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Hai presente quella situazione in cui ti porgono la mano e tu vorresti sprofondare invece di porgere la tua perché umidiccia?! È successo a tutti: imbarazzo totale! Eppure nel campo della sicurezza dei nostri dati si sta tentando di sfruttare a nostro favore ciò che invece spesso tentiamo di nascondere: il sudore.
Una ricerca condotta da alcuni scienziati dell'Università di Albany negli Stati Uniti suggerisce che monitorando le nostre secrezioni a livello cutaneo è possibile costruire un profilo unico tale da autenticare in modo accurato e sicuro la nostra identità.

Credits by Carlo de Jesus @Phys.org
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Jan Halamek, appartenente al team di ricerca, spiega: «Stiamo sviluppando una nuova forma di sicurezza che potrebbe cambiare completamente il processo di autenticazione dei dispositivi elettronici. Usare il sudore come identificatore non può essere facilmente imitato o hackerato da potenziali intrusi».
Per costruire un profilo in grado di identificarci, un piccolo sensore è posto su un dispositivo, come uno smartphone, per monitorare i nostri livelli di sudore durante le varie attività. I campioni prelevati dalla pelle delle nostre dita sono pieni di ghiandole eccrine: un tipo di ghiandole sudoripare maggiormente presenti sul palmo delle nostre mani.
I risultati hanno dimostrato che la concentrazione di vari componenti nel nostro sudore è controllata da reazioni regolate dai nostri ormoni. Poiché i livelli ormonali variano a seconda della nostra età, sesso, razza e stile di vita, i ricercatori hanno concluso che non esistono due persone in grado di possedere lo stesso profilo.
Mentre l'autenticazione biometrica come la scansione delle impronte digitali e il riconoscimento facciale sono attualmente considerati i sistemi di autenticazione più sicuri sul mercato, è anche vero che le password e i pin possono essere facilmente visti da occhi indiscreti e, navigando, si trovano tutorial su come creare uno stampo di impronte digitali. Ci sono anche problemi con il riconoscimento facciale, che a volte, non funziona correttamente.
Inoltre, usare il sudore per autenticare i dispositivi potrebbe rendere la vita più facile a chi ha determinate disabilità, liberandolo dal ricordarsi le password.
Poiché utilizziamo i nostri dispositivi ogni giorno sempre di più, è fondamentale che le misure di sicurezza continuino a proteggere la crescente quantità di informazioni personali che conserviamo nei nostri device. In questo caso la ricerca si è spinta oltre quello che già conoscevamo, chissà se da qui a qualche mese non esca fuori qualche altra novità ancora più spiazzante.
Certo è che la direzione è sempre la stessa: sempre di più noi stessi stiamo diventando le password dei nostri dispositivi. Ora la domanda sorge spontanea: siamo noi che possediamo i nostri dispositivi o sono loro che ci stanno tenendo in pugno?!