Kvällspressen Impact, la parodia degli ambient

Kvällspressen Impact, agenzia pubblicitaria svedese, si è sbizzarrita con una serie di ambient molto innovativi ed originali… vediamoli!

URINATOIO

 

BICICLETTA

 

SCALE

 

T-SHIRT

L'amore ai tempi dei social media [INFOGRAFICA]

Ve le ricordate le chat di una volta? Nickname imbarazzanti, così come imbarazzanti erano i momenti in cui qualcuno ci “scopriva”. Tutti chattavano, pochissimi lo ammettevano. E principalmente si chattava per passatempo, per incontrare qualcuno, per curiosità.

Qualcuno, si è anche innamorato grazie alle vecchie chat, e chissà quante sono le coppie che si sono conosciute – anche tra i nostri amici – e che non lo hanno mai detto, nascondendosi dietro un racconto “concordato”, dietro un “ci siamo conosciuti alla mostra di Monet”  o chissà dove. Adesso è tutto diverso, sui social si trovano nuovi amici, nuovi amori, a volte corrisposti, a volte no. O semplicemente si fissano inebetiti le foto di un amore platonico, che vive a chilometri di distanza e che siamo sempre lì, sul punto di contattare.

Ma ci sono delle cifre che parlano dell’amore sui social? E chi trova normale fare nuove conoscenze su Facebook ha una visione così diversa dell’amore rispetto a quella di chi ancora si ricorda cosa voleva dire chiedere un appuntamento a qualcuno guardandolo negli occhi.

Questa infografica di Lab42, pubblicata su Mashable, ci dà l’idea di come la pensano i social media lovers.

Il campione è composto da 500 utenti con più di 18 anni.

Il 23% degli intervistati annovera tra le caratteristiche che più attraggono le opinioni politiche e religiose, i gusti musicali, la carriera e la stabilità economica. Più del 60% non ha mai troncato via mail, chat sms o Facebook e mai lo farebbe (per fortuna). Il 52% cambia immediatamente il proprio status sentimentale su Facebook dopo una rottura – si è più cauti a farlo quando una relazione comincia (38%). E Facebook è l’arma con la quale si tenta il primo approccio: una richiesta d’amicizia è per il 57% la conseguenza naturale di un incontro interessante.

Johnnie Walker presenta The Important Man


Cosa vi ricorda questo spot?

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Avete presente l’Old Spice Guy? Lui, Isaiah Mustafa, The man your man could smell like, è rimasto nella storia dell’advertising per aver interpretato la celebre pubblicità Old Spice.

Sulla scia del genere, la nota marca di whisky scozzese Johnnie Walker, in collaborazione con l’agenzia Leo Burnett Sidney, ha ideato la campagna The important man.

Il protagonista ostenta il suo bicchiere di whisky, presentandolo come il drink dei ricchi e potenti.

L’uomo in questione incarna perfettamente lo striding man, ovvero colui che avanza con passo sicuro verso il futuro. Questa icona, ideata nel 1908 da Tom Brown, è divenuta simbolo del whisky Johnnie Walker, il cui pay off è proprio “Keep walking”.

Mettendo a confronto i due spot le similitudini sono palesi.

In primo luogo entrambi utilizzano espressioni che rimandano ai giochi di parole.

Per Old Spice la frase era: Hello ladies, look at your man, now back to me, now back to your man, now back to me. Sadly, he isn’t me. But if he switched to Old Spice, he could smell like he’s me. Indicando che un qualsiasi uomo non può essere come Isaiah Mustafa, ma può sempre avere il suo odore!

Nell’advertising targato Johnny Walker invece, the Important Man afferma che il suo drink preferito è every bites important as the important discussions important men discuss. Ovvero, la scelta del drink ha la stessa importanza delle discussioni importanti di uomini importanti.

Tralasciando il significato delle frasi in questione, la tecnica utilizzata è la medesima: mettere insieme una serie di parole ripetitive in grado di restare impresse nella mente dello spettatore diventando un vero e proprio tormentone.

Sappiamo per certo che per Old Spice ha funzionato (Old Spice è diventato il canale commerciale YouTube più visitato e il brand attualmente è il primo tra i bagnoschiuma da uomo).

La seconda similitudine è rappresentata dallo stile del discorso: in entrambi gli spot i protagonisti appaiono sicuri di sé stessi. Lo dimostrano il tono della loro voce e le espressioni ammiccanti.

Sembra insomma che la Leo Burnett abbia preso un po’ troppo ad esempio l’imbattibile campagna The Man Your Man Could Smell Like.

A smentire questa teoria è intervenuto Andy Di Lallo, chief creative alla Leo Burnett Sidney, il quale ha voluto esprimere la sua opinione. Egli obietta sostenendo che Old Spice è solo una tra le tante che hanno voluto cimentarsi in un genere preciso che non fa parte esclusivamente dell’universo dell’advertising. La regola è “compra questo prodotto, comportati così e potrai diventare come il protagonista di questa pubblicità/film, ecc”. A veicolare il messaggio è sempre un uomo affascinante, da prendere ad esempio.

Lo aveva fatto nel 2006 la birra Dos  Equis con The most  interesting  man in the world e neanche Old Spice era nuova a questa tecnica, già prima di Isaiah Mustafa (Old Spice feat Bruce Campbell).

Quindi, Andy Di Lallo sostiene che Old Spice non può essere l’unica ad utilizzare la strategia “goofy sight gags and ultra-witty dialogue”.

In più, all’accusa di aver copiato i testi, egli risponde spiegando che lo spot The Important Man ha un dialogo estremamente punteggiato, in cui vengono utilizzate pause drammatiche per amplificare lo humor intenzionale, in modo da far sì che lo spettatore possa cogliere alcune parole chiave – es. Scotch, Fiduciary, Don Johnson, Sit down, Stand up.

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Al contrario, la pubblicità Old Spice è costruita in modo da permettere allo spettatore di carpire ogni termine.

La differenza significativa tra lo spot The Man Your Man Could Smell Like di Old Spice e ogni altro advertising che tenta di calcare le sue orme è che l’Old Spice Guy non si rivolge direttamente al suo target primario. Isaiah Mustafa dice chiaramente ladies. Ciò significa che l’agenzia Wieden+Kennedy ha capito che per arrivare agli uomini, ai quali spesso poco importa che tipo di prodotti per l’igiene del corpo usare, devono ottenere prima l’approvazione delle donne.

Per lo scotch invece, la questione è certamente diversa.

Il dubbio però rimane: la campagna Johnnie Walker avrà copiato intenzionalmente Old Spice per tentare di godere dello stesso successo?

Le Internet Medley: 40 memi in un solo video [VIRAL VIDEO]

I memi della rete, croce e delizia di noi naviganti che quotidianamente ci imbattiamo in questi fenomeni di Internet, tormentoni (a volte nel vero senso della parola!) dall’imprevedibile natura. Che ci piacciano o no, oramai non possiamo più farne a meno.

The GAG Quartet, trio di giovani musicisti (che sulla loro pagina Facebook si autodefinisce “una band stupida che fa musica stupida”) ha ben pensato di omaggiare i memi più famosi, raccogliendone ben 40 in un solo medley musicale. Nyan Cat, Numa Numa Guy, Rebecca Black, Chuck Testa e via di questo passo. Non manca davvero nessuno!
Avreste aggiunto qualcun’altro?!

SnackTools: gli strumenti che danno vita al tuo blog

SnackTools è una suite di applicazioni web che si propone di offrire gli strumenti più semplici per la creazione di contenuti web. Tutte le applicazioni SnackTools sono concesse in licenza gratuita con la possibilità di passare all’opzione premium per un uso professionale. Inoltre questa suite si può integrare con la maggior parte delle piattaforme blog, CMS e siti web social come Blogger, WordPress, Tumblr, Joomla, Drupal, Web, Weebly, Jimdo, Facebook, Hi5, Orkut, Ning.
Tecnicamente, ovunque sia possibile postare un video di YouTube, è anche possibile inserire un widget SnackTools!

Da chi possono essere utilizzate le applicazioni SnackTools?

Queste applicazioni sono progettate per persone pratiche, blogger, creativi, esperti di tecnologia ma anche per piccole imprese, grandi aziende, social networks  e freelance. Vediamole insieme.

Bannersnack


Bannersnack è una applicazione on line che  permette di creare banner  flash e altri tipi di contenuto flash molto rapidamente.
Il nuovo BannerSnack PRO (appena lanciato) è stata notevolmente migliorato ed è ora pienamente compatibile con Google AdWords.
Inoltre è possibile generare i banner gif gratis. Le versioni banner gif possono essere scaricati gratuitamente con alcune limitazioni. Tutto questo senza alcun codice!

Photosnack

Con PhotoSnack è più facile che mai aggiungere foto, creare eleganti presentazioni in flash con musica e condividerli con amici e famiglia. Le foto possono essere aggiunte da Facebook, Flickr, Picasa, Photobucket e SmugMug.
Inoltre si può scegliere tra 24 modelli di presentazione diversi.

Podsnack

PodSnack permette di creare player personalizzati in tre semplici passi: scegliere un modello di player, aggiungere la vostra canzone e personalizzare a piacimento.
Una volta creato, il lettore mp3 flash può essere condiviso, integrato o scaricato sia come file SWF per i siti web HTML e componenti flash per siti web.
Con PodSnack è facile creare playlist e condividerle con gli amici. PodSnack ospiterà i file audio, permettendo di aggiungere la playlist musicale al proprio sito web o pagina di social networking (WordPress, Blogger, Tumblr, Facebook, MySpace e altri).

Tubesnack

TubeSnack è un video playlist maker che consente di creare playlist video personalizzate online, aggiungendo i link  video da YouTube. Con TubeSnack, è ora possibile condividere facilmente video o incorporarli contemporaneamente. Inoltre TubeSnack ti permette di condividere o incorporare i video in modo molto più elegante grazie al suo stiloso skin.

Quizsnack


QuizSnack è il più facile da usare per il sondaggio online e strumento di rilevazione, consentendo di creare e condurre questionari di mercato senza dover imparare software complicati. Inoltre  i risultati vengono visualizzati in tempo reale.
Utilizzando QuizSnack è possibile:
– Personalizzare l’aspetto del vostro quiz
– Creare sondaggi e indagini in qualsiasi lingua che si desidera
– Incorporare il quiz nel proprio sito web
– Memorizzare i dati in modo sicuro per un periodo indeterminato di tempo
– Esportare i dati in formato CSV
Grazie alla sua flessibilità e facilità d’uso, QuizSnack può essere utilizzato da blogger, da marketing e product manager che desiderano condurre un sondaggio online, così come gli utenti di social networking.

Flipsnack


FlipSnack è un software online di flipping book che permette di convertire documenti PDF in pagine flash digitali. E ‘l’ideale soluzione per coloro che desiderano inserire un libro, una rivista, un catalogo, un giornale, un portfolio o qualsiasi altro tipo di documento in un sito web o blog. Una volta creato è possibile condividerlo su siti di social networking come Facebook.
Con FlipSnack è possibile caricare più documenti contemporaneamente, permettendo di incorporare non solo una, ma più pagine nello stesso widget in flash.

La t-shirt per pulire i tuoi occhiali. Bella l'idea, ma un po' cara!

Girando in Rete troviamo spesso gadget utili, pazzi, geniali. Oggi vi mostriamo Wipe, la t-shirt utile per chi ha la mania di pulire qualsiasi cosa con la propria maglietta (grazie alla microfibra).

Ci sono due versioni: la prima, con la banda in microfibra in alto (per pulire i nostri smartphone) e la seconda, con la banda in microfibra in basso (più comoda per le lenti degli occhiali, ad esempio).

L’unico inconveniente, almeno secondo noi, è il prezzo: ben 90 dollari.

Cosa ne pensate? Vi sembra un buon rapporto qualità-prezzo?

Hostname Mirrors e problemi lato SEO

Brevetto Google Host

Seo non vuol dire solo ottimizzazione o diffusione di link o contenuti, ma anche piccoli accorgimenti tecnici da apportare al nostro sito web. In questo scenario possiamo individuare l’Hostname Mirror, cioè la possibilità che il nostro sito web sia raggiunto sia inserendo il prefisso www. che omettendolo (per esempio www.miosito.com e miosito.com).

Hostname Mirror se non gestito opportunamente potrebbe risultare un problema, non solo per la possibilità di avere contenuti duplicati, ma anche nell’ indicizzazione, in quanto lo spider impiegherebbe il doppio del tempo per scandire le pagine: questo perchè dovrebbe scorrere tutte le pagine del nostro dominio con il www. e successivamente quelle senza il www.
Se non è molto chiaro quanto abbiamo appena illustrato, possiamo fare un esempio pratico: il sito del New York Times fino a qualche anno fa era soggetto a questo problema.
Se visitavamo il sito esso “http://newyorktimes.com/”  aveva un pagerank 7 mentre vistando il sito web http://www.newyorktimes.com/ esso aveva un pagerank 9.

Il problema fù risolto effettuando un redirect permanente (301) dalla versione senza www a quella con il www ed ad oggi andando su http://www.newyorktimes.com/ il pagerank è stabile a 9 e la situazione si è stabilizzata.

Il brevetto di Google: Detecting mirrors on the web

Proprio in questi giorni, Google ha rilasciato un brevetto, ormai vecchio di 7 anni, consultabile a questo indirizzo web: Detecting mirrors on the web (US Patent 8,055,626),
Il brevetto descrive il problema di avere un sito accessibile con due nomi host diversi e le problematiche che provoca lato SEO.

Il brevetto mette il luce aspetti interessanti:

 “Se abbiamo  host multipli che fanno riferimento al medesimo contenuto potrebbero sorgere problemi in quanto il motore di ricerca che tenterà di indicizzare i contenuti associati ai nomi di host multipli.
Se, ad esempio, un motore di ricerca non riconosce correttamente  i due nomi di host, che si riferiscono allo stesso contenuto, esso eseguirà la scansione  delle pagine  da entrambi nomi host.
Questa situazione porterà ad un uso maggiore della larghezza di banda e ad un doppio carico di lavoro per lo spider del motore di ricerca. Inoltre i due hostname fanno riferimento al medesimo contenuto, il che può causare problemi di duplicaizone dei contenuti e conseguentemente declassificazione nei risultati di ricerca.

Utilizzando tecniche di posizionamento, una pagina web sarà tanto più “in alto” nella SERP  se è puntata da un gran numero di altre pagine (se ha tanti link in ingresso). Pertanto, se i due nomi di host si riferiscono al medesimo contenuto essi saranno trattati separatamente a fini della classifica,  e potranno ricevere la metà dei link in ingresso”.

Contromisure tecniche per avere un Canonical HostName

Come possiamo  apportare le modifiche corrette al nostro sito web per risolvere questo problema? Indicato un unico Canonical HostName.

E’ molto semplice: per esempio in PHP se vogliamo fare un redirect da non www a www il codice da inserire in .htaccess è il seguente:
RewriteEngine On
RewriteBase /
RewriteCond %{HTTP_HOST} ^yourdomain.com [NC]
RewriteRule ^(.*)$ http:// www.domain.com/$1 [L,R=301]

o in IIS7 o IIS6:

<rule name=”Add WWW prefix” >
<match url=”(.*)” ignoreCase=”true” />
<conditions>
<add input=”{HTTP_HOST}” pattern=”^domain.com” />
</conditions>
<action type=”Redirect” url=”http://www.domain.com/{R:1}”
    redirectType=”Permanent” />
</rule>

Nel caso di utilizzo di  IIS 7, è possibile impostare l’URL rewrite inserendo il  canonical domain name nel campo di configurazione.

Ovviamente quelle proposte sono solo alcune delle possibili soluzioni tecniche da apportare.

Una volta, configurato il nostro dominio, possiamo “dirlo a Google” direttamente dagli strumenti per webMaster come mostra la seguente immagine:

Canonical Url Google

A questo punto abbiamo risolto il problema (se c’era…) ed abbiamo configurato un canonical domainname.

Un piccolo accorgimento tecnico lato SEO che può portare benefici nel tempo…

Fonte Parziale: http://www.seobythesea.com/

Politica e startup. Il punto della situazione con l’on. Alessia Mosca.

In quest’intervista cerchiamo di ricostruire lo scenario sul quale, il disegno di legge a firma Mosca-Lorenzin, per l’istituzione di un Fondo dei fondi, si innesta e opera. Nella fattispecie l’on. Mosca ci ha aiutato, con le sue risposte, ad avere una situazione più chiara e definita di quelli che sono i limiti del contesto entro il quale operano gli imprenditori dell’hi-tech.  Il nostro intento è stato quello di condensare in poche domande le criticità che caratterizzano, da tempo ormai, il tessuto degli innovatori italiani: dalle difficoltà di una burocrazia agghiacciante, alla mancanza di una cultura del fallimento passando per il mancato sostegno alle politiche dell’innovazione. Colgo l’occasione per ringraziare Rosanna Perrone per il suo prezioso contributo alla stesura della domande.

Sul disegno di legge

1 ) Può spiegare ai nostri lettori quali sono le finalità del disegno di legge sull’istituzione di un Fondo dei fondi presso la Cassa depositi e prestiti SPA, presentato da lei e dall’on. Beatrice Lorenzin?

L’obiettivo è favorire la nascita di nuove aziende, sostenere lo spirito imprenditoriale, antidoto per favorire una rapida uscita dalla crisi. Il target è costituito da aziende ad alto contenuto tecnologico in fase pre-competitiva (quindi che non hanno ancora iniziato a produrre profitti), soggette a elevato rischio per il contenuto del progetto sviluppato, che hanno possibilità di rientro nell’investimento solo nel lungo periodo

2) Il movimento ICT startupper italiano attualmente vive un paradosso, perchè da un lato si trova in una fase di grande fermento, dall’altro non ha interlocutori politici. Pochissime persone inquadrano la natura del problema in connessione con la crescita economica: per ridurre il debito e aumentare il Pil, occorre aumentare la produttività. Questo vuol dire aiutare la crescita delle imprese, capaci di creare nuovi posti di lavoro. Perchè la  politica italiana è in gran parte disinteressata ad un’iniziativa di legge a favore di quello che è semplice interesse collettivo e non soltanto di alcune parti? Non trova un controsenso in questo fatto?

Sono d’accordo con lei: si tratta di una situazione paradossale. Abbiamo risorse umane, competenze e talenti, ma anziché valorizzarli, mettiamo in campo un sistema di regole e fiscalità che soffoca l’innovazione. Per altro, resto convinta che non sia sufficiente analizzare i problemi e restare immobili a lamentarsi. Da questa crisi usciamo solo dando fiducia a chi ha voglia di rischiare, di mettersi in gioco. Dobbiamo creare le condizioni perché chi ha buone idee di business possa mettersi alla prova.

3) Parlavamo poco fa di grande fermento sulla scena startupper italiana. Eventi, nuove iniziative editoriali e grandi aziende si stanno preoccupando di dare una maggiore visibilità e ulteriori opportunità a questa corrente che si sta costituendo pian piano come un gruppo di pressione vero e proprio e che ,allo stesso tempo, presenta nuove istanze. A parte i tagli dei fondi alla banda larga, che è un’azione politica ancora una volta inadatta a cogliere l’occasione preziosa che le si presentava per aiutare lo sviluppo economico del paese, secondo lei quali potrebbero essere le soluzioni all’attuale situazione di stallo?

Non esistono ricette magiche, ma è possibile ottenere buoni risultati dal combinato disposto di vari interventi. Oggi la sfida si gioca tutta sul capitale umano: non possiamo pensare di competere sul prezzo con i paesi emergenti; per restare competitivi occorre innovare per realizzare soluzioni migliori rispetto agli altri. Se questo è l’obiettivo, la prima cosa da fare è consentire a chi ha delle capacità di mettersi alla prova, a cominciare dai giovani e dalle donne, che oggi pagano più di tutti la crisi occupazionale. Venendo allo specifico dell’innovazione  partirei con un incremento degli investimenti in ricerca universitaria (oggi siamo all0 0,8% contro l’1,3% della media Ue). Non si tratta di somme ingenti, possono essere reperiti eliminando alcuni dei tanti sprechi, che avrebbero un effetto moltiplicatore sul fronte occupazionale e di collaborazione con le aziende innovative. I traguardi dell’Agenda europea indicano per il 2013 una banda larga di base per tutti, che elimini il digital divide. Questo obiettivo non va mancato, anche a costo di stringere la cinghia su altre voci, perché ne va della capacità competitiva del paese per i prossimi anni.

Sul contesto del disegno di legge

4) Uno degli obiettivi della sua proposta di legge è quello di istituire un fondo dei fondi attraverso la cassa depositi e prestiti e contemporaneamente quello di aumentare il volume degli investimenti destinati al settore. Allo stesso tempo però l’iniziativa d’impresa soffre di molti problemi: lentezza della burocrazia, alti costi per la costituzione della società, forti barriere legali, oltre che burocratiche, all’entrata e all’uscita di capitali nelle società, grossi ostacoli alla trasformazione della ricerca in business e una pressoché totale assenza di una cultura del fallimento. Non crede che prima di aumentare il volume dei finanziamenti sia necessario risolvere questi problemi affinché il settore possa sfruttare al meglio gli investimenti previsti?

Certo, i due temi vanno in parallelo. Però dobbiamo anche essere consapevoli che i problemi che lei ha citato non si sono formati d’improvviso, ma negli anni, nei decenni, anche se in tempi di crisi come quello che stiamo vivendo tutto diventa più drammatico. Occorrerebbe un coraggio riformatore in chi oggi è al governo, ma purtroppo questo manca perché si pensa alla visione di breve, a tenere insieme una maggioranza divisa su tutto, all’impatto delle decisioni assunte sull’opinione pubblica.

5) Per sostenere un sistema favorevole alla crescita, all’interno di un distretto industriale italiano, serve creare sinergie tra imprese e investimenti, ma anche, e non da ultima, con la ricerca scientifica. In che maniera si tiene conto, anche grazie alla sua proposta, di questo terzo fattore in causa?

Non si può pensare che una legge possa risolvere tutte le problematiche che meritano attenzione nel nostro paese. È evidente che è necessaria una maggiore sinergia tra la ricerca universitaria scientifica e l’imprenditorialità, e su questo punto io ritengo di grande importanza la necessità di educare tutti i giovani, ma specialmente gli scienziati all’imprenditorialità e all’autoimprenditorialità, tematica spesso trascurata e invece sempre più cruciale per il mondo in cui viviamo. Tuttavia la nostra proposta vuole essere un primo tassello di un percorso che spero possa beneficiare di molte iniziative complementari.

Sulla cultura del fallimento

6) In Italia manca una cultura del fallimento e la normativa in materia nè è la riprova. Le startup, in particolare le ICT startup, soffrono di un elevato tasso di mortalità, considerato fisiologico. Ma da noi, quando fallisci, resti solo un fallito. Nelle zone a più alta produttività, invece, il successo medio riconosciuto è dato da 2 startup che non muoiono, su 6-7 che un imprenditore crea. E’ quindi plausibile pensare che migliorando la normativa dedicata a
l fallimento si riuscirà a dare adito ad una cultura del fallimento a favore del nostro sistema economico e che soprattutto non costituisca un deterrente per l’avvio di un’attività imprenditoriale?

Una riforma in tal senso è stata fatta pochi anni fa, ma evidentemente non è bastata a cambiare le cose. Tuttavia, credo che su questo punto pesino soprattutto retaggi di tipo culturale: da noi il fallimento di un’iniziativa personale è spesso associato al fallimento personale del promotore. Questo avviene anche perché chi fa impresa di solito ricorre per la gran parte a mezzi propri. Si torna al discorso della mancanza di una rete a sostegno dell’innovazione e del rischio d’impresa. A mio modo di vedere sono questi i punti sui quali intervenire con maggiore urgenza.

Alcuni consigli ai lettori

7) In che modo i passaggi del suo percorso professionale possono essere trasmessi ad un giovane che volesse ripercorrere la sua stessa strada? Quali difficoltà ha incontrato e cosa le hanno fatto maturare? Quali sono i suoi prossimi obiettivi? Vuole lasciarci un consiglio, una nota, un incoraggiamento in eredità?

Intanto vorrei aspettare a parlare di eredità…il mio unico consiglio è quello di perseverare nella ricerca della propria strada attraverso impegno costante, studio, formazione continua, apertura al mondo e alle esperienze internazionali. Anche se in questi anni ha avuto la strada spianata chi ha cercato scorciatoie, per esempio attraverso una mediatizzazione esasperata, la ricerca della notorietà passeggera o il familismo vecchio stampo, credo che il nostro paese si salverà solo se sempre più giovani prenderanno la strada più lunga e accidentata dell’investimento serio su se stessi. E sono certa che le soddisfazioni personali saranno più solide e durature. Sta a chi in questo momento e nei prossimi anni avrà le leve del potere non far scappare questi giovani altrove, ma scommettere tutte le proprie carte su di loro. E’ il nostro capitale più importante e solo così il nostro Paese uscirà del declino.

La redazione startup di Ninja Marketing ringrazia l’on. Alessia Mosca per aver prestato parte del suo tempo ed aver contribuito alla pubblicazione dell’intervista.

Guida alla scelta del miglior tablet per le proprie esigenze

La crescita, in termini di utilizzo, dei device mobile va di pari passo con l’enorme fatturato che questi, sempre più potenti, gioiellini stanno accumulando nel corso dell’anno; uno dei pochi settori a non patire la febbre da crisi economica. In un articolo apparso su Repubblica l’8 ottobre scorso, la Merryl Linch (una delle banche d’investimento più imporanti d’America) ha affermato che nel 2011 l’acquisto di dispositivi mobili supererà di gran lunga quello dei fissi. Si fa riferimento ovviamente a smartphone e tablet, con buona pace di netbook e notebook vari.

Oggi, quando si parla di tablet l’associazione più immediata è inevitabilmente fatta con l’iPad, che tuttavia non è stato il primo della storia ad essere progettato. Infatti, questo primato va alla Microsoft che nel 2000 creaò un proprio device conosciuto con il termine “Tablet Pc”, basato su sistema Windows XP (fonte wikpedia). Tuttavia va riconosciuto al tablet di Cupertino di aver letteralmente spaccato il mercato. Probabilmente nato in un contesto storico dove l’abitudine degli utenti all’utilizzo di un supporto mobile performante era già stata consolidata grazie all’enorme successo delle varie versioni di iPhone, l’iPad ha debuttato il 27 gennaio 2010 vendendo 300.000 pezzi soltanto il primo giorno (fonte L’occidentale). Oggi si parla di una quota di 25 milioni.

Grazie al successo dell’iPad, il mercato è cresciuto grazie ad una domanda sempre più insistente e sempre più esigente, dando modo all’offerta di arricchirsi e differenziarsi con supporti dal notevole slancio innovativo come il Galaxy Tab, lo Lg Optimus pad 3d, il Blackberry Playbook, Acer Iconia, Htc Flyer e Kindle. Questa differenzazione però innesta un dubbio nella mente del consumatore:  come scegliere il prodotto più adatto alle nostre esigenze? Basta darsi risposta su una serie di semplici domande.

A cosa mi serve un tablet?

Per giocare. Non è un giocattolo, ma secondo quest’articolo l’attività più svolta con un tablet è il gaming.
Per cercare informazioni. Il browsing sui vari motori di ricerca per essere aggiornati su notizie, o ricevere dati contestuali a seconda delle esigenze è la seconda attività più importante.
Leggere. Gli ebook viaggiano forte, almeno tanto quanto gli eMagazine soprattutto grazie all’introduzione di Edicola con il nuovo iOs 5.
Editare documenti e inviare email. Se avete bisogno di modificare un doc appena usciti dall’ufficio, o controllare la posta elettronica in qualsiasi momento, un tablet può certamente essere molto utile.

Meglio un sistema operativo iOs o Android?

Una domanda che probabilmente non avrà mai risposta. L’iOs, sistema operativo montato sui device Apple, è un molto user friendly, pratico, performante e facile da tenere aggiornato, all’avanguardia in termini di design. Android, sistema operativo creato da Google, è molto più “open”, ma bisogna fare attenzione alle versioni. A differenza di iOs, che troviamo solo su supporti Apple (facili da aggiornare all’ultima versione), Android è caricato su tablet di diverse marche, che montano diverse versioni. Se la scelta viene fatta su questo secondo valido sistema operativo, meglio optare per un device con sistema Android dalla versione 3 a salire.

Quale sistema ha la migliore offerta di app?

Sia l’Apple’s App Store che l’Android Market hanno un vastissimo numero di apps, che assolvono a funzioni differenti, inoltre molti applicativi compaiono in entrambi gli store. Pertanto, possiamo dire che su questo punto si annullano a vicenda.

Portabilità  e usabilità

Ovvio che un tablet è fatto per essere trasportato, quindi occhio alle dimensioni e al peso. L’iPad 2 pesa 600 g (significa poco più di una bottiglietta d’acqua da mezzo litro), mentre il Galaxy Tab 7 ne pesa appena 380. Cambiano le dimensioni del display, quindi occhio a quello che cercate. E, soprattutto, occhio a quello che vedete! In termini di usabilità è importante che lo schermo di un tablet sia perfettamente leggibile, visto che spesso verrà utilizzato per strada non deve rifrangere la luce, e il touchscreen  deve essere sensibile quanto lo sono le nostre dita. Pertanto, prima dell’acquisto di un tablet assicuratevi di averlo provato, magari tramite amici.

Connettività

L’iPad, nelle sue due versioni, ha sempre conservato una criticità – quella di non avere altro ingresso che non fosse quello per ricaricarlo. Né porte Usb, né HDMI.  Questo perché la Apple vende questi supporti come estensioni separate. Altri tablet si sono impegnati a colmare questo vuoto, come il Toshiba thrive, tanto per citarne uno di ottimo livello non ancora menzionato. Per quanto riguarda la connessione ad internet, la questione è semplice. O si sceglie un supporto che navighi solo in Wi-Fi (ergo, solo a casa o una volta agganciati ad uno hot-spot); oppure si opta per i tablet con connessione 3G, capaci di connettersi sulle reti mobili. La differenza di prezzo tra un tablet solo Wi-Fi e uno che si muova su entrambi i fronti c’è. Ma è proporzionale al vantaggio in termini di ottimizzazione delle potenzialità.

Il destino dei tablet è quello di diventare sempre più potenti, di rispondere ad un numero sempre più alto di esigenze, di essere utilizzati praticamente ovunque,  con il solo limite dell’immaginazione. O del portafogli.

Automatizzare le nostre azioni in rete: IFTTT

Tutti noi siamo ormai presenti su più di un social network e utilizziamo quotidianamente i nostri account e diversi servizi web in base a varie logiche di condivisione e per tutti, almeno una volta, può risultare utile far funzionare queste logiche in maniera automatizzata.

E’ sulla base di questo presupposto che funziona IFTTT, servizio nato a San Francisco il cui nome è l’acronimo di If This Then That (“se questo, allora quello”). Il claim è semplicissimo “Put the internet to work for you” (“fa’ che internet lavori per te”), così come il funzionamento del sito: ogni utente può costruire dei Task (gli automatismi che si desidera attivare), composti dai Trigger (le condizioni IF) e dalle conseguenti Action.

Il sito presenta poi una serie di canali (Channel), l’insieme di servizi e applicazioni che usiamo ogni giorno e che IFTTT ci aiuta a collegare tra loro: Twitter, Facebook, Craiglist, Gmail, Instagram (solo per citare i più popolari), ma anche le previsioni meteo e l’agenda.

Un esempio di task molto semplice è “Invia ogni foto scattata da Instagram a Dropbox”, ma se ne possono creare di ogni tipo e si possono attivare e disattivare a proprio piacimento. Gli utenti possono mantenere attivi 10 task per volta, che si ripetono ogni 15 minuti. Si può inoltre decidere di condividere un task con gli altri user, facendolo diventare così una ricetta (Recipe) pronta per essere riutilizzata. Tra le ricette più popolari, ci sono quelle che avviano i trasferimenti di foto, l’invio di Tweet automatici e gli avvisi da recapitare in caso di pioggia.

Il servizio è stato lanciato in versione beta lo scorsa dicembre e, da allora, sono stati creati più di 100.000 task, per un totale di oltre 25 milioni di esecuzioni. Da qualche settimana è invece aperto a tutti.

Un’idea di sicura utilità ma, soprattutto, di semplice utilizzo. E voi, avete già creato la vostra ricetta?