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La morte al tempo di Facebook

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Martha Burns 

Editor at large

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Pubblicato il 30/09/2009

la_morte_al_tempo_di_facebook Capita a volte di pensare alla morte. Capita anche a voi, non dite di no. Probabilmente nessuno di voi si sarà mai chiesto cosa ne faranno della vostra pagina di Facebook dopo la vostra morte. In realtà non me lo sarei chiesto nemmeno io, se non fosse che ho tra gli amici di Facebook una persona, che è venuta a mancare. Si chiamava Chris. Era un trentenne statunitense, che viveva a Barcellona, scomparso improvvisamente la scorsa primavera. Ho appreso la notizia leggendo gli status di alcuni amici in comune. La cosa mi pareva surreale. All’inizio pensavo addirittura si trattasse di uno scherzo. Invece era tutto vero: Chris non c’era più.

Era morto di overdose. Era stato un incidente. Non si era suicidato. Era proprio felice quel giorno! Almeno questa è la storia che ai suoi amici piace raccontare in giro.

In una città come Barcellona, Facebook rappresenta una risorsa assolutamente essenziale per chiunque decida di trasferirvisi per un periodo più o meno lungo. La città è grande e può risultare dispersiva per coloro che arrivano da una realtà minore o soltanto differente. Facebook permette di mettere in contatto persone, che si conoscono poco o affatto, facilitando enormemente il processo di socializzazione.

Gli abitanti di Barcellona, soprattutto gli stranieri, sono tutti rigorosamente Facebook-addicted. Di conseguenza, il social network si rivelò il veicolo ideale per sostenere la causa Riportiamo Chris alla sua famiglia. Chris, infatti, doveva essere seppellito negli Stati Uniti, per cui si rese necessario spedire il suo cadavere da Barcellona  alla sua città natale. Fu creato un sito web, un gruppo su Facebook e un evento su Facebook per la raccolta fondi. Fu l’evento mondano di quel mese, seguito da un altro, una calçotada* inappropriatamente  chic al Sotavento, cui parte dei ricavi sarebbe stata destinata alla causa.

Il profilo di Facebook di Chris fu presto inondato di decine di messaggi di persone, che esprimevano le condoglianze alla famiglia o che si rivolgevano direttamente a lui, ricordando momenti trascorsi insieme, gesti che Chris aveva fatto per loro o anche semplicemente dicendo che mancava loro. Divenne insomma un luogo virtuale, in cui era possibile onorare il defunto in maniera informale, spontanea ed immediata.

Ecco come sarà la morte un giorno. Ecco com'è già la morte oggi.

In questo caso, Facebook non è stato avvertito – o comunque sia non si è reso conto – della morte dell’utente. Qualora ciò accadesse, secondo la normativa di Facebook, il suo profilo verrà memorialized. La pagina dell’utente diviene cioè un link commemorativo, attraverso l’eliminazione di alcune informazioni sensibili come foto e status e la reimpostazione della privacy affinché soltanto gli amici confermati possano vedere e cercare il profilo modificato. La bacheca resta cosicché gli amici e la famiglia possano lasciare dei post in memoria del defunto.

Per avviare il processo di memorializing, bisogna compilare un modulo, inserendo i dati del defunto (nome e cognome, data di nascita, indirizzo email con cui è avvenuta la registrazione dell’account, i network a cui apparteneva e il tipo di relazione che il richiedente ha con il deceduto).

Il profilo, quindi, resta. Nell’ultimo anno però Facebook ha aggiunto un’importante opzione. Infatti, mentre in passato indipendentemente da qualunque richiesta da parte dei familiari, Facebook insistesse nel mantenere il profilo, oggi è possibile chiederne la cancellazione. Nel 2008 ha fatto scalpore il caso di  William Bemister,  giornalista inglese scomparso quell’anno. Il problema nacque perché la sorella Stephanie non era un’amica confermata e, di conseguenza, non poteva vedere il profilo. Ne chiese allora la cancellazione ma il social network la negò. L’episodio fu denunciato da consumerist.com, in un articolo di Ben Popken, in cui si affermava che Facebook sapesse meglio della sorella del giornalista cosa fare della sua pagina di Facebook.

La morte al tempo di FacebookIn seguito alla pubblicazione dell’articolo, il profilo fu eliminato del tutto. Facebook affermò che da quel momento in poi non avrebbe dato le informazioni del login per l’account del defunto, ma che avrebbe rimosso il profilo su richiesta dei familiari.
Questo caso genera una serie di domande, cui si fa fatica a rispondere. Se William Bemister non fosse stato un famoso giornalista e sua sorella non si fosse rivolta ad un prestigioso sito sulla salvaguardia dei diritti dei consumatori, cosa sarebbe successo?
Perché per Facebook è così importante mantenere la pagina attiva? Forse per le pubblicità, che continuano a passare alla destra? Se si tratta di un profilo commemorativo, quelle pubblicità non risultano inopportune?

Inoltre, se il modulo può essere compilato da chiunque conosca pochi dati del defunto, allora chiunque potrebbe chiedere la cancellazione anche di un utente ancora in vita?

Una volta che il profilo viene memorialized è giusto impedire a chiunque, familiari compresi, di diventare amici di Facebook del defunto per poter leggere i messaggi, che gli vengono lasciati dalle persone che l’hanno voluto bene?
Tutte domande, che vale la pena porsi dinanzi ad un fenomeno quale Facebook, che è diventato ormai parte integrante della nostra esistenza.

* una braciata di calçots, una sorta di cipollotti, tipici della regione catalana.

Scritto da

Martha Burns 

Editor at large

Mi chiamo Martha con l’h per via della mia bisnonna americana e non per la mancanza di buon gusto da parte dei miei genitori. Vivo a Londra. Scrivo - di tutto - e, quand… continua

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