Non avevamo capito niente, a quanto pare. Secondo un recente studio reso noto dal MIT, infatti, le app di dating starebbero cambiando non solo il nostro modo di conoscere nuove persone e relazionarci con potenziali partner, ma anche la struttura stessa della società.
In che modo? Decisamente positivo: creando connessioni sociali altrimenti impossibili, favorendo i matrimoni misti e rendendo le relazioni più… stabili e durature.
Già. Un fulmine a ciel sereno per tutti quelli abituati a puntare il dito contro Tinder e i suoi fratelli, vetrine dell'eCommerce sentimentale e presunta anticamera del consumismo relazionale. Perché ammettiamolo: anche se ormai le app di dating sono molto diffuse e si inizia a parlarne con crescente frequenza, la verità è che dobbiamo ancora abituarci ad affrontare l'argomento senza quella vena di imbarazzo latente, e senza quella serie di costrutti mentali figli probabilmente di un sano pregiudizio. O semplicemente di un grosso equivoco.
Ma come stanno davvero le cose?
Lo studio di Josue Ortega e Philipp Hergovich
La ricerca in questione, dal titolo "The Strength of Absent Ties: Social Integration via Online Dating" (la forza dell'assenza di legami: l'integrazione sociale attraverso il dating online, ndr), parte da una considerazione abbastanza ovvia, ossia che le persone che si conoscono attraverso il dating online siano in genere perfetti sconosciuti perché non appartengono ad una stessa rete sociale, a differenza di ciò che avviene nella vita reale o anche attraverso i social.
Generalmente, le app di dating "alla Tinder" funzionano grazie ad un algoritmo che seleziona fra una moltitudine di soggetti quelli che appartengono ad un determinato genere, fascia d'età e distanza geografica. Ma a parte queste poche variabili, per il resto l'utente in cerca dell'altra metà ha un controllo pressoché nullo a priori. Ecco perché lo studio parla di modalità di conoscenza “random" e di nuove possibilità di connessioni con persone "distanti" da noi e dalla cerchia dei nostri interessi.
Connessioni random e non con chi conosciamo già
Nella vita offline e sui social, invece, c'è una maggiore probabilità di incontrare il partner attraverso la nostra attuale rete di amici, familiari, colleghi, o gruppi di interesse. O nei luoghi che di solito frequentiamo. Pensandoci bene, come hai incontrato il tuo partner (attuale o passato)? Amico di amici? Conosciuto al corso di fotografia? Collega di lavoro? Ex compagno di scuola? Ecco, appunto.
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Nelle app di dating l’assenza di legami o conoscenze comuni "permetterebbe di connettersi con la comunità globale”.
Ed è principalmente per questo, in sintesi, che i due ricercatori hanno stabilito una correlazione tra l’ascesa delle app di dating e l’aumento delle unioni miste: sarebbero proprio queste nuove connessioni random a favorire conoscenza e unioni tra le persone di differenti gruppi etnici, che altrimenti non sarebbero state mai possibili.
Naturalmente non si tratta di semplici supposizioni, ma di una teoria corredata e supportata da dati e analisi approfondite sugli ultimi decenni, che mostrano anche un parallelo aumento dell’utilizzo di queste app e dei matrimoni misti negli stessi momenti storici (come ad esempio nel 1995, quando sono nati i primi siti di dating online come Match.com, o nel 2014, con il boom di Tinder).
La stessa motivazione è alla base della seconda, paradossale, rivelazione dello studio: quella sulla stabilità delle relazioni. “Il nostro modello prevede che i matrimoni creati grazie al dating online tendano ad essere più forti”. In altre parole, il fatto di scegliersi senza (inconsapevoli e incontrollabili) condizionamenti iniziali - e non perché la nostra rete ci ha in qualche modo ristretto il campo d’azione - potrebbe influire positivamente sull’esito della relazione, proprio perché basata su una valutazione "da zero" della persona.
Meno divorzi
Anche in questo caso, i numeri sembrerebbero confermare quanto afferma lo studio: nelle coppie sposate che si sono conosciute grazie alle app di dating si registra una percentuale inferiore di divorzi e separazioni.
E allora se la mettiamo così potrebbe filare, no? Sorge un dubbio. La velocità e la facilità con cui decidiamo per un sì o per un no, il metro di giudizio puramente estetico o basato sull’istinto di un istante (almeno nella fase di scelta iniziale), non rischiano di farci escludere a priori qualcuno che forse, nella vita vera, non avrebbe passato il primo test ma magari avrebbe avuto una seconda, terza, quarta chance?