Anche se l'utilizzo del selfie nella fotografia era in voga già dai tempi delle macchine analogiche, possiamo azzardare che, probabilmente, le potenzialità virali siano concise con il momento in cui Bradley Cooper scattò, nell'ormai celebre edizione della notte degli Oscar del 2014, una foto che fece il giro del web.
Possiamo altresì avanzare l'ipotesi che nel 2017 (quasi 2018), ci siano ancora poche persone che non sappiano il significato del termine "selfie", un inglesismo che esprime l'azione di scattare una foto con l'obiettivo puntato verso sé stessi o verso uno specchio, e condividerlo poi sui social network.
Negli Stati Uniti ad esempio, una statistica dimostra che il 70% degli adulti (ovvero coloro che non sono nativi digitali) intervistati ha dichiarato di conoscere molto bene il significato del termine "selfie", mentre solo l'1% afferma di essere poco familiare con questa "nuova" moda dilagata con gli smartphone.
Perché captcha non piace più a molti
"Ma cosa c'entrano i selfie con i captcha test?", vi chiederete voi. Ebbene, c'entrano e come! Già nell'aprile 2016, in un articolo comparso su pandasecurity.com, venne spiegato da un trio di ricercatori della Columbia University (New York) quanto fosse facile raggirare i temibili form illeggibili da riempire per completare un'iscrizione online.
Benché anche oggi i captcha rendano più complicato per gli aggressori l'utilizzo di bot programmati per raccogliere indirizzi email, in modo automatico e massiccio, per campagne di spam, essi non sono infallibili e possono essere ormai automatizzati.
Perciò qualcuno al quartier generale di Facebook si deve essere posto una domanda: "Come si possono rendere questi captcha bot-proof?". La risposta ovviamente, la state leggendo in questo articolo.
Sembra infatti che il gigante di Menlo Park stia testando un nuovo modo per determinare se un utente sia davvero umano: e, indovinate un po', il modo per confermare la propria identità è scattarsi un selfie. Martedì 29 novembre è stato proprio il Social Network a confermare che sta provando un test di identità basato sulla verifica di una foto.
O questo è perlomeno quanto è trapelato su Twitter dagli screenshot del test.
a friend sent me this: Facebook is now locking users out of account features, then demanding that those users "verify" their account to get back in by scanning an image of their face. AN IMAGE OF THEIR FACE. pic.twitter.com/T4TIsJFxX8
— can Amy Goodman pls stop inviting Assange on thx (@flexlibris) 28 novembre 2017
Questo nuovo strumento chiede di caricare una foto che "mostri chiaramente il tuo volto". Il prompt dice anche che, dopo aver utilizzato l'immagine, questa verrà eliminata dai server.
Da Facebook si sono affrettati a sottolineare come la funzione sia destinata a smascherare attività sospette (quali siano però non è stato specificato) e che in futuro potrebbe essere utilizzata in diversi step per far si che la piattaforma possa verificare l'identità degli utenti, compresa la creazione di un account o di una promozione.
Il software impiegato dal social analizzerebbe automaticamente la foto e, in un tweet che è stato successivamente cancellato, sarebbe stato suggerito di impedire agli utenti il log-in fino a quando il software stesso non avesse verificato l'immagine.
Quello che non è ancora chiaro sono le misure che verrebbero adottate per impedire che il nuovo strumento captcha possa essere utilizzato in modo improprio, mentre pare che il software sia già in grado di assicurare che l'immagine sia unica e non una foto casuale presa da Google.
La privacy al tempo dei selfie
Diversi utenti hanno naturalmente espresso preoccupazione e perplessità per l'invio di un selfie in rete. Lo strumento "selfie-captcha" è attualmente solo in fase di sperimentazione e non è chiaro se il processo di verifica verrà effettivamente implementato a livello globale o se subirà prima delle modifiche .
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Mentre l'invio di un selfie potrebbe mettere a disagio alcuni utenti (ma dai?), Facebook sta lavorando sodo dopo che una ricerca condotta di recente ha dimostrato che durante le elezioni presidenziali statunitensi del 2016, molti "utenti" che pubblicarono e postarono informazioni, news e quant'altro fossero in realtà fake account di bot russi.
In risposta a questa ricerca, la politica pubblicitaria rivista e aggiornata chiederà agli utenti che acquisteranno annunci politici di verificare la loro identità e posizione. Questo strumento potrebbe potenzialmente essere utilizzato nel caso in cui, un utente con sede negli Stati Uniti, si connettesse improvvisamente da un altro paese.
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Mentre alcuni vedono la perdita della privacy come un male necessario, altri utenti la considerano come un abuso che si sta cercando di minimizzare attraverso approcci diversi.
In conclusione sarebbe opportuno fare una riflessione (che potrebbe in realtà suonare come una provocazione): in un mondo in cui il 50% della popolazione globale ha accesso a Internet (un aumento del 35% rispetto ai dati registrati nel 2013) e in cui essere collegati al più grande database di condivisione di informazioni (e materiale video-fotografico) nel mondo spesso e volentieri ha un prezzo, ha ancora senso indignarsi, o dubitare sulle intenzioni di un canale di comunicazione (qual che sia) che cerca di contrastare probabili violazioni?