Ricordate Carosello? La pubblicità che diventava narrazione, brand che inventavano personaggi i quali si muovevano in scenari fantasiosi che piacevano a grandi e piccini? Era il primo tentativo d'incontro fra ciò che oggi chiameremmo storytelling e advertising.
Bene: quel modo di fare pubblicità sembra esser tornato di moda, anche grazie a idee come quelle immaginate da una piccola casa di produzione di Bologna, la Millewattstudio, che ha realizzato un progetto partendo da un concetto semplice ed efficace: applicare le tecniche di narrazione al bisogno di comunicazione di aziende piccole e grandi, che forti di un'esperienza quotidiana vogliono spiegare nei fatti come i propri prodotti possano cambiare la vita; per farlo, non si sceglie di utilizzare la formula canonica dello "spot", ma si racconta una storia, dove personaggi inventati e scenari apparentemente credibili contestualizzano il prodotto e il brand stesso, mettendolo a tutti gli effetti al centro del messaggio.
In particolare, i creativi di Millewattstudio cosa hanno fatto? Hanno immaginato una storia a puntate che racconta il dietro le quinte del nuovo film di un regista particolare: Oliveira Roca. La pellicola, intitolata Ama Anita, è un viaggio a puntate lungo la penisola italiana che racconta le gesta di Ana Maria de Jesus Ribeiro da Silva, meglio conosciuta come Anita Garibaldi, che altri non è che la protagonista del film. Durante il viaggio, la troupe mostra i luoghi che accolgono i protagonisti del film e il cast che lo ha realizzato.
Con la scusa di riprendere le avventure di Anita, la troupe scopre nel suo intercedere un prodotto, il Sistema Coccola, che altro non è che il prodotto di punta della Italtek, il vero committente del progetto.
Sì, amici lettori, avete capito bene: con la scusa di gustarsi le bizze "dietro le quinte" di una bella attrice, lo spettatore scopre anche la bontà del prodotto di un'azienda reale, che apparentemente nulla ha a che fare con il regista Roca (ovviamente, una figura inventata di sana pianta) e che, per certi versi, appare per caso durante la narrazione.
La tecnica del falso documentario o mockumentary, a cui si rifà il genere della fiction Ama Anita, è stato rilanciato negli ultimi anni in particolare da pellicole horror che hanno raggiunto risultati molto importanti nei botteghini di tutto il mondo: da The Blair Witch Project (1999) fino ai più recenti Paranormal Activity (2007) ed ESP - Fenomeni paranormali (2011).
In quest'occasione, però, invece che accentuare l'effetto dirompente della storia e dei suoi effetti paurosi come nel caso delle pellicole sopra citate, la forza del genere narrativo serve a trasformare quello che è a tutti gli effetti un messaggio pubblicitario in una bella storia, aprendo così scenari nuovi per l'azienda, la quale può allargare notevolmente il proprio bacino di pubblico e, magari, il proprio target.
Il progetto, avviato da un episodio pilota del mockumentario, ha anche un risvolto prettamente "social", potendo contare su una pagina Facebook adoperata non solo per condividere le nuove puntate, ma anche per far partecipare attivamente i fan alla stesura degli episodi successivi. Un po' come accaduto nell'ambizioso progetto di The Jackal Lost in Google, dove l'utilizzo della dialettica con gli utenti di YouTube era alla base del proseguo della narrazione.
Dietro ad Ama Anita, come detto, c'è il team di Millewattstudio: ideatore e regista è il fondatore della casa di produzione, Andrea Montuschi, la fotografia è stata curata da Dario Di Mella, mentre l'attrice protagonista è Enrica Ajò. Le musiche, composte appositamente per il progetto, sono di Vuoto Positivo.
Insomma, Ama Anita sembra essere un progetto interessante che può offrire spunti nuovi a chi cerca di costruire una campagna di comunicazione diversa dal solito. Che ne pensate?