In una recente conferenza stampa, il neo-CEO nonché co-founder di Twitter, Jack Dorsey, ha stupito un po' tutti con una dichiarazione riguardante Politwoops, il servizio che tiene traccia dei tweet cancellati dagli account dei politici. Dopo la chiusura forzata decisa quest'estate, pare che ora il social stia valutando la possibilità di riattivare il servizio.
Politwoops aveva aperto i battenti nel 2012, rientrando nello stesso anno nella classifica dei "50 siti più interessanti" secondo il Time. In pochissimo tempo era arrivato a coprire un vasto numero di Paesi in tutto il mondo, con ben 31 account dedicati a registrare e archiviare i tweet cancellati non solo da politici, ma anche da diplomatici e personaggi di rilievo nel panorama del diritto internazionale. Finché non è stato cancellato a sua volta per mano di Twitter.
Il servizio si appoggiava chiaramente alle API del social, ma a giugno di quest'anno la Sunlight Foundation, l'organizzazione no-profit che gestiva l'account statunitense, è stata accusata di violare i termini di utilizzo di Twitter e costretta senza mezzi termini a interrompere la sua attività. In breve la stessa sorte è toccata a tutti gli altri account.
A dispetto di ciò che si potrebbe pensare, la Sunlight Foundation non si occupa di satira né di critica politica, bensì di trasparenza verso i cittadini: il suo obiettivo è "rendere il governo e la politica più responsabili e trasparenti", con il supporto della tecnologia e degli open data.
Non ci sono mai stati atteggiamenti ostili o denigratori nei confronti di qualche personaggio in particolare. Nessun accanimento, anche perché in molti casi i tweet parlavano e si commentavano da soli. Se qualche scandalo c'è stato, soprattutto oltreoceano, non è stato certo sollevato e "montato" da Politwoops, che anzi è rimasto sempre un servizio molto neutrale.
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Quali sono state quindi le motivazioni della sua chiusura, e soprattutto quali sono oggi le motivazioni dell'inversione di marcia da parte di Twitter?
La spiegazione ufficiale, abbastanza lapidaria, invocava qualche mese fa il principio di uguaglianza per tutti gli utenti del social, senza distinzioni fra comuni mortali e personaggi pubblici. Il messaggio era chiaro: che inferno sarebbe se un utente - chiunque egli sia - non potesse cambiare idea e cancellare un suo tweet senza possibilità di oblio? La gogna mediatica non può durare a vita: l'intento dichiarato da parte di Twitter era quindi tutelare ciascun utente allo stesso modo.
A dire il vero, però, questa motivazione non aveva convinto granché, e la fine di Politwoops non era stata presa per niente bene, né dai suoi fondatori né dall'opinione pubblica: in nome dell'uguaglianza e del diritto all'oblio di tutti gli utenti, si era messo un bavaglio al diritto degli elettori di essere informati e chiedere trasparenza. In fondo - come aveva dichiarato subito il Presidente della Sunlight Foundation - un personaggio che ricopre una carica pubblica per mandato dei cittadini deve assumersi la responsabilità delle proprie dichiarazioni. Anche sui social.
Twitter, come gli altri social, è un'odierna piazza pubblica: ciò che si dice - soprattutto su temi di natura politica, nel senso etimologico del termine - è una questione di interesse pubblico e di memoria storica.
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Per ora la Sunlight Foundation e le altre organizzazioni coinvolte non sono state ancora contattate direttamente da Twitter, e la dichiarazione sul possibile ritorno di Politwoops ha lasciato di stucco anche loro. Il sito rimane online ma l'ultimo archivio risale a maggio 2015. Le parole di Jack Dorsey però parlano abbastanza chiaro: "Sentiamo la responsabilità di continuare a sostenere le organizzazioni che vogliono portare trasparenza, come Politwoops".
Stiamo a vedere quanto c'è da aspettare. A proposito, per dire, quand'è che si chiudono le Presidenziali negli Stati Uniti?