In un periodo storico dove la salute e il cibo sono diventati trending topic, non poteva mancare un social network dedicato al mondo dell'alimentazione sostenibile: è il caso della piattaforma made in Italy Grow the Planet, nata nel 2011. Si tratta del primo social network interamente dedicato alla coltivazione dell'orto in ambiente urbano: un corso di sopravvivenza per gli ambientalisti di città.
Abbiamo avuto il piacere di incontrare Gianni Gaggiani, il fondatore.
1) Ciao Gianni, benvenuto su Ninja Marketing. Quando e come ha avuto origine Grow The Planet?
Grazie per l’opportunità.
Grow The Planet è nato dalla mia passione per l’argomento orti e piante, passione che ho sempre avuto fin da piccolo e che ho riversato qualche anno fa su un blog amatoriale, Florablog, all’interno del quale ho iniziato piano piano a maturare le idee che poi ho radunato in un unico progetto, Grow The Planet appunto.
2) Cos’ha di diverso questa piattaforma rispetto alle altre? Ne esistono di questo tipo?
La nostra piattaforma unisce: un social network attraverso il quale si può interagire con la community; una “wiki” con la quale “farsi le ossa” e imparare trucchi e segreti della coltivazione, un blog dove leggere news, ricette e soprattutto i nostri diari di coltivazione, capaci di guidare gli utenti dalla semina alla raccolta in modo semplice e smart con lo scopo di trasformare anche i pollici neri in provetti coltivatori. Questa ultima feature, unita alle altre, rende Grow the Planet una piattaforma peculiare non solo in Italia ma anche nel resto del mondo.
3) Qual è il target di riferimento? Quali sono le strategie adottate per comunicare con gli user e fidelizzarli?
Il nostro target di riferimento è costituito non solo dagli appassionati di piante e orto, ma anche da chi ama il cibo buono e sano e da chi, in generale, vorrebbe vivere in un mondo meno avvelenato e più pulito, in una parola: migliore.
Comunichiamo con i nostri utenti sia tramite la nostra piattaforma, sia attraverso gli altri social, usando molto anche le newsletter.
4) All’interno del vostro social network ci sono livelli da superare, badge da guadagnare. Quanto è importante la gamification nel mondo digital, oggi?
Da un po’ di tempo abbiamo introdotto sul sito anche un primo esperimento di gamification con tutti i classici meccanismi di avanzamento basati sull’interazione con la piattaforma e sull’esperienza guadagnata. Devo dire che, dopo una buona risposta iniziale, la gamification non sembra attirare troppo l’attenzione dei nostri utenti. Avanzo un’ipotesi, ovvero che la gamification sia insita nella coltivazione: i livelli da superare sono rimpiazzati dalla crescita delle piante e quale badge “virtuale” può essere paragonato alla raccolta finale?
5) Stanno crescendo di numero i social network tematici: dal vino, alla moda, all’orto, come voi. Credi che ci sia un futuro per i social “generalisti”?
Credo che lo spazio per i social “generalisti” sia ormai abbondantemente occupato dai colossi che usiamo tutti i giorni e che ci siano pochi margini per delle novità (ma in questo settore non si può mai dire), viceversa, credo che ci sia sempre più possibilità per i social tematici che, potendo contare sulle nicchie (relativamente piccole ma super appassionate), possono ritagliarsi degli spazi interessanti.
6) La vostra startup ha mosso i primi passi in H-Farm: come è stato l'iter per essere incubati?
Ho semplicemente seguito l’iter normale sottoponendo la mia idea a chi si occupa di analizzare le varie candidature. H-Farm è un ottimo luogo per mettere in piedi una start-up e ovviamente ci troviamo benissimo all’interno del suo ecosistema.
7) A quale social network vi sentite più vicini per “visione”?
Fin dalla nascita abbiamo cercato di adottare gli aspetti più interessanti sia di Facebook che di Twitter, ma lo sviluppo dell’algoritmo che sta alla base dei diari di coltivazione ci ha portato in una direzione forse nuova rispetto agli altri (inarrivabili) punti di riferimento: di fatto quello che ci siamo inventati è un servizio preciso che completa l’esperienza di coltivazione e che ci porta (anche) verso la direzione del tool.
8) Grow the planet invita gli utenti a stare all’aria aperta e coltivare un’orto dallo schermo del computer. Come riuscite a coniugare questi due aspetti a prima vista in opposizione?
Sembra un paradosso ma solo all’apparenza. Il nostro motto del resto è: “usa il digitale, ma sporcati le mani di terra!” Dopo un periodo iniziale dove il mondo del digitale sembrava portare le persone (solo) verso un mondo virtuale (se non, in molti casi, verso una vera e propria alienazione), oggi quel mondo è molto maturato ed è diventato negli anni sempre più al servizio del mondo reale: pensiamo a un navigatore, a un wearable o a tutto quello che può fare uno smartphone per semplificarci la vita. Anche Grow the Planet, credo, rientra in questo nuovo modo di intendere il digitale, usandolo prevalentemente per colmare il gap generazionale che hanno i giovani di oggi rispetto alle tecniche colturali. Insomma, unire il virtuale e il reale è nel nostro DNA.
9)Gli utenti iscritti alla vostra piattaforma riescono a maturare una maggior consapevolezza rispetto ai proprio benessere e a quello del pianeta? Come riuscite a stimolare questo cambiamento?
I nostri utenti vengono da noi perché hanno una maggiore coscienza su questi argomenti, non dobbiamo far niente per convincerli.
10) Tre rapidi consigli per rendere la vita quotidiana più “green”?
Primo consiglio: intervenire sulle piccole cose di tutti i giorni. Sembrano azioni senza un reale beneficio ma non è così, pensiamo al semplice led di standby di un nostro elettrodomestico, quanto vuoi che consumi? Eppure, moltiplicando quel consumo per le decine di dispositivi che ormai abbiamo in casa e per le milioni di case in cui abitiamo, ci rendiamo presto conto che quell’insignificante consumo iniziale si trasforma in una montagna di energia sprecata. Questo ragionamento va esteso a tutti i nostri consumi, acqua ed energia termica in primis.
Secondo consiglio: facciamo molta attenzione al consumo dei combustibili fossili. Lo ripeterò fino alla nausea, ma il loro utilizzo sta trasformando in maniera irreversibile il mondo in cui viviamo e i primi a rimetterci siamo proprio noi: il problema principale non è per la Natura che ci circonda (che subirà danni importanti ma che saprà riorganizzarsi), ma è soprattutto per noi che non avremo tempo e modo per adattarci ai cambiamenti. Insomma, al contempo vittime e carnefici di noi stessi.
Terzo ma non ultimo: coltivare un orto, ovviamente!
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