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Lara Zaccaria 

Campaign Manager

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Pubblicato il 22/09/2012

#1- L'abilità di ritardare la gratificazione inizia dalla giovinezza

Volete comprare ardentemente qualcosa, ma presto ci saranno i saldi e l’oggetto da voi desiderato avrà un costo minore: aspettare o no? Siete davanti ad una scatola di buonissimi cioccolatini, ne mangiate solo uno o vi date alla pazza gioia? Che siate impazienti o meno, c’è una buona probabilità che questa condizione risalga già alla vostra infanzia.

Walter Mischel iniziò i suoi studi sulla gratificazione negli anni ’60. Lo scienziato era interessato al processo con cui ritardiamo la gratificazione. I risultati delle sue ricerche dimostrarono che chi riusciva a ritardare la gratificazione senza problemi già da bambino avrebbe avuto un percorso scolastico e lavorativo proficuo, mentre chi non ci riusciva avrebbe avuto problemi da adulto.

Ma c’è speranza per le persone che non possono aspettare? Ma certo! Apparentemente è possibile insegnare alle persone come auto-distrarsi per aspettare il tempo necessario.

#2- Le persone non possono fare più cose in una volta

Sappiamo tutti che oggi il mercato del lavoro richiede sempre più persone specializzate e multitasking, ma varie ricerche dimostrano in realtà che non possiamo fare più di una cosa alla volta. Gli scienziati affermano con sicurezza che non possiamo fare più di una operazione cognitiva alla volta; quindi o parliamo o scriviamo, o ascoltiamo o leggiamo e così via.

L’unica eccezione riguarda il movimento fisico abitudinario, come ad esempio parlare mentre si cammina, che può essere svolto insieme ad un’azione cognitiva. Ecco sfatato un mito!

#3- La prospettiva canonica ci accomuna

Risalgono agli anni ’80 le prime ricerche sulla percezione degli oggetti. Se chiedete ad una persona di disegnare una tazza di caffè, sicuramente ve la disegnerà così:

Questo è proprio quello che hanno sperimentato i ricercatori, hanno fatto il giro del mondo e hanno chiesto a persone di varie nazionalità e cultura di disegnare proprio una tazza di caffè. I risultati che hanno ottenuto sono particolari: tutte le persone hanno disegnato la tazza come se la vedessero da destra o sinistra ponendosi leggermente sopra ad essa. Questa viene chiamata prospettiva canonica.

Questa prospettiva risulta essere la migliore nonché quella maggiormente riconoscibile, in quanto, è quella da cui vediamo gli oggetti nella realtà. Questo tratto che ci accomuna è un elemento utilissimo per chi fa il web designer perché permette di capire meglio quali siano i bisogni percettivi degli utenti.

#4- Se non ridi mentre usi i social network non sei social

Se siete presenti sui social media siete automaticamente sociali? Mandare mail, fare check in, twittare e aggiornare Facebook vi aiuta a socializzare, giusto? Sbagliato! In tutti questi processi non state veramente interagendo psicologicamente con gli altri. I veri legami sociali richiedono per definizione un interazione fisica mediata dal faccia a faccia. Preferite lavorare da soli davanti al vostro pc? Beh. allora non siete socievoli come credevate e questo può intaccare la qualità del vostro lavoro.

Le persone sono animali sociali. Per lavorare devono quindi relazionarsi con gli altri. Quando interagiamo con qualcuno siamo soggetti a miriadi di complicare reazioni ormonali e chimiche che determinano il nostro comportamento. Un meccanismo di interazione sociale che sfocia da queste reazioni e la risata.

Robert Provine, ricercatore dell’Università del Maryland, ha studiato a fondo la connessione tra processi sociali e risata e ha ottenuto moltissimi risultati, molti dei quali vi sorprenderanno:

  • solo il 20% delle risate scaturisce da una battuta
  • la risata è un veicolo per la comunicazione sociale: raramente ridiamo da soli
  • le donne ridono due volte di più degli uomini
  • la risata è universale e inconscia

Quanto è ironico tutto ciò? I social networks sono nati per ampliare le relazioni sociali e invece sono semplicemente un veicolo sterile di informazioni!

#5- Sei più influenzato dai brand quando sei triste o hai paura

Una serie di studi della Università olandese Nijmegen dimostrano che le persone impaurite o tristi tendono a scegliere prodotti a loro familiari mentre le persone felici rischiano nella scelta di prodotti nuovi o differenti.

Tutto ciò deriva dal fatto che quando siamo tristi il nostro “vecchio” cervello e la parte emozionale di esso sono in allerta. Dobbiamo proteggerci da ulteriori sbalzi emozionali, quindi, scegliamo ciò che ci è più familiare. In questo caso un Lovemark sarà sicuramente preferito a una novità!

#6- I brand parlano al tuo "vecchio" cervello

Il “vecchio” cervello analizza costantemente l’ambiente ed è maggiormente interessato al cibo, alla sopravvivenza e al sesso. Le preoccupazioni di questa parte del nostro cervello sono collegate anche all’idea di perdita, che per chi lavora in comunicazione è la parte più interessante!

I brand parlano a questa parte del cervello e attivano l’idea di sicurezza in quanto garantiscono che l’oggetto che stiamo guardando non è sconosciuto ma è ben definito nella nostra cultura. Ovviamente se in passato abbiamo avuto brutte esperienze con una marca il nostro “vecchio” cervello di suggerirà di guardare altrove.

#7- "Sei facilmente influenzabile, ma io no"

Tutti ormai sappiamo quanto siano importanti le opinioni dei consumatori nel web. Quando dobbiamo fare un’acquisto ci catapultiamo subito sulle revisioni e sui commenti che gli utenti fanno di questo o quel prodotto.

Nonostante ciò, le persone continuano a dire di non essere così facilmente influenzabili. Questo concetto può essere riassunto con “l’effetto della terza persona”. Ma perché crediamo di essere meno influenzabili degli altri? La risposta è semplice, il processo di influenza avviene a livello totalmente inconscio, quindi noi non siamo in grado di poterlo controllare!

#8- Ti aspetti che l'interazione online segua le regole sociali

Quando le persone interagiscono seguono delle regole che variano in base alla loro cultura. Ovviamente ognuno di noi ha delle aspettative sull’interazione che, se vengono violate, non fanno sentire a proprio agio creando vero e proprio imbarazzo.

Le interazioni online1 seguono le stesse regole, quando l’utente va su un sito o usa un’app ha già un’idea di cosa aspettarsi. Questi processi sono lo specchio di ciò che accadrebbe se avessimo davanti a noi una persona, quindi se il sito o l’app funziona male o disattende le aspettative ci troviamo a disagio. Chi di voi non si è mai infastidito nel dover inserire tutti i dati personali per accedere a un’app o ad un forum? O peggio, se il forum non salva le nostre informazione ad ogni sessione non è come se ci dovessimo ripresentare all’infinito alla stessa persona?

Ma questo non è l’unico problema che affligge il mondo online, infatti in base alla cultura di appartenenza ci sono anche delle aspettative diverse, le quali rendono molto più difficile il lavoro dei web designer, come dei marketing manager, che devono trovare soluzioni diverse per i diversi mercati. Quindi? siamo davanti alla ridefinizione del termine social media? Probabilmente no, ma sicuramente la definizione deve essere rivista.

#9- Quando sei indeciso copi dagli altri

Quando ci troviamo davanti alla necessita di acquistare qualcosa, o di cercare un consiglio, andiamo subito sul web. Revisioni, punteggi, commenti, forum sono solo una parte dell’enorme quantità di informazioni sui prodotti che possiamo trovare. Recenti studi dimostrano che ci fidiamo di più dei commenti delle persone, anche sconosciute, che delle revisioni degli esperti. Le recensioni maggiormente apprezzate dagli internauti hanno delle caratteristiche ben precise:

  • Includono informazioni sulla persona che le scrive
  • Raccontano una storia sul prodotto usato
  • Sono scritte da “persone come noi” e non da esperti

Per questo motivo, negli ultimi anni, il parere dei consumatori è diventato una vera miniera d’oro per chi si occupa di marketing.

#10- Dai più valore a un prodotto se è fisicamente davanti a te

Quando andate a comprare qualcosa, in base a cosa gli date un valore? Recenti studi e vari esperimenti hanno dimostrato che se l’oggetto che volete comprare è di fronte a voi fisicamente, acquista un maggior valore.

La spiegazione a ciò potrebbe trovarsi nel condizionamento di Pavlov ( vi ricordate il suo famoso esperimento col cane?). Che consiste nel fatto che, essendo il prodotto direttamente disponibile davanti a noi, scatti un meccanismo di stimolo (ho il prodotto davanti) e di risposta da parte nostra (comprarlo).

Scritto da

Lara Zaccaria 

Campaign Manager

Laureata in Comunicazione a Trieste e con un Master in Digital Marketing alla UCD Graduate School di Dublino, attualmente lavoro come Marketing Campaign Manager a LinkedIn. L… continua

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