Il crowdsourcing, tecnica di problem solving che affida lo svolgimento di compiti a utenti volontari reclutati tramite una open call sul web, viene ormai integrato nelle strategie di marketing di un numero sempre maggiore di brand.
Alcune esperienze recenti hanno contribuito a mettere in luce le potenzialità di questo modello di business, capace di coinvolgere gli utenti (e supportare le aziende) nella creazione di nuovi contenuti e prodotti, di rinforzare la brand awareness e il customer engagement.
L’utilizzo particolarmente originale ed efficace di questa tecnica da parte di cinque diversi brand ci permette di stilare una lista di cinque obiettivi che l’avvio di iniziative di crowdsourcing può contribuire a realizzare.
Rinforzare i valori del brand: la Ben & Jerry’s Good Ideas (di cui noi di Ninja Marketing vi abbiamo già parlato), è un ottimo esempio di strategia a supporto dell’universo valoriale ed identitario del brand. La chiamata a raccolta per chiunque (associazione, cooperativa sociale, fondazione, ONG, Onlus o start-up) abbia delle buone idee che contribuiscano o abbiano l’obiettivo di migliorare la vita delle persone, degli animali, insomma rendere il mondo un posto migliore, e per le quali Ben & Jerry’s mette a disposizione un budget complessivo di € 50.000 (da suddividere tra le 25 “good ideas” più meritevoli, scelte dagli utenti attraverso una “like application" presente sul sito e sulla pagina Facebook), è coerente con la filosofia di un brand (nato nel Vermont nel 1978) da sempre impegnato a coniugare una forte consapevolezza locale con una forza di volontà globale.
Progettare nuovi prodotti: è stato questo l’obiettivo della campagna Fiat Mio. A car to call your own, che è riuscita a coinvolgere ben 17000 utenti nella progettazione del design della nuova automobile e che è valsa a Fiat e all’AgênciaClick Isobar il premio Best Use of Social Media Platform ai Bees Awards 2011. Gli utenti hanno potuto dare suggerimenti, commentare e fare osservazioni riguardo ogni aspetto del processo di realizzazione del veicolo, dal numero di posti per i passeggeri all’integrazione di touch screen e comandi vocali.
La catena di distribuzione Waitrose ha invece lanciato ad agosto 2010 una campagna che ha raccolto le ricette di centinaia di suoi clienti (esclusivamente membri del MyWaitrose Club) per creare il suo primo prodotto completamente crowd-sourced, un dolce chiamato Seriously Chocolatey Rose-Infused Chocolate Ganache, alla cui creatrice è stato assegnato un premio di £1,000 (oltre alla soddisfazione di vedere il suo dessert in vendita sugli scaffali degli store Waitrose, promosso su Facebook e sui customer magazine Waitrose).
Creare nuovi contenuti: il progetto Behind the Mask della Sony cavalca l’onda del mito di Michael Jackson e lancia un contest dedicato a cantanti, ballerini, musicisti o semplici fan della pop star per creare un mash-up video che accompagnerà la traccia Behind the Mask, presente nell’album postumo di Jacko.
Aumentare il customer engagement: la National Trust, l’associazione inglese per la difesa dei patrimoni culturali e naturali, si ispira a Farmville e con il progetto MyFarm coinvolge 10000 contadini nella gestione della Wimpole Estate. Tramite il sito dedicato, si può partecipare alle discussioni e contribuire alle decisioni relative alla conduzione della tenuta.
Rinnovare l’immagine del brand: i contest per il re-design dei loghi aziendali sono ormai piuttosto comuni. Tra le aziende che recentemente hanno utilizzato questo espediente c’è il magazine Esquire, che ha affidato la creazione del suo nuovo logo alla community di graphic designer 99Design.
La Deutsche Boerse e la New York Stock Exchange hanno invece lanciato una iniziativa di crowdsourcing che coinvolge i loro 6000 dipendenti: a loro è stata infatti rivolta una “call for ideas” per stabilire il nome da assegnare all’istituzione nata dalla fusione tra le piazze finanziarie.
Iniziative di questo genere possono comportare però dei rischi (l’incertezza della qualità dei risultati, se non si lavora con dei professionisti) e possono anche attirare delle critiche, legate all’utilizzo di collaboratori non pagati, come è accaduto ad Adobe quando ha lanciato la campagna Adobe Creative Juices.
Il crowdsourcing dunque, se ben utilizzato e integrato nella complessiva strategia di marketing aziendale, riesce a far leva efficacemente sull’intelligenza collettiva delle comunità virtuali. Per concludere vi segnaliamo ancora quattro progetti interessanti, forse non estremamente recenti, ma che si sono distinti per la loro originalità.
Toyota Ideas for Good: Toyota ha chiesto alla comunità di utenti di suggerire degli utilizzi alternativi e possibili di un impatto positivo sull’ambiente per cinque sue tecnologie. Oltre 9000 sono state le idee proposte, mentre la campagna è stata menzionata oltre 220000 volte su numerosissimi siti web e blog.
Pepsi Refresh Project: un progetto, a metà tra crowdsourcing e cause marketing, che premia (e finanzia) le idee migliori proposte dagli utenti in grado di cambiare il mondo. Noi di Ninja Marketing l’abbiamo inserito nella Top 10 dei marketing moment 2010.
Mob the Rainbow: una campagna su Facebook lanciata da Skittles, la nota marca di caramelle, che è riuscita a coinvolgere i sostenitori del brand in divertenti e originali (a volte benefici) eventi offline di volta in volta votati e scelti dagli utenti.
Aviva Community Fund: l’iniziativa, portata avanti dalla divisione canadese della compagnia d’assicurazioni, chiede ai clienti di scegliere quali progetti, nell’ambito della loro comunità di riferimento, devono essere finanziati da Aviva.
Ad accomunare queste campagne è dunque un utilizzo innovativo dei social media marketing tool: la brand awareness, il customer engagement e il valore del brand possono essere accresciuti tramite il coinvolgimento degli utenti in progetti capaci di un vero e proprio impatto sociale.