Ve l’avevo detto ad inizio settembre: la social TV è la nuova tendenza.
Anche Techcrunch lo conferma inserendola nella sua lista delle 10 tecnologie emergenti dell’anno, per il valore che essa ha di basarsi sulle relazioni per “ricostruire” le audience televisive.
Già qualche mese fa, d’altra parte, Nielsen aveva dimostrato come in America la fruizione televisiva fosse spesso contemporanea al surfing online, in particolare in occasione dei grandi eventi.
Sulla scorta di questo cambiamento di background, d’altra parte, sono nate numerose applicazioni che consentono - soprattutto nel caso di streaming online - la presenza di finestre di conversazione e commento accanto al prodotto audiovisivo; addirittura i social network e le applicazioni mobile possono anche “sostituire” la TV nei casi in cui non sia possibile fruire di un programma attraverso i canali tradizionali.
Pensiamo ai numerosi “how to watch” di Mashable legati ad esempio agli Emmy Awards, agli Open di tennis, alla New York Fashion Week (e in generale ai rapporti moda-social media)…o all’intera programmazione autunnale televisiva!
In tutti questi casi è la dimensione social della TV a farla da padrone.
E’ esattamente la stessa forma di ragionamento che sta dietro ad applicazioni come My Generation Sync. Con questa app dedicata al programma di ABC e grazie al microfono dell’iPad sarà possibile “sincronizzarsi” sul punto esatto dell’episodio, interagendo con contenuti specifici per quel segmento narrativo e condividendoli poi con altri utenti-fan.
Qui si apre, infatti, tutto il capitolo dell’info-interazione, che aveva coinvolto ad esempio i trailer prodotti da Coincident.tv per Avatar e Glee, fino agli ultimi impieghi – questi di italica nascita – in termini di product placement, come ad esempio è accaduto con e-(motional), realizzato da Moda e Tecnologia in collaborazione con ArmosiA (ne ho parlato qui, intervistando anche Andrey Golub, uno dei fondatori di Moda e Tecnologia).
Ciò che però è interessante è proprio come l’attenzione sia ormai sempre più concentrata sul piccolo schermo che si fa sempre più piccolo, che crea conversazione, che riacquista una centralità – complici anche le campagne marketing sempre più orientate su un forte user engagement – non indifferente.
Peraltro che la fruizione di video si sposti sempre più sul Web è dimostrato anche delle crescenti preoccupazioni per l’identificazione e monetizzazione dei dati: YouTube con la tecnologia di Content ID spera proprio di trovare una risposta al nodo dei diritti d’autore.
Ma tutto sommato non è il lato conversazionale quello che ci interessa di più?
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