Ci chiediamo perchè, in un paese come l'Italia, in cui il turismo dovrebbe essere una delle leve più importanti al nostro servizio, questo non avvenga. E si tiri anche dietro una crisi nel settore degli investimenti, soprattutto quelli immobiliari ed in particolar modo quelli delle grandi catene alberghiere. Se si pensa, poi, che queste siano diffuse solamente nelle grandi città (Roma, Milano, Firenze e Venezia) questo dato è ancor più allarmante, dato che il nostro stivale risponde, da nord a sud e da est ad ovest ad una serie di caratteristiche morfologiche, ambientali, sociali e culturali, che se sfruttate al massimo, farebbero dell'Italia una vera e propria forza del mediterraneo.
I dati a livello europeo, invece, ci raccontano di un 54% di crescita in sei mesi relativamente agli investimenti nel settore alberghiero che si è fatto registrare nel primo semestre del 2013 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Secondo un’indagine condotta da Bnp Paribas Real Estate, nei primi sei mesi di quest’anno le cinque principali destinazioni turistiche dell’Europa occidentale (Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito) hanno realizzato investimenti per 4,5 miliardi nel settore alberghiero.
In Italia, invece, si registrano tempi difficili per gli investimenti alberghieri , soprattutto per quelle strutture a 3 stelle che, da sempre, rappresentano lo zoccolo duro delle hotellerie della Penisola, e che ora gli investitori non considerano più, scegliendo solo hotel a 4 e 5 stelle. Le stime indicano in 600 milioni di euro l'ammontare degli investimenti nel comparto nel corso del 2013 ma, secondo l'analisi di Trademark Italia, si tratta di un dato che include tutte le transazioni, anche i passaggi degli hotel dalle banche alle bad company, o le acquisizioni sottoprezzo di strutture insolventi da parte dei creditori.
Il motivo per cui un 3 stelle è meno appetibile agli occhi di un investitore degli hotel di fascia alta è evidente: il rendimento è inferiore a quello dei 4 e 5 stelle e non giustifica le spese di manutenzione e di gestione diretta. Quest'ultimo punto è l'altro tasto dolente dell'hotellerie italiana: le catene internazionali, ma quelle nostrane, hanno smesso di acquistare immobili con operazioni che necessitano di capitali sempre più ingenti, orientandosi piuttosto sulla gestione delle unità alberghiere con affitti, franchising e contratti di management.
Un panorama gravato da un eccesso di offerta, la cui eredità pesa ora sulle spalle degli imprenditori dopo il boom di costruzioni che ha caratterizzato gli anni d'oro del turismo ricettivo italiano. Una sovrabbondanza di edifici che oltretutto, con il passare del tempo e le nuove esigenze dei viaggiatori, necessitano di investimenti continui nel restyling delle camere e nella riconversione degli ambienti comuni ad aree più attrezzate soprattutto dal punto di vista tecnologico.
La top five europe a
1. Regno Unito
Leader indiscusso degli investimenti nel settore alberghiero, con 1,9 miliardi di euro impiegati nei primi sei mesi del 2013, il Regno Unito è cresciuto del 23% rispetto al 2012. Londra, ovviamente, è la città in cui investire viene considerato più sicuro e remunerativo.
2. Spagna
Complice la crisi, in Spagna non ci sono stati investimenti trascendentali. Ma l’acquisto da parte del fondo Qatariota di W Barcelona per 200 milioni di euro ha fatto lievitare gli investimenti nel settore alberghiero a quota 330 milioni di euro, con un incremento del 71% rispetto al primo semestre del 2012.
3. Francia
La Francia ha fatto registrare investimenti record nel primo semestre: 1,3 miliardi di euro e un balzo del 119% rispetto allo scorso anno. Questo è dovuto soprattutto alla cessione di attività di grande pregio come il Mandarin Oriental.
4. Germania
Anche la Germania ha registrato un aumento particolarmente significativo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno: +121% a quota 800 milioni. Anche in questo caso alla base del boom c’è una cessione di prestigio: il Queens Moat House, che comprende circa 20 alberghi, per 300 milioni di euro.
5. Italia
Purtroppo per noi, il nostro paese è l’unico ad aver fatto registrare una diminuzione degli investimenti nei primi sei mesi del 2013: -23% rispetto allo scorso anno. Tuttavia, gli esperti sono convinti che la cessione di beni “trofeo” aiuterà a riportare il bilancio in positivo.