio erano i flashmobs: azioni lampo, che riunivano un gran numero di persone in luoghi pubblici per poco tempo, rompendo gli schemi della routine quotidiana con azioni inconsuete e spettacolari. Curiosità dei presenti, eco mediatica, alti livelli di viralità in rete per i video di questi insoliti eventi.
C'era un solo limite: la fisicità del luogo.
Che succede quando questo concetto si evolve e viaggia oltre i confini geografici e concreti? Nasce l'hashmobbing.
Come ben suggerisce Nicholas Carr sul suo blog: "Dimenticate i flashmobs. La novità è l'hashmob".
I primi sfruttano la rete per "reclutare" gente che partecipi alle azioni: non dimentichiamo, infatti, le oltre 13000 persone raggruppate via Facebook che il 9 febbraio scorso alla Liverpool Street Station di Londra hanno partecipato ad una vera e propria Silent Disco costringendo il terminal ad una chiusura di oltre 90 minuti.
Gli hashmobs hanno un indice di viralità ancora più elevato: non solo la notizia si diffonde sulla rete, ma è l'azione stessa ad avervi luogo, grazie a Twitter, generando così ulteriore buzz intorno all'evento che può avere anche una durata piuttosto lunga.
Nonostante i disastrosi risultati dell'ultima indagine Nielsen, secondo cui di tutti coloro che si iscrivono alla celebre piattaforma di microblogging, solo il 40% è ancora attivo il mese successivo, Twitter ha mostrato capacità di metamorfosi non indifferenti.
Il termine hashmobbing, infatti, deriva da hashtags, cioè le parole chiave - precedute da # - usate per categorizzare i messaggi inviati. Il caso del boicottaggio di Amazon (e del badmouth che ne è seguito per l’azienda, di cui vi abbiamo raccontato qui) ne è stato il più eclatante segno.
Evidentemente, dunque, quello che queste azioni ci dicono è che qualunque sia il fine per cui i social media vengono creati, gli utenti saranno capaci di indirizzarlo verso nuovi usi e scopi.
La convergenza tra social networks che consente, ad esempio, di aggiornare contemporaneamente con un'unica applicazione lo status di Facebook e quello di Twitter, dimostra che la capacità di appropriazione e modifica degli strumenti che gli utenti hanno li rende fattori di diffusione virale sempre più potenti.
Ciascuno di loro è un prosumer, capace di utilizzare una o più piattaforme e di piegarle ai propri fini, riuscendo spesso a coagulare l'attenzione di un numero di persone elevatissimo o diffondendo trends su idee che nascono dal basso.
E' quello che è successo, ad esempio, con il fenomeno del wedding running: una moda, cominciata a New York, su iniziativa di una certa Mary Jane Watson, e diffusasi anche oltreoceano. Proprio per le vie della grande mela, non a caso, si è data alla fuga Carrie Bradshaw / Sarah Jessica Parker nel film di Sex & the City.
La Watson ha ammesso, proprio via Twitter, che l’idea le è nata dalla voglia di provare il brivido di scappare dall’amoroso eterno impegno.
Le spose, infatti, prima del matrimonio corrono – rigorosamente in abito bianco – per le vie della città e pare addirittura che tutto ciò abbia un’importantissima funzione antistress, ben più efficace dell’organizzazione di una festa di addio al nubilato!
Anche Milano è stata toccata da questo evento: il 29 aprile, infatti, le gemelle Carlotta e Giorgia Solari (nozze previste il 23 settembre) hanno fatto la loro matri-maratona da corso Buenos Aires a Pizza San Babila e al Duomo, tra gli sguardi increduli dei passanti e dei turisti.
In realtà, l’azione era stata anticipata da una serie di allenamenti che nei giorni scorsi avevano coinvolto le ragazze che – da brave utenti 2.0 – avevano creato un canale su YouTube costantemente aggiornato con i video delle prove e delle reazioni della gente.
Dulcis in fundo, le running brides italiane avevano anche postato, tra le foto dei loro profili di Facebook, la cartina con tanto di orari e percorso del loro wedding running. A fare rimbalzare ulteriormente tante informazioni ci ha pensato, infine, la loro pagina di MySpace.
Pare, tra l’altro, che nei prossimi giorni siano previsti eventi simili a Roma e in altre città italiane.
Hashmobbing e wedding running sono solo due aspetti di quel più ampio movimento di convergenza che da un alto valorizza le expertise degli utenti, dall’altro conferma e rafforza quel power shifting che ha segnato una svolta epocale nei modi di considerare gli utenti.
Questi padroneggiano gli strumenti del Web 2.0 e, soprattutto, sanno autopromuoversi: fanno marketing di se stessi e delle proprie iniziative, creano viralità intorno ad esse le condividono con altri utenti coinvolgendoli. Le folle non sono solo sagge, come direbbe James Surowiecki, sono attive e critiche.
Auspicabilmente tale tendenza andrà crescendo in una cultura che si fa sempre più partecipe e partecipativa.
Per dirla con le parole di Clay Shirky: "i consumatori non esistono più, perché in un mondo dove un indirizzo di posta elettronica rappresenta un canale mediatico, ora siamo tutti produttori".