Il libro che assolutamente non dovrete perdere questo mese è “Native Advertising – La nuova Pubblicità” di Claudio Vaccaro, edito da Hoepli. Noi ninja lo abbiamo letto tutto d’un fiato, specialmente perché questo volume non è rivolto soltanto agli inserzionisti ma è molto utile per tutti i publisher e i blogger che desiderano capire come monetizzare i contenuti online pubblicati quotidianamente.
Partendo da una panoramica dell’advertising online e degli strumenti oramai considerati "maturi" in questo settore (come ad esempio i banner e il display advertising), nel testo troviamo un ricco approfondimento riguardo l’Ad blocking e le modalità attraverso le quali tali sistemi si stanno diffondendo incredibilmente in tutto il mondo e di come in alcuni paesi siano già responsabili dell’erosione di quote importanti di ricavi pubblicitari.
Ai ricavi pubblicitari sono inoltre interessati i big dell’internet come Facebook e Google che hanno infatti elaborato propri sistemi di fruizione dei contenuti dei publisher da mobile (Instant Articles & Google AMP) che controllano ovviamente anche tutta la parte advertising.
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Una rivoluzione chiamata Branded Content
Se l’interruption marketing è alla base dei sistemi di display advertising tradizionali, le caratteristiche dei Branded Content (“contenuti brandizzati”) rivoluzionano completamente tale approccio pubblicitario.
Tali contenuti infatti, proposti ai lettori di un blog o da un editore online, sono ben diversi da ciò che molti giornalisti conoscono con il nome di “publiredazionale” (articolo redazionale che ha lo scopo di fare pubblicità a un prodotto o a un servizio). Il nuovo formato infatti, si inserisce perfettamente all’interno del piano editoriale e ne rispetta la linea principale in termini di rilevanza, interesse e utilità. I lettori dovranno percepire la collaborazione con il brand come “di valore”.
I principali player dell'editoria digitale hanno già composto team dedicati - definiti “content studio” - specializzati nello sviluppo e nella pubblicazione di contenuti in collaborazione con i brand: ad esempio The Huffington Post con Partner Studio e il New York Times con T Brand Studio.
Dal punto di vista del brand risulta necessario comprendere quali sono gli obiettivi che si desidera raggiungere con una campagna di branded content e spesso ciò può rivelarsi più complesso di quanto avveniva per il display adv.
Gli annunci nativi
Il Native però non è solo branded content ma come lo definisce IAB nel paper pubblicato nel 2013 “Native Advertising Playbook”:
Il Native Advertising fa riferimento ad annunci a pagamento coerenti con il contenuto della pagina, con il design e il comportamento della piattaforma in cui sono ospitati, in modo che l’utente li percepisca semplicemente come parte di essa.
I pionieri del settore, i player attuali, i numerosi formati disponibili (text & video) e le metriche principali da utilizzare per valutarne le performance sono egregiamente illustrati all’interno del volume.
Troverete inoltre un capitolo completamente dedicato alla monetizzazione dei contenuti da parte dei publisher (con le guideline principali da seguire) ed uno dedicato ai brand e a come possono utilizzare il native adv per amplificare i contenuti online (pianificare una campagna, le best pratice, i KPI ecc).
Vi consigliamo la lettura di questo testo perché vi consentirà di conoscere, probabilmente prima di molti altri, le caratteristiche di ciò che sarà l'evoluzione naturale dell'advertising online.