[INTERVISTA] Massimo Melica: "Politica 2.0 in Italia? Da imparare"

Si parla così tanto di Web 2.0 che ormai anche i sassi interagiscono tra di loro. Meno di Politica 2.0 e quando succede lo si fa impropriamente, senza capirne il senso pratico e trascurando la base di questo concetto. Siamo quindi andati a intervistare Massimo Melica dello Studio Melica, Scandelin & Partners, avvocato esperto in diritto applicato alle nuove tecnologie. Massimo ha alle spalle una carriera unica che l’ha portato a essere tra i protagonisti del panorama istituzionale italiano, sempre tra questioni giuridiche della Rete, idee, università e quant’altro. Insomma, la persona migliore per capire cosa significa Politica 2.0.

Cosa significa veramente fare Politica 2.0?

Il concetto risente di sogni e aspettative che il mondo della condivisione si attende nella gestione partitica della “res pubblica”. Occorre tuttavia – pur rifacendoci alle proposte e riflessioni di Castells, Rifkin, Negroponte e non da ultimo Mangabeira Unger – riconoscere un duplice piano di “Politica 2.0”: il primo afferente la mera comunicazione della politica – in cui il modello Obama è il caso più emblematico -, il secondo sull’auspicabile “partecipazione diretta del cittadino”, che vede una destrutturazione del modello di governance politica sin’ora conosciuto. Il web porterebbe ad introdurre una reale politica partecipativa, ma su questo tema ci si scontra con le secolari problematiche date da una democrazia aperta e su cui, sin dai tempi di Atene, gravano dubbi sull’unicità di indirizzo e rapidità nell’assumere decisioni. Ciò detto, il modello di democrazia rappresentativa sembra oggi ancora resistere garantendo l’equilibrio tra gli interessi collettivi.

In questo contesto, come descriveresti l’attuale panorama politico italiano?

Ritengo che la partecipazione on line del cittadino trovi una meritoria attribuzione nella mera attività di controllo. La tecnologia oggi è in grado di attribuire forme trasparenti che da un lato responsabilizzano gli amministratori, dall’altra permettono di ostacolare comportamenti illeciti svolti da taluni in spregio alle norme giuridiche e civili. L’aumento dei reati contro la Pubblica Amministrazione, la corruzione e lo spreco del denaro pubblico attestano che oggi in Italia non abbiamo una benché minima attuazione di una politica che veda coinvolto il cittadino. Al contrario, se vogliamo ritenere che gli attuali luoghi digitali come blog, siti e social network gestiti da partiti e politici siano espressione di una Politica 2.0 siamo culturalmente lontani “anni luce” da un reale concetto di uso della tecnologia a favore del rapporto tra “cittadino e politica”.

E in relazione agli altri Paesi (Europa e America in primis)?

In Europa abbiamo dei casi di successo, soprattutto nei Paesi scandinavi in cui la partecipazione elettronica del cittadino ha permesso di mantenere l’Amministrazione trasparente; il caso più evidente è la messa on line di tutta la “posta in entrata e in uscita” degli uffici pubblici per un “controllo posto dalla base” che garantisca all’intera collettività l’efficienza della P.A. Altra esperienza lodevole è negli Stati Uniti in cui è stato introdotto il voto elettronico e sistemi di e-government che facilitano l’accesso alle informazioni della P.A. da parte del cittadino.

Il 2.0 sottointende l’interazione: i politici italiani ascoltano i cittadini?

Siamo sinceri, l’attuale sistema elettorale limita di fatto l’esigenza da parte di un Partito all’ascolto del cittadino-elettore. Sul web confondiamo la partecipazione con la “protesta”, la spontanea adesione con la strumentalizzazione delle opinioni di massa e in tutto questo non riusciamo a focalizzarne le enormi capacità di sviluppo che il binomio “politica e web” può portare nello sviluppo di un “essere cittadino”: più responsabile e consapevole verso lo Stato.

I cittadini “premiano” il politico 2.0?

La riflessione e il dato che ora riporto sono emblematici e rispondono senza alcun dubbio alla domanda. Dal 1997 ad oggi lo sviluppo di Internet nel nostro Paese è coinciso con l’aumento delle astensioni al voto. Tantissimi sono i cittadini italiani che disertano le urne eppure se il web ha, tra le sue prerogative, quello di aumentare la partecipazione alla politica… come mai i dati di astensione al voto sono in continuo aumento? La Politica ad oggi non è riuscita a staccarsi da un messaggio propagandistico, non riuscendo a coinvolgere attraverso il web l’elettore come parte attiva di un processo rivolto alla salvaguardia del bene comune.

Tre parole chiave per adeguarsi con i tempi?

Valori, esempi e trasparenza.

Questa è un’intervista da leggere due volte. La prima per capirla, la seconda per interiorizzarla. Ho deciso di chiuderla con le sue parole che rivolgo interrogativamente a chi legge: quali valori? Quali esempi? C’è mai stata trasparenza nella politica? Che il dibattito – democratico – abbia inizio…

Go Fast: nuova campagna ad Amsterdam per gli assetati di velocità![VIDEO]


Il brand Go fast è sempre più “energico” e lo dimostra nel Canal Bike di Amsterdam con la sua nuova campagna pubblicitaria. Il video è stato realizzato dall’agenzia Y&R Not Just Film e le riprese non sono di certo passate inosservate, con performance poco convenzionali tra le tranquille acque solitamente percorse dalle barchette dei turisti della città olandese che hanno visto sfrecciare una barchetta very Fast.

Mille motivi per essere innovatori: Gianluca Dettori racconta Working Capital 2011 [Intervista]

Oggi abbiamo il piacere di avere con noi Gianluca Dettori, presidente di dPixel, che ci parlerà della nuova edizione di Working Capital.

Buongiorno Gianluca, e grazie per essere con noi su Ninjamarketing.

Prego, grazie a voi Ninja.

Pochi giorni fa a Torino è stato presentato il nuovo Working Capital, l’iniziativa lanciata nel 2009 da Telecom Italia per individuare, selezionare e finanziare i più innovativi progetti italiani di impresa/ricerca nel campo internet e non solo.
dPixel è ormai un partner storico dell’iniziativa, e nella tua figura di advisor guida la valutazione dei partecipanti. Puoi raccontarci com’è nata la sinergia tra la tua società e Working Capital?

E’ nata dall’incontro con Salvo Mizzi (Responsabile, Internet Media & Digital Communication presso Telecom Italia, ndr), che in Telecom aveva sviluppato questo progetto. Conoscevo Salvo dai tempi di Vitaminic, lui era il fondatore del precursore di YouTube, My-TV. L’idea nasceva anche dalla considerazione che in dPixel vedevamo molte startup Italiane interessanti ma ancora acerbe, e in ogni caso molte di più di quelle che erano “investibili” dalle nostre limitate risorse finanziarie. Capimmo che c’era un’esigenza di supporto a queste startup e Franco Bernabè (amministratore delegato di Telecom Italia, ndr) si fece interprete di occuparsi di questo tema, sposando personalmente il progetto.

Nuove partnership, nuovi ambiti di ricerca, queste sono solo alcune delle novità di quest’anno. Ci racconti in che modo Working Capital edizione 2011 è un Working Capital tutto nuovo?

Abbiamo cercato di non stravolgere un format che dopo due anni si era comunque già affinato ed evoluto da un lato, dall’altro volevamo provare a migliorare ulteriormente il progetto. Le novità sono su diversi fronti:

1) Working Capital estende moltissimo il proprio radar di investimento. Ora oltre a Internet/mobile/ICT cerchiamo progetti in settori come le tecnologie medicali e per la scienza della vita, le nanotecnologie, tutto l’arco vastissimo del clean & green (produzione, storage, distribuzione dell’energia, smart grids, agricoltura e produzione alimentare, etc.). Questo ci poterà ad una più stretta collaborazione con i ricercatori, i professori e il mondo delle Università. In questo senso la partnership con il Premio Nazionale dell’Innovazione è centrale. Infine abbiamo aggiunto un nuovo filone: investimenti ad impatto sociale. Pazienti.org è uno dei progetti in questo senso che abbiamo già supportato, le aree di intervento qui possono essere molto ampie;

2) Quest’anno ci sono i soldi. 2,5 milioni di euro è il target, ma personalmente mi pongo l’obiettivo di cercare di aumentare questo numero. Vedremo se la qualità dei progetti lo consentirà. Non abbiamo infatti solo aumentato la disponibilità di grant (la modalità di finanziamento indirizzata a studenti, ricercatori e inventori; consiste in un contratto di ricerca del valore massimo di € 30.000, ndr) e investimenti per startup. La partnership con il fondo Quantica ci consente di immaginare anche obiettivi più ambiziosi sul lato del venture capital;

3) Il processo quest’anno è leggermente diverso. Si può entrare anche semplicemente partendo dall’idea. All’inizio partecipare non richiede la scrittura immediata di un business plan. I grant ad esempio richiedono una documentazione meno stringente. Fino all’estate il focus sarà sul trovare i 1.000 innovatori con una buona idea. Questo sarà sufficiente per concorrere ad un grant. Se invece si vuole fare una startup e puntare agli investimenti seed (finanziamento iniziale per startup, ammonta a € 100.000, ndr) oppure arrivare a Quantica occorre lavorare anche sul business plan e sul creare il team. Per il resto il formato è del tutto simile. A Settembre il focus si concentrerà invece sui 150 progetti e team più promettenti. Ci saranno ulteriori novità su questo aspetto nel corso delle prossime settimane, ma è inutile anticipare.

Rispetto alle scorse edizioni di Working Capital, quella del 2011 si è aperta con particolare solennità e vanta un’inaugurazione presenziata dal Capo dello Stato.
Da quando in Italia ci si è resi conto che anche l’innovazione può essere spettacolare?

E’ stato emozionante, stiamo continuando un filone in cui crediamo fin dall’inizio. E’ spettacolare vedere talenti come Lo Pumo (Andrea Lo Pumo, ideatore di Netsukuku, ha ottenuto una borsa di studio da Working Capital, ndr), raccontare la loro visione del mondo o il fondatore di Balsamiq (Giacomo “Peldi” Guilizzoni, ndr) che ti spiega come si fa un’azienda Internet di successo. Molto spettacolare, salubre e fondamentale per ispirare nuove generazioni a prendere il proprio futuro in mano. Persone e storie con cui ci si può relazionare e pensare, “Perchè io non ce la posso fare se ce l’ha fatta lui?”
E poi di questi tempi è bello guardare a questa Italia, che è quella più vera e più bella. Gli Italiani sono comunque gente che sa avere dei sogni, abbiamo solo perso la fiducia nel coltivarli.

Che segnale lancia nel mondo business un’azienda come Telecom investendo in progetti come Working Capital? E’ auspicabile che il suo esempio faccia da apripista per la nascita di iniziative di corporate venture capital in Italia?

Working Capital non è propriamente un’iniziativa di corporate venture capital. Tant’è che quest’anno WKC150 ha aperto a nuovi partner e oggi troviamo in un’unica organizzazione startup, Università, venture capital, banche e amministrazioni pubbliche. Sarebbe bello vedere anche in Italia nascere iniziative di corporate venture capital.

L’attenzione al mondo startup sembra essere rapidamente in aumento negli ultimi tempi: c’è una grande curiosità intorno all’argomento, e si stanno moltiplicando le iniziative a supporto degli startupper da parte di enti pubblici, istituti bancari, università. Credi che l’Italia stia davvero diventando un terreno più fertile per questo tipo d’impresa, o c’è ancora del lavoro da fare?

La verità che c’è moltissimo da fare, ma anche che abbiamo imboccato la strada giusta. A volte questo eccessivo interesse sulle startup mi preoccupa, spesso perchè vedo banalizzare la cosa o farne una sorta di fatto di folklore… ricordo l’aceto balsamico come premio alle startup competition. Eventi di questo tipo sono preoccupanti. Al di là di queste “Italianizzazioni” del fenomeno, non c’è dubbio che qualcosa sta succedendo nella community delle startup Italiane. Finalmente.

Il concept che anima la campagna di comunicazione Working Capital è la riproposizione ai giorni nostri della spedizione dei Mille; ci sarà infatti un tour che attraverserà tutta la penisola per scovarne gli innovatori.
Credi che in Italia il talento sia poco incentivato a mettersi in gioco e farsi conoscere? Che ci sia insomma un freno culturale, causato dal pessimismo diffuso e dalla sfiducia, che induce chi ha un’idea nuova a non osare?
Con il Tour dei Mille vi aspettate di portare alla luce un grande potenziale inespresso?

Talento e imprenditorialità sono strutturalmente disicentivati in Italia, spesso sono beffati dalla corruzione, dal nepotismo, dal furbettismo e così via via fino al tronismo e al bunga bunga. Il Tour dei Mille sbandiera Linnea Passaler (founder di Pazienti.org, ndr) e il suo team. Mi sembra un cambio di approccio rispetto ai temi dominanti.

Chiudiamo con una domanda che sappiamo già sarà un grande motivatore per partecipare a Working Capital e in generale per contribuire attivamente alla rifondazione dello spirito creativo e innovativo del Paese.
Perché oggi è necessario rifare l’Italia?

Dai ma di cosa stiamo parlando? Il perchè lo vediamo su Internet, TV e giornali tutti i giorni. Bisogna rifarla soprattutto perchè quella che vediamo non va da nessuna parte e non indietro. Non ci sto a far crescere mia figlia secondo questi valori. In Italia occorre una rifondazione innanzitutto culturale e di intenti concreti.

Ringraziamo Gianluca Dettori per il tempo concessoci, seguiremo con attenzione tutte le evoluzioni di Working Capital.

Per chi desiderasse maggiori informazioni su Working Capital 2011, il sito di riferimento è questo.

Reebok lancia la nuova campagna per la scarpa a ZigZag [BRANDING]

Dopo il successo nel 2010 della tecnologia “Easy Tone”, principalmente dedicata ad un pubblico femminile, Reebok lancia in questi giorni la sua nuova campagna multipiattaforma legata alla tecnologia ZigTech.

L’innovativa calzatura, caratterizzata dalla sua particolare forma a zig zag, è stata studiata per conservare l’energia dell’atleta e restituirla costantemente durante l’allenamento. Ciò è possibile grazie al materiale di cui è composta la parte inferiore: una speciale schiuma leggera che ammortizza gli impatti, riducendo l’affaticamento dei muscoli delle gambe.

Il claim scelto per la campagna “It’s your Energy. Use it” viene declinato graficamente con delle onde stilizzate che propagano energia e spingono gli atleti. Per quanto riguarda i soggetti stampa, sono stati scelti come testimonial l’italianissimo giocatore dell’NBA Danilo Gallinari, il portiere spagnolo Iker Casillas ed il campione di formula uno Lewis Hamilton. Le pubblicità sono attualmente in pianificazione sulle testate maschili più importanti come Men’s Health, Sport Week e Runner’s world.

Casillas, Hamilton e Gallinari sono anche stati scelti per la campagna digital, che prevede un placement di ads  e banner animati su Facebook (su cui è anche già presente la pagina interattiva Reebok Man), Google ed alcuni portali sportivi come Gazzetta.it e Tuttospot.com.

Gli spot Tv, anch’essi attualmente in pianificazione all’interno dei palinsesti sportivi più rilevanti, hanno come protagonisti Hamilton, Casillas e la stella dell’NBA John Wall.  All’interno dei tre spot vediamo scene animate dei protagonisti impegnati in imprese impossibili, quasi a voler comunicare la capacità delle nuove calzature di sfidare l’impossibile.



Oltre a questi canali si prevede anche l’Outdoor Advertising (OOH), in particolare è in svolgimento una campagna guerrilla con delle proiezioni (Beamvertising) in concomitanza con gli eventi sportivi nelle maggiori città italiane. L’onda di energia, simbolo della campagna, attraverserà i muri dei palazzetti, degli stadi per poi trasformarsi in un runner stilizzato e poi rivelarsi nell’innovativa forma della scarpa Reebok ZigTech.

Credits

Agenzia per spot e print: DDB Berlin
Agenzia per il web: Hypermedia Isobar
Centro Media: Carat Italia

Bad Cases of History! Il fenomeno del fanatismo politico nel mobile

Cosa succede quando i più importanti personaggi politici del passato, passati alla storia nel bene e nel male, diventano l’oggetto di discusse (e talvolta discutibili) apps, frutto di sviluppatori “d’azzardo”?

apps luigi marino apple store us
Spesso nascono veri e propri casi, accompagnati da polemiche e proteste che si affollano sui blog tematici, da critiche, querele, leggende e voci di corridoio…tutto all’insegna del “purché se ne parli”, perché è così che si raggiungono i numeri importanti in termini di visibilità e guadagni.

Si, perché se la parola d’ordine del web è da sempre stata libertà, intesa come libertà di scrivere ed esprimere qualunque idea, opinione o creazione, potendola condividere a beneficio (gratuito) di tutti gli utenti della rete, nel mondo delle app questa libertà ha un valore aggiunto. Valore che, anche se fissato a pochi cent per download, con la giusta trovata pubblicitaria, può generare delle cifre da capogiro, che vanno a gonfiare le tasche del geek (presunto o sedicente tale) di turno, donandogli il suo momento di gloria.
Anche se il più delle volte, spenti i riflettori sulla vicenda, pagate le spese legali per le varie violazioni di copyright e proprietà intellettuale, tornano nell’ombra dalla quale sono fugacemente usciti, e nella quale (per la maggior parte) avrebbero fatto meglio a rimanere.
Accade ed è accaduto molto spesso ad app e sviluppatori “della domenica” ed è successo in particolare con due app politiche, basate su un’unica figura il più delle volte controversa , un po’ provocatorie e talvolta al limite della legalità.

iMussolini

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L’app che permette di vedere, ascoltare e leggere i discorsi del Duce, dopo qualche esitazione da parte di Apple, è stata pubblicata nell’app store il 21 gennaio 2010, praticamente a ridosso della settimana e del Giorno della Memoria, scelta che ha fatto immediatamente balzare all’occhio l’assoluta mancanza di tatto nei confronti di un tema così delicato da parte del suo creatore, più attento a destare scalpore che a salvaguardare la propria integrità morale.

IMussolini, definita da un’associazione americana di sopravvissuti alla Shoah:
«…un insulto alla memoria di tutte le vittime del nazismo e del fascismo, ebrei e non, da condannare come un’offesa alla decenza e alla coscienza», si è resa in questo modo protagonista da subito di un clamoroso record di download (una media di 1000 al giorno nella prima settimana), superando addirittura il videogame del gigante cinematografico AVATAR, nelle sale proprio in quel periodo.

Epidemia di neo-fascismo nel popolo Apple? No, solo un gran polverone mediatico sollevato dall’interesse della stampa, che ha suscitato estrema curiosità sul “caso”, portando i download alle stelle.
Oltre ai suddetti curiosi, l’app ha purtroppo scatenato i fanatici dell’ultim’ora, tant’è che a ridosso si è reso presto necessario un intervento di “pulizia” per cancellare i numerosi commienti troppo “entusiastici” dei  “fan” del Dittatore nostrano (per chi non lo sapesse, fare apologia di Fascismo è considerato reato in Italia, come sancito dalla cosiddetta “Legge Scelba” del 1952). A ridosso dalla sua prima uscita,  i-Mussolini (come se non bastasse) è stata ritirata in corsa per consentire alcuni ritocchi e sfuggire furbescamente alle accuse di violazione del copyright  in cui è incappato l’evidentemente incauto e poco originale creatore e sviluppatore. Viste le accuse aventi in oggetto i diritti dei contenuti audiovisivi, questi sono stati eliminati dalla seconda versione riapparsa nello store, che  però è stata arricchita in contenuti e potenzialità. La seconda versione ha tuttavia deluso i primissimi utenti che non hanno accolto con entusiasmo i tagli ai video, spina dorsale dell’ iMussolini numero uno.

Hitler, Adolf Hitler Se & Co.

[yframe url=’http://www.youtube.com/watch?v=li1u-w5yC2I’]

Con Apple che muovendosi sul filo dell’incidente diplomatico, si è a lungo dibattuta tra il rispetto della libertà di espressione e il “gran rifiuto”, l’affair “iHitler, per non dimenticare” (dallo stesso famigerato sviluppatore italiano di iMussolini) si è risolto nel marzo 2010: l’app ha visto la luce cambiando il nome semplicemente in “Hitler” (per evitare l’assonanza col famoso saluto in voga all’epoca del Terzo Reich) con l’escamotage di chiudere la possibilità di download al mercato italiano, tedesco e austriaco per non scatenare eccessive polemiche nei paesi più toccati dal funesto operato del Fuhrer. I contenuti sono simili a quelli della app dedicata all’omologo italiano, ricalcati ed ampliati in seguito da “Adolf Hitler Se”, app uscita nell’ottobre dello stesso anno (ad opera stavolta di un altro sviluppatore) che illustra, tra le altre cose, come la figura del dittatore tedesco abbia influito sulla contemporanea onda “neo-nazi”.

In genere, nei nostri articoli, l’ultimissima sezione è dedicata ai link e alle scorciatoie per raggiungere le app in oggetto; per ovvi motivi, in questa occasione, evitiamo volutamente di farlo.

Ai curiosi e agli appassionati di storia consigliamo di saziare il proprio interesse aprendo un libro, guardando un documentario, visitando i luoghi dove la scellerata filosofia del nazi-fascismo si è manifestata in tutta la sua aberrante concretezza.
Per quanto riguarda i nostalgici  invece, sorge sponaneo un interrogativo: come si può avere nostalgia del ventennio più buio che il nostro Paese abbia mai conosciuto o delle pagine che possiamo definire tra le più nere della storia mondiale? …Forse non avendole vissute sulla propria pelle.

La sfida creativa di Yamamay al lingerie advertising: le parole di Alberoni al posto delle modelle

È stato presentato lo scorso 15 Marzo al museo di arte moderna e contemporanea MaGa (Gallarate), di cui Yamamay è sponsor ufficiale, il nuovo progetto di comunicazione dell’azienda di intimo in collaborazione con il sociologo Francesco Alberoni.

Il progetto prevede una campagna stampa completamente innovativa: cinque articoli (di circa 800 battute) pianificati su tutti i quotidiani, mensili e settimanali che si sostituiranno alle tradizionali pubblicità basate sull’immagine e sul corpo della donna. Gli articoli di Alberoni, già consulente sul piano della comunicazione strategica di brand come Barilla, Tod’s e FIAT, tratteranno da Aprile ad Agosto 2011 i temi seguenti: “Innamoramento”, “Corteggiamento & Seduzione”, “Fedeltà & Gelosia” e infine il “Parlarci”.

Nessuna immagine, solo una pagina bianca con uno scritto di Alberoni sui temi di cui è maestro. La campagna sarà inoltre sostenuta sul web dal blog Yamamay&Alberoni (online prossimamente), in cui il sociologo scriverà e discuterà insieme alle lettrici e ai lettori dei temi legati all’amore.

Luciano Cimmino, Presidente Pianoforte Holding – Gianluigi Cimmino, AD Yamamay e Carpisa – Prof. Francesco Alberoni – Francesco Pinto, Presidente Inticom (Yamamay)

In questo periodo in cui si discute sempre più sul ruolo della “donna oggetto” nel nostro paese e all’interno delle campagne pubblicitarie (vedi l’articolo sulla campagna di Silvian Heach) l’azienda, del gruppo Inticom spa, ha effettuato una forte sterzata rispetto alla sua tradizionale strategia comunicativa.

L’ad Gianluigi Cimmino ha dichiarato: “L’idea nasce dall’intuizione che le nostre clienti non si accontentavano più della forza della fotografia, della bellezza dei nostri capi e della classe delle nostre modelle […] il nostro amore (per il marchio) aveva un disperato bisogno della parola”.

Questa svolta comunicativa arriva a seguito di numerosi cambiamenti interni all’azienda: la storica famiglia Garda che controllava l’azienda al 50% insieme alla famiglia Cimmino di Napoli, ha ceduto la propria quota alla finanziaria Pianoforte Holding dei Cimmino e di un’altra famiglia napoletana, i Carlino (proprietari anche di Carpisa). Il futuro dell’azienda probabilmente sarà una completa fusione con Carpisa con un’eventuale quotazione in borsa di tutto il gruppo (società Inticom e Kuvera).

Altra novità di quest’anno sarà il lancio della linea make up, realizzata quasi totalmente in Italia, che sarà presente per i primi mesi solo in dieci punti vendita selezionati tra Italia e Spagna e successivamente distribuita attraverso shop dedicati.

Nuovi tipi di inserzioni su Facebook: le Related Story [RUMOR]

Pare che Facebook stia testando dei nuovi tipi di inserzioni, le Related Story. Si tratterebbe di una versione più raffinata delle Notizie Sponsorizzate. Le Related Stories infatti si adatterebbero a quelli che sono gli aggiornamenti di stato pubblicati da un utente.

Come si può vedere nella foto, in alto a destra non compare la scritta “Sponsored” (in italiano “Sponsorizzate”) bensì “Related”. Pare che le parole utilizzate per generare quello che si pensa sarà il nuovo tipo di Ad siano state “sun” e “play”.

Insomma Facebook le sta provando veramente tutte per far adottare le sue inserzioni. Prima con le Sponsored Stories, la cui teoria è che saresti stato più propenso a cliccare su un Ad che “piace” già ai tuoi amici, e tra poco (almeno così si crede) con le Related Stories, qualcosa di simile a delle inserzioni umorali. Come se io scrivessi “Ho voglia di cioccolata” e mi apparisse la pubblicità di un’azienda di cioccolatini o di una pasticceria.  Che ne pensate? Sarà questa l’inserzione definitiva?

La sfida continua: Facebook dice no a Adsense di Google

Ormai ci abbiamo fatto l’abitudine: l’appassionante Derby che coinvolge i due più grandi colossi del web prosegue da anni, e non sembra destinato a concludersi presto. Non un combattuto braccio di ferro, bensì una vera e propria battaglia, con strategie offensive, duri colpi e repliche altrettanto feroci.

L’ultimo gancio l’ha piazzato Facebook, con una decisione che ha lasciato a bocca aperta non solo il quartier generale di Google, ma anche gli stessi sviluppatori di Facebook App. Tramite l’ormai famosissimo Blog Ufficiale degli Sviluppatori, infatti, il Social Network ha comunicato importanti cambiamenti sulle politiche in tema di pubblicità, informando gli utenti che gli annunci pubblicitari sulle App potranno essere pubblicati solo se provenienti da un selezionato elenco di Advertiser.

Il link in calce al post ha svelato quello che molti ipotizzavano, ma che forse nessuno avrebbe mai immaginato potesse realizzarsi: Facebook ha escluso Google AdSense dall’elenco di Advertiser autorizzati ad operare sulla piattaforma.

Ovviamente nessun esplicito riferimento a Google AdSense; solo una frase sibilinna che avrà fatto fischiare le orecchie ai dirigenti di Mountain View:

If a company you wish to work with is not on this list please direct them to the terms linked to above. / (Se il vostro provider di annunci non è in questo elenco, ti invitiamo ad indicar loro le nostre condizioni sopracitate.)

La scelta non è stata accompagnata da motivazioni specifiche, ad esclusione delle dichiarazioni di un portavoce di Facebook che precisato come “La lista è aperta e pubblica e noi incoraggiamo nuovi providers ad accettare le condizioni in ogni momento”. Insomma: non abbiamo scartato noi AdSense, è stata Google a non accettare le nostre condizioni.

Appare evidente come non si tratti più di semplici ripicche, ma di veri colpi ai fianchi con i quali Facebook vuole sfinire il suo avversario prima del colpo del K.O. (ed infatti i rumors su un sistema di Advertising made in Palo Alto ormai si moltiplicano).

Insomma il Derby è entrato nel vivo, e il fischio finale è tutt’altro che vicino.

Stay Tuned!

Stai cambiando il mondo? Big G vuole aiutarti: ecco Google for Nonprofits [BREAKING NEWS]

Stai cambiando il mondo? Big G vuole aiutarti: ecco Google for NonprofitsAncora una volta Google dimostra di essere un’azienda molto attenta alle problematiche della nostra società e di tutti gli attori operativi sui mercati.

Sempre più spesso assistiamo alla nascita ed allo sviluppo di organizzazioni non profit, dedite al raggiungimento di obiettivi differenti: tra le altre, poco tempo fa vi avevamo per esempio segnalato il progetto Carrotmob. Esse hanno di solito una grande necessità di avviare un dialogo costante con i pubblici di riferimento, soprattutto per agevolare la propria attività di fundraising.

Visto il crescente interesse da parte di queste realtà anche per la comunicazione sul web ed i social media, perché non offrire loro un pacchetto di tool e servizi studiati apposta per le loro esigenze? Continua a leggere

Ricarica la batteria mentre ti alleni: powered by Nokia

Nokia è stata di recente posizionata tra le aziende di tecnologia più green-oriented. E proprio rispettando questa linea di pensiero, l’agenzia londinese 1000Heads ha installato un caricabatterie molto particolare nella Green Zone della SXSW (fiera annuale di musica, cinema e conferenze varie) di quest’anno, appena conclusasi ad Austin, in Texas.

Ispirandosi ad un video che ha fatto molto buzz lo scorso anno, in cui si alimentava un cellulare con l’energia generata da un criceto che girava nella sua ruota, hanno ben pensato di costruire una ruota larga circa 2 metri e mezzo, con tapis roulant integrato: una ruota da criceto per esseri umani, insomma, che produce energia mentre voi vi allenate!

Come faceva notare qualcuno, se ci fossero installazioni del genere per la strada, si potrebbe evitare l’imbarazzo di andare a “rubacchiare” la corrente nei negozi o a scuola (senza contare il risparmio energetico). Che ne dite? Vale la pena di fare una corsetta per non far morire l’iPod o il telefonino?