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Best Place to work Italy

Great Place to Work Italia: come si diventa la migliore azienda in cui lavorare

Per il ventesimo anno consecutivo, Great Place to Work Italia, ha premiato le aziende vincitrici della Classifica delle migliori aziende per le quali lavorare in Italia.

Sono state premiate 50 aziende tra le 128 organizzazioni che hanno preso parte all’indagine sull’analisi di clima organizzativo e che rappresentano l’eccellenza dei luoghi di lavoro in Italia.

53.610 collaboratori appartenenti a queste aziende hanno espresso la propria opinione sull’ambiente lavorativo e l’analisi dei dati risultanti ha permesso di stilare questa classifica.

great palce to work - profilo collaboratori

Le aziende sono state suddivise all’interno di 4 categorie organizzate in base alla loro dimensione (numero di dipendenti).

La classifica Great Place to Work è basata principalmente sulle opinioni dei dipendenti delle aziende interessate alla qualità del proprio ambiente di lavoro: il personale, compilando il questionario Trust Index sull’analisi di clima aziendale, hanno assegnato dunque alla propria organizzazione il titolo di Best Workplace.

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Il modello su cui si basa il questionario Trust Index mette in evidenza come un ambiente di lavoro eccellente sia caratterizzato da tre relazioni fondamentali:

  • una relazione di fiducia reciproca con il management aziendale,
  • il rapporto di orgoglio per il proprio lavoro e per l’organizzazione di cui si fa parte
  • e la qualità dei rapporti con i colleghi.

Le dimensioni indagate sono 5: Credibilità, Rispetto ed Equità, misurano la fiducia dei dipendenti nei loro manager, mentre le altre due, Orgoglio e Coesione, mirano a valutare il rapporto dei dipendenti con il loro lavoro e la loro azienda, le loro sensazioni riguardo ad essi, e il divertimento nel luogo di lavoro con gli altri colleghi.

Great Place to Work Italy: la parola alle aziende

Abbiamo contattato diverse aziende inserite nella lista dei migliori posti per lavorare nel 2021 in modo da comprendere, attraverso le loro parole, quali siano le strategie e le best practice in grado di creare un ambiente di lavoro sereno e coeso, basato sulla fiducia e il rispetto, così da guadagnarsi l’ambito titolo di Best Workplace.

Serena Rossi – HR DIRECTOR · Stryker

serena rossi stryker

“Stryker è una vera people oriented company, dove il capitale umano viene valorizzato in ogni suo aspetto.

Alimentiamo ogni giorno relazioni basate sulla fiducia trasmettendo i valori della diversità e dell’inclusione, autentici acceleratori di ogni investimento sulle nostre persone.

Essere tra i Best Workplaces è un motivo di orgoglio e di miglioramento continuo.”

Piermattia Menin – Managing Director Human Resources Italy · DHL EXPRESS 

Piermattia Menin - Manging Director Human Resources Italy · DHL EXPRESS 

“Dietro a questo importantissimo riconoscimento c’è tanto lavoro e grande dedizione alle persone che lavorano in DHL; lavoro che non si concentra nel periodo di “rilevazione e survey”, ma che dura tutto l’anno.

Tutto parte dalla nostra Mission e di conseguenza dai nostri valori e comportamenti che sono per noi la stella polare a cui indirizzare ogni nostra azione. Attraverso un’attenzione quasi maniacale ai comportamenti di ognuno di noi, attraverso un coinvolgimento quotidiano che attraversa tutta l’organizzazione all’AD all’ultimo dei collaboratori, siamo riusciti in questi anni a trasferire un mindset che oggi è diffuso a tutti.

Un esempio molto pratico è quello di mantenere aperto un canale comunicativo a due vie con le persone. Le persone, con il proprio responsabile e i propri colleghi, si confrontano e si danno feedback in maniera continuativa in ottica di miglioramento continuo del proprio ambiente di lavoro.

A seguito di questi feedback vengono creati Action Plan di Team, monitorati nel tempo e sui quali capo e collaboratori fanno regolarmente il punto della situazione affinché insieme si possa cambiare rotta nel caso mutassero le esigenze delle persone.

Possono essere cose scontate, ma non lo sono affatto”.

Gianluca Bilancioni – CFO / HR DIRECTOR · Teleperformance

Gianluca Bilancioni - CFO - HR DIRECTOR - Teleperformance

“Due anni fa abbiamo preso coscienza che le persone non fossero il reale centro di Teleperformance: lo erano sulla carta ma non nel cuore, nello spirito, nella passione della nostra azienda.

Abbiamo raso al suolo la Funzione HR e dalle sue ceneri sono spuntate non procedure e istruzioni operative ma incontri personali che iniziavano con “come posso aiutarti nel lavoro quotidiano?” e terminavano con “quali sono i tuoi sogni personali e professionali?”.

Un fuoco di passione ha incendiato Teleperformance e ogni cosa si è illuminata.

La luce ha inondato l’azienda e ricevere il Premio “Great Place to Work” per la prima volta nella storia di un Contact Center italiano è sembrato quasi scontato”.

Marco Russomando, Head of HR & Organization di illimity

Marco Russomando, Head of HR & Organization di illimity

“Fin dalla nascita di illimity, poniamo un’attenzione particolare alle persone, tanto da renderle uno dei pilastri di sostenibilità dell’azienda.

Ascoltiamo continuamente gli illimiters: abbiamo un sistema di welfare su misura, corsi di formazione trasversali ed abbiamo attivato il programma illimity w.o.w. (Way of Working) che ci permette di lavorare per metà del tempo in ufficio e per l’altra metà da un’altra parte, non necessariamente a casa.

Uno dei nostri focus è la ‘Diversity & Inclusion’, un concetto molto integrato nella cultura aziendale; nei nostri oltre 700 illimiters sono, infatti, presenti oltre 20 nazionalità e cerchiamo sempre di garantire la parità di genere ed il giusto equilibrio nelle competenze.

Perché la performance collettiva è il motore di tutto ed è un multiplo di quella individuale”.

Facebook investe nel talento europeo per contribuire a costruire il metaverso

Facebook è all’inizio di un percorso per contribuire a costruire la piattaforma informatica del futuro. Lavorando con altre realtà, sviluppano quello che viene comunemente definito il metaverso – una nuova generazione di esperienze virtuali interconnesse che utilizzano tecnologie come la realtà virtuale e aumentata.

Il metaverso si basa sull’idea che rafforzando la sensazione di “presenza virtuale”, l’interazione online può diventare molto più vicina all’esperienza che si ha con le interazioni di persona. Il metaverso ha il potenziale di aiutare a sbloccare l’accesso a nuove opportunità creative, sociali ed economiche. E saranno gli europei a plasmarlo fin dall’inizio.

Nessuna azienda sarà proprietaria del metaverso, né lo gestirà. Come nel caso di Internet, la sua caratteristica distintiva sarà di essere aperto e interoperabile. Per far nascere tutto questo sarà necessaria la collaborazione e la cooperazione tra aziende, sviluppatori, creator e politici. Per Facebook, richiederà anche continui investimenti nel prodotto e nei talenti tecnologici e questa crescita riguarderà tutta l’azienda. 

facebook logo con sfondo tipo matrix

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Per questo motivo oggi annunciamo un piano per creare 10.000 nuovi posti di lavoro altamente qualificati nell’Unione Europea (UE) nei prossimi cinque anni. Questo investimento è un voto di fiducia nella forza dell’industria tecnologica europea e nel potenziale del talento tecnologico europeo.

L’Europa è estremamente importante per Facebook. A partire dalle migliaia di dipendenti in presenti nell’Unione Europea, fino ai milioni di aziende che utilizzano le nostre app e i nostri strumenti ogni giorno, l’Europa è una parte importante del nostro successo, come lo è Facebook del successo delle aziende europee e dell’economia in generale.

Questo è un momento entusiasmante per la tecnologia europea. L’UE offre una serie di vantaggi che la rendono un luogo ideale per le aziende tecnologiche per investire – un mercato di consumo di grandi dimensioni, università eccellenti e, soprattutto, talenti di alto profilo. Le aziende europee sono all’avanguardia in diversi campi, che si tratti della biotecnologia tedesca che ha contribuito a sviluppare il primo vaccino MRNA o della coalizione di neo-banche europee che stanno facendo da apripista al futuro della finanza.

La Spagna sta assistendo a livelli record di investimenti in start-up che soddisfano qualsiasi bisogno, dalla consegna di generi alimentari online alla neuro-elettronica, mentre la Svezia è pronta a diventare, entro il 2023, la prima società al mondo senza contanti.

Tutto sul nuovo Design del sito di Facebook

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Da tempo crediamo che il talento europeo sia leader a livello mondiale, ed è per questo che abbiamo effettuato investimenti così consistenti nel corso degli anni – dal finanziamento di borse di studio per l’Università Tecnica di Monaco, all’apertura del nostro primo grande laboratorio europeo di ricerca sull’Intelligenza Artificiale con il programma di accelerazione FAIR in Francia, fino all’apertura della sede dei Facebook Reality Labs a Cork.

Oltre ai talenti tecnologici emergenti, l’UE ha anche un ruolo importante da svolgere nel definire le nuove regole di internet. I politici europei sono in prima linea nell’aiutare a includere valori europei, come la libertà di espressione, la privacy, la trasparenza e i diritti delle persone, nel funzionamento quotidiano di internet. Facebook condivide questi valori e nel corso degli anni abbiamo intrapreso azioni significative per sostenerli. Speriamo di vedere il completamento del Mercato Unico Digitale per sostenere ulteriormente gli attuali punti di forza dell’Europa, così come la stabilità sui flussi di dati internazionali che sono essenziali per una fiorente economia digitale.

Nell’iniziare il viaggio per trasformare il metaverso in una realtà, una delle più urgenti priorità per Facebook è quella di trovare ingegneri altamente specializzati. Non vediamo l’ora di lavorare con i Governi di tutta l’UE per trovare le persone giuste e i mercati giusti per portare avanti questo obiettivo, come parte di una prossima campagna di reclutamento che avverrà in tutta la regione. E mentre Facebook continua a crescere in Europa, speriamo di investire di più nel suo talento e continuare a innovare in Europa, per l’Europa e il mondo.

Report Programmatori e developer in Italia

REPORT: Le aziende cercano programmatori (ma il problema è ancora il compenso)

Negli ultimi due anni la pandemia e i lockdown hanno accelerato la trasformazione digitale, evidenziando la necessità da parte delle aziende di innovarsi e di inserire nel team figure tecniche in ambito sviluppo, aumentando di fatto la domanda per chi opera in questo settore.

A confermarlo sono gli stessi sviluppatori: il 41% dei freelance afferma infatti di aver registrato un incremento positivo del lavoro durante l’emergenza sanitaria. Secondo il 61% dei developer, il lavoro dello sviluppatore si evolverà nel tempo e, in ogni caso, sarà sempre più richiesto.

Bitboss report infografica

È la fotografia dell’ecosistema degli sviluppatori di software in Italia, sia dipendenti che freelance, scattata dalla seconda edizione di “The State of Development in Italy”, l’indagine realizzata da BitBoss, startup innovativa incubata in I3P (incubatore delle imprese innovative del Politecnico di Torino) che svolge il ruolo di software house in grado di aiutare startup e imprese tradizionali a sviluppare prodotti digitali. Il report completo può essere scaricato qui.

Il tutto grazie ad un team di sviluppatori provenienti da ogni parte d’Italia e ad una metodologia di lavoro studiata per garantire ai clienti efficacia, partecipazione e controllo totale durante l’intero ciclo di sviluppo.

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Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una crescita del gap tra domanda e offerta di sviluppatori. È vero che il numero di developer è cresciuto fortemente, anche grazie all’ampliamento dell’offerta formativa in questo ambito, ma ancora di più è cresciuta la domanda delle aziende, sempre più alla ricerca di figure che possano accelerare il loro processo di innovazione”, sottolinea  Riccardo Barbotti, co-fondatore di BitBoss.

L’indagine mostra infatti un settore in salute e in grande fermento: solo il 10% degli sviluppatori dipendenti intervistati afferma di essere attivamente alla ricerca di lavoro e in 9 casi su 10 i developer italiani si dicono soddisfatti del proprio lavoro. Ma allo stesso tempo sono aperti a nuove opportunità (59%): questo denota una costante ricerca di condizioni lavorative sempre più favorevoli e stimolanti.

In questa situazione, le aziende devono competere per conquistare le risorse migliori: a vincere sono quelle che riescono a creare le condizioni di lavoro migliori (al di là del trattamento economico) che possano attrarre questi preziosi professionisti”, aggiunge Barbotti.

Per guidare le aziende e supportarle in un percorso di crescita e innovazione, BitBoss ha dunque messo in evidenza con la sua indagine quali siano le  richieste degli sviluppatori: le aziende che ricercano risorse di questo tipo dovrebbero in primis offrire un ambiente lavorativo interessante e stimolante per delle figure che sono sempre attente a cogliere nuove opportunità.

Cosa cercano i developer: flessibilità e trattamento economico

Andando a guardare ciò che i developer ritengono importante nella ricerca di un nuovo lavoro da dipendenti, l’indagine evidenzia al primo posto il trattamento economico, fattore imprescindibile per quasi l’80%.

report BITBOSS - tipologia di developer

Tuttavia, emergono altri punti interessanti: mentre per il 59% è importante avere a che fare con un ambiente dove si hanno prospettive di crescita e di leadership, la necessità di flessibilità sia dal punto di vista dell’orario che del luogo di lavoro è fondamentale per 7 su 10.

La ricerca di libertà e di flessibilità lavorativa è d’altra parte la motivazione più forte per gli sviluppatori che hanno scelto di intraprendere una carriera da freelance (57%) e il 35% non sarebbe disposto a rinunciare alla propria flessibilità in cambio di un contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.

Tra l’altro, la maggioranza degli intervistati lavora con clienti Italiani su scala locale (46%) e nazionale (60%) e più del 20% dichiara di lavorare anche con clienti esteri. In particolare questi dati dimostrano come la distanza fisica che può intercorrere tra il freelance e i suoi clienti non rappresenti un ostacolo significativo.

Gli sviluppatori e il remote working: 1 su 3 preferisce una formula ibrida

Emerge quindi come la professione dello sviluppatore si sposi alla perfezione con il remote working: il 67,2% degli intervistati (sia dipendenti che freelance) afferma di lavorare sempre o molto spesso da remoto e il 93,5% ha lavorato almeno una volta a distanza.

Nel dettaglio, BitBoss mostra come circa l’86% dei freelance affermi di lavorare sempre o molto spesso da remoto, contro il 63% dei dipendenti. Inoltre il 25,5% dei developer dipendenti in piccole aziende (meno di dieci dipendenti) afferma di non aver mai lavorato da remoto o di averlo fatto raramente. Di contro, solamente il 15% dei developer che lavorano per grandi aziende (più di 20 dipendenti) ha dato queste risposte.

Del lavoro da remoto si dice soddisfatto il 62% dei developer (sia dipendenti che freelance), che spera che questo tipo di approccio si diffonda sempre di più. Tuttavia, un 30% degli intervistati ritiene che il full remote non sia del tutto funzionale e propone di adottare una formula ibrida tra lavoro da remoto e in presenza. Chi si dichiara contrario al remote working invece sottolinea come aspetto negativo dell’esperienza il distaccamento dal team di lavoro e lamenta principalmente la mancanza di un contatto diretto con i colleghi.

Il rapporto tra aziende e sviluppatori

La ricerca di BitBoss si è focalizzata su tre posizioni specifiche che i developer dipendenti ricoprono in azienda: sviluppatore (69%), tech lead (23%) e CTO (5%). Nella maggior parte dei casi, i developer affermano di voler continuare a svolgere un ruolo operativo, lavorando sul codice e migliorando sempre di più, ma non manca un 32% che ambisce ad assumere un ruolo più manageriale e di controllo diventando CTO o Tech Leader.

Una percentuale più ristretta ma rilevante (14%) sogna di diventare imprenditore, abbandonando quindi il lavoro da dipendente e mettendosi in gioco con progetti personali.

Tra gli sviluppatori dipendenti intervistati, il 54% lavora in grandi aziende che contano più di 50 dipendenti, mentre meno del 20% è impegnato in micro imprese. “Probabilmente queste realtà si trovano a essere meno competitive rispetto alle grandi aziende dal punto di vista dell’offerta nel mercato del lavoro e non riescono a dare agli sviluppatori quegli incentivi che per loro sono importanti: un salario competitivo e condizioni lavorative più appetibili.

Un’altra ipotesi potrebbe essere data dal fatto che le aziende più piccole preferiscono collaborare con freelance piuttosto che assumere personale interno”.

Trattamento economico: all’estero si guadagna meglio

Secondo l’indagine di BitBoss, il 49% dei developer dipendenti dichiara di guadagnare tra i 1500€ e i 2000€ netti al mese.

stipendio developer

Per quanto riguarda i freelance intervistati, la fascia più densa (34%) applica tariffe lorde giornaliere tra i 200€ e i 300€ lordi. Chi lavora con clienti esteri afferma inoltre che nell’85% dei casi  riesce a ottenere compensi migliori fuori dai confini italiani.

Una percentuale che pone l’accento su un gap retributivo già noto e che evidenzia una debolezza del nostro Paese rispetto ad altri”, sottolinea Riccardo Barbotti.Questa è la differenza più evidente che intercorre tra il mercato degli sviluppatori in Italia e alcuni Paesi nel resto del mondo: uno sviluppatore in Italia viene mediamente pagato meno rispetto a molti paesi occidentali avanzati e ciò non è necessariamente dovuto a una differenza di competenze tra i developer italiani e quelli stranieri. Circa l’80% delle aziende italiane è composto da micro imprese che, date le risorse limitate, potrebbero voler dare la precedenza a investimenti di altro tipo e allocare budget ridotti sull’innovazione e sul digitale. Inoltre non sempre viene percepito il reale valore in termini di ritorno dell’investimento in innovazione”.

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Tecnologie: gli ambiti e i linguaggi più amati dagli sviluppatori italiani

BitBoss ha inoltre indagato lo scenario legato ai tipi di applicazioni più sviluppate, ai framework e ai CMS più utilizzati.

Molti sviluppatori dichiarano di spaziare con le loro competenze in diversi ambiti: lo sviluppo web domina la classifica con un 76% di intervistati che dichiarano di sviluppare back-end e 70% front-end. Seguono app mobile (30%) e desktop (28%). Il 3% dichiara di sviluppare sia web che mobile mentre, prendendo a riferimento solo la percentuale di web developer, il 57% di loro dichiara di essere full-stack.

Chiudono la classifica le applicazioni legate al Machine learning, al gaming e ad altri tipi di programmazione come ad esempio quelli legati all’automazione industriale.

linguaggi più diffusi tra i developer

Per quanto riguarda i linguaggi, Javascript si conferma il più utilizzato in assoluto: il 73,5% dichiara di utilizzarlo regolarmente. Seguono HTML/CSS (61%), SQL (55%) e PHP (39%).

BitBoss: le aziende italiane hanno bisogno di innovare

Le aziende italiane stanno ancora imparando come innovare sotto questi punti di vista, per offrire agli sviluppatori la possibilità di utilizzare tecnologie all’avanguardia, lavorare in team con tool innovativi e con un approccio smart”, conclude Riccardo Barbotti, co-fondatore di BitBoss.

È necessario innovare la cultura dello sviluppo software in Italia: come BitBoss lo stiamo facendo in primis con il nostro metodo, ispirato ai trend internazionali ma adatto a tutte le realtà presenti sul  mercato italiano”.

BitBoss ha infatti sviluppato il suo metodo di lavoro ispirandosi in parte al modello Scrum della metodologia Agile e in parte al background professionale dei singoli soci, tutti provenienti dal mondo startup.

In BitBoss ogni progetto innovativo viene trattato come una vera e propria startup: “ogni azienda che vuole entrare nel mondo digitale per quanto sia strutturata, dal momento in cui entra nel mondo digitale, è a tutti gli effetti una startup”, sottolinea Barbotti.

Bit2win effettua la sua prima acquisizione con Datalytics

Bit2win acquisisce Datalytics con l’obiettivo di fondere le competenze tecnologiche e professionali e rappresentare la scelta top of mind nei mercati di riferimento, rispondendo così alle esigenze di un contesto in continua evoluzione tramite un servizio più completo.

Davide Feltoni Gurini (CEO Datalytics) e Andrea Galbiati (CEO Bit2win) sono d’accordo nell’affermare che l’acquisizione avrà un forte impatto nel piano strategico aziendale, consentendo alle due realtà di integrare e valorizzare la propria offerta.  

Datalytics è stata fondata da Davide Feltoni Gurini (CEO) e Marco Caruso (CTO) nel 2014 ed offre tecnologie interamente personalizzabili per attivare i consumatori e convertirli in clienti fedeli tramite campagne coinvolgenti declinate su canali digital e social.

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L’azienda vanta una suite proprietaria completa, con soluzioni che si integrano perfettamente all’interno del panorama Bit2win, completandone e ampliandone l’offerta.

Due nuovi prodotti

Bit2win Customer Engagement, infatti, consente alle aziende dei settori B2B e B2C di creare un’esperienza cliente coinvolgente tramite programmi di fidelizzazione e relazioni personalizzate. Grazie all’acquisizione delle competenze di Datalytics, la soluzione di Bit2win si arricchisce di due importanti prodotti:

ENGAGE: è il software che permette di costruire una Customer Experience personalizzata, che include la visualizzazione di contenuti User Generated su tutti i dispositivi o touch point a disposizione del brand, dal maxi-schermo all’impianto Out of Home. La piattaforma, certificata MISE, permette inoltre di gestire in piena autonomia social e digital contest in formati come “Quiz”, “Buy&Win”, “Play&Win”. 

WHATSAPP ENTERPRISE: è la soluzione che rivoluziona la Customer Experience in ambito Retail, offrendo ai consumatori un servizio veloce di personal shopping per l’acquisto di prodotti direttamente dal proprio smartphone. Whatsapp Enterprise permette inoltre ai retailers di utilizzare un unico numero verificato e impiegare operatori umani che gestiscano le richieste inbound, aumentando e migliorando il processo di vendita online. La soluzione rappresenta, inoltre, un nuovo canale di outbound marketing per l’invio di messaggi promozionali al consumatore.

L’acquisizione di Datalytics rappresenta un valore aggiunto per Bit2win grazie alle nuove soluzioni che andranno ad arricchire la nostra suite. Saremo ancora più competitivi, in settori in continua evoluzione, con l’obiettivo di rispondere alle esigenze dei mercati e portare i business ad un livello più elevato. Consapevoli che oggi l’esperienza è un elemento imprescindibile per tutte le aziende che vogliono conquistare i loro clienti, abbiamo deciso di incrementare la nostra soluzione di Customer Engagement con prodotti rivoluzionari. Il futuro di Bit2Win è ora ed insieme possiamo concretizzare grandi idee.

Andrea Galbiati, CEO e Founder Bit2win.

Ritengo che l’acquisizione di Datalytics da parte di Bitw2in rappresenti un’opportunità importante e stimolante per entrambe le aziende. Datalytics da sempre persegue e crede in un modello di business che faccia della collaborazione, della modernizzazione e della voglia di offrire soluzioni sempre più innovative i suoi punti di forza e in Bit2win abbiamo trovato lo stesso entusiasmo. Nel contesto contemporaneo i consumatori sono sempre più esigenti, al termine del customer journey prediligono l’acquisto di vere e proprie esperienze e non solo di prodotti fisici. Credo allora che gli strumenti di Datalytics e le competenze di Bit2win insieme possano davvero portare il Customer Engagement su un altro livello, coinvolgendo e fidelizzando i consumatori come mai fino ad ora.

Davide Feltoni Gurini, CEO and Co-Founder Datalytics.

Febbre da Influencer: qual è il termometro giusto per il tuo brand (e come curarti)

Quindicesimo appuntamento con i Webinar PRO targati Ninja: tutti gli insight, trucchi, trend, dietro le quinte sui temi caldi del momento, condivisi con voi.

L’argomento scelto per questa puntata è l’Influencer Marketing: ne abbiamo discusso con Matteo Pogliani, Partner di Openbox & Founder dell’Osservatorio Nazionale Influencer Marketing (ONIM), che ha la mission di fare cultura e dare insight concreti sull’Influencer Marketing nel mercato italiano. Autore dei libri “Influencer marketing: valorizza le relazioni e dai voce al tuo brand” e “Professione Influencer”.

Non perderti i punti salienti dell’intervista:

  • L’evoluzione e la crescita esponenziale dell’Influencer Marketing: min 02,50
  • Report 2020 sull’Influencer Marketing: min 11,00
  • Relevance: una metodologia multi-kpi olistica: min 24,00
  • Analisi mensili sui social network: min 34,30

Anche Morgan e i The Jackal tra i nuovi podcast originali di Spotify

L’audio è sempre più al centro della vita dei consumatori, e Spotify continua a guidare la rivoluzione audio ponendosi l’obiettivo di realizzare il miglior servizio di streaming per creator e ascoltatori. I podcast sono sempre più protagonisti nel panorama dell’intrattenimento digitale in Italia e nel mondo, con i numeri che dimostrano un evidente interesse crescente da parte del pubblico. Scopriamo di più su queste tendenze attraverso i dati raccolti da Spotify.

I numeri global e italiani

Nell’ultimo anno la crescita è stata vertiginosa: tra il settembre 2020 e lo stesso mese del 2021 su Spotify sono stati aggiunti circa 1,5 milioni di nuovi podcast, con un aumento dell’85% rispetto all’anno precedente. Oggi i podcast disponibili sulla piattaforma sono oltre 3 milioni, e rispetto al 2018 il numero di show presenti su Spotify è aumentato di oltre il 2.500% – un dato che fotografa bene l’esplosione del fenomeno. Insieme all’offerta cresce anche la domanda: basti pensare che tra gennaio e il 21 settembre 2021, più di 84 milioni di persone nel mondo hanno ascoltato un podcast per la prima volta.

L’Italia è tra i paesi che hanno mostrato la più grande crescita nell’offerta di podcast: Spotify ha registrato un’espansione del catalogo in lingua italiana dell’89% nell’ultimo anno, con la produzione di nuovi titoli di ogni genere e dedicati ai temi più disparati. Gli altri mercati in cui lo storytelling audio cresce più rapidamente sono Taiwan, Colombia, Giappone, Spagna, Perù, India, Turchia, Filippine, Francia, Polonia, Argentina e Olanda. 

Beethoven Spotify storie

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I generi e i podcast più amati

Nel corso dell’ultimo anno, il genere di podcast più ascoltato a livello globale è stato Society & Culture, con show come Let’s Find out ASMR, Renegades: Born in the USA – il podcast di Barak Obama e Bruce Springsteen – e Stuff You Should Know che hanno avuto un enorme successo internazionale. Altro genere di grande appeal è il Comedy, trainato da titoli come The Joe Rogan Experience, Armchair Expert with Dax Shepard, and Call Her Daddy di Alexandra Cooper, amatissimo dalla Generazione Z e dai Millennial.

A seguire troviamo i generi Lifestyle & Health, Arts & Entertainment, Music ed Education.In Italia il consumo di podcast è sempre più trasversale e cross-generazionale. Tra gli over 40 spopolano le Lezioni e conferenze di storia di Alessandro Barbero, mentre lo show preferito dalla Gen Z e dai Millennial è Muschio Selvaggio di Fedez e Luis Sal. Il podcast di news più ascoltato è Morning di Francesco Costa, mentre Demoni Urbani si conferma il true crime più amato e Motivazione e Crescita Personale di EdoBraa è al primo posto nella categoria Lifestyle & Health.

I nuovi strumenti per i creator

Mentre la produzione e l’ascolto di podcast crescono, Spotify vuole offrire sempre più opportunità a tutti i creator – da quelli emergenti a quelli già affermati – per esplorare il potere dell’audio. Adesso, i podcaster in 160 mercati di tutto il mondo hanno l’opportunità di inserire Q&A o sondaggi negli episodi dei loro podcast a cui gli ascoltatori possono rispondere direttamente su Spotify.

Con l’introduzione di questi strumenti, disponibili tramite Anchor, Spotify è la prima piattaforma a permettere ai creator di coinvolgere in maniera così diretta e immediata i propri ascoltatori, rendendo la connessione con la propria audience più facile che mai. Inoltre, Spotify ha recentemente lanciato Il mio Daily, una playlist unica nel suo genere che combina i migliori podcast di news con la musica, per rimanere sempre aggiornati e avere allo stesso tempo la giusta carica per affrontare la giornata.

Quasi 1000 candidature a Sound Up!

Come abbiamo visto, i podcast disponibili sulla piattaforma si moltiplicano, ma solo il 22% di quelli presenti nella classifica top 100 italiana è condotto da donne. Per questo motivo Spotify ha deciso di dedicare la prima edizione italiana di Sound Up – il programma globale teso a supportare la produzione di show originali da parte di aspiranti podcaster che fanno parte di categorie sottorappresentate – a formare e supportare le podcaster. Le candidature ricevute alla chiusura delle application sono quasi 1000! Dopo averle esaminate, Spotify selezionerà le 10 partecipanti che saranno ammesse al programma virtuale che si svolgerà nel corso di 4 settimane a partire dal 15 novembre, durante il quale potranno imparare tutto il necessario per creare un podcast.

I nuovi podcast originali

Un numero sempre maggiore di content creator decide di esplorare il potere dell’audio, e oggi Spotify ha presentato alla stampa italiana quattro nuovi, imperdibili podcast originali che saranno disponibili sulla piattaforma nel corso dei prossimi giorni.

Commenta Eduardo Alonso, Head of Studios Southern & Eastern Europe di Spotify

Il mondo del podcasting sta vivendo un momento entusiasmante, e Spotify vuole far sì che sempre più creator possano sperimentare il potere dell’audio. I primi show originali lanciati in Italia da Spotify hanno avuto un grande successo, e siamo orgogliosi di presentare quattro nuovi titoli che, ne siamo certi, saranno presto tra i preferiti degli ascoltatori italiani.

BISCOTTIS, Storie dell’Internet – The Jackal

Dopo il successo del loro primo podcast, “Tutto Sanremo ma dura meno”, i The Jackal tornano con un nuovo show – prodotto da Spotify Studios e The Jackal in collaborazione con Show Reel Agency e Ciaopeople Studios – in cui raccontano com’è cambiato il web e come il web ha cambiato le nostre vite. Con il tono informale che li contraddistingue, lo stile della chiacchierata libera e l’intervento di numerosi ospiti, il collettivo comico  esplorerà alcune delle parole chiave e degli episodi più assurdi della storia di internet.

Siamo entusiasti di tornare con un nuovo podcast che ripercorre la storia-pop di internet attraverso momenti assurdi ed incredibili in cui il web ha cambiato la vita delle persone.

Commenta Ciro Priello. La prima puntata di Biscottis – Storie dell’Internet, che si sviluppa intorno alla domanda “è davvero facile fare soldi su internet?” arriva domani, 13 ottobre, solo su Spotify! Ascolta qui il trailer di Biscottis.

UltràDelicious – Maurizio Tentella

Calcio e cibo: vi vengono in mente due cose più sacre per gli italiani? Probabilmente no. UltraDelicious, prodotto da Spotify Studios e Dolmen Communications esplora il binomio tra questi due mondi attraverso un viaggio in 16 città italiane che mette al centro le storie di squadre epiche, dall’Inter di Ronaldo alla Fiorentina di Batistuta, passando per la Sampdoria di Vialli e Mancini.

La narrazione di vittorie e sconfitte memorabili guiderà gli ascoltatori alla scoperta di come tifo e buona cucina aiutino a preparare le prime e a digerire le seconde.

Ha detto Maurizio Tentella, entertainer, founder di Spacedelicious e conduttore del podcast. Il primo episodio sull’Inter 1997-98 sarà pubblicato su Spotify il 14 ottobre. Ascolta il trailer di UltràDelicious a questo link.

Tutte le volte che – Camihawke e Alice Venturi

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Due amiche, Camilla (Camihawke) e Alice (Alice Venturi), raccontano tutte le volte che hanno imparato qualcosa di nuovo. Dall’università all’andare a convivere, dal capire che lavoro fare, alle figuracce, fino all’oroscopo. Cosa ci insegnano queste esperienze? Partendo dalle loro storie di vita, le due content creator  discutono a ruota libera, prendendo ispirazione da studi scientifici, serie tv, quiz improbabili, aforismi orribili e gli immancabili segni zodiacali.

Con questo podcast raccontiamo i cambiamenti del diventare adulti, affrontati sempre con il giusto spirito di sopravvivenza e una buona dose di risate… che tra di noi non manca mai!

Commentano Camihawke e Alice Venturi. Le puntate del podcast, prodotto da Spotify Studios e Show Reel Agency, saranno pubblicate ogni lunedì a partire dal 18 ottobre. Nel primo episodio si parlerà di amicizia a 30 anni: esiste ancora? A questo link puoi ascoltare il trailer di Tutte le volte che.

Ikaros – Le Ali di Cera del Rock Morgan

Ikaros racconta le storie di quei geni della musica la cui esistenza si è consumata troppo presto; artisti che, compressi nelle loro sensibilità estreme, hanno lasciato un’eredità con cui, ancora oggi, facciamo i conti. Da Janis Joplin a Kurt Cobain, da Judy Garland a Jeff Buckley ed anche Amy Winehouse, Billie Holiday, Brian Jones, Elliott Smith. Miti sofferti e indimenticabili, raccontati da un narratore d’eccezione: Morgan, che offre voce e spirito alle emozioni e alle tensioni che hanno animato queste anime malandate e straordinarie.

Con Ikaros racconto quegli artisti che, bruciandosi, hanno salvato la musica. Per restare eterni.

Commenta Morgan. Lo show è prodotto da Spotify Studios e Gli Ascoltabili, in collaborazione con Operà Music. Il primo episodio su Amy Winehouse sarà disponibile in piattaforma il 21 ottobre. Il trailer è disponibile qui.

MrDay sceglie di parlare alla GenZ con la realtà aumentata

Per una buona colazione, o una merenda speciale, non c’è età che tenga: sia i più grandi che i più piccini apprezzano cominciare la giornata con qualcosa che sappia dare energia e gusto.
In un mercato che offre veramente tantissime referenze, però, a volte la differenza la fanno i dettagli: in particolare, per quelle fette di pubblico che dal prodotto non pretendono solo qualità ma anche un’esperienza distintiva ed espansa.

È il caso della Generazione Z, che vive il consumo sempre più come un fattore di condivisione distribuito nel tempo. Un dato su tutti: circa il 96% dei GenZer si prende il tempo di leggere le recensioni prima di acquistare un prodotto.

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Questo vale anche per le modalità di scelta: secondo FinancesOnline, anche come effetto della pandemia, la scelta di ciò che si mangia per la GenZ è fatta principalmente sui social media, mettendo in secondo piano addirittura la convenienza come fattore di scelta (per una generazione che nell’80% dei casi si dice preoccupata per le condizione economiche future, non male) e le valutazioni in termini di salute. La colazione, va da sé, non fa eccezione.

Se quindi i fattori distintivi diventano socialità, divertimento e ovviamente qualità per farsi preferire dalla Generazione Z, un brand deve posizionarsi sul mercato attraverso azioni che sappiano caratterizzarsi per essere memorabili, grazie magari a un’attivazione dell’utente che sia coinvolgente e diffusa nella sua rete sociale.

Trasformare il packaging grazie alla realtà aumentata

Mr.Day, storico marchio di merendine, specializzato nella produzione di buonissimi Muffin con pepite al cioccolato, ha deciso di puntare su questo concetto.

Per riposizionarsi nella mente dei consumatori più giovani, provando a coinvolgerli in un’esperienza caratteristica che sappia anche avere un ruolo sull’acquisizione di earned media, l’azienda veneta ha puntato su un vettore agile e sempre più in voga: il packaging.

Non è un caso infatti che nell’ultimo anno siano aumentati, in linea con i trend attesi, i casi di aziende che abbiamo agito sul pack dei propri prodotti in chiave tecnologica, puntando su attività che contassero sull’Intelligenza Artificiale o la virtual reality: un’evoluzione che ha portato in tanti a parlare di Internet of Packaging.

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Mr. Day ha scelto di lavorare su questa falsariga, realizzando una confezione che potesse aprire le porte al consumatore di un’esperienza in realtà aumentata, come recita il claim di campagna, “un’esperienza più che reale”.

Attraverso il proprio smartphone e interagendo con il packaging delle merendine Mr. Day attraverso un QR code, l’utente potrà vedersi animare la creatività stampata sulla confezione, in un tripudio di gocce di cioccolato e muffin che popoleranno lo spazio attorno mentre vengono mangiate.

Non finisce qui, però, perché la parte più interessante è quella che riguarda il coinvolgimento dell’utente: la bocca stampigliata sul packaging infatti, dopo aver ingoiato la merendina, passerà sul volto dell’utente cominciando a pronunciare delle frasi tipiche dello slang giovanile e selezionate per l’occasione dagli studenti della Naba.

Un filtro divertente e pronto per esser applicato sui propri contenuti video da condividere su IG e TikTok (con la possibilità quindi di diventare virale). Come dicevamo qualche riga su, un vettore per ampliare la propria reach organica attraverso i propri clienti, che diventano così ambassador di prodotto.

Per lanciare l’iniziativa verranno distribuiti contenuti su IG, TikTok e Twitch, anche grazie al coinvolgimento di alcuni creator di assoluto valore come Favij, Giulia Penna, La Sabri, Surry, Sascha e Stepny dei Mates: d’altronde, se si vuole parlare ai più giovani bisogna farlo anche attraverso chi dai giovani è riconosciuto, no?

Il posizionamento è questione (anche) di linguaggi

Al di là di una technicality crossmediale fresca e coinvolgente, l’attività immaginata da Mr.Day evidenzia come il distinguersi fra le varie proposte commerciali sia un fattore non solo di distribuzione, ma anche di linguaggio.

L’iniziativa di realtà aumentata infatti, al di là del contare su un media mix sapiente dove spicca il coinvolgimento di influencer anche molto famosi, è stata concepita assumendo il punto di vista del target, nel tentativo di parlare come loro e proponendo chiavi di attivazione il più possibile vicine alle loro corde.

Sembra una banalità, ma in un mondo che sta accelerando clamorosamente le evoluzioni comportamentali dei consumatori, identificare un veicolo che sappia da un lato distinguere e dall’altro attivare non è affatto secondario: e saperlo valorizzare impiegando un linguaggio fatto di gestualità e abitudini precise può essere una scelta decisiva nella riuscita di una campagna.

Mr. Day in questo caso ha scelto di puntare, prima che su una creatività di valore, su un modo di comportarsi funzionale al suo target, la Generazione Z.

Funzionerà? I fatti ci diranno di sì o di no, ma a naso non ci sarà da stupirsi di trovare, scorrendo il flow di IG o di TikTok, qualche bocca che ci parla come parlerebbe uno zoomer.

Bonus Pubblicità 2021: cosa c’è da sapere per investire in un piano media

I brand nel tempo hanno acquisito una comunicazione di livello superiore con il proprio pubblico.

Il flusso comunicativo non è più solo unidirezionale: l’introduzione dei social e di diverse tecnologie ha portato le aziende a interfacciarsi con utenti che sentono la necessità di interagire direttamente con i brand. Esprimere preferenze, abbracciare valori condivisi, compiere azioni in prima persona.

Per un’azienda, comunicare a livello digital è dunque fondamentale per poter raggiungere in modo più diretto il suo pubblico. Le campagne social ottengono facilmente risultati migliori rispetto a quelle tradizionali perché il pubblico è cambiato, è più dinamico e interattivo: parla con il brand, condivide contenuti, instaurando relazioni durature. Ecco perchè è importante l’introduzione del Bonus Pubblicità.

Bonus pubblicità: a cosa serve

Il Bonus Pubblicità è stato introdotto con il decreto numero 90 del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 Maggio 2018 ed è un’agevolazione pensata per supportare imprese e professionisti che investono nel campo dell’editoria tv, della radio e della stampa.

Il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria ha fatto slittare al 31 ottobre 2021 la scadenza per la domanda di accesso al Bonus Pubblicità per ottenere il 50% del credito d’imposta sugli investimenti pubblicitari, sia su media cartacei che digitali.

Il bonus è rinnovato per tutte le aziende che vorranno investire da oggi fino al 31 dicembre nei media previsti dal Governo.

Quale miglior momento per investire con il Bonus Pubblicità?

Bonus Pubblicità

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Nuova finestra temporale per l’invio, grazie al requisito dell’incremento nell’investimento effettuato, pari almeno all’1% rispetto all’anno precedente.

Quindi, la detrazione è del 50% dell’importo investito, da usufruire attraverso stampa, quotidiani e magazine online ed emittenti tv e radiofoniche locali e nazionali analogiche o digitali. L’agevolazione è rivolta a imprese, lavoratori autonomi e enti non commerciali.

Chi è interessato al credito d’imposta del 50% dovrà inviare 2 domande distinte:

  • Nel periodo dal 1° al 31 ottobre 2021, è la “Comunicazione per l’accesso al credito d’imposta” , con la quale vengono indicati i dati degli investimenti già effettuati o che si intendono effettuare nel corso dell’anno;
  • Dal 1° al 31 gennaio dell’anno successivo a quello di riferimento, è la “Dichiarazione sostitutiva relativa agli investimenti effettuati” , da utilizzare per l’appunto per indicare che gli investimenti inseriti nella Comunicazione sono stati effettivamente effettuati.

Ma questa non è l’unica novità introdotta: dopo le modifiche previste dalla Legge di Bilancio 2021, che aveva fissato nella misura del 50 per cento il credito d’imposta spettante per gli investimenti sulla stampa, l’articolo 67 comma 10 del decreto legge n. 76/2021 ha uniformato le regole di calcolo anche per gli investimenti su radio e TV.

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Perché investire in advertising?

Il mercato pubblicitario globale ha raggiunto un valore di 647 miliardi di dollari nel 2020 e la spesa per i media di advertising è in continuo aumento: crescerà infatti di 78 miliardi di dollari nel 2021 (+14%) e non si fermerà neppure nel 2022 (+7%).

In particolare, la pubblicità mirata per i dispositivi mobile ha registrato una crescita esponenziale nel corso degli ultimi anni, perché particolarmente efficace nella comunicazione a gruppi specifici di utenti.

Anche in Italia, le stime di crescita suggeriscono l’importanza di investire in advertising e raggiungere con facilità il pubblico, la cui spesa media è in aumento in tutti i settori, grazie alla ripresa globale del PIL.

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Un’opportunità per sviluppare un piano di comunicazione su Ninja.it

Ninja.it rientra tra le testate editoriali su cui è possibile investire con il Bonus Pubblicità.

Online dal 2004, Ninja.it non è solo il punto di riferimento italiano dell’innovazione nel marketing e nella comunicazione. Ninja è oggi un editore multimediale specializzato in Branded Content e Branded Journalism che punta a diventare la piattaforma italiana della “digital economy”.

Il sito Ninja.it viene visitato giornalmente da una vasta community di Influencer, Trend setter, Early adopter, in particolare Imprenditori, C-level, Manager di agenzie e aziende, Professionisti del marketing, PR, Giornalisti, Geek e appassionati di digital.

I nostri numeri

  • + 1 Milione di pagine viste al mese;
  • + 350.000 visitatori unici mensili;
  • +80 giornalisti, influencer e content creator che compongono la Redazione;
  • 2,6 milioni di audience lorda complessiva (sito e property social);
  • +176mila fan su Facebook, 104mila follower su LinkedIn, 45mila su Twitter e 42mila su Instagram;
  • +13 milioni di reach complessiva generata.

Henry Ford una volta disse che “Chi smette di fare pubblicità per risparmiare soldi è come se fermasse l’orologio per risparmiare tempo”.

Questa volta, risparmiare sulla pubblicità è davvero possibile, ottenendo però ottimi risultati.

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Commerce Media e First Party Data: un nuovo modo di scoprire il consumatore

Mappare il consumer journey è più che necessario, oggi, per capire che cosa vogliano veramente gli utenti, a maggior ragione se si lavora nell’ADV online.

A causa di molti cambiamenti nella legislazione sul dato (inteso come frammento d’informazione che posso/non posso trattenere a scopi promozionali), però, i professionisti del digital marketing vedono restringersi sempre di più gli spazi per estrarre informazioni di valore e erogare adversiting che sia realmente profilato. 

Diventa quindi centrale cambiare il processo di profilazione dei consumatori, con conseguente sviluppo di target sempre più definiti, andando oltre il semplice monitoraggio dei flusso di navigazione per entrare nel dettaglio dell’esperienza diretta dell’utente ed estrapolare così informazioni preziose e utili a definire a chi stiamo parlando, ciò che il nostro utente preferisce e ciò che non lo convince.

Un esempio concreto di situazione dove questo è possibile è l’acquisto online, un gesto che oggi compiono tantissimi e che è diventato, oltre che familiare, anche interessante per chi studia le modalità di raccolta del dato a scopo pubblicitario.

Il perché si sia arrivati a capire che anche i momenti d’acquisto sono preziosi per il tracciamento, dal punto di vista del marketer è abbastanza chiaro: con la pandemia causata dal SARS-CoV-2, l’eCommerce ha osservato un boom che ha rapidamente cambiato le abitudini dei consumatori.

acquisto su ecommerce

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Si parla, tanto per definire un ordine di grandezza, di un giro di denaro che quest’anno toccherà 5 trilioni di dollari: una cifra incredibile, che sarà possibile raggiungere grazie anche a moltissimi utenti che, obbligati in casa durante i vari lockdown, hanno cominciato per necessità a usare il web come canale per comprare beni e servizi.

Ed ecco allora che in una situazione dove l’eCommerce diventa sempre più importante, e il consumer journey si trasforma in un sistema omnicanale, espandendosi nelle dimensioni digitali e fisiche, è necessario adottare un approccio nuovo.

Quello in cui il “commercio” diventi un vettore attraverso cui osservare, mappare e definire il profilo degli utenti, ottenendo una traccia concreta utile a erogare il messaggio promozionale.

Criteo, azienda global al top per l’esperienza nel digital marketing nell’Open Internet, definisce questo nuovo approccio al digital marketing Commerce Media: il risultato dell’unione fra “dati e l’intelligence del commerce allo scopo di targettizzare i consumatori sull’intero shopping journey e di aiutare i marketer e i media owner a generare risultati commerciali (vendite, revenue, lead)”.

Per capire fino in fondo però come si è arrivato al Commerce Media, e perché, è necessario fare un passo indietro e scoprire un concetto indispensabile: quello di First Party Data.

Fra un nuovo Millenium Bug e soluzioni di valore

Quante volte avete sentito parlare di addressability e deprecazione dei third-party cookies? Molte, vero?

Non potrebbe essere altrimenti: sono proprio questi i “cambiamenti” che hanno portato allo sviluppo del Commerce Media.

Il progressivo abbandono dei third-party cookie, infatti, non si preannuncia indolore e ininfluente: senza questa componente, difficilmente i brand fino ad oggi avrebbero potuto profilare i consumatori con informazioni in linea con il profilo di ognuno.

Google ha proiettato alla fine del 2023 il definitivo abbandono dei “biscotti” del web, ma pur avendo un biennio è stato necessario cominciare a pensare come attivare alternative efficaci.

Perdendo la capacità di tracciare i comportamenti degli utenti, infatti, anche l’esperienza che si vorrà proporre sarà decisamente depotenziata a causa della perdita di personalizzazione dei contenuti inviati. Il consumer journey risulterà essere decisamente meno ottimizzato, con un’addressability più complicata e frammentata: questo impatterà sulla capacità di misurare il successo di ogni campagna, con conseguente diminuzione delle revenue. 

Una delle possibili soluzioni per superare lo scoglio è affidarsi ai First Party Data, che sono anche l’elemento fondamentale su cui si fonda il concetto di Commerce Media.

In poche parole, i First Party Data sono tutti quei dati che vengono ricevuti direttamente dagli utenti con cui un’azienda ha già interagito.

Attraverso il tagging degli ambienti digitali, questi vengono mappati da piattaforme dotate di intelligenza artificiale, le quali sono in grado di interpretare e produrre dati di prima parte impiegabili poi nella produzione di advertising scalabile sempre più targettizzata e personalizzata, utile così a sviluppare esperienze di qualità per i consumatori.

Una di queste è il First-Party Media Network, un sistema integrato di dati commerciali e AI sviluppato da Criteo, che nasce con lo scopo di supportare inserzioni ed editori nell’erogazione di pubblicità altamente profilata indipendente dai cookie e dalle terze parti: creato sul principio di integrazione fra domanda e offerta (di dati), il First Party Media Network “pesca” le informazioni grazie a un complesso sistema di machine Learning, che interpreta i tracciati che si generano grazie ai percorsi dell’utente.

Questo è possibile, sostanzialmente, grazie all’inserimento da parte di inserzionisti ed editori di tag (generalmente un pixel) all’interno dei propri siti, o integrandoli nei propri server. Il Network, collegando i cosiddetti identificatori proprietari (quali ID anonimi, email con gas, numeri di telefono, RampID, Unified ID 2.0) crea un profilo cliente dettagliato, il quale permette di generare un’adv decisamente più preciso. 

consumatore digitale italiano profili

Come si lavora secondo le regole del Commerce Media

Grazie ai First Party Data, quindi, si può mappare il consumer journey dal primo touchpoint alla conversione e capire intenzioni d’acquisto, anticipando così i comportamenti e sottoponendo all’attenzione advertising veramente rilevante per il consumatore, nel posto giusto e al momento giusto.

La garanzia di muoversi in direzione corretta, sapendo districarsi nella miriade di momenti di verità che una customer experience di valore può garantire, la può dare proprio un approccio come il Commerce Media, che conta su tre diversi fattori.

  • Unique Commerce Data: grazie alla First Party Media Network, Criteo ha accesso ad un grande pool di data, indispensabile per mappatura del shopper journey. Una risorsa che rimarrà a disposizione anche quando le terze parti scompariranno.
  • AI: l’intelligenza artificiale, che è indispensabile nel processo e analisi del dato. 
  • Supply:  una rete di Publisher diversificata e in grado di rispondere a ogni interesse, dove poter distribuire qualsiasi tipo di ADV (anche in questo, Criteo può dire la sua).

Osservando queste caratteristiche, si potrebbe pensare che il Commerce Media sia isolato al web, ma non è così: siamo in una dimensione multicanale, dove online e offline si fondono (un po’ come capita quando parliamo di phygital, usando un termine in voga da un po’) e possono generare in esperienze che cominciano sul web e terminano magari nel punto vendita. Per questo una buona gestione dei First Party Data può anche essere la chiave per orientare il consumatore.

Prendiamo ad esempio il rapporto fra digitale e retail: con il giusto invito, chiunque può attratto da un contenuto online a spostarsi in negozio per completare un’azione. Se quel contenuto è originato da una profilazione ottimale, è chiaro che avrà più probabilità di convertire.

Un meccanismo che è la stessa Criteo a definire “full-funnel”, in una mappatura di tutto il consumer journey che si origina dalla scoperta e termina solo all’acquisto (e a volte continua anche oltre).

Tutto questo avviene in regime di trasparenza totale (in continuità con la trasformazione che è stata avviata proprio con l’abbandono dei cookies di terze parti): il Commerce Media è anche operare secondo una logica di controllo del dato, dal suo prelievo al suo utilizzo, agendo su tutta la Rete in maniera da osservare ciò che effettivamente l’utente è disponibile a condividere.

Sempre per citare Criteo: una sorta di marketplace dell’Open Internet.

Ci attende un futuro “tracciabile” (se si è preparati al meglio)

È chiaro che il digital marketing di domani si sosterrà secondo paradigmi radicalmente diversi rispetto a quelli attuali: il Commerce Media è un concetto frutto di un’intuizione che probabilmente faciliterà i marketer e aprirà la strada a un nuova serie di esperienze, dove la centralità dell’utente sarà sempre più determinante per essere rilevanti. 

Lo switch a un mondo dove i First Party Data saranno l’unico strumento per riuscire a soddisfare questa necessità obbliga quindi aziende e agenzie a prepararsi al meglio, dotandosi degli strumenti giusti e delle piattaforme migliori per comprendere fino in fondo l’utente: solo così sarà possibile capire il futuro che ci attende, e reagire di conseguenza. 

Il rischio? Non riuscire a capire chi si ha di fronte. In quel caso il futuro non sarà più così roseo.

diversità e inclusione in azienda

Come diversità e inclusione possono migliorare il fatturato aziendale

Diversità e inclusione sono due fattori molto importanti da considerare nelle logiche aziendali. Infatti sviluppare una cultura orientata alla diversità e all’inclusione all’interno delle aziende, non è solo etico ma, secondo diverse ricerche, anche redditizio nel lungo termine.

Ma come possono questi elementi, avere un impatto positivo sostanziale sulle imprese a breve e a lungo termine?

Per comprenderlo è possibile raccogliere in 8 punti essenziali le motivazioni e le modalità attraverso cui diversità e inclusione sono in grado di determinare una crescita  positiva per le imprese.

La valorizzazione della diversità e la promozione dell’inclusione rappresentano per le aziende un’opportunità per innovarsi ed acquisire molteplici vantaggi che possono tradursi in 8 benefici sostanziali:

  • Maggiore creatività
  • Competenze diversificate
  • Maggiore appeal aziendale
  • La soddisfazione dei collaboratori
  • Maggiore produttività
  • Comprensione dei clienti
  • Maggiore scelta di talenti
  • Maggior fatturato

Ma vediamo insieme punto per punto in che modo questi vantaggi si sviluppano all’interno delle imprese e come si traducono in vantaggi competitivi in grado di incrementare il fatturato aziendale.

Maggiore creatività

Maggiore innovazione e creatività sono elementi facilmente ottenibili quando la diversità aziendale è coltivata attraverso la diversificazione dei collaboratori.

La diversità dei collaboratori all’interno dei team delle aziende permetterà infatti di ottenere una maggiore creatività, a differenza di quanto avviene in aziende costituite da una maggiore omologazione di persone e di conseguenza di idee.

Questa creatività si tradurrà in innovazione, permettendo all’azienda di spiccare dalla massa concorrenziale di imprese, ottenendo in tal modo una crescita del business a lungo termine.

Competenze diversificate

La diversificazione dei collaboratori in termini di provenienza, si traduce in un aumento delle diverse competenze portate all’interno dell’azienda ed una diversificazione delle competenze significa una consequenziale crescita per l’azienda.

Le diverse provenienze dei collaboratori infatti, possono tradursi per l’impresa nella possibilità di avvalersi delle diverse prospettive che questi possono mettere in campo a favore dell’azienda.

Un ambiente inclusivo e diversificato favorisce la presenza di professionisti con competenze, idee, visioni ed esperienze diverse in grado di offrire sempre del valore aggiunto all’azienda.

Maggiore appeal aziendale

Un ambiente di lavoro in cui diversità e inclusione sono coltivati e valorizzati avrà più appeal agli occhi delle persone alla ricerca di lavoro.

Per questo, un’azienda che pone questi elementi alla base del suo modus operandi otterrà un beneficio fondamentale per ogni impresa che punti alla crescita a lungo termine, ovvero la possibilità di attirare il maggior numero di professionisti che grazie alle loro competenze e al loro bagaglio esperienziale saranno parte essenziale di uno sviluppo aziendale a lungo termine.

La soddisfazione dei collaboratori

Sono i collaboratori felici a decretare il successo e la crescita delle aziende.

Sentendosi soddisfatti di trovarsi in un ambiente di lavoro che promuove diversità e inclusione, i collaboratori saranno più felici di lavorare per l’azienda e questa emozione si tradurrà in una maggiore qualità del lavoro svolto.

La qualità del lavoro svolto da collaboratori felici delle loro condizioni lavorative e dell’ambiente di lavoro in cui operano non potrà che tradursi in una crescita professionale per il collaboratore ed una crescita in termini di risultati per l’azienda.

Maggiore produttività

La cooperazione è da sempre un elemento essenziale che garantisce un buon risultato in termini di qualità del lavoro svolto.

Se però la collaborazione avviene tra persone molto diverse, questa è in grado di aumentare le sue potenzialità in termini di benefici per l’impresa.

Come è facile intuire, il tempo gioca un ruolo essenziale per le aziende che si trovano a dover prendere importanti decisioni anticipando i loro concorrenti. 

In questi casi, il potenziamento della produttività dei collaboratori gioca un ruolo cruciale, ed è qui che la diversità dei collaboratori potrà tradursi in grande vantaggio competitivo per le aziende, che saranno così in grado di misurarsi con i competitor mettendo in campo una vastità di competenze ed esperienze grazie a figure molto diverse accomunate da un unico obiettivo: la crescita dell’azienda di appartenenza.

La comprensione dei clienti

La comprensione dei clienti rappresenta un elemento importante per la crescita di ogni azienda, poiché è proprio sulla base della soddisfazione del cliente che si basa il successo e la sopravvivenza di ogni business.

Ecco allora che il vantaggio ottenuto internamente per ogni processo aziendale grazie ad un team diversificato e inclusivo, si allarga includendo anche una maggiore capacità di comprensione del cliente.

Questo avviene perché sarà più semplice commercializzare un’attività verso persone provenienti da ambienti diversi, ma che riflettono quelli dei collaboratori che lavorano all’interno dell’azienda.

Maggiore scelta di talenti

Un’azienda che incoraggia diversità e inclusione, attirerà un numero maggiore di professionisti che sarebbero così invogliati a lavorare in un ambiente di lavoro privo discriminazioni.

Questo aspetto diventa decisivo quindi, quando ci si trova a dover ricercare nuove figure da inserire in azienda, perché i recruiter avranno di conseguenza la possibilità di scegliere la figura ideale tra un maggior numero di professionisti talentuosi.

Maggior fatturato

È facile intuire come maggiore creatività, competenze e soddisfazione dei collaboratori che lavorano a proprio agio in un ambiente inclusivo possano facilmente tradursi in una maggiore produttività, la cui ovvia conseguenza sarà una crescita in termini di fatturato per l’azienda.

Diversità e Inclusione: i dati delle ricerche

A conferma dei diversi benefici ottenibili dalle aziende che mettono questi elementi in primo piano ci sono anche diversi studi tra cui:

  • il documento di McKinsey dal titolo “Delivering through Diversity” (2018) secondo cui il successo delle aziende può essere maggiore se queste si differenziano per una composizione etnica mista o realizzano iniziative in favore della diversità di genere (con una differenza del 15% e del 35%)
  • il rapporto realizzato da Accenture nel 2018 “The Disability Inclusion Advantage”, secondo cui le aziende possono ricavare in media ricavi superiori del 28% rispetto alle altre concorrenti eccellendo nell’inclusione lavorativa delle persone con disabilità
infografica diversità

Immagine estratta dal documento Delivering through Diversity su mckinsey.com

 

Ad avvalorare ulteriormente il pensiero secondo cui diversità e inclusione siano elementi fondamentali in grado di determinare sempre più il successo aziendale ci sono anche i dati ancora più recenti estrapolati dalle ricerche di Diversity Brand Summit che attestano ad esempio come:

  • l’88% della popolazione è maggiormente propensa verso i brand più inclusivi (vs. 63% nel 2019,51% nel 2018 e 52% nel 2017)
  • durante il COVID-19 arriva la nuova categoria “tribali” (16,4%), composta da persone prima distanti dall’inclusione che ora si sentono vicine alle forme di diversità
  • un forte aumento dei consapevoli (15,7%dal 4,2%2020), persone attente all’inclusione, ma non direttamente coinvolte.

Le infografiche sottostanti del Diversity Brand Index 2021 mostrano invece nello specifico:

  • quali siano i brand percepiti come più inclusivi
  • le scelte d’acquisto dei consumatori condizionate positivamente rispetto ai brand più inclusivi
  • la differenza in percentuale rispetto alla crescita dei ricavi per i brand inclusivi
INFOGRAFICA I BRAND PIÙ INCLUSIVI

Infografica estratta da diversitybrandsummit.it

 

INFOGRAFICA LE SCELTE D’ACQUISTO

Infografica estratta da diversitybrandsummit.it

 

INFOGRAFICA L'INCLUSIONE ACCELERA LA CRESCITA

Infografica estratta da diversitybrandsummit.it

 

Diversità e inclusione: esempi nelle aziende italiane

La valorizzazione di diversità e inclusione rappresentano un’opportunità per creare valore, ed a pensarla così, ci sono tante grandi aziende italiane che eccellono per questi elementi, tra cui:

  • Enel che si impegna alla sensibilizzazione di tutti i contesti organizzativi, con l’aiuto del management aziendale ed ogni anno organizza un evento speciale chiamato Diversity & Inclusion Days
  • Barilla che sostiene diversità e inclusione, come si legge nel “Barilla Lighthouse”, il documento di strategia dell’azienda, presenta la diversità come un obiettivo aziendale fondamentale e a prova dell’impegno a tale riguardo l’azienda ha anche istituito un Chief Diversity Officer. L’importanza di questi fattori per Barilla è inoltre ben sottolineata dalle parole di Claudio Colzani, AD di Barilla Group, leggibili sul sito dell’azienda che afferma: “In Barilla il nostro percorso verso la diversità e inclusione inizia con il riconoscere che il supportare diversità e inclusione è la cosa giusta da fare ed è anche la cosa giusta per il business.”
  • Eni che si impegna a favorire l’inclusione di tutte le diversità a sostegno dell’engagement interno e dell’innovazione aziendale e lo fa attraverso il percorso formativo e di comunicazione interna D&I Matters avviato nel 2019, volto a contribuire allo sviluppo di una sensibilità diffusa su questi temi e attraverso cui Eni, contrasta le discriminazioni e offre formazione

Conclusioni

Il maggior vantaggio competitivo che un’azienda può avere risiede nell’azienda stessa, ovvero nelle persone che la compongono e che sono in grado di decretarne più di ogni altro fattore il successo.

Per questo motivo è essenziale che la forza lavoro sia prima di tutto soddisfatta a felice di collaborare con un’impresa di cui condivide i valori e in cui possa sentirsi di conseguenza  più produttiva, così come è importante che possa rispecchiare sempre di più le persone reali della società odierna verso cui le imprese si rivolgono. 

A tale scopo la diversità gioca un ruolo cruciale, avere infatti una forza lavoro diversificata che possa attraverso le proprie differenze in termini di provenienza, esperienze o competenze creare valore aggiunto per l’impresa rappresenterà un beneficio che si svilupperà in modi diversi e nel lungo termine sempre più da non sottovalutare come i dati delle ricerche ci dimostrano.