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  • Abbiamo visitato la mostra su Victor Papanek al Vitra Design Museum

    Vi raccontiamo una storia fatta di progettazione critica, responsabile, sostenibile

    19 Dicembre 2018

    Già il luogo dove ci troviamo ha qualcosa di speciale: il Vitra Campus, infatti, si trova in Germania, ma in un attimo si può saltare in Francia o in Svizzera, nella vicina Basilea, attraversando i vicini confini. Al Vitra Design Museum, poi, va in scena una mostra unica (fino al 10 marzo 2019), senza precedenti, che presenta il designer, attivista, antropologo, autore e insegnante Victor Papanek. Il nome non a tutti dice molto, a volte nemmeno agli addetti ai lavori. Tuttavia, si tratta dell’autore del libro di design più letto mai pubblicato (“Design for the Real World”, 1973), oltre che di un vero e proprio pioniere della progettazione sostenibile, critica, responsabile, di quello che oggi possiamo definire “design consapevole”. La mostra Victor Papanek: The Politics of Design fa immergere chiunque in un’atmosfera unica, fa respirare design, e non solo per il fantastico contesto in cui si trova. Victor Papanek

    Chi è Victor Papanek?

    Nato nel 1923 a Vienna, Victor J. Papanek è emigrato negli Stati Uniti nel 1939. Dopo aver studiato alla Cooper Union e al MIT, è stato anche uno studente di Frank Lloyd Wright e collega di Richard Buckminster Fuller. Negli USA ha una grande carriera nel design industriale, grazie anche alla sua Design Clinic, un’azienda che aveva l’obiettivo di creare arredi economicamente sostenibili che fossero in grado di soddisfare i veri bisogni dei cittadini americani. Papanek, comunque, è noto per aver sviluppato pensieri molto innovativi per quanto riguarda la progettazione. Divulgando la sua visione attraverso televisione e radio, oltre che trasmettendola agli studenti nelle sue lezioni, è la critica al consumismo e il concetto di design pensato come un processo, qualcosa che va oltre il singolo oggetto, che lo ha fatto diventare un punto di riferimento nel settore, sin dagli anni Sessanta. LEGGI ANCHE: Abbiamo visitato la mostra di Banksy al Mudec di Milano (e vi raccontiamo perché vale la pena andarci) Chair Victor Papanek Il vero impatto di Papanek va ricercato nei suoi lavori e in come si sia fatto carico di una nuova idea di design, più critica e responsabile dal punto di vista sociale. Per questo, ha cercato di diffondere il più possibile, anche mediante dei programmi televisivi sull’argomento e numerose altre attività, una concezione della progettazione che andava contro il mero consumo o i semplici valori estetici. Questi concetti si ritrovano anche nel suo celebre libro “Design for the Real World“. Il volume, tradotto in oltre 20 lingue, risulta essere il libro più letto mai pubblicato di questo settore, come sostenuto in precedenza, . Le opere e le denunce di Papanek erano lo specchio di quello che succedeva in quegli anni, dinamiche che possono essere considerate più che mai attuali. I valori del design non erano e non sono estranei da ciò che avviene nel mondo reale, ma anzi, secondo il designer viennese l’attualità è una componente fondamentale per un processo di design. Papanek proponeva una progettazione molto pratica, con un modo di comunicare ridotto all’osso, tanto che si potrebbe anche considerare uno dei primi designer e autori ad applicare regole assimilabili alla concezione del “less is more”. Victor Papanek Una vita non semplicemente dedicata al design, quella di Papanek, ma dedicata a lottare per una concezione diversa di design, più critica, corretta, testimone dell’attualità e della contemporaneità. Una vita, la sua, descritta perfettamente nella prima e nella seconda sezione della mostra al Vitra Design Museum che, oltre a un’installazione multimediale, espone lettere, documenti, testi, articoli di giornale, manifesti e molto altro che descrivono l’attività di Papanek dai primi anni in cui si era trasferito in America fino ai suoi ultimi anni di vita. LEGGI ANCHE: Abbiamo visto (e vi raccontiamo) la mostra di Banksy a Firenze sezione 2 Victor Papanek

    Un design responsabile, critico, per tutti

    Un’urgenza espressiva, quindi, che trascinava il pensiero di Papanek nella direzione di un design dedicato a risolvere i veri problemi della società. Questo pensiero lo si comprende nell’esibizione, specialmente nella sua terza sezione dedicata ai lavori di Papanek e di suoi studenti. Una progettazione responsabile, la ricerca nei materiali e il loro riutilizzo, il coinvolgimento delle minoranze. Proprio queste ultime, infatti, sono grandi protagoniste nei lavori del designer. Donne, bambini, disabili, il design è per tutti e il designer deve sconfiggere ogni stereotipo e barriera. Un prototipo di cubo realizzato per aiutare l’apprendimento dei bambini con lesioni cerebrali, una seduta per migliorare le condizioni di salute di chi ha problemi di schiena dovuti all’essere sovrappeso, ma anche progetti più recenti come “Autocomplete Truth”, una campagna pubblicitaria contro la discriminazione delle donne, sono solo alcuni dei lavori esposti su questi temi. Poi c’è la questione legata all’ecologia, alla sostenibilità, alla cultura del “fare”, al riutilizzo di materiali semplici e poco costosi. Ecco che alla mostra si può rimanere sbalorditi da progetti come la “Tin Can Radio”, una radio utilizzata con materiali di recupero che costava solo 90 cent. Criticata da moltissimi designer in tutto il mondo per il suo essere anti-estetica, è stata anche utilizzata in Indonesia e altri paesi sottosviluppati per migliorare le comunicazioni. Un esempio di come design non sia riconducibile solo al concetto di “bello”. LEGGI ANCHE: 5 sedie di design (sostenibile) per portare l’attenzione all’ambiente anche a casa e in ufficio Papanek Papanek

    “Everything is connected”: il design come connessione

    Papanek sosteneva che il design va oltre il singolo oggetto: è un processo, qualcosa che circonda tutti noi e che tocca ogni elemento del mondo reale, un sistema che va a interagire con molteplici discipline. D’altronde, è proprio sua la teoria che il buon design non sia l’effetto del pensiero di una singola persona, bensì di un gruppo di lavoro che al suo interno raccoglie specializzazioni differenti. Il design diventa così olistico, totale, e allo stesso tempo rispettoso dell’uomo e dell’ambiente, in grado di far sì che tutto sia connesso. Ecco quindi che sono esposte nell’ultima sala le opere di artisti contemporanei e visionari, provenienti da tutto il mondo. Le idee di Papanek sono rappresentate in un’esibizione con progetti di Catherine Sarah Young, Forensic Architecture, Jim Chuchu, Tomás Saraceno, Gabriel Ann Maher e altri ancora. Anch’essi si confrontano con tematiche importanti come il cambiamento climatico, le identità di genere, il consumismo, la sostenibilità, la guerra, che ci fa riflettere a quanto pensieri di un designer degli anni Sessanta siano così attuali anche nel 2018. Si trattava naturalmente, nel caso del nativo di Vienna, non di un designer qualunque ma di un vero e proprio visionario. Il pensiero di Papanek si può notare sia nelle sue opere che in quelle dei suoi studenti, come nei progetti di designer contemporanei. Ciò non solo è interessante per la riflessione sulla società e sulle diverse realtà che le opere comunicano, ma anche per il continuo insegnamento che il design può fornire per cambiare la società, e renderla migliore. Quello che lascia la mostra al Vitra Design Museum è una riflessione proprio sul concetto di design, che non si riduce semplicemente al dare forma a qualcosa, ma può diventare anche uno strumento di trasformazione politica, sociale, etica. Tutto ciò risulta essere senza tempo, come testimoniato dal fatto che i pensieri di Victor Papanek sono del tutto assimilabili a concetti tremendamente attuali, parlando di design thinking o progettazione sostenibile, ad esempio.