Nel suo (bellissimo) libro Passaparola Rosen sostiene che uno dei “segreti” del buzz siano i legami deboli. La maggior parte delle nostre conversazioni avviene con le persone che fanno parte del nostro stesso ambiente, con i nostri legami forti (il nostro partner ad esempio, la nostra famiglia, i nostri amici e i nostri colleghi).
È probabile però che questi abbiano accesso o siano esposti alle nostre stesse fonti di informazioni ed in questo modo difficilmente un’informazione potrebbe propagarsi come un virus, dal momento che resterebbe “prigioniera” all’interno degli stessi gruppi sociali.
Quando invece scambiamo informazioni con un nostro ex compagno di classe, con un amico lontano o semplicemente con dei conoscenti non solo avremo modo di dare o ricevere informazioni a cui diversamente non avremmo accesso, ma queste verranno trasferite da un gruppo sociale all’altro grazie ai legami deboli.
Ovviamente la rete e in particolar modo i social network alimentano i legami deboli permettendoci di poter instaurare o mantenere molti legami superficiali con persone con cui abbiamo parlato una sola volta o un amico che non vediamo più da anni.
In realtà però questa teoria viene in parte messa in discussione dalle statistiche ufficiali di Facebook secondo le quali in media ogni utente ha un massimo di 130 amici.
Frutto non di statistiche, stime o medie è ciò che afferma anche Robin Dunbar, antropologo dell’università di Oxford che da anni studia la struttura delle relazioni sociali. Come leggiamo su un articolo del Corriere della Sera, l’antropologo dopo aver analizzato il fenomeno delle relazioni virtuali sui social network sostiene come sia praticamente impossibile, a causa di veri e propri limiti fisici delle nostra neocorteccia celebrale, instaurare o mantenere relazioni significative con più di 150 persone.
Moltissimi però sono i profili che hanno centinaia o migliaia di amici ma in realtà anche in questo caso, lo studio dimostra come tendendo ad autoregolarsi, si interagisca solo con un numero limitato di persone, muovendosi sempre all’interno di un cerchio di 150 persone.
Queste conclusioni avvalorano la tesi più generale dello stesso antropologo, che di fatti prende il nome de “il numero di Dunbar", secondo cui indipendentemente dal contesto sociale o storico, le reti sociali sono costituite da un numero massimo di 150 persone. Virtual life is real life.