Ci sono delle cose che alcuni non capiranno mai, specialmente chi non è social al 100%. Restringiamo il campo, siamo tra gli appassionati di Snapchat ed oggi vi raccontiamo la triste storia della perdita di uno snapstreak.
Nessuno ferito, nessun danno grave, solo l'amara consapevolezza di aver perso tempo e qualcosa di più.
Chi non è del "mestiere" non capirà subito di cosa si sta parlando. Ancora, una volta, cari guerrieri, è Snapchat che ci porta a scrivere fiumi di parole, quel social network rilasciato per la prima volta nel 2011 e che, da allora, ha letteralmente conquistato i millennial al suon di selfie sfuggenti, dichiarazioni volativi e sticker simpatici.
Un nuovo modo per pensare i social e l'interazione tra utenti, una perfetta via di mezzo tra la smania di apparire e la volontà di dimenticare il "pubblicato". In un modo o nell'altro, come tutti ben sappiamo, se ora siamo sommersi di stories in ogni dove, sappiamo comunque con chi possiamo prendercela.
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Gioventù bruciata
Oggi però, abbiamo anche una triste storia da raccontarvi che, in un certo modo, corrisponde al lato oscuro dei social network. Non si tratta di chi ha perso tutto al gioco, di chi ha perso il lavoro a causa di un tweet, ma di una vita allo sbando dovuta alla fine di 571 giorni di snapstreak. TERRIBILE.
Di cosa stiamo parlando? Per spiegarvelo siamo risaliti direttamente alla fonte, per essere sicuri di non sbagliare: una volta capito cos'è questo fuoco che arde, possiamo procedere con la nostra storia.
Bene, quindi siamo tutti d'accordo: come si legge alla lettera D, accanto all'emoji appare il numero di giorni in cui si è stati infuocati, in relazione dunque allo scambio reciproco di snap. Ecco il numero complessivo dei giorni è il famoso snapstreak.
Acqua... Acqua... Fuochino!
Ma sì, "Sono lontani quei momenti quando uno sguardo provocava turbamenti" cantava qualcuno. Ora, i problemi sono altri e siamo noi troppo âgées per capirlo: la questione è seria e mai spegnere quel fuoco che arde e mantiene vivo... il flusso.
La storia che vi narriamo ha un nome: Amy Strawser, che ha raccontato al mondo cosa vuol dire aver perso quel "forte" legame con la sorella.
Se Snapchat dopo lo scambio continuo oltre i 100 giorni, affianca l'emoji ? al ?, immaginate quanto orgoglio può scatenare questo trofeo in un snapchatter. Indescrivibile. Da inserire nel curriculum, sicuramente.
Ma una volta che la durata dello snapstreak, alias "streakcount", si interrompe è perso, perso per sempre.
losing a snapchat streak with someone hurts as much as a break up lol
— DmC (@danmarieeee) 20 marzo 2017
Ma cosa ne sappiamo noi, di una fine dopo 571 giorni, dopo oltre un anno e mezzo (e qualcosina di più) di fuoco. È una cosa seria, uno non si può buttare così in una faccenda così complicata. Ci sono tante domande da porsi, numerosi aspetti da tenere conto. "Ci devo pensare, ho bisogno di più tempo. dobbiamo parlare, ma no, ma sì e sepoitenepenti?"
i told you when we started I wasn't looking for anything serious, so I think it's best for the both of us if we just end this snapstreak now
— Allday (@alldaychubbyboy) 24 maggio 2016
Come la stessa Amy Strawser ha dichiarato dopo la fine della 'Snapchat streak' ha "sentito il cuore spezzato." Così come un altro studente @manishtanks che afferma che aver perso quei 185 giorni di snapstreak è "stato straziante" poiché per lui era realmente una vera e propria missione.
Dedication and commitment ?
So I just completed a second one year long #snapstreak@Snapchatpic.twitter.com/4eAAhvMa3M
— Manish (@manishtanks) 17 febbraio 2017
Una giornalista americana si è preoccupata di andare a fondo e capire che cosa spinge i giovani a portare avanti queste relazioni (si posso chiamare così?) a distanza. Qualcuno ha risposto motivo di orgoglio, altri un vanto con gli amici. Ancora, lo snapstreak è qualcosa di più, un legame che va oltre. Come possiamo noi non capirlo?
Le testimonianze a riguardo sono davvero numerose ed è proprio questo il motivo che ci ha portato a parlare di questo argomento oggi. Solo un modo per scatenare una riflessione interiore sul famoso uso dei social: "Fanno bene o fanno male?".
Storica e decisiva è sempre l'analisi di McLuhan che definisce i media (di un tempo) né buoni, né cattivi. Una constatazione preziosa e attuale se rapportata ai (social) media di adesso.
Ecco, questo è quando, il mondo inizia a farci paura.