Si parla così tanto di Web 2.0 che ormai anche i sassi interagiscono tra di loro. Meno di Politica 2.0 e quando succede lo si fa impropriamente, senza capirne il senso pratico e trascurando la base di questo concetto. Siamo quindi andati a intervistare Massimo Melica dello Studio Melica, Scandelin & Partners, avvocato esperto in diritto applicato alle nuove tecnologie. Massimo ha alle spalle una carriera unica che l'ha portato a essere tra i protagonisti del panorama istituzionale italiano, sempre tra questioni giuridiche della Rete, idee, università e quant'altro. Insomma, la persona migliore per capire cosa significa Politica 2.0.
Cosa significa veramente fare Politica 2.0?
Il concetto risente di sogni e aspettative che il mondo della condivisione si attende nella gestione partitica della “res pubblica”. Occorre tuttavia - pur rifacendoci alle proposte e riflessioni di Castells, Rifkin, Negroponte e non da ultimo Mangabeira Unger - riconoscere un duplice piano di “Politica 2.0”: il primo afferente la mera comunicazione della politica – in cui il modello Obama è il caso più emblematico -, il secondo sull’auspicabile “partecipazione diretta del cittadino”, che vede una destrutturazione del modello di governance politica sin’ora conosciuto. Il web porterebbe ad introdurre una reale politica partecipativa, ma su questo tema ci si scontra con le secolari problematiche date da una democrazia aperta e su cui, sin dai tempi di Atene, gravano dubbi sull’unicità di indirizzo e rapidità nell’assumere decisioni. Ciò detto, il modello di democrazia rappresentativa sembra oggi ancora resistere garantendo l’equilibrio tra gli interessi collettivi.
In questo contesto, come descriveresti l'attuale panorama politico italiano?
Ritengo che la partecipazione on line del cittadino trovi una meritoria attribuzione nella mera attività di controllo. La tecnologia oggi è in grado di attribuire forme trasparenti che da un lato responsabilizzano gli amministratori, dall’altra permettono di ostacolare comportamenti illeciti svolti da taluni in spregio alle norme giuridiche e civili. L’aumento dei reati contro la Pubblica Amministrazione, la corruzione e lo spreco del denaro pubblico attestano che oggi in Italia non abbiamo una benché minima attuazione di una politica che veda coinvolto il cittadino. Al contrario, se vogliamo ritenere che gli attuali luoghi digitali come blog, siti e social network gestiti da partiti e politici siano espressione di una Politica 2.0 siamo culturalmente lontani “anni luce” da un reale concetto di uso della tecnologia a favore del rapporto tra “cittadino e politica”.
E in relazione agli altri Paesi (Europa e America in primis)?
In Europa abbiamo dei casi di successo, soprattutto nei Paesi scandinavi in cui la partecipazione elettronica del cittadino ha permesso di mantenere l’Amministrazione trasparente; il caso più evidente è la messa on line di tutta la “posta in entrata e in uscita” degli uffici pubblici per un “controllo posto dalla base” che garantisca all’intera collettività l’efficienza della P.A. Altra esperienza lodevole è negli Stati Uniti in cui è stato introdotto il voto elettronico e sistemi di e-government che facilitano l’accesso alle informazioni della P.A. da parte del cittadino.
Il 2.0 sottointende l'interazione: i politici italiani ascoltano i cittadini?
Siamo sinceri, l’attuale sistema elettorale limita di fatto l’esigenza da parte di un Partito all’ascolto del cittadino-elettore. Sul web confondiamo la partecipazione con la “protesta”, la spontanea adesione con la strumentalizzazione delle opinioni di massa e in tutto questo non riusciamo a focalizzarne le enormi capacità di sviluppo che il binomio “politica e web” può portare nello sviluppo di un “essere cittadino”: più responsabile e consapevole verso lo Stato.
I cittadini "premiano" il politico 2.0?
La riflessione e il dato che ora riporto sono emblematici e rispondono senza alcun dubbio alla domanda. Dal 1997 ad oggi lo sviluppo di Internet nel nostro Paese è coinciso con l’aumento delle astensioni al voto. Tantissimi sono i cittadini italiani che disertano le urne eppure se il web ha, tra le sue prerogative, quello di aumentare la partecipazione alla politica... come mai i dati di astensione al voto sono in continuo aumento? La Politica ad oggi non è riuscita a staccarsi da un messaggio propagandistico, non riuscendo a coinvolgere attraverso il web l’elettore come parte attiva di un processo rivolto alla salvaguardia del bene comune.
Tre parole chiave per adeguarsi con i tempi?
Valori, esempi e trasparenza.
Questa è un'intervista da leggere due volte. La prima per capirla, la seconda per interiorizzarla. Ho deciso di chiuderla con le sue parole che rivolgo interrogativamente a chi legge: quali valori? Quali esempi? C'è mai stata trasparenza nella politica? Che il dibattito - democratico - abbia inizio...