Il tema è sulla bocca di tutti i pubblicitari e gli operatori di comunicazione: il ruolo della donna nell'advertising. Il casus belli, la puntata di Matrix che ha posto sul banco dell'accusa - a causa della campagna di Terry Richardson per Silvian Heach - il pubblicitario: peccato però che non ce ne fosse uno realmente in studio! Ecco perché si rende necessario ricostituire in maniera istituzionale il dibattito ed a farlo ci ha pensato anche TP, l'associazione italiana dei pubblicitari professionisti.
"Donna e dignità: da oggetto a soggetto nella cultura dei Valori" è il tema del convegno che si terrà a Roma il prossimo 31 marzo, alle ore 15, presso la Sala delle Conferenze di Palazzo Marini - Camera dei Deputati (Via del Pozzetto, 158).
Il convegno, patrocinato dalla Camera dei Deputati, dalla Fondazione Pubblicita' Progresso e dall'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria alla luce delle recenti polemiche circa lo sfruttamento del corpo femminile anche in ambito pubblicitario, punta a far conoscere l'approccio che i pubblicitari professionisti hanno rispetto al ruolo della donna nelle campagne pubblicitarie ed i limiti che la deontologia impone all'uso di immagini del corpo femminile.
Il tema sara' affrontato dai principali protagonisti del mondo della pubblicita' italiana. Abbiamo raccolto per voi alcune dichiarazioni dai partecipanti al convegno!
Certamente in alcune comunicazioni pubblicitarie l'immagine della donna è fortemente legata ad una esasperazione di tipo sessuale, negarlo sarebbe sbagliato, ma è altrettanto vero che questa esasperazione è presente in modo più accentuato in altri settori. Il vero dramma, che si tenta di mascherare proprio con la colpevolizzazione specifica, è che questa esasperazione in Italia è presente nella nostra cultura, nella società comune, è un vizio di origine. Certamente il motivo principale è che fino ad ora, ma in gran parte ancora oggi, la differenza fra i due sessi è vissuta dall’uomo come superiorità. Penso che la cosa più giusta sia non superarla, ma far si che venga vissuta e capita in modo differente, vissuta come una parzialità, nessuno dei due sessi può parlare per l’altro, parzialità vuol dire avere un atteggiamento di apertura all’altro, relazionarsi alla pari. La vera parità non sta nell’annullamento delle proprie caratteristiche, ma nell’esaltazione di queste e nella loro totale complementarietà. Purtroppo il nostro atteggiamento va nella direzione opposta. L'uomo esaspera la femminilità per trasformarla in un invito al possesso. La donna tenta di cancellarla, vedendo in questo annullamento l'unica possibilità di parità. In tal modo cadono ambedue nel ridicolo. La verità è che probabilmente noi italiani non siamo in grado di capire cosa significhi relazionarsi alla pari fra i sessi. Non abbiamo ancora capito che questi atteggiamenti non nascono nella pubblicità o nella televisione ma nella famiglia. Questo ci costa ammetterlo. - Maurizio Rompani - Direttore Generale TP
Il convegno che vedrà protagonista la Tp alla Camera dei Deputati il 31 marzo evidenzia e amplifica la natura simbolica che l'Associazione ha maturato con gli anni e che, finalmente, ha avuto il coraggio di rivendicare a gran voce. Come un giovane colpito nel vivo delle sue passioni e delle sue idee, la Tp ha reagito seguendo l'impulso dettato dall'iniquo trattamento avvenuto sul momento (mi riferisco alla modalità con cui la figura del pubblicitario è stata trattata tout court nella trasmissione Matrix del 24 febbraio, dedicata al corpo delle donne), ma come un saggio anziano, dotato di lunga esperienza, ha scelto con cura la modalità di intervento: non un grido che avrebbe solo contribuito all'innalzamento di uno sterile coro, ma l'affermazione istituzionale. Un modo di agire che riassume lo spirito associativo che caratterizza oggi la Tp: la voglia e il desiderio di far parlare la nuova generazione dei comunicatori del domani, l'affiancamento moderatore di chi è comunicatore professionista da sempre. - Gianna Angelini - Vicepresidente TP
"Adesso la pubblicità la stanno facendo anche coloro che non sono di questo mestiere: Toscani, Richardson, Giovanardi, Lele Mora, Corona, Lapo, Klaus Davi. È un elenco di persone che non sono pubblicitari, perché non sanno come si gestiscono le marche e come se ne costruisce il valore. E' facile creare grandi scandali ma che in realtà non portano da nessuna parte: TP vuole che si recuperi la dignità delle donne, siano esse consumatrici o attrici della pubblicità. Chi fa bene il mestiere del pubblicitario sa agire su quelle che io chiamo le 3C: il contenuto (la capacità di generare idee di valore), la competenza (l’abilità di attuare interventi culturali) e la condivisione (la capacità di portare avanti un lavoro di rete). Ma tutto è più complicato se persino i grandi giornali, le tv, onorevoli e deputati pensano che un fotografo possa prendere il posto di un pubblicitario. Partiamo da un principio di Bill Bernbach: chi opera nei mass media da forma alla società. Chi fa il pubblicitario ha una precisa responsabilità sociale, perché può sollevare la pubblicità verso l’alto o farla sprofondare nel fango. Questa è la missione sociale dei comunicatori: la capacità di dare forma a dei valori e di influenzare i comportamenti della società. Chi afferma che il pubblicitario non abbia un'utilità sociale non conosce, evidentemente, veri pubblicitari. Oggi ci sono tante persone forti e competenti, soprattutto rispetto agli anni 80 e 90; se abbiamo delle eccellenze nella creatività digitale in un paese dove il digitale non si è diffuso pienamente, allora meritiamo una doppia lode. Ci sono le basi per un Rinascimento italiano della pubblicità: mai come in questo momento, cominciamo a gridarlo. E poi affrontiamo subito il tema della dignità delle donne!" - Pasquale Diaferia - Direttore Creativo, Socio TP e ADCI
"Nell’immaginario collettivo la responsabilità del cattivo uso del corpo femminile nelle immagini che vediamo quotidianamente è solo e soltanto dei pubblicitari. Una categoria molto ampia che non trova punti di riferimento se non in volontarie associazioni, come la TP, Associazione Italiana Pubblicitari Professionisti. Come donna, imprenditrice nel settore della comunicazione e Vicepresidente della TP testimonierò il senso di responsabilità che caratterizza la professione del pubblicitario e come chi, non pubblicitario professionista, si può permettere di “infrangere” codici, leggi e regolamenti e la comune morale. Con la benedizione di aziende, media e, perché no, del pubblico, che in parte apprezza e in parte contesta. Ma la donna, che ruolo ha o vuole avere? Esiste un solo modello di donna che diventa canone di comportamento e di riferimento per la sua immagine, oppure è necessario cambiare alcuni parametri?" - Tiziana Pittia - Vicepresidente TP