Mentre scriviamo questo post, su tutti i social network rimbalzano notizie provenienti da Hannover di un'altra minaccia terroristica di matrice fondamentalista.
OFFICIAL: German national team were on route to the stadium, but have been taken away to an unconfirmed location. #GERNED
— DW Sports (@dw_sports) November 17, 2015
Pictures emerging inside #Hanover stadium as #Germany/Holland football match is evacuated,90 minutes before kick off pic.twitter.com/PflwC9D379 — Gavin Lee (@GavinLeeBBC) November 17, 2015
A dispetto degli sviluppi di questa vicenda (speriamo positivi), è evidente come i fatti di Parigi abbiano segnato una nuova milestones nelle modalità di comunicazione: una sconfitta - se così possiamo dire - per i media top/down in favore di una definitiva consacrazione dei social network come canale preferenziale per comunicare.
Attenzione: provocatoriamente non abbiamo detto web, ma social network.
Perché pur essendo integrati in Internet, i social network stanno ormai diventando "contenitori" del media.
La tendenza, ormai conclamata, è accedere ai social network per usare Internet, e non viceversa. Un comportamento in cui risulta determinante la capacità di integrare velocità dell'informazione a connessioni sociali, per riuscire a inviare e ricevere messaggi, informare e diffondere notizie, e anche costruire consenso.
Ma partiamo dall'inizio.
Social Network come canale preferenziale
Un primo segnale di come il mondo di usare il web stesse cambiando era arrivato nel marzo 2011, con il terremoto in Giappone. Con i disservizi sule linee telefoniche, alle vittime del sisma e del conseguente tsunami non era rimasto che lo smartphone come strumento di comunicazione: per la prima volta, si sentì parlare di qualcuno che, in una situazione d'emergenza, scriveva su Twitter di aver bisogno d'aiuto.
LEGGI ANCHE: [UPDATE] I social media raccontano il terremoto in Giappone
Quattro anni e mezzo dopo, troviamo in Twitter la coscienza collettiva, costituita degli utenti che lo abitano, a suggerire alle vittime degli attentati e ai parigini la via di fuga.
#PorteOuverte diventa subito trending topic, un po' come capitato in Italia durante il #terremoto in Emilia del 2012. In questo caso, però, però è interessante notare come attraverso il social network si riesca in pochissimo tempo a mettere in piedi una contromisura a un pericolo potenziale.
This image speaks for itself. #PorteOuverte #france pic.twitter.com/D06HmMDqzQ
— Charlie Charles (@Bongidong) November 14, 2015
#PorteOuverte is one of the most beautiful things I've seen pic.twitter.com/QWiaLR1Rp5 — Ruben Stirling Swift (@Linds_Cereal13) November 14, 2015
L'hashtag #PorteOuverte è una delle cose più belle che possano succedere con l'uso dei social network, aprire le porte ed aiutare. Umanità.
— Ambra Zamuner (@AmbraZ) November 14, 2015
I parigini cominciano ad aprire le proprie porte sospinti da un'idea che nasce su un social network. E se per scappare a offrire una soluzione è Twitter, a mettere a disposizione un canale per dire ai propri cari che si è al sicuro è Facebook, con Safety Check. Rilasciato in occasione del terremoto in Nepal, Facebook Safety Check è l'applicazione inventata da Mark Zuckerberg e dal suo team per segnalare ai propri cari che si sta bene, in caso di disastri naturali. Un'idea, manco a dirlo, nata proprio dopo il terremoto in Giappone e annunciata lo scorso anno. LEGGI ANCHE: Facebook lancia Safety Check, per comunicare in situazioni d’emergenza LEGGI ANCHE: Facebook per il Nepal: Safety Check e donazioni In via eccezionale, il social network di Menlo Park ha scelto di mettere a disposizione degli utenti Safety Check venerdì sera per semplificare le comunicazioni fra Parigi e il resto del mondo. Uno strumento così performante da scatenare anche qualche polemica: perché non renderlo sempre disponibile, o perlomeno attivarlo anche in altre occasioni, ugualmente gravi? Sono gli stessi utenti a chiederlo, direttamente, a Mark Zuckerberg, tanto che il fondatore di Facebook si trova a dover rispondere. Già: perché se Parigi è stata vittima di un attacco, anche Beirut lo è stata pochi giorni fa, e come segnala l'utente Adeola Williams (commento visibile nello screenshot ndr), anche in Nigeria quotidianamente Boko Haram (gruppo fondamentalista di matrice islamica, recentemente affiliatosi all'Isis ndr) sparge morte sugli innocenti. Perché non fare qualcosa anche per quelle popolazioni solo apparentemente lontane da noi e da Facebook? Magari non un Safety Check, che serve solo per comunicare. Magari un'app per customizzare la propria pic profilo con i colori della bandiera nigeriana: perché sì, Facebook ha messo a disposizione eccezionalmente Safety Check per Parigi. Ma, come in occasione del gay pride, ha reso possibile personalizzare la propria immagine con i colori di una bandiera, questa volta quella francese. Perché un social network non è solo informazione, ma anche empatia. Dire se si è salvi. Dire che si è solidali. Sfruttare la propria rete social per comunicare informazioni e valori. Niente di nuovo, o forse no?
Il dibattito genera informazione
Il sentiment di un paese, inteso come stato, oggi si misura sulle timeline dei social network. Sabato mattina non era difficile distinguere chi fosse stato colpito nel profondo dai tragici attentati nella capitale francese. Anche i brand si sono spesi per entrare nella conversazione, ma per questo vi rimandiamo a un ottimo post di Eugenio Pezone.
LEGGI ANCHE: I brand che hanno espresso solidarietà dopo gli attacchi di Parigi.
Segnali che confermano come i social network siano stati in grado di diventare ancora più veloci, come detto prima anche del web stesso, viralizzando i fatti mentre accadono e restituendo lo spaccato delle idee e opinioni che circolano in un paese. I contenuti diventano leve per supportare e sostanziare le proprie posizioni, e favorire una maggiore diffusione delle informazioni. Certo, i siti a caccia di visitatori-creduloni sono sempre di più, e sempre di più Facebook deve provare a contrastare il click-bait: ma le risorse di valore sono ugualmente tante. Prendiamo le agenzie di stampa, non più esclusiva solo dei giornalisti: anche le più piccole e le più lontane geograficament possono offrire spunti di discussione e risorse utili al dibattito.
[facebook=https://www.facebook.com/video.php?v=1061479010536978&__mref=message_bubble]
La condivisione, di idee e contenuti, porta a viralizzare una mole di dati così grande che la completezza informativa diventa accessibile a chiunque, cosa che permette potenzialmente a tutti di farsi un'opinione basata su fatti completi e approfonditi.
Stiamo sui social network per condividere, senza renderci conto che mentre discutiamo, collaboriamo a costruire quella coscienza collettiva citata prima, che diventa un essere pensante e di riferimento.
I tentativi di non far trapelare la notizia agli spettatori di Francia Germania (proposito encomiabile da parte delle autorità) delle esplosioni all'esterno di Saint Denis ha potuto poco contro la diffusione di smartphone e user generated content.
Informiamo. E anche se talvolta la grande mole di contenuti rischia di portare spazzatura (i siti acchiappa-click di cui sopra), generalmente possiamo arrivare ad avere notizie. Talvolta, a subire anche una sorta di propaganda, e perdonateci l'uso del termine un po' forte.
Come definire, però, la presenza delle forze armate francesi su Facebook, che proprio su questo canale annunciano, con tanto di video ad alto tasso emozionale, l'inizio dei bombardamenti sulla capitale dell'Isis Raqqa?
[facebook=https://www.facebook.com/armeefrancaise/videos/vb.290726467639752/934878019891257/?type=2&theater]
Come in tutti i dibattiti, c'è anche chi prova a metter caciara. Un fenomeno che abbiamo analizzato tante volte, e che fa parte del DNA dei social network.
L'ultima in ordine di tempo è una pagina nata proprio dalle tante rivendicazioni dei fan della giornalista Oriana Fallaci: le profezie di Oriana. Questa non è certamente informazione: ma la satira è un frutto che germoglia anche da essa.
In conclusione..
Ci sarà un momento dove strumenti più avanzati soppianterano anche i social network, così come li conosciamo oggi. Quel momento arriverà, anche se per ora sembra molto lontano.
Una certezza che oggi abbiamo è che i social network sono diventati indispensabili anche come strumento di connessione fra le persone, non solo a scopi prettamente "social" (inteso come fare amicizia e mantenere un rapporto), quanto a entrare in contatto e comunicare, nel vero senso della parola.
Qualche anno fa, la loro scomparsa sarebbe equivalsa a quella della Settimana Enigmistica negli anni sessanta o ai videogame Arcade nelle sale giochi. Un passatempo in meno, o poco più.
Oggi i social network equivalgono non solo alla radio negli anni '20, ma anche al telefono degli anni settanta. Senza, non scomparirebbe solo uno strumento di svago (seppur digitale), quanto un veicolo di comunicazione indispensabile, senza il quale si subirebbe un rallentamento deciso nelle nostre abitudini di contatto.
Una consapevolezza che hanno raggiunto anche gli stessi social network, che mettono a disposizione sempre più strumenti per fruire notizie, più che aggiornamenti di stato (si pensi a Instant Article di Facebook, in Italia fra i primi a introdurli La Stampa e Il Fatto Quotidiano, o alle Top News di Twitter)
LEGGI ANCHE: Facebook annuncia Instant Articles [BREAKING NEWS]
Evoluzioni che denotano l'importanza di questi strumenti e l'influenza che hanno avuto sul web. Una rivoluzione che certamente vedrà altre tappe, ma che dai terribili fatti di Parigi riceve l'ennesima conferma di essere al culmine.