Ultimamente la Imperial Tobacco, brand storico e quarto produttore al mondo di sigarette, ha investito sul mercato americano più di 7 miliardi di dollari per espandere il proprio business. Come gli ha investiti? L'ad Alison Cooper non aveva dubbi: facendo un accordo a tre con Reynolds American e Lorillard, prendendo una fabbrica, ma soprattutto collezionando marchi, tra cui Winston.
L’acquisto di marchi nel proprio paese è fondamentale per posizionarsi al meglio sul mercato e guadagnare quote di vendita. Dagli anni Novanta, dalla Globalizzazione e dall'avvento della New Economy, la strategia di acquisto marchi è diventata la vera guerra che si combatte quotidianamente sui mercati di tutto il mondo per acquisire potere e influenza.
La guerra dei marchi: l'esempio del Made in Italy
Noi italiani lo sappiamo bene: abbiamo visto come il trend delle acquisizioni di brand italiani sia diventato sempre più preoccupante, anche se ci sono casi come quello di Sergio Tacchini che vorrebbe segnare una controtendenza a favore del Made in Italy, e che questo accade non solo per i grandi marchi della moda, dei motori o dell'elettronica, ma anche per l'agroalimentare, altro settore di punta della nostra economia.
L'Italia risulta così una vittima dei mutati scenari macroeconomici, del nanismo delle sue imprese, di mancanza di lungimiranza della sua classe dirigente. Quando i francesi comprarono Gucci, qui tutti pensavano di aver fatto un buon affare, era la fine degli anni Novanta, appunto. Adesso Gucci è una macchina da soldi mondiale e l'Italia l'ha persa per sempre.
L'importanza del brand
Il brand, forse più della produzione o del prodotto stesso, è tra gli asset fondamentali di un'impresa. Oggi più che mai visti gli enormi mercati apertisi. Una scuola di pensiero dice che i brand di successo stimolano la lealtà del consumatore verso quel marchio. "I consumatori sarebbero morti per Apple" crede Nick Cooper di Millward Brown.
Ma oltre alla lealtà, altre sono le analisi da fare sulla percezione del marchio. Bruce McColl, come capo marketing di Mars, sovrintende le barrette di cioccolato Snickers, o il cibo per gatti Whiskas, pensa che "i consumatori non sono là fuori a pensare ai nostri marchi". E per quanto i brand siano importanti, questa importanza sta andando man mano svanendo.
Oltre la lealtà
Questa seconda visione sostiene infatti che le marche sono "una scorciatoia per scelta", nelle parole di Martin Glenn, direttore esecutivo della United Biscuits. Le grandi marche rendono l’acquisto facile, più semplice e veloce. Possiamo definirla “pigrizia” del consumatore. Perché ricercare nuovi prodotti quando ne hai già alcuni che vanno benissimo?
Questa dinamica aiuta le aziende a mantenere quote di mercato che hanno già acquisito.
Secondo Byron Sharp, esperto di marketing presso la University of South Australia, se il prodotto è facilmente reperibile, sarà più facile che il consumatore si affezioni al marchio: per esempio se pensiamo alla Apple, che è tra i best brand in assoluto, molti utenti sono scarsamente propensi a cambiare sistema operativo e non per fedeltà al marchio, ma per la seccatura di dover convertirsi in un sistema operativo diverso.
Il brand nell’era dei social
Per Itamar Simonson e Emanuel Rosen, autori del recente libro Valore assoluto: Cosa davvero Influenza clienti nell'era della (quasi) Informazione perfetta, sostengono che i consumatori stiano diventando sempre più razionali e necessitano sempre meno di brand.
Il lavoro originale del brand è stato quello di garantire ai consumatori la qualità di un prodotto o servizio. Alcuni, come Sony o alcuni brand tedeschi, ancora cercano di farlo. Ma ora i clienti possono scoprire prodotti sul web, parlare tra di loro attraverso i social media e consultare siti come cnet.com e TripAdvisor.
In conclusione, i marchi oggi hanno quindi un ruolo ridotto nella garanzia di qualità di un prodotto, anche se continuano ad orientare i clienti nelle scelte di acquisto soprattutto sugli eCommerce, dove i consumatori si aspettano prodotti di qualità a prezzi buoni. Probabilmente è grazie a questo motivo che la feroce guerra dei marchi in atti in questi anni è destinata a scemare all'aumentare della consapevolezza del consumatore.