Appassionati della Mela desiderosi del nuovo sistema operativo, eccovi accontentati! E' arrivato Mac OS X Lion!

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Mac OS X Lion: l'evoluzione Apple

Ieri, dopo una lunga attesa, è arrivato il momento che tutti gli Apple-addicted aspettavano: il rilascio ufficiale del nuovo sistema operativo made in Cupertino: il Mac OS X Lion. Il nuovissimo OS integra alcune funzionalità degli iDevice mobili con altre funzionalità dei “vecchi” Mac, offrendo un’esperienza utente del tutto nuovo e userfriendly.

Il tutto al modico (e sorprendente) prezzo di 23,99 Euro.

Il nuovo OS di casa Apple integra in tutto 250 nuove funzionalità, tra le quali non possono passare inosservate le nuove gestures multi-touch che restituiscono un utilizzo del Mac più unico che raro.

Tra le altre funzionalità troveremo:

 – Applicazioni a schermo intero (veramente utile solo su un MacBook Air da 11 pollici)

 – Mission Control, (in pratica le applicazioni attive in multitasking verranno visualizzate in un’unica barra)

 – LaunchPad (una sorta di Springboard ricavata da iPad ma ottimizzata per Mac)

 – AirDrop (permette di condividere file attraverso la connettività WiFi con altri Mac che utilizzano MAc OS X Lion )

 – Salvataggio Automatico (vi impedirà di perdere parte di un documento se lo chiuderete per sbaglio)

 – Riprendi (a mio avviso una delle nuove funzioni più interessanti: in pratica se dovete riavviare il Mac dopo aver eseguito degli aggiornamenti, grazie a questa funzione è possibile “congelare” la vostra sessione di lavoro)

Una delle funzionalità che sicuramente farà la differenza rispetto agli altri OS in commercio è LaunchPad che rende possibile l’accesso rapido alle varie applicazioni e consente anche di organizzare in modo ordinato tutte le vostre applicazioni.

Oltre alle nuove gestures multi-touch molti aspettavano la possibilità di utilizzare le applicazioni a tutto schermo, funzionalità che personalmente trovo utile solo nel caso si utilizzi un monitor piccolo, come quello del MacBook Air in quanto salendo di dimensioni le cose potrebbero non essere poi così piacevoli in quanto a risoluzione.

Insomma a Cupertino hanno cercato in tutti i modi di standardizzare l’esperienza utente basandosi su iOS (iPad ed iPhone) e ci sono riusciti.

Mac OS X Lion: l’evoluzione secondo Apple.

La Tavola Periodica dei Caratteri Tipografici.

“La tipografia è il sistema di disposizioni di lettere, parole e testo in ogni contesto che si possa immaginare: la tipografia è ovunque. Il progettista deve imparare a usare l’elemento tipografico con la fantasia e voglia di sperimentare, sempre rispettandone regole e usi consolidati. La tipografia è manifestazione visiva della lingua, di cui utilizza tutte le qualità espressive e pratiche. Si colloca a metà strada tra l’arte e la scienza. La tipografia riguarda anche l’impostazione funzionale del carattere sia ai fini di leggibilità che della comunicazione dell’informazione.” – D.Dabner/S.Calvert/A.Casey

Vi ricordate la Tavola Periodica degli Elementi? Ideata dal chimico russo Dmitrij Mendeleev nel 1869, rappresenta lo schema con il quale vengono ordinati gli elementi sulla base del loro numero atomico Z. Noi invece vi presentiamo la Tavola Periodica dei Caratteri Tipografici, ovviamente ispirata a quella di Mendeleev, qui troviamo divisi per famiglie e classi i gruppi di font tipografici più popolari: sans-serif, serif, script, blackletter, glyphic, display, grotesque, realist, didone, garalde, geometric, humanist, slab-serif e misti.

Creata da Camdon Wilde, designer per lo studio Squidspot, quest’idea rappresenta sicuramente l’incontro tra intuito, riflessione e creatività, un punto di partenza per chiunque voglia approfondire l’argomento.

Questa tabella elenca in particolare 100 dei tipi di carattere più popolari, influenti e noti. In ogni cella è presente il font, il designer che l’ha progettato e l’anno in cui è stato creato. La classifica, stilata attraverso delle statistiche, ordina e integra diverse opinioni.

Inoltre grazie all’enorme successo avuto, lo studio Scribble On Everything ha deciso di farne dei poster, ma anche degli stickers per poter rendere al meglio questa creazione.

E se siete tra quelli amanti delle famose agende Moleskine, Engrave your Book ha curato e creato la cover per moleskine con la stessa tavola.

2D Photography e lo scatto alla Rube Goldberg [VIRAL VIDEO]

Lo studio 2D Photography, con la regia di David Dvir, per promuovere la propria attività decide di ispirarsi al fumettista Rube Goldberg e alle sue ingegnose macchine.

In questo caso specifico gli elementi utilizzati per comporre il complicatissimo macchinario sono tutti attrezzi e materiali fotografici professionali, che, dopo una serie di reazioni a catena , mostrano il lavoro dello studio fotografico (anche se sospettiamo che normalmente non si svolga esattamente in questo stesso identico modo!) .

E con un simile ispiratore, già a suo tempo amatissimo nonché vincitore del Premio Pulitzer per la Satira nel 1940, come perdere la scommessa di diventare un video virale?
Decidere di elaborare e costruire un congegno del genere solo per riuscire a scattare delle foto risulterà un po’ “macchinoso”, ma non potrà non catturare la vostra attenzione e divertirvi dal primo all’ultimo fotogramma!

Professione blogger: 10 errori pericolosi (e come risolverli)

Fare il blogger, a differenza delle dicerie, non è cosa per tutti: richiede passione, tecnica, creatività, conoscenze di comunicazione persuasiva, capacità di interessare i lettori. Questo vale indipendentemente dal fatto che si gestisca un blog personale o aziendale, nell’obiettivo di incrementare il numero di utenti. Qualche tempo fa avevamo cominciato a darvi qualche consiglio utile per scrivere post e articoli ad alto impatto curando le immagini. Continuiamo in questa direzione riportandovi un interessante studio di Social Media Examiner, che ha chiesto a un panel di esperti quali sono gli errori che i blogger compiono più spesso. Ne sono stati elencati 21, che abbiamo rielaborato e riassunto in 10 punti fondamentali: siete pronti?

#1 Non comprendere la propria audience

Un conto è avere competenze di ciò che si scrive, un altro è conoscere il proprio pubblico. Il bravo blogger deve avere in mente necessità e interessi dei suoi lettori ed il loro bagaglio di conoscenze in relazione all’argomento. Solo così le informazioni fornite saranno realmente utili e concretamente applicabili dagli utenti!

#2 Scrivere per se stessi e non ascoltare il lettori

Il blog è personale ma al tempo stesso è pubblicato in uno spazio aperto a tutti. Non dimenticatelo e siate sempre orientati al lettore! Coinvolgetelo, domandategli la sua opinione, create appositi questionari di soddisfazione. Questo vale anche per i corporate blog, spesso troppo impegnati a scrivere sui loro prodotti/servizi e poco interessati a quello che il lettore ha da dire. L’unione fa la forza, e permette di costruire un bel legame relazionale con l’utente!

Strettamente collegato a quanto detto c’è il paradosso di cercare di coinvolgere gli utenti nel post per poi non rispondere ad eventuali commenti e pensieri. Se invece rispondete, attenzione a cosa dite: troppo spesso si leggono feedback dell’autore come “si” o “grazie”, che non aggiungono valore alla discussione e non aumentano l’engagement. Applicate i principi dello storytelling e prendete tempo (almeno qualche minuto): anche una semplice risposta va strutturata e deve essere sostanziosa.

#3 Mancare di una nicchia di lettori forte coprendo troppi argomenti

Il blog nasce come uno spazio in cui il soggetto racconta le sue passioni, di cui si presume sia appassionato intenditore. E’ inutile cercare di aprire il blog a tutti, scrivendo su svariati argomenti e rischiando così di non interessare nessuno. Meglio lettori coinvolti, con cui stimolare un vero dialogo piuttosto che nn lettori sporadici, per nulla interessati alla sostanza di quello che viene scritto. Definite un gruppo di topic e mantenete la linea editoriale!

#4 Essere inconsistenti

Inconsistenza intesa sia in termini di qualità che di frequenza di pubblicazione. Il paradosso è che queste due dimensioni lavorano spesso l’una contro l’altra! Occorre dunque rispettare una certa frequenza di pubblicazione (non necessariamente 5 giorni alla settimana), senza dimenticare i contenuti. Non scrivete perché dovete, ma perché avete qualcosa da dire! Prendete tempo, informatevi, create contenuti non banali. Se effettivamente il blog nasce da una passione o parla di un’azienda interessante, gli argomenti non mancheranno e la routine diventerà poi naturale. Il segreto è dunque mantenere un certo livello di quantità e qualità.

#5 Non essere coinvolti nel processo di blogging

Come già sottolineato, gestire un blog deve essere prima di tutto una passione. Non apritelo solo per ottenere dei ritorni economici grazie alla pubblicità: non resisterete. Questi arriveranno dopo alcuni mesi, se la frequenza di pubblicazione sarà mantenuta ed i contenuti riusciranno a coinvolgere (cfr. punto 4).

#6 Non fare attenzione alla grammatica… ed alla logica!

Scrivendo per un blog anche l’autore diventa importante, a volte una mini-celebrità nel suo settore. I bassi costi di accesso all’apertura di un blog possono essere devianti, dando l’idea che per avviare un progetto di successo basti saper usare la piattaforma di publishing. Non dimenticatevi che il blogger è prima di tutto un bravo scrittore: attenzione dunque alla forma, all’ortografia, etc. La vostra reputazione online non dipende solo dai contenuti!

#7 Non sfruttare le potenzialità del linguaggio

Come nelle migliori comunicazioni pubblicitarie, il titolo e la parte iniziale del post sono fondamentali! Quante volte non avete letto un articolo online perché non ne eravate attratti? Chiedetevi allora CHE COSA non vi convinceva… Fate domande, siate ironici, pungenti: insomma, non solo non dovete fare errori di ortografia (punto 6), ma cercate anche di sfruttare le potenzialità del linguaggio.

#8 Scrivere contenuti ‘piatti’

Il bravo blogger non è un reporter, un aggregatore di notizie. Non deve limitarsi a riportare la news, ma deve entrare nell’argomento, farlo suo, informarsi, appassionarsi, cercare persone da intervistare. Deve insomma fornire una comunicazione completa.

#9 Non promuovere il proprio blog

Non basta scrivere dei buoni contenuti per essere seguiti ed ascoltati. Un buon blogger si preoccupa molto della visibilità del proprio sito. Sponsorizzatevi, dite la vostra in altre piattaforme (forum, social, etc.), ottimizzate i vostri post sui motori di ricerca inserendo keyword nei titoli, nell’URL, utilizzando SEO plugin, etc.

#10 Non credere nella forza della community

Una volta avviato il vostro blog ed ottenuti i primi risultati, pensate a come incrementarne il potenziale grazie alla collaborazione. Create una community di appassionati contributor, eventualmente individuati tra i vostri lettori più costanti ed interessati, per dare vita ad un progetto completo. Ma aprirsi alla community significa anche non rimanere chiusi in sè stessi ma cercare confronti e dialogo con gli altri blogger del proprio settore professionale. Condividere informazioni, expertise ed opinioni permette di aumentare la propria reputazione… e imparare tanto!

Allora, da bravi blogger state rispettando queste dieci regole d’oro o il post vi ha fornito spunti di miglioramento? Altri consigli da segnalare? Arriviamo a 15? 😉

Startup Britain. Le misure del governo inglese al servizio delle startup.

Dopo la serie di articoli, pubblicati da Carmen Meli Cesarano e  riguardanti i programmi governativi che alcuni stati del mondo (Israele, Estonia, Cile e Brasile) hanno messo in atto al fine di incentivare la cultura delle startup, oggi andremo a descrivere le azioni proposte dal governo inglese.

Il progetto, finalizzato in particolar modo allo sviluppo della piccola imprenditoria in generale, si chiama Startup Britain e attraverso una serie di misure specifiche si pone come obiettivo quello di incoraggiare lo sviluppo economico del paese.

Lo Startup Britain, sviluppato in collaborazione con una serie di partner privati di tutto rispetto, prevede un benefit package di 1500£ per ogni impresa che aderisce al programma. Vale la pena elencare alcuni di questi benefits, se non altro per comprendere la qualità della partnership privata che si è resa promotrice del programma:

  • la compagnia assicurativa AXA offre uno sconto del 10% sulle polizze assicurative;
  • Microsoft propone a 5000 startup corsi di formazione su come usare la tecnologia al servizio delle attività di business e marketing, incluse risorse tecnologiche del valore di 400£ per ogni impresa;
  • Google supporta le startup offrendo una somma iniziale in advertising;
  • Regus con un mese di gratis di business world membership;
  • O2 con un mese gratis di traffico telefonico;
  • PayPal con tre mesi di esclusione dalle fees per i nuovi account registrati su Powa.com;
  • Fujitsu con 30 giorni gratis per l’IT cloud.

Parallelamente a questa serie di iniziative, il governo inglese ha deciso di mettere in agenda, due misure che stimoleranno ulteriormente la diffusione della cultura delle startup, ovvero: l’incremento del sollievo fiscale del 30% (notare la differenza di termini tra l’inglese tax relief e la nostra pressione fiscale) e alcune norme che faciliteranno i meccanismi di investimento in capitale di rischio.

Sul portale Startup Britain sono inoltre presenti le migliori risorse disponibili per chiunque voglia intraprendere la carriera imprenditoriale: dalla consulenza al marketing, al supporto legale alle offerte sui servizi di cui si ha bisogno per avviare il proprio business.

Ciò che mi ha colpito in particolar modo sono le frasi, citate dal Primo Ministro Cameron, adoperate durante la conferenza stampa tenutasi il 28 marzo 2011, per introdurre il programma Startup Britain:

If you’ve been turning over a good idea for years now is the time to make something of it. If you’re working for a big firm but know you could do a better job on your own now is the time to make the leap. If you’re dreaming about starting up the next great British brand – now is the time to make it happen. There are thousands of people out there who are entrepreneurs but they just don’t know it yet. There are millions of success stories that haven’t been written yet. So seize this moment. Take these opportunities. Make it happen and together we can drive our economy forward.”

Vi confesso che per un attimo ho provato a immaginare, senza alcun successo ovviamente, un rappresentante qualsiasi della nostra classe dirigente in grado di pronuciare frasi di tal fatta. E’ evidente che da noi la “strategia dell’incoraggiamento”, o di incentivo all’autoimpiego,  soccombe davanti alla melassa mediatica  prodotta dall’attuale livello del dibattito politico. Forse…sarebbe il tempo di iniziare a prendere esempio dai nostri colleghi inglesi.

Google chiude Google Labs [BREAKING NEWS]

Dopo l’enorme successo di Google+ si respira aria di cambiamento nel mondo Google. Con un post sul loro blog ufficiale, infatti, Google comunica la chiusura di Google Labs, un incubatore che è stato utilizzato spesso per testare nuove applicazioni, nuove idee e pubblici esperimenti.

Google Labs ha però dato il via a molti progetti interessanti in questi anni. I prodotti che fanno già parte dell’incubatore saranno continuati, quelli in prova, quasi sicuramente verranno dismessi.

L’intenzione era già stata fatta trapelare nei giorni scorsi dal CEO Larry Page e oggi ne abbiamo la conferma. Con il suo nuovo approccio e la sua nuova visione del business infatti, il colosso ha deciso di dedicarsi a progetti più importanti e accantonare dopo 10 anni di onorata attività questo luogo di sperimentazione, che a quanto pare, alla luce della decisione odierna, risultava essere uno spreco di risorse.

L’innovazione non verrà però limitata. Infatti, come sostenuto nel blog:

“We’ll continue to push speed and innovation—the driving forces behind Google Labs—across all our products, as the early launch of the Google+ field trial last month showed.”

Migliorare quindi la qualità dei progetti magari riducendone il numero?

Vedremo prossimamente quali altre novità il nuovo CEO ha in serbo per noi!

Il fail di Samsung Italia su Twitter che aggiorna con BlackBerry

Il tweet è stato cancellato dopo poco ma qualcuno è riuscito comunque a fare uno screenshot:

Avete un déjàvu?

Era successo qualche mese fa a Sony Ericsson Italia ma quella volta su Facebook con iPhone:

Se l’uomo saggio è colui che impara dagli errori degli altri, beh Samsung Italia non si è dimostrato particolarmente saggio in questo caso e ha di nuovo tentato la strada dell’oblio come nel caso di un altro fail da considerarsi “epic” avvenuto qualche tempo fa.

Lo scorso anno infatti un difettoso Galaxy i7500 aveva scatenato l’ira di molti consumatori che stavano utilizzando quella che allora era la pagina ufficiale su Facebook di Samsung (Samsung Mobile Italia) per reclamare. Non ricevendo alcuna risposta, gli utenti hanno iniziato a commentare qualunque contenuto che Samsung postasse con la frase: “Android 2.1 su Samsung Galaxy i7500, grazie“.

Trovandosi impreparati a gestire la crisi, quelli di Samsung hanno pensato bene di chiudere la pagina, includendo tutti i prodotti in Samsung Italia, con una bella tab “regolamento” nella quale si specifica che la pagina non sostituisce il servizio clienti per cui non potranno essere sottoposti reclami.

Per una cronaca dettagliata dell’epic fail, leggete: Samsung Italia – Un indimenticabile social media fail.

Anche in questo caso, ci troviamo dinanzi ad un brand che si è dimostrato impreparato ad utilizzare i social media, facendone un uso superficiale e limitato. Se infatti i mercati sono conversazioni e i social media rendono possibili e immediate tali conversazioni, una strategia di social media non può essere basata su una comunicazione one-to-many, in cui gli unici commenti accettabili sono i complimenti. Tanto vale utilizzare gli annunci stampa, gli spot e i banner a questo punto!

Ciò che emerge, a mio avviso, è la sottovalutazione dei social media, da molti concepiti come strumenti semplici da usare, senza considerare che gli utenti hanno il potere di dire la loro, soprattutto se c’è qualcosa che non va.

Sia chiaro: i social media sono degli strumenti assolutamente nuovi, che tutti noi stiamo imparando ad usare. Mi fanno sorridere coloro che si definiscono “esperti”.  Per cui l’unico consiglio sensato che mi sento di dare a questo punto è: ricordate che devono essere maneggiati con molto cura, che, prima di postare qualunque contenuto, bisogna ragionarci e cercare di immaginare come gli utenti potrebbero rispondere. Perché di fronte ad un errore colossale o ad un cliente insoddisfatto non c’è tab con regolamento che tenga e ci sarà sempre qualcuno pronto a fare uno screenshot.

L'illustratore Ben Heine sta spopolando su Internet grazie alla serie di opere Pencil Vs Camera. L'idea è molto originale: partire da una semplice foto e ricostruirne alcuni elementi disegnandoli a mano  su un foglio di carta. La parte che viene aggiunta  a volte riproduce fedelmente la realtà, altre volte la rivisita, creando un' opera surrealista e di grande impatto.

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Pencil Vs Camera: quando foto e disegni si scontrano

 

 

Ben Heine è un giovane illustratore belga che sta spopolando su Internet, grazie alla serie di opere Pencil Vs Camera. Qual è il motivo di tanto successo? Ben parte da una semplice e banale foto,  e ne ricostruisce alcuni elementi disegnando a mano uno schizzo su un foglio di carta bianco. La parte che viene aggiunta a volte riproduce fedelmente la realtà, altre volte la rivisita, creando un’ opera surrealista. Una città che si trasforma in un enorme Brick Game, la Madonna che impugna una macchina fotografica, asini con gli occhiali da sole…tutto è possibile per la smisurata creatività di Heine.
Queste fusioni di disegno e fotografia (che a me ricordano il video Take on me degli A-Ha) hanno un particolare in comune: la mano dell’artista è sempre visibile, per enfatizzare il legame tra l’osservatore e l’azione che avviene sul foglio.

La serie cresce di settimana in settimana e si arricchisce di foto scattate in giro per il mondo (anche in Italia!), per cui vi consiglio di non perderlo d’occhio,  per rimanere stupiti dalla sue nuove sperimentazioni.

 

 

Misurare il ROI dei social media: 10 casi di successo

Con lo sviluppo delle dinamiche pubblicitarie legate ai social network, che vedono sempre più aziende investire per creare un prodotto “socialmente” innovativo, uno dei problemi principali che tali aziende si trovano ad affrontare sempre più spesso è quello della comprensione e della misurazione dell’apporto che tali iniziative hanno sulle vendite del proprio prodotto.

Volendo rifarci all’interessante analisi compiuta da Jacquie McCarnan (esperta canadese in Social Media Marketing), il ROI va misu­rato considerando il “con­tri­buto al bene sociale e al pro­gresso in comu­ni­ca­zione” che le ini­zia­tive sui social media por­tano con sé. Le aziende ancora poco mature in termini di “esperienza sociale” ma soprattutto ancora non pronte a considerare l’importanza di questo fattore per la crescita dei propri introiti, non sono ritenute pronte per il social media marketing.

E’ importante sottolineare, inoltre, che il social media marketing non è semplicemente “pubblicità on line”, ossia qualcosa che in qualsiasi momento possiamo “attivare” generando ricavi. Generare introiti, fedeltà alla marca e ripetitività nell’acquisto attraverso i social media è un’attività più complessa, con proprie dinamiche e metri di valutazione che spesso non sono facilmente misurabili con un formula.

The Next Web ha raccolto 10 casi per capire come misurare il ROI dei social media. Vediamoli insieme.

1. Il social media marketing rapportato ai banner pubblicitari

Sicuramente la via più semplice per misurare l’efficacia ed il valore delle azioni di social media marketing è quella di raffrontare tali iniziative a quelle “classiche”, già consolidate, come i banner pubblicitari. In particolare in questo caso studiato da Ignite Social Media si è verificata l’esperienza di un loro cliente (rimasto anonimo) confrontando l’investimento in una campagna di banner pubblicitari con due diverse iniziative di social media marketing: un Contest ed un Gioco (legato ad una lotteria).

I risultati dell’analisi sono stati evidenti: sebbene le iniziative di social media marketing hanno superato i banner in termini di costo per singolo visitatore (circa il 6,5 di più), la qualità dei visitatori provenienti dla social media marketing è stata fortemente più alta, sia in termini di visite per singola pagina, sia in termini di tempo di permanenza. Pertanto, in questi esempi, il costo effettivo delle iniziative di social media marketing è stato inferiore rispetto al costo del traffico generato con banner pubblicitari, in virtù del “comportamento” dei visitatori generati dalle diverse iniziative.

2. L’esperienza di Cisco

Un metodo alternativo per valutare il ROI delle iniziative di social media marketing è anche studiare casi concreti in cui un’iniziativa sociale ha, nei fatti, portato grossi benefici economici. E’ il caso di Cisco System, che grazie ad un’efficacia campagna di social media marketing ha risparmiato ben 100,000 $ nel lancio di un nuovo prodotto.

Al posto dei tradizionali metodi di lancio per i nuovi prodotti, per un nuovo router la compagnia decise di fare le cose in maniera differente rispetto al passato. Non più inserzioni su giornali costosi o stand in tutto il mondo, ma un lancio realizzato intermente on-line. Spot su YouTube invece che sui media tradizionali, lancio di un gioco 3D ispirato al prodotto, coinvolgimento degli utenti tramite forum di esperti ed un concerto pre-lancio su Second Life. Non solo si è arrivati ad un risparmio enorme in termini di costo (circa un sesto delle tradizionali campagne della società), ma a rendere straordinario il risultato è stato il raggiungimento di un pubblico molto più ampio di quanto non fosse avvenuto mai in passato. Ecco qualche dato:

 

3. Il grande successo di Old Spice

Una delle campagne di social media marketing più famosa nella storia recente, è senza dubbio quella di Old Spice. L’azienda specializzata in prodotti per la cura del corpo maschile lanciò sul proprio canale YouTube il suo primo spot con protagonista l’ormai famosissimo Mustafa in occasione del Super Bowl dello scorso anno. Il successo incredibile raccolto dallo spot portò immediatamente gli strategist della Old Spice a continuare il filone di video, con l’intento (però) di coinvolgere direttamente i fan. Partì quindi un filone di video virali, più o meno tutti uguali per stile e produzione, che erano spesso risposte a fan (e a celebrità) praticamente in tempo reale.

Al terzo giorno, la campagna aveva raggiunto le 20 milioni di visualizzazioni, sfondando quota 40 milioni dopo appena una settimana. Quasi superfluo dire che il successo mediatico dell’iniziativa ha avuto un impatto immediato sulle vendite: aumento del 27% in un solo anno, del 55% negli ultimi tre mesi della campagna e del 107% nel mese conclusivo. E, naturalmente, Old Spice è oggi il numero 1 nel settore della cura per il corpo maschile.

4. Un social network privato per Houlihan’s

La forza delle strategie di social media marketing, comunque, trascinano le vendite anche nelle piccole imprese. In questo, esemplare è il caso di Houlihan, una catena di ristoranti statunitense con circa 100 punti vendita. Con un piccolo budget per il marketing, ma tanto buon senso, Houlihan è riuscita ad incrementare gli affari dei propri punti vendita grazie ad un piccolo social network privato, lanciato e gestito tramite Ning nel 2008. Accanto al “quartier generale” (così venne chiamata la rete sociale creata) venne dato grande impulso anche al sempreverde email marketing, generando rapidamente una community di circa 10.000 membri, a cui sono stati riservati sconti e promozioni esclusive. Grazie alla campagna, il ristorante ha stimato che “tra le 7.000 e le 13.000 persone hanno sentito parlare delle nostre ultime promozione grazie a membri del ‘quartier generale'”.

5. L’Uomo Creme Brulée

Non solo piccole imprese, ma anche singoli imprenditori possono essere grandi esempi di social media ROI. E’ il caso dell'”Uomo Creme Brulée”, che gira per gli Stati Uniti con il suo camion-ristorante, e chiamato così perché proprietario del Creme Brulée Chart, un noto ristorante di San Francisco.

In questo caso, senza una posizione geografica precisa, il social media marketing non solo incrementa il business, ma anzi lo sostiene quasi totalmente. Solo grazie ad un attivissimo account Twitter (che conta più di 12.000 followers) l’uomo Creme Brulée può contare su un numero di clienti maggiore rispetto agli occasionali (e fortunati) passanti.

Insomma, un fenomeno viral-culinario che sta spopolando proprio grazie ai social network.

6. I clienti provenienti dalle iniziative di social media marketing sono quelli di maggior valore

Questa è la conclusione di uno studio condotto da CareOne mirata a verificare gli effetti di lungo termine delle campagne di social media marketing. In particolare, CareOne, ha costituito un gruppo per la “customer care” sociale, attraverso il quale diffondere il marchio tra i clienti attuali e potenziali con i principali social network.

I risultati delle osservazioni del team furono chiari: un cliente che entra in contatto con il marchio attraverso campagne di social media marketing conserva un ciclo d’acquisto più lungo (circa 24-28 giorni, rispetto addirittura alla media di 30 minuti per coloro che non hanno un rapporto con i social media della società).

Questo si ripercuote direttamente sulle vendite: il 179% di aumenti nelle compilazioni dei moduli di consultazione e addirittura un’incredibile 732% di primi pagamenti in più effettuati per i clienti legati ai social media rispetto ai clienti entrati tradizionalmente in contatto con la società.

7. Il ROI degli annunci Facebook

La dimostrazione che le attività di social media marketing possano portare profondi benefici in termini di ROI, si può citare l’ormai enorme ricorso che molte aziende fanno degli annunci pubblicitari su Facebook. Spesso, grazie a questo strumento, un piccolo investimento può portare un ottimo ritorno. In particolare è quello che è accaduto a Vamplets, un’azienda che produce simpatiche bambole. Grazie ad un investimento di soli 250 $ al mese, sta generando un incremento mensile di 1.000 $ d’entrate. In pratica, un ROI positivo del 300% legato ad un’iniziativa di social media marketing non dispendiosa, ma fondamentale se ci si rivolge ad un pubblico mirato.

8. Subway Restaurant

Un altro buon esempio di confronto fra dinamiche di marketing tradizionali e social media marketing si può cogliere dal caso della catena di ristoranti Subway. In particolare l’iniziativa “Subway Slim Down Challenge” ha avuto risultati impressionanti in termini di ROI. Il caso, rilasciato da Say It Social.com, mostra come si siano utilizzati sia i nuovi canali “social” (in particolare la pagina ufficiale Facebook) sia i canali tradizionali per lanciare questo concorso legato al “food”. Nonostante la campagna comprendesse una vasta gamma di canali di comunicazione, si è misurato che il 71% circa del traffico registrato sul sito ufficiale (nella pagina di registrazione) derivava direttamente da Facebook. Si tratta di un caso impressionante di sconfitta del canale tradizionale (anche affermato come la televisione) rispetto al social media.

9. Le recensioni di Cars.com

Cars.com è un sito web che non vende auto ai consumatori, bensì mette in condizione gli stessi di ottenere facilmente informazioni sulle automobili sia nuove sia usate fornite da altri consumatori, nell’ottica di un continuo scambio.

In particolare si sono confrontate le pagine del sito web che davano la possibilità ai consumatori di scrivere recensioni e lasciare valutazioni con quelle che non davano la stessa libertà agli utenti. I risultati sono stati chiari: +16% di attrazione per le pagine con recensioni e valutazioni e addirittura il 100% di aumento del traffico verso i siti dei rivenditori.

10. Riduzione dei costi del costumer care

Infine, come noto, molti brand utilizzano i social network principalmente per creare una community di consumatori, con la quale comunicare costantemente, per rispondere alle più diverse domande relative ai prodotti, alle novità, alle indiscrezioni, etc (per approfondire: 9 consigli ispirati da brand di successo su Twitter).

In particolare è quello che è accaduto nel caso di Infusionsoft, che ha introdotto tecniche di social media marketing per informare meglio i propri clienti e per tenerli sempre aggiornati. In questo caso l’impatto dell’iniziativa non si misura in termini di entrate dirette, bensì di risparmio in termini di costi per il personale. Se in passato, infatti, l’azienda aveva la possibilità di servire mediamente 72 clienti con un operatore, adesso con una stessa unità operativa ne serve mediamente 172. Se a questo dato affianchiamo quella della soddisfazione della clientela, aumentata del 10%, appare chiaro che la mossa è stata fortemente vincente.

Appare chiaro, sia che si tratti di risparmio di costi sia che si tratti di incremento di ricavi, che le strategie di social media marketing ben attuate hanno un impatto immediato e potente sulle prospettive dell’azienda, che grazie ai risparmi (o ai maggiori guadagni) ha risorse da investire in nuovi settori o in ricerca e sviluppo, alimentando un circolo virtuoso sempre più “social”.

Google Plus: un logo lungo 21 chilometri

A pochi giorni dal suo lancio, Google + sta ricevendo apprezzamenti ma anche critiche dagli utenti di tutto il mondo.

Tra i sostenitori del progetto dobbiamo riportare l’idea di Joseph Tame, maratoneta nato in Inghilterra con la passione per le nuove tecnologie.  Egli ha pensato di utilizzare due iPhone (uno su cui usare Runkeeper e l’altro per Google Earth) per tracciare gli oltre 21 km corsi lungo le strade di Tokio seguendo una traiettoria insolita, comunicando l’amore per il nuovo social di Google.

Il risultato? Spettacolare, ma giudicatelo voi stessi!

Sembra che Joseph sia solito unire la passione per lo sport a quella per le nuove tecnologie: già a Febbraio aveva completato la maratona di Tokio con iPhone e iPad, riportando l’esperienza sul web in tempo reale.

Google sarà sicuramente grata a questo fan scatenato, grazie a cui ha ottenuto i risultati che solo un’efficace azione di marketing e comunicazione avrebbe potuto offrire. Nike aveva per esempio avviato il progetto Take Mokum, basato sulla stessa logica… ma (immaginiamo) a costi ben diversi!