Social Media: la necessità di un filtro per i contenuti
La Digital Strategy delle aziende oggi è prevalentemente Social Media Marketing. E Social Media Marketing significa spesso solo una cosa: Facebook. Facebook è senza dubbio la piattaforma che ha trainato il settore, un po' come Wordpress nel decennio scorso ha trainato la SEO.
Si parla tanto di Facebook e si parla tanto dei limiti di Facebook, primo fra tutti il famigerato Edge Rank, l'algoritmo che impedisce a tutti i tuoi fan di visualizzare sul proprio newsfeed tutti i contenuti della pagina. L'Edge Rank di per sé è un male necessario: se vedessi tutti i contenuti dei miei oltre 3.000 amici su Facebook e delle oltre 2.000 pagine che seguo, il mio newsfeed avrebbe zero attrattiva per me. Un po' come avviene su Twitter: un carosello ultraveloce di contenuti che è buono solo per generare overflow informativo.
La linea guida principale di Facebook è al momento: qualità del newsfeed. Ciò significa principalmente che i contenuti visualizzati devono essere aderenti ai miei interessi ma soprattutto di valore. E come si fa a determinare se una cosa è di valore? Semplice: si misurano le interazioni con il contenuto, quantitativamente (es. il numero di like e share che riceve un post) e qualitativamente (es. quanto tempo l'utente trascorre fuori da Facebook dopo aver cliccato su un link condiviso attraverso il post).
Facebook: fatta la regola, trovato il prezzo per l'eccezione
Tutto questo sembrerebbe una splendida notizia per l'utente ma anche per le aziende: meno caos, più qualità e dunque meno necessità di competere con contenuti di basso livello come quelli che infestano le bacheche di Facebook.
In realtà questa attenzione alla qualità ha fornito un'ottima giustificazione per l'operazione "Organic Zero" che è ormai evidente a chiunque gestisca una pagina Facebook. A cosa mi riferisco? Se gestisci una pagina Facebook avrai notato che la portata (Reach) organica (non a pagamento) dei tuoi post è sempre più esigua.
Se qualche post riceve più engagement del solito la sua portata organica raddoppia, si triplica. Ma sono pochissimi i casi in cui il numero assoluto dell'Organic Reach si avvicina a quello del numero di fan della pagina. Di fatto, il modo migliore per distribuire i tuoi contenuti su Facebook, ai tuoi stessi fan, è diventato lo stesso che utilizzi per raggiungere gli utenti che ancora non sono tuoi fan: pagare.
Perché il Paid Reach di Facebook è qui per restare
Ricapitoliamo le puntate precedenti: abbiamo iniziato a lavorare su Facebook attratti dall'enorme numero di utenti (profilabili). Abbiamo investito in un presidio fisso dell'azienda (la pagina) per entrare in contatto continuo con loro. Abbiamo investito spesso anche dei soldi per produrre contenuti e soprattutto per farci conoscere a nuovi potenziali fan.
Nel tempo Facebook ci ha impedito sempre di più di arrivare a raggiungere tutti i fan (per cui avevamo pagato) in maniera organica (cioè: gratuita), spiegandoci che non sarebbe una soluzione sostenibile dal punto di vista della qualità del newsfeed dell'utente (troppi post, attenzione minima). Dall'altro lato però ha reso sempre più facile sponsorizzare quegli stessi post per raggiungere (a pagamento) i fan. La qualità del newsfeed non può quindi essere l'unica ragione per un simile comportamento.
La seconda ragione per cui Facebook limita l'Organic Reach è banale: il fatturato. Facebook è un'azienda quotata in borsa. In discreta salute, stando agli ultimi dati di bilancio. Se Facebook si limitasse a far pagare il valore del generare fan (quindi il solo fan raising) incontrerebbe un limite insormontabile: il numero degli utenti interessanti per un'azienda finirebbe presto. Persino Coca Cola su Facebook arriverebbe ad un limite. Oltre tale limite non esiste più mercato (su Facebook) ma soprattutto potrebbe non avere neppure senso andare: mi basterebbe spostare gli investimenti sulla relazione (fra brand e community) anziché continuare con l'acquisizione (di fan per la community).
Come può Facebook continuare a guadagnare sempre? Semplice: spostandosi verso modelli più pay-per-use. Se paghi per distribuire i tuoi contenuti ai fan, la monetizzazione avviene sulla relazione e non più (solo) sull'acquisizione. Mentre l'acquisizione finisce, la relazione per funzionare deve essere continua. Per questo è coerente spostare il revenue model di Facebook verso la distribuzione dei contenuti rispetto all'acquisizione dei fan.
Sarebbe come dire che sono l'unico produttore di carta igienica. Sono felice. Ma ho saturato le mie possibilità. Come faccio a guadagnare di più? Anziché venderti il rotolo e lasciarti libero di farci quello che vuoi, ti vendo l'utilizzo del rotolo: mi avvicino di più al momento del tuo bisogno e guadagno da ogni volta che devi andare al bagno.
Le aziende meritano che Facebook minimizzi il loro Organic Reach? Sì.
In sintesi: Facebook non è più una piattaforma di Organic Reach. Per cui i contenuti validi, da soli, non bastano. Le aziende di oggi per lavorare sul Social Media Marketing devono guardare oltre Facebook. Soprattutto a quelle piattaforme meno potenti dal lato della profilazione e più piccole, ma che permettono comunque di accedere ad un bacino più ampio puntando solo al Reach Organico. Ci sono eccezioni virtuose, ma si tratta quasi sempre di editori (che non a caso sanno come creare contenuti, come ad esempio Fanpage.it o LifeGate).
Sono un esempio Twitter, Instagram, SnapChat, Pinterest e Fancy.
Tuttavia non stiamo assistendo ad una pesante migrazione dei brand dal mondo Facebook verso le piattaforme social che garantiscono un totale reach organico. Perché? Essenzialmente per due ragioni. La prima: ad eccezione delle grandi aziende devote al Content Marketing (come Red Bull o Nike), la massa dei brand nel mondo (una popolazione in continua crescita) non è ancora culturalmente in grado di dar vita a contenuti che sfruttino con successo il Reach Organico.
L'Organic Reach è un'arma potente perché si costruisce sulla base della qualità del contenuto (rispetto ad un target), un'alchimia che permette di raccogliere benefici su più piattaforme social contemporaneamente. L'Epic Split di Van Damme di Volvo genera reach su Youtube, ma anche su Tumblr, Facebook, Twitter. Gran parte delle aziende non sono in grado di sfruttare le potenzialità di un simile meccanismo, preferiscono i soliti contenuti promozionali e la sicurezza di poter pagare per portare in giro la propria mediocrità.
Ma cosa succede invece a quelle aziende virtuose che sanno utilizzare il potere dell'Organic Reach? Sono deluse da Facebook? Qui entra in gioco la seconda ragione per cui Facebook ha ragione nel perseguire la strada del Paid Reach: innanzitutto un aumento delle soglie di accesso ad un valore, non è necessariamente negativo. Se Red Bull, Nike o Coca Cola restassero le uniche a potersi permettere di sfruttare appieno le potenzialità di Facebook, per loro sarebbe in definitiva migliore: meno concorrenza vale un investimento più importante. Ma soprattutto: Facebook non è solo Facebook.
Si tratta ancora di ipotesi, ma sono pronto a scommettere che l'offerta pubblicitaria su Instagram (che avrà a breve un Paid Reach, quindi) non seguirà i canoni dell'offerta di Facebook. Instagram è un ambiente molto differente e Facebook sembra intenzionato a preservare l'enorme qualità editoriale di questo suo acquisto. Il Paid Reach su Instagram potrebbe essere uno strumento tattico, un'opzione ulteriore che non intacca la natura di Instagram come piattaforma di Organic Reach (Instagram non ha neppure un'API che consenta a piattaforme terze di pubblicare contenuti da parte dell'utente). La virata di Facebook verso il Paid Reach è e sarà sostenibile grazie ad un'offerta diversificata: piattaforme di Organic Reach di grande qualità editoriale (come Instagram e domani forse WhatsApp) e una piattaforma di massa dove i brand meno forti nello Storytelling possono accedere ad una visibilità da Paid Reach.
Facebook può permettersi di creare un ambiente tutto basato sul Paid Reach (per le aziende) perché contemporaneamente presidia con successo piattaforme di Organic Reach. La mossa di Facebook non è necessariamente una chiusura dell'offerta, ma una differenziazione dell'offerta.
Ha ancora senso investire su Facebook per il proprio Social Media Marketing?
A scanso di equivoci ci tengo a precisare che io amo Facebook. Semplicemente, come tutte le cose dell'Universo, devi saperlo usare.
Ecco alcuni dei motivi per cui Facebook ha ancora un senso nella Social Media Strategy:
- Mobile App: il Paid Reach di Facebook è incredibile per la promozione delle Mobile App. Le possibilità tecnologiche di integrazione fra advertising della piattaforma e Mobile App rendono Facebook un ambiente indispensabile per la strategia di acquisizione di una Mobile App. Dato che spesso le Mobile App hanno possibilità di un proprio modello di business solido, il Paid Reach è molto utile: è una barriera d'accesso per tutte le app che non hanno un modello di business e quindi non possono permettersi di sostenere un CoA (Cost of Acquisition) del cliente.
- CRM: se le aziende devono pagare per relazionarsi con i propri fan, allora la Pagina Facebook non è più tanto conveniente come veicolo di acquisizione clienti ma continua ad avere un senso come strumento di gestione dei clienti acquisiti. In ottica di customer service, ma soprattutto di customer relationship management: posso permettermi i costi del Paid Reach perché mi rivolgo a persone che mi hanno già acquistato e dalle quali è più facile estrarre ulteriore valore (cross-sell e up-sell)
- Traffic Acquisition: pubblicare contenuti su una pagina Facebook e pagare per diffonderli può essere un modo molto efficiente per generare traffico profilato ad un sito web. Soprattutto per i giornali o in generale i media online. In quest'ottica il Paid Reach è un'alternativa sostenibile alle altre forme di acquisizione traffico a pagamento. Dato che il traffico genera conversione posso stimare anche qui un CoA e implementare una strategia di Traffic Building ricorrendo al Paid Reach
Earned Media: Facebook per le aziende non è soltanto la Pagina Facebook (Owned Media). Ma è anche e soprattutto l'ambiente migliore per l'Earned Media e (quindi) il passaparola. Facebook continua ad avere un enorme senso (e spesso un enorme Organic Reach) se integrato correttamente con il proprio sito. Le condivisioni dei contenuti sul sito (soprattutto per i media online), sono sostanzialmente condivisioni su Facebook. E generano un traffico importante (per volumi) e organico. Troppo spesso questa strategia viene dimenticata. Un esempio di corretta integrazione fra sito e Social (Facebook) soprattutto da Mobile, è il sito del quotidiano locale Meridio News.
Video nativi: Facebook sta puntando molto sui video. Da un lato nel tentativo di spodestare Youtube dal trono (e in parte pare essere già così per le aziende) dall'altro perché ciò è coerente con la strategia Facebook di un Newsfeed di Qualità: il video è infatti l'unico contenuto di cui è possibile stimare la qualità attraverso un algoritmo. La percentuale di video vista è infatti un indicatore sicuro della qualità del contenuto ed è anche un parametro tracciabile e integrabile in un algoritmo.
Conclusioni: cosa fare?
In sintesi ha senso investire su Facebook, ma le aziende non possono più permettersi di farlo senza ragionare. Il tempo del "proviamolo perché tutti lo usano" è finito. Occorre strategia e soprattutto conoscenza del mezzo e del proprio business (proprio quest'ultima è in realtà la cosa che manca più spesso) per capire come Facebook può intervenire nel Customer Journey dell'azienda.
Inoltre: esplora. Internet non è mai stato così pieno di piattaforme social media. Molte di queste sono piccole o prospettiche ma ti permettono di arrivare ad un'audience di qualità e soprattutto di generare visibilità solo con Organic Reach. Prova Pinterest, Fancy o se vuoi davvero testare i tuoi contenuti fotografici senza essere limitato da una comunità di contatti social esigua: scarica Fleck e verifica se davvero i tuoi contenuti meritano un like.