Pepsi vs Coca-Cola, due brand in guerra

Se doveste pensare a due prodotti con brand differenti, distribuiti su scala mondiale e perfettamente concorrenziali a cosa pensereste?

Di sicuro in vetta alla vostra classifica spiccherebbero Pepsi e Coca Cola.

Ebbene, in virtù di una consacrata rivalità tra i due marchi, abbiamo deciso di ripercorrere con voi le tappe più salienti di questo duello combattuto a suon di strategie di marketing.

Una “dolce” rivalità

Con questa copertina del 1979 Pepsi annuncia la propria vittoria, decretata dai consumatori, sulla Coca-Cola durante una prova di degustazione in cui le “cavie” non erano a conoscenza di ciò che stessero bevendo.

Pepsi: un logo in continua evoluzione.

Pensavate anche voi che fosse il titolo di un film di Tim Burton, vero? E invece parliamo del primo logo della Pepsi nata un solo decennio dopo la Coca-Cola.

Questa versione del logo non durò a lungo e così seguirono a questo altri loghi che si rifacevano molto a quello già affermato della Coca-Cola. Un tentativo di creare per la nuova marca la stessa familiarità della “vecchia” bevanda?

Fu in occasione della seconda guerra mondiale che Pepsi iniziò a differenziare la propria brand image facendo leva su un diffuso senso patriottico.

E’ infatti con il  nuovo script che è andato consacrandosi il concept di Pepsi Globe e i relativi colori istituzionali blu, bianco e rosso, che sarebbero rimasti tali fino alla revisione avvenuta nel 2008.

Dal 1962 quindi lo script che Pepsi usava per avvicinarsi al più grande competitor lascia il posto ad un font chiaro e semplice.

Questa immagine comparata dei diversi loghi che si sono succeduti mostra inequivocabilmente le evoluzioni che ci sono state anche a livello di grafica. Come non ricordare il Globe del 2003 dove a far da padrone erano giochi di luci ed ombre con l’aggiunta di goccioline d’acqua che sembravano quelle che normalmente si generano per condensa una volta tolta dal frigo la bottiglia ghiacciata. Non ditemi che non vi è mai capitato!

Oggi si è tornati ad un design minimalista, che ha fatto fuori ogni traccia di photshop lasciando il posto a linee semplici e colori forti, senza alcun tipo di orpello.

L’unica chicca che ritroviamo è la “e” chiaro riferimento al vecchio logo del brand.

A supporto dell’azione di rebranding è stato reso pubblico un testo in cui si riportano tutte le motivazioni e le spiegazioni di questo cambiamento.

 Brand Personality

Storicamente Pepsi si è sempre rivolta ad un pubblico giovane. Alcune delle campagne storiche toccavano temi quali lo sport, la musica e il divertimento in generale.

Come non menzionare le più grandi personalità che Pepsi ha utilizzato per sponsorizzarsi: da Ray Charles a Britney Spears passando per le performance di Micheal Jackson.

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Ancora oggi la Pepsi persegue questa strategia. Gli esempi più recenti sono da ritrovare per esempio negli spot del Super Bowl. Per l’occasione Pepsi ha dato spazio ad artisti emergenti che hanno potuto esprimersi al meglio sul sito.

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E quando non utilizzava la musica per promuovere la bibita, puntava tutto sull’umorismo come nel caso dello spot riportato qui di seguito in cui un’amabile bimba dopo aver ricevuto un bicchiere di Coca invece della Pepsi che aveva richesto, si rivolge al barista con la voce del protagonista del Padrino.

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Tra le ultime azioni intraprese da Pepsi per avvicinarsi sempre più ai consumatori, c’è l’ inaugurazione di un forum d’ascolto chiamato Pepsi Refresh Project in cui i consumatori possono proporre le proprie idee e confrontarsi sulle proposte migliori.

Coca-Cola: La tradizione di un marchio

Fortemente legata all’identità Americana. Anzi, Americana quanto lo è la festa del Ringraziamento, Coca-Cola ha raggiunto un successo planetario sin da subito.

Era il 1886 quando nasceva e da allora, poche sono state le azioni di restyling del marchio.

L’attuale design del logo ha gli stessi semplici tratti del logo realizzato nel 1940.

E’ possibile però notare azioni comuni tra le evoluzioni del logo Pepsi e quello della Coca. Esempio lampante è la sfera del 1990 in cui compaiono, così come per Pepsi, giochi di luci e ombre e le già menzionate goccioline.

Ma il marchio non è l’unico elemento distintivo di Coca-Cola.

Come non citare le bottiglie della bibita, diventate un’icona di cui parleremo più avanti.

Nel 1985 Coca-Cola ha deciso di apportare modifiche anche al naming: da “Coca-Cola soft drink” a “Coca-Cola”.

Ma come dicevamo, altre sono state le modifiche apportate alla bevanda, anche modificando lo stesso sapore.

La ricetta modificata era molto più dolce. Un evidente tentativo di allinearsi al prodotto Pepsi. Ma New Coke, questo il nome della “nuova Coca-Cola” non ebbe molto successo e quindi presto si tornò alla formula originale.

Brand Personality:

Anche se simili dal punto di vista del targeting e delle azioni intraprese legate alla musica ed ai giovani, Coca e Pepsi hanno percorso tragitti distinti.

Coca-Cola ha dato vita ad una serie di spot volti a proporre il tema della diversità, diversità annullata per l’appunto da Coca-Cola che unisce.

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Un tema mai toccato da Pepsi è quello della tradizione familiare,

è facile vedere in uno spot Coca-Cola una madre che fa la spesa soddisfacendo in questo modo le esigenze di grandi e piccini. Coca-Cola come parte integrante delle esperienze di vita del nucleo familiare.

Questa linea diventa quanto mai evidente negli intramontabili spot di Natale, realizzati per arrivare diritto al cuore dei consumatori.

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Rebranding del marchio

Come Pepsi, anche Coca-Cola ha intrapreso nel 2000 un’azione di restyling del proprio brand affidandosi al team di Turner Duckworth. In realtà a differenza dell’operazione di rebranding operata da Arnell per Pepsi, in questo caso Coca-Cola riporta il marchio alla semplicità delle origini, rafforzando in questo modo le caratteristiche principali del logo e di quest’ultimo come immagine sui diversi prodotti.

Tuttavia le azioni intraprese da Duckworth non si limitarono a questo.

Con Coca-Cola nasce il soft drink in bottiglia, e che bottiglia. Un vero e proprio pezzo da collezione. Un geniale sfruttamento di un supporto fisico che porta con se un aspetto nostalgico. L’immagine della bottiglia è stata poi implementata su tutti i prodotti Coca-Cola; sono nate addirittura delle lattine ristrutturate nel design che è stato snellito.

Branding: un gioco pericoloso.

Come mostrato da questo viaggio attraverso le evoluzioni di due dei marchi più importanti al mondo, le operazioni di branding sono territori estremamente pericolosi da esplorare.

Ogni operazione in tal senso può portare benefici al marchio ma anche il declino stesso del brand.

Sia Coca-Cola che Pepsi hanno intrapreso numerose azioni di restyling nel lungo arco di dieci anni e la parola chiave  finale è stata: semplificazione.

Pepsi ha drasticamente modificato il suo marchio fino al punto di alterarne la struttura di base e la stessa identità di marca.

Anche se molti consumatori apprezzavano le nuove operazioni di branding di Pepsi, la maggior parte dell’opinione pubblica composta anche dai media evidenziava la minaccia della scomparsa di un’icona.

Coca-Cola dal canto suo, sulla scorta dell’esperienza maturata grazie alle vicende Pepsi, ha puntato per le operazioni di rebranding, a ripristinare le radici del proprio marchio. I risultati sono stati:  il pieno favore del pubblico; premi e riconoscimenti provenienti da blog, riviste e altri media.

Sulla scia di quanto realizzato da questi due colossi in fatto di branding, lunga potrebbe essere la lista di coloro che hanno fatto tesoro di questi insegnamenti. Ricordiamo i più importanti tra Gap, Helevetica Bold e Sturbucks. Esempi questi non scevri di casi fallimentari dovuti alla poca attenzione dedicata all’ascolto del consumatore.

L'iPhone fa anche il caffè: Top Brewer e altre app per la domotica

Quante volte abbiamo sentito la frase – ma questo telefono fa anche il caffè? – appena dopo aver finito di decantare orgogliosamente tutte le features del nostro nuovo supertecnologico acquisto che insieme a mandare email, scattare foto in HD, fare video, e avere un’app per tutto, telefona anche? Tra un po’ potremmo rispondere – Sì, fa anche il caffè!

Basta procurarvi una macchina automatica TopBrewer e scaricare l’app dedicata in grado di interfacciarsi perfettamente con iPhone e iPad.

Un’idea davvero pregevole messa a punto dalla Scanomat, innovativa azienda coffee machine manufacturer danese nata nel 2010. TopBrewer può essere immaginata come l’equivalente di un comune distributore da ufficio, con la differenza di essere curato ed essenziale nel design, perfetto per una cucina in stile moderno. Il funzionamento è molto semplice, basta posizionare un bicchiere sul piano al di sotto dell’erogatore e scegliere via iPhone cosa bere. Come un vero e proprio distributore, la scelta varia dalla cioccolata, al cappuccino, al latte caldo e, ovviamente il caffè. Al momento purtroppo non si conosce ancora quanto costerà la TopBrewer. In giro per la rete circola  un solo video in cui è mostrato il funzionamento del prodotto senza utilizzare un tablet o uno smartphone. Si attendono inoltre notizie anche sul prezzo complessivo di questo ultimo trovato della domotica.

Tuttavia, va detto che app come questa dimostrano come davvero non ci siano confini definiti al potenziale dei moderni smartphone. Come c’è da immaginare, non è l’unica con cui è possibile controllare in remoto un elettrodomestico da iPhone. Conoscete iRemocon?

È della scorsa estate la notizia della nascita di questo gadget made in Japan, prodotto dalla Glamo Inc, con cui è possibile associare ogni elettrodomestico il cui funzionamento è gestito tramite infrarossi, associando ogni telecomando a questo apparecchio per poi poter amministrare tutto direttamente dall’iPhone. Ad esempio, accendere il climatizzatore per trovare la casa fresca (ma visto il periodo, meglio calda) al rientro dopo il lavoro, fare lo zapping dei programmi tv, lanciare un film dal proprio lettore dvd, e molto altro ancora.

Altro prodigio della domotica è iMyHome realizzata da Bticino, azienda italiana leader in questo settore.
Questa app permette di controllare tutti gli apparecchi in cui sono stati istallati i gateway realizzati dalla casa fondata dai Fratelli Bassani, dal sistema di luci, alla video sorveglianza, alle persiane automatizzate.

 

via mashable

Formspring: la piattaforma Q&A in chiave social

Se generalmente le piattaforme Q&A (Question&Answer) vengono utilizzate per la ricerca di informazioni, spesso come alternativa ai motori di ricerca, non significa che non abbiano un lato social e che, prima ancora che a scambiare informazioni, non possano servire a condividere interessi e passioni. In altre parole, a socializzare.

E’ quello che accade con Formspring, sito nato nel 2009 che oggi conta più di 20 milioni di utenti. Il funzionamento si basa su una formula molto semplice: gli user pongono delle domande (pubblicamente sul proprio profilo, o indirizzate in maniera diretta ad uno dei loro contatti) riguardanti gli argomenti più vari, in attesa di risposte che rivelino opinioni, gusti, interessi degli altri membri della community, come in una “quick conversation in person”. Le risposte più interessanti e originali possono, inoltre, essere premiate da uno smile, simile al like button di Facebook.

L’account Formspring può essere connesso ai propri profili Facebook, Twitter, oltre che a Blogger, WordPress e Tumblr. Ma ciò che rende Formspring ancora più “social” sono una serie di funzionalità aggiunte al sito recentemente, che segnano la sua evoluzione verso un social network vero e proprio. L’introduzione di una directory che riunisce gli utenti più popolari in categorie, quali Music, Comedy, Sports & Fitness, Fashion & Beauty, Movies & TV, Tech & Start-ups, e l’introduzione di un tag che permette di individuare gli user che condividono particolari interessi.

Un tentativo di creare connessioni più significative tra gli utenti, in cui il meccanismo di Q&A diventa il mezzo per attivare le relazioni. E per segmentare gli interessi della community a vantaggio degli advertiser 😀 .

Gli user di Formspring “producono” una media di 10000000 di risposte al giorno. Tra le celebrity, anche Jerry Bruckheimer, Taylor Lautner e la band Incubus.

Premiare le strategie green per salvare il mondo

Il più grande raduno di eco-sostenibilità dell’anno, conclusosi la scorsa settimana, ha annunciato i suoi vincitori  all’ International Green award TM, in collaborazione con Climate Change.

La cerimonia ha visto 20 organizzazioni applaudite per i loro successi di sostenibilità ambientale, premiato lo spirito innovativo e green, appunto.

La visionaria Keniota Wangari Maathai, morta nel settembre scorso, è stata premiata postuma con 2 Lifetime Achievement Award; il trofeo è stato accettato dai suoi colleghi del Green Belt Movement e seguito da un discorso bellissimo della figlia.
L’International Green Award ™ ha annunciato la top model Gisele Bündchen come vincitrice del Best International Green and Responsible Celebrity Award

E’ stata il pubblico a votarla tramite un concorso on-line che l’ha candidata come la più green celebrity dei media a livello internazionale per il 2011. La modella ha ringraziato il pubblico per il loro supporto in un discorso e ha dato un fervido appello alle imprese e ai consumatori a proteggere la foresta pluviale.

Ma il più celebre dei premi è stato consegnato a Unilever PLC per il loro ambizioso ‘Sustainable Living Plan‘.
 Il prestigioso Green Grand Prix è andato a Unilever PLC in virtù del suo ambizioso piano eco-sostenibile, che pone l’azienda multinazionale sulla buona strada per ridurre l’impatto ambientale, senza trascurare lo sviluppo e la crescita dell’azienda.

Unilever ha impressionato i giudici per l’ampiezza del progetto e per la dimensione dell’organizzazione; progressi misurati e obiettivi ambiziosi per integrare la sostenibilità ad ampio raggio. Il futuro delle imprese leader prevede un corretto comportamento verso l’ambiente e la società.

Le proposte sono state davvero numerose, questo ci dice che davvero le imprese e anche noi in quanto consumatori, siamo consapevoli che il nostro contenitore (il mondo) ci chiede aiuto e che se pretendiamo una buona ospitalità dobbiamo imporci delle regole che vadano a vantaggio della collettività e di tutti quindi.

Se volete conoscere partner e vincitori vi consiglio il link del sito ufficiale di Green Awards.

La storia del mondo in Stop Motion

La Stop Motion in breve

Stop Motion o anche detto frame by frame  è una tecnica di ripresa cinematografica e di animazione, la sequenza continua dei fotogrammi crea l’illusione del movimento di un qualsiasi oggetto manipolato fisicamente. Il termine stop-motion fa riferimento sia alla tecnica utilizzata, che al risultato ottenuto con la stessa.

In questo simpatico e divertente video, creato dal regista Kevin Parry, Kalle Mattson e amici, vi mostriamo la storia del mondo in stop motion utilizzando ritagli di carta: dal Big Bang ai dinosauri, dagli antichi romani fino ai giorni nostri a un possibile futuro, almeno secondo gli ideatori. Il corso degli eventi non è totalmente realistico (anche se in realtà chi lo sa davvero?) ma sicuramente interessante. Buona visione!   😉

E secondo voi come sarà il futuro?   😀

Le nuove frontiere degli smartphone: l’evoluzione del touch

 

Il primo smartphone ad esser mai costruito fu il frutto di una joint venture fra IBM e BellSouth e si chiamava IBM Simon Personal Communicator. Lanciato sul mercato nel 1993, combinava assieme caratteristiche di cellulare, cercapersone, PDA e fax. Al di là di altre applicazioni come il calendario, la calcolatrice, e-mail e giochi, la sua peculiarità risiedeva nel fatto che non possedesse tasti fisici ma gli utenti potevano usare un touchscreen per comporre il numero sulla tastiera con le dita. Dal primo tocco su quello schermo ha avuto inizio la storia di un vero e proprio status symbol della società moderna: lo smartphone.

Non è pertanto azzardato affermare che in qualche modo ci sia una profonda correlazione tra la nascita degli smartphones e la geniale idea di inserire la tecnologia touchscreeen (fino a quel momento utilizzata solo al di fuori della telefonia) in un cellulare. Fino ad ora però, dopo 14 anni da quell’evento, l’unico passo avanti fatto in questo settore è stato il passaggio dal touchscreen resistivo, macchinoso e poco pratico (spesso era necessario l’ausilio del famoso “pennino”) a quello capacitivo – stile iPhone per capirci – in cui è sufficiente anche solo sfiorare con il dito lo schermo per selezionare una icona.

Appare evidente quindi che la tecnologia touchscreen da grande innovazione si è poi col tempo trasformata in una semplice dotazione standard di ogni smartphone di qualunque marca, divenendo un accessorio quasi banale. Come sapete però, per ottenere un prodotto di successo, oltre che innovarlo e migliorarlo bisogna anche differenziarlo , creando dunque valore aggiunto. Siccome la rivoluzione della telefonia si è avuta proprio con la sostituzione della tastiera fisica con un touchscreen, chi ci dice che questo valore aggiunto non possa provenire proprio da una nuova concezione di interazione con il nostro device? Vi presentiamo dunque una serie di “tastiere alternative” che potrebbero cambiare nuovamente il destino dei nostri smartphone.

1)Il “feel-screen” di Senseg

Pochi giorni fa una azienda finalnedese, la Senseg, specializzata in interfacce tattili, ha annunciato attraverso il celebre sito cnet  di aver sviluppato un nuovo tipo di touchscreen: con Senseg i touchscreens sembrano infatti prender vita! Toccando le texture, i contorni o i bordi delle immagini che appariranno sullo schermo ci sembrerà che queste stiano fisicamente “emergendo” dal panello del display e di conseguenza gli utenti le potranno percepire con i polpastrelli delle proprie dita sfiorando semplicemente lo schermo. Usando questa tecnologia, i produttori di tablet e smartphones potranno rivoluzionare l’esperienza degli utenti con una sensazione al tatto molto sviluppata ben lontana dalla semplice vibrazione da feedback aptico.

Immaginerete dunque che questa rivoluzione travolgerà non solo le persone abituata ad interagire con gli smartphone ma anche tutte quelle colpite da handicap visivo che, a causa della loro impossibilità, non possono di certo sfruttare le caratteristiche di un touchscreen “puro”, sprovvisto di indicatori breil. Per capire meglio il suo funzionamento vi rimandiamo a questo video introduttivo (putroppo in lingua inlgese):

2) Touchsceen con bottoni “pop-up”

Molto simile alla tecnologia precedente ma sostanzialmente diversa sia nel software che nel Hardware è quella ideata nella università americana della Carnegie Mellon University da uno studente laureato, Chris Harrison, e dal professore Scott Hudson. I due hanno infatti realizzato, su un terminale con OS Android, il primo prototipo di schermo touchscreen con tasti che “vengono fuori dallo schermo”. L’idea è quella di creare telefonini con schermo tattile che permetteranno di digitare qualcosa anche senza guardare lo schermo. I prototipi realizzati si basano sua una struttura costituita da una camera d´aria ricoperta da uno strato di lattice semi-trasparente deformabile, connessa ad una pompa che, gonfiandosi o sgonfiandosi, genera un effetto “tastiera a comparsa”.

Sotto la camera d´aria creata, è poi inserito un sensore a infrarossi che esegue la scansione del dito rilevandone la pressione. La tecnologia è ancora in fase di sviluppo e al momento i problemi da superare sono connessi soprattutto alla riduzione delle dimensioni della pompa d´aria, evidentemente troppo invasiva.

3) GestureTek: comunica con il tuo device attraverso gesti

GestureTek è il possessore di un brevetto che permette all’utente di essere riconosciuto dal proprio dispositivo senza nessun sistema di controllo, ma semplicemente utilizzando movimenti corporei. La tecnologia di controllo video realizzata da GestureTek, consente di controllare contenuti multimediali o accedere alle informazioni semplicemente tramite l’ausilio delle proprie mani o del corpo. Simili software sono stati concessi in licenza a Microsoft per la Kinect della console Xbox 360 . La stessa Microsoft ha dichiarato inoltre che sarebbe al lavoro su una versione rimpicciolita di Kinect, affinché possa essere inserita all’interno di smartphone e altri dispositivi portatili.

Recentemente il brevetto è stato acquistato anche da Qualcomm, società produttrice di chip per dispositivi mobile, la quale afferma che sfrutterà l’accordo per introdurre tale tecnologia nella sua gamma di smartphone. Inoltre, sarà integrata anche nella famiglia dei processori Snapdragon, offrendo anche ai produttori di altri smartphone e tablet che sfruttano questo processore la possibilità di accedere a tale tecnologia.

4) Senseye  : “occhio” al tuo smartphone!

L’ultima tecnologia che vi presentiamo – ma non di certo la peggiore – è quella svuiluppata dalla azienda Senseye. Essa permette agli utenti di interagire con il loro device semplicemente… guardandolo. Con il solo movimento dei bulbi oculari sarà infatti possibile attivare lo schermo, sfogliare le pagine del browser automaticamente o addirittura giocare. L’immagine catturata dalla camera frontale dello smartphone (o del tablet) è analizzata usando un algoritmo. Il software è infatti in grado di localizzare la posizione dell’occhio e stimare dove si sta guardando sullo schermo con una accureteza sufficiente per capire anche quale icona stiamo puntando. Un primo tipo di device con questa tecnologia, sostiene la Senseye, potrebbe esser già rilasciato nel 2013.  Non ci credete? Eccovi un video dimostrativo:

 

Sulla base di questi elementi come pensate possano essere gli smartphone del futuro? Secondo voi quale sarà la prima azienda ad investire in queste tecnologie per produrre una nuova generazione di smartphone?

Skittles Boom Box, la video parodia colpisce ancora [VIDEO]

Nathan Barnatt, attore e comico statunitense, qualche giorno fa ha pubblicato questo video realizzato dopo aver ricevuto da Skittles una ‘boombox’, ovvero uno stereo portatile, con la richiesta di parlarne sul suo canale Youtube. E così effettivamente è stato, ma Barnatt non si è limitato a mostrare l’originale dono e parlare del brand: ne ha realizzato una parodia che in poche ore ha raccolto centinaia di migliaia di views.

Non è la prima volta che Skittles riceve pubblicità gratuita non voluta da un video non ufficiale. Vi ricordate di “Newlyweds“, lo spot ‘home made’ che, rifacendosi alla famosa campagna promozionale “Experience the Rainbow”, metteva in scena un arcobaleno di caramelle decisamente particolare (ne ha parlato il nostro Luigi Ferrara aka Jinkun qui)? I video sono assolutamente differenti, ma entrambi ironizzano sui toni utilizzati dal brand nei suoi promo e sull’immagine di queste cascate multicolori che vengono enfatizzate in senso burlesco.

Nel caso del finto spot, il rirno d’immagine per Skittles non fu dei migliori. Chissà se questa volta andrà meglio?

Il maschile e il femminile nell’Alcohol Advertising [CASE STUDY]

Oggi vi proponiamo una curiosa campagna di qualche anno fa che ancora oggi riesce a suscitare perplessità e interrogativi. Eravamo nel 2003 e la birra canadese Molson puntava ad una strategia di comunicazione davvero particolare.

La campagna venne diffusa sviluppando due diversi annunci stampa: il primo, raffigurante un bel ragazzo che coccola dei cuccioli, venne pianificato su magazine e giornali il cui target era fondamentalmente femminile;il secondo, pianificato su giornali il cui pubblico era maschile come FHM e Playboy, affermava esplicitamente che il primo annuncio era stato ideato per agire psicologicamente sulle donne e portarle a provare attrazione per gli uomini che bevono Molson.

Un po’ come i cani di Pavlov insomma, le donne avrebbero automaticamente associato alla birra e a coloro i quali la bevevano la mascolinità dolce e comprensiva del ragazzo dell’annuncio.

Ma leggiamo bene il body copy interno all’annuncio in questione:

CENTINAIA DI MIGLIAIA DI DONNE
Pre-programmate per il vostro vantaggio

Come voi lo state leggendo, le donne in tutta America stanno leggendo qualcosa di veramente diverso: un annuncio scientificamente formulato per migliorare la loro percezione degli uomini che bevono Molson.
L’annuncio illustrato di seguito, attualmente sul magazine Cosmopolitan, è una combinazione perfetta di parole e immagini progettate da professionisti qualificati. Le donne che lo vedono sperimentano una sensazione molto positiva. Un sentimento che poi le proietterà direttamente su di voi.
Innescare il processo è semplice come ordinare una birra canadese Molson.
Si tratta di cambiare e voi siete enormemente avvantaggiati.

Cene stravaganti. Film sottotitolati. Composizioni floreali tenute insieme da piccoli pezzi di fieno. È vecchio. E diventa costoso,si riducono i fondi per comprare cerchioni di 20 pollici. Ma grazie al miracolo della Twin Advertising™ Tecnology, puoi raggiungere il successo senza metterci tempo o sforzo. Quindi lascia cadere il bouquet e prendi una Molson.

Molte donne si sono sentite estremamente offese da questo tipo di annuncio ma ritengo che l’errore fondamentale sia nell’interpretazione della campagna. Cosa ci fa credere che sia stata ideata sia per il pubblico femminile che per quello maschile?La pianificazione sui giornali per sole donne?

Io credo al contrario che il testo del secondo annuncio dimostri che la reale intenzione dell’azienda fosse quella di utilizzare lo storytelling come mezzo per incuriosire i potenziali e gli attuali consumatori, che non necessariamente si configurano come uomini rudi la cui unica esigenza è placare i propri istinti. Al contrario credo che leggendo quest’annuncio molti di noi uomini si siano fatti una grassa risata sentendo parlare di una fantomatica “Twin Advertising™ Tecnology” o della nostra irrefrenabile voglia di spendere soldi in cerchioni per l’automobile.

Insomma quest’annuncio non offende l’universo femminile più di quanto non faccia con quello maschile. Ciò non toglie il fatto che esistano enormi differenze e stereotipi grandi come macigni in quel che viene definito l’Alcohol Advertising all’interno dei magazine per donne e per uomini. Abbiamo trovato per voi alcuni esempi di forte impatto:

Alcohol Advertising nelle riviste per Uomini

Alcohol Advertising nelle riviste per Donne

Salerno COMICON, un nuovo appuntamento coi fumetti [EVENTO]

Salerno COMICON, nuovo appuntamento coi fumetti

I fumetti sbarcano anche a Salerno per quattro giorni, da giovedì 8 dicembre a domenica 11 dicembre, con il Salerno COMICON, la nuova manifestazione che si presenta con tutti gli ingredienti tipici del divertimento a strisce: mostre, incontri con gli autori, esposizioni, sfilate cosplay, mostra-mercato e area ludica, il tutto all’interno del Complesso Monumentale di Santa Sofia.

Salerno COMICON, nuovo appuntamento coi fumetti

Tra le mostre Dylan Dog 25 anni: il mito di una generazione. Una grande esposizione dedicata a celebrare il primo quarto di secolo del tenebroso Dylan Dog, protagonista dell’omonima testata di punta della Sergio Bonelli editore. In particolare ospite d’onore sarà uno dei maggiori artisti italiani – tra più apprezzati dal pubblico –  il disegnatore Bruno Brindisi, firma anche dell’altra prestigiosa testata di casa Bonelli: l’intramontabile Tex.

Salerno COMICON, nuovo appuntamento coi fumetti

E poi Hansel e Gretel: una straordinaria mostra di tavole originali dal grande formato di Lorenzo Mattotti, storica firma del fumetto e dell’illustrazione. L’esposizione fa riferimento al lavoro di Mattotti nella rivisitazione  –  con il suo stile inconfondibile – della famosissima favola dei fratelli Grimm, realizzata nel 2009 illustrando l’edizione della casa editrice Orecchio Acerbo.

Salerno COMICON, nuovo appuntamento coi fumetti

Ma la lista degli ospiti e degli avvenimenti è ancora lunga, a partire dall’antologica dedicata ai “Paguri” Daniele Caluri ed Emiliano Pagani, conosciuti per essere i “papà” dell’irriverente Don Zaucker (Vernacoliere), ora all’opera con la loro ultima fatica Nirvana (Panini Comics).

Il programma completo di tutti gli appuntamenti, gli ospiti e gli espositori è sul sito della manifestazione: www.comicon.it/salerno/

Dall'idea all'App Store: realizzare un'app il caso APPIZZA [Case Study]

Quante volte avete pensato di produrre la vostra applicazione ?

L’app che, ne siete convinti, vi permetterà di campare di rendita tutta la vita tra noci di cocco e palafitte in mezzo ai tropici, gestendo i margini di rendimento del vostro prodotto direttamente da un computer portatile in wifi su una comoda amaca di fronte al mare ?

Decine di migliaia di sviluppatori pensano a creare una Killer App ogni giorno nel mondo, ma ben poche sono le app che riescono a raggiungere vette di vendita interessanti, in un App store che conta oggi più di 500.000 applicazioni (fonte Apple.com).

Proprio per entrare nella testa di un taskforce di lavoro analizziamo qui un Case Study basato sul lavoro di Wooom (Partner di Ninja Marketing per la realizzazione di Applicazioni per il mercato mobile) e altotouch.  Io in particolare mi sono occupato del product marketing strategy e design management con Antonio Prigiobbo, per trasformare un’idea nel lancio di una nuova App su Appstore: APPizza.

Come tutte le idee creative che partono spesso dalle nostre passioni, anche APPizza nasce dalla passione di Fabio Scognamiglio (programmatore) per la pizza napoletana. L’idea di Fabio era quella di fare una “tombola delle pizze”…

L’ idea generale consiste nel creare un menu generale di tutte le pizze più conosciute al mondo, con tanto di foto e descrizione, che possa essere aggiornato direttamente dallo stesso utente, permettendogli di catalogarle come crede, di fare un elenco di pizze preferite, e di una lista ordinata che permetta di classificarle ogni volta che se ne assaggia una nuova, con tanto di recensione e voto.

Processo UCD

Grazie a un processo di User-Centered Design e facendo scontrare diverse filosofie progettuali (quella technology oriented di altotouch e quella design-oriented di Wooom) si è arrivati al disegno dell’esperienza nella fruizione dell’app. A questo livello progettuale abbiamo aggiunto l’intelaiatura per le  funzioni di GeoMarketing per prevedere diverse strategie di GeoAdv e CoMarketing.

Il nome, come l’icona di un’app prodotto da immettere sul mercato App Store di Apple è un elemento decisivo oggi per realizzare e promuovere un’applicazione in un market generale, così come lo sono le chiavi di ricerca per farsi trovare dagli utenti.

 Dopo un’attenta analisi di mercato su cosa fosse disponibile nello store per gli appassionati della pizza, si è deciso di spiazzare la concorrenza (altre 3 apps erano dedicate ad un tema simile)  e gli appassionati della Pizza in tutto il mondo con un nome: APPIZZA (ispirato da un noto ristorante americano scoperto a New York, APIZZA). Il nome ha riscontrato diversi feedback positivi da un target identificato come appassionato, dinamico, attento alle novità e connesso con i social media più conosciuti.

L’immagine coordinata del progetto è stata così organizzata rispettando lo stile visivo di prodotti di successo come Farmville, che in comune con l’app rispetta uno stile dinamico, giocoso, cartoonish in coerenza con un aspetto enogastronomico per appassionati della Pizza.

Una volta scelto lo stile complessivo dell’ applicazione si è passati ad un’analisi di fattibilità per stabilire i tempi di produzione.

Uno dei problemi principali è stato anche uno dei più apparentemente banali: come rappresentare le pizze?

Dopo aver fatto diversi tentativi con pizzerie note e meno note con cui stabilire una partnership per fotografare e catalogare un numero predefinito di pizze, la soluzione è stata ancora più semplice.

Perchè non sfruttare a nostro favore le dimensioni ridotte del mezzo di comunicazione per fotografare micro-pizze create apposta per l’App da un pizzaiolo? E fare una festa prelancio?

Dall’idea si è passati all’azione utilizzando questo sistema per promuovere l’applicazione prima del lancio con una serie di persone invitate a mangiare nel nostro Open studio di Napoli a Palazzo Marigliano una serie di mini pizze create per l’occasione da una pizzeria vicina, fotografandone prima una per una grazie alla collaborazione di Pejskitchen che ha fornito il servizio fotografico.

Caricate le foto all’interno dell’app si è deciso di inserire aree che potesse coinvolgere l’utente in più modi, dalla condivisione della singola pizza su Twitter con tanto di fotografia da inserire nel database interno all’utilizzo di un sistema geolocalizzato interno per trovare le pizzerie più vicino a noi permettendo di chiamare direttamente per la pizza a domicilio.

L’App inserita successivamente sullo store è passata adesso ad una fase di feedback per pensare al prossimo aggiornamento.

L’esperimento è stato molto interessante per farci analizzare un mercato dall’interno delle sue categorie  di nicchia, incrociando i dati geolocalizzati sull’utilizzo con l’interesse per alcune aree specifiche dell’app.

Nulla si fa senza dividersi i compiti e i ruoli… un grazie speciale a

CREDITS
Produced altotouch
MultiFormat Wooom
.
Idea & Concept :
Fabio Scognamiglio
.
Project Manager & Software Development :
Fabio Scognamiglio
.
Marketing Product Management :
Danilo De Rosa & Antonio Prigiobbo
.
Art direction & Concept Design :
Danilo De Rosa, Fabio Scognamiglio, Antonio Prigiobbo
.
Graphic Design :
Danilo De Rosa, Dario Scognamiglio
.
Cloud Computing software development :
VmEngine
.
Photos courtesy of :
Pej’s Kitchen,Guido Acampa,Antonio Prigiobbo
Qui potete scaricare l’app!