Terna sbarca su TikTok con una campagna di “talent attraction” per il primo Master in Digitalizzazione del sistema elettrico per la transizione energetica, organizzato dal gestore della rete di trasmissione elettrica nazionale con le Università di Cagliari, Palermo e Salerno, nell’ambito del progetto Tyrrhenian Lab, in partenza il 14 novembre.
Terna sbarca su TikTok: l’obiettivo
L’obiettivo è quello di parlare alla Generazione Z e attrarre talenti al servizio del complesso processo di transizione verso le energie rinnovabili, attraverso i centri di alta formazione del Tyrrehenian Lab. Per questo, il gruppo guidato da Stefano Donnarumma ha deciso di approdare per la prima volta sul social media più frequentato dai ragazzi.
Proprio i giovani, con la loro sensibilità ambientale, con il desiderio di incidere sulla realtà, con l’orgoglio di essere “nerd”, come spesso accade agli studenti STEM (Science, Technologies, Engineering and Mathematics), sono i destinatari dei due temi della campagna, “Are you nerd?” e “Fuga di cervelli”.
I video sono stati realizzati da tiktoker particolarmente seguiti sui temi della sostenibilità e della formazione: Andrea Borello, alias “il politoker” (andreaborello_), Francesco Centemeri, studente in ingegneria (frartenzo) ed Elisa Negrisolo, neoingegnere e influencer (elisavittoria).
Terna su TikTok: Are you nerd?…
Gli short video dal titolo “Are you nerd?” sono incentrati sull’orgoglio tecnologico e sulla crescente consapevolezza che la passione per le nuove tecnologie è diventata uno strumento imprescindibile per il successo.
Nella complessità del presente e con l’attuale sfida energetica, le competenze distintive di uno studente STEM sono, e saranno, fondamentali per la tutela del pianeta.
Nella generazione Z, quindi, ‘nerd’ non è più sinonimo di ‘solitario’ ma è parte attiva di una comunità di giovani innovatori con una spiccata vocazione per l’ambiente.
…e Fuga di cervelli
I video di “Fuga di cervelli” partono invece dal pregiudizio per cui un giovane italiano che voglia mettere a frutto le proprie competenze e trovare un lavoro all’altezza delle proprie aspettative sia costretto ad andare all’estero perché in Italia non c’è una sufficiente consapevolezza sui temi ambientali e sulla necessità di impegnarsi nella transizione energetica per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione.
Il protagonista prepara le valige per partire, ma poi viene a conoscenza di un innovativo master grazie al quale può rafforzare le proprie competenze scientifiche, messo a disposizione da un’azienda che investe nel futuro del Paese, per di più a Cagliari, Palermo e Salerno.
Il talento è al cuore del Tyrrhenian Lab, il progetto per il quale Terna investirà complessivamente 100 milioni di euro nei prossimi cinque anni: un centro di formazione di eccellenza, realizzato in stretta collaborazione con le Università di Cagliari, Salerno e Palermo e distribuito nelle città in cui approderanno i cavi del Tyrrhenian Link, l’elettrodotto sottomarino che unirà la Campania, la Sicilia e la Sardegna.
Terna selezionerà e formerà, tra l’autunno del 2022 e il 2025, più di 150 giovani di elevata professionalità, ai quali sarà erogato un master universitario di 12 mesi incentrato sullo sviluppo di competenze tecnologiche e strategiche funzionali alla trasformazione digitale e alla transizione energetica.
Gli studenti, una volta completati i 12 mesi di master, potranno essere poi assunti nelle sedi territoriali Terna delle tre città.
Terna è presente su tutti i principali canali social come Facebook, Twitter, Instagram, YouTube, LinkedIn, nonché sulle principali piattaforme audio, come Spotify e Spreaker, con “Nora, il futuro dell’energia è il nostro mestiere”, il podcast in nove puntate che racconta proprio il progetto del Tyrrhenian Lab agli appassionati dei temi dell’energia.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/08/Depositphotos_227387600_XL-1-scaled.jpg18432764Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2022-08-03 10:24:452022-08-05 10:14:02Terna sbarca su TikTok con una campagna di talent attraction
Il tweet specifica anche un prezzo di 30 Ethereum (poco più di 5o.000 dollari al prezzo odierno).
Gli NFT di Tiffany
Gli NFT di Tiffany della collezione NFTiff saranno disponibili in esclusiva per i possessori di CryptoPunks, scelto come partner dell’iniziativa.
We’re taking NFTs to the next level. Exclusive to CryptoPunks holders, NFTiff transforms your NFT into a bespoke pendant handcrafted by Tiffany & Co. artisans. You’ll also receive an additional NFT version of the pendant. Learn more: https://t.co/FJwCAxw8TN#NFTiff#TiffanyAndCopic.twitter.com/pyKlWejHv4
Il sito web a cui il tweet rimanda dice che l’offerta sarà limitata a 250 pezzi. A marzo, Tiffany & Co. si era già avventurata per la prima volta nello spazio NFT acquistando un Okapi NFT da Tom Sachs. Secondo quanto riferito, il rivenditore di beni di lusso avrebbe acquistato l’NFT per un prezzo di 380.000 dollari. Da allora l’ha impostato e utilizzato come immagine del profilo dell’azienda su Twitter.
Il mese successivo aveva poi lanciato TiffCoins, una serie di monete d’oro in edizione limitata che ha debuttato il giorno del pesce d’aprile. Le monete d’oro massiccio erano limitate a un totale di 499 esemplari ed erano incise una ad una.
“No, non stiamo lanciando la nostra criptovaluta“, aveva specificato Tiffany & Co. in quell’occasione sul suo sito web. “Ma queste monete d’oro a tiratura limitata sono una celebrazione della nostra storia“.
Il ciondolo CryptoPunk
In aprile, Tiffany & Co. aveva poi anche creato un ciondolo per Alexandre Arnault, vicepresidente esecutivo dei prodotti e delle comunicazioni dell’azienda, con le sembianze del CryptoPunk #3167, di sua proprietà. Il ciondolo è stato realizzato in oro rosa con zaffiro, rubino e diamante giallo.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/08/NFT-di-Tiffany-Crypto-Punk.jpg483871Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2022-08-02 12:00:332022-08-03 09:31:06Tiffany svela i suoi primi NFT in vendita a oltre 50.000 dollari l'uno
Le campagne estive sono un modo utile ed efficace per i marchi per rendersi visibili alle persone, potenziali clienti e affezionati, e attirare l’attenzione del pubblico in modi nuovi ed entusiasmanti.
Per questo spesso sono caratterizzate da un approccio creativo che permette loro di diventare memorabili.
Eccone alcune tra le più interessanti degli ultimi anni, raccolte qui per trovare l’ispirazione anche quando il conto alla rovescia verso il digital detox è già iniziato.
Nel 2021, Coca-Cola ha incoraggiato il pubblico, attraverso l’uso della poesia, a dare il benvenuto agli amati passatempi estivi.
Le bottiglie di Coca-Cola e di Coca-Cola Zero Sugar presentavano brevi poesie che evocavano il senso di riunirsi per godersi l’estate. Questa campagna di marketing estiva è stata l’occasione per molte persone che avevano bisogno di alleggerirsi un po’, visto che l’anno precedente la possibilità di godersi l’estate insieme era stata resa impossibile a causa della Covid-19.
Le 24 poesie di Cola-Cola facevano riferimento ad attività come le gite in spiaggia con la famiglia, le grigliate in giardino e le gite al cinema.
Ricordavano alle persone di vivere la vita con i propri cari per l’estate e di creare ricordi insieme partecipando ad attività semplici, ma preziose.
In occasione del lancio della campagna, Melissa Schwartz, direttore di Coke & Meals, aveva dichiarato: “L’anno passato ha privato tutti delle opportunità di stare insieme ai propri cari, quindi questa iniziativa sembra quasi una ri-celebrazione dell’umanità. L’estate è un momento di gioia e di unione, e questo sentimento si è intensificato nel 2021 più che in qualsiasi altro anno a memoria recente“.
Memorabile campagna estiva “Books on the Beach” di IKEA del 2010.
La campagna si basava sulla celebrazione di una delle loro librerie simbolo, BILLY, che quell’anno compiva 30 anni. IKEA allestì la propria libreria all’aperto sulla famosa spiaggia di Bondi, in Australia, attirando centinaia di persone.
La biblioteca sulla spiaggia offriva una gamma di libri tra cui scegliere; l’iniziativa prevedeva che si potesse scegliere un libro per sé e scambiarlo con uno già in possesso, facendo una donazione. Tutti i proventi sono stati devoluti alla Australian Literacy and Numeracy Foundation.
L’iniziativa non solo incoraggiava le persone a leggere e a scambiarsi le storie, ma poteva contare anche su una buona causa.
La campagna estiva di marketing ha avuto un enorme successo, anche perché le librerie BILLY di IKEA sono uno dei mobili moderni di maggior successo commerciale. Nel 2019 il Times ha riportato che sono state vendute più di 110 milioni di librerie Billy dal loro ingresso sul mercato e questa attività estiva ha incrementato notevolmente le vendite.
Walkers and Doritos: Only on holiday
In questo caso parliamo di una collaborazione fra brand: la campagna di marketing estiva “Only On Holiday” è stata lanciata con il tour operator easyJet.
La campagna ci porta in viaggio in diverse destinazioni di vacanza in tutto il mondo, dove i vacanzieri sono incoraggiati a concedersi un po’ di svago mentre sono all’estero. Lo spot ricorda in modo giocoso il divertimento che può derivare dai viaggi.
Fernando Kahane, senior marketing director di Walkers, ha dichiarato: “Offrire ai britannici la possibilità di vincere un pacchetto vacanze ogni ora, per 90 giorni, è stata di gran lunga una delle nostre promozioni on-pack più grandi ed eccitanti di sempre“.
La campagna estiva è stata perfettamente in linea con i tempi, dato che il 2022 è in effetti il primo anno in cui i cittadini hanno potuto viaggiare liberamente all’estero. Lo spot celebra il ritorno delle vacanze. Ispirando le persone ad acquistare una confezione di Walkers e Doritos e a concedersi una vacanza tanto desiderata.
Campagne estive: una doccia Sprite human-size
Questa sì che è creatività.
Sprite ha davvero alzato l’asticella del livello delle campagne di marketing estive con l’idea di offrire ai frequentatori delle spiagge di Tel Aviv e Rio De Janeiro una doccia veloce nel distributore di bibite Sprite a grandezza umana.
Dopo aver fatto la doccia, alcuni ambassador di Sprite hanno anche regalato loro una bottiglia gratuita della bevanda. Come si può non avere fatto una buona impressione quando il brand ha soddisfatto tutte le esigenze dell’estate?
L’ombra di McDonald’s
Individuare un cantuccio all’ombra nel caldo del calore estivo può regalare sensazioni fantastiche. McDonald’s lo ha reso possibile creando cartelloni pubblicitari “unici” per le fermate degli autobus.
Tendine verticali che si chiudono quando i sensori di movimento rilevano la presenza di persone sotto la pensilina, mostrando un annuncio che presenta le offerte speciali dedicate all’estate. Ecco come si raggiunge il target in modo davvero originale (e utile)!
Nuova frontiera di Mountain View: Google presenta Imagen. Il sistema di text-to-image che consente di ottenere output fotografici sorprendenti a partire da testi complessi.
Ne siamo consapevoli: anche l’occhio vuole la sua parte e il colosso di Mountain View, questo, l’ha compreso da tempo. È in fase di sviluppo, infatti, un suggestivo progetto a firma Big G il cui nome è Imagen: si tratta di un sistema che interpreta e traduce un testo in immagine.
Google presenta Imagen: tool di text-to-image
Il sistema, noto come text-to-image, sfrutta il machine learning e l’intelligenza artificiale: in pratica il generatore va a pescare da un poderoso database di foto creando una miscellanea sorprendente.
Alla base vi è una stretta correlazione tra il contenuto semantico dell’input testuale e la relativa rappresentazione fotografica. Questa pratica definita dai modelli di diffusione da testo a immagine, consente di combinare set di coppie tra contenuti: il sistema, passo a passo, avanza nella comprensione dell’input testuale aggiungendo contenuto ed equilibrando l’output generato.
Il Brain Team di Google offre sul sito ufficiale una panoramica mirabolante di cosa questo sistema sia in grado di generare. Il sistema è in fase di sviluppo e verrà migliorato col tempo grazie all’intervento umano che corregge e segnala eventuali imperfezioni.
Google presenta Imagen: déjà vu o nuova frontiera?
Se nel 2015 Google si avvalse di algoritmi e reti neurali per produrre immagini dal forte gusto onirico e psichedelico (Deep Dream) Big G con Imagen, pare, si stia preparando a un decisivo balzo in avanti. Qual era il meccanismo alla base di Deep Dream?
Deep Dream: tra entropia e connettività funzionale
Il software – sempre a marchio Google – utilizza una rete neurale convoluzionale per trovare e potenziare schemi all’interno di immagini tramite una pareidolia algoritmica.
Detto in termini più semplici: il tool Deep Dream è in grado di creare effetti allucinogeni che assumono le sembianze di un sogno. Il software concepito dal Brain Team di Mountain View – il cui nome originario era ‘Inception’ tratto dall’omonimo film – venne sviluppato per l’ImageNet Large-Scale Visual Recognition Challenge (ILSVRC) nel 2014 e rilasciato a luglio del 2015.
Il tool è stato concepito per riconoscere volti e altri pattern all’interno di immagini e, dopo una serie di reiterazioni, si ottiene una forma di illusione detta pareidolitica che consiste in immagini psichedeliche e surreali. Forte vero?
Ancor di più se consideriamo i risultati di uno studio pubblicato nel 2021 sulla rivista scientifica Entropy volto a dimostrare, con prove neuroscientifiche, la similarità tra l’esperienza visiva di Deep Dream e quella derivante dall’assunzione di sostanze psichedeliche tra cui LSD e psilocibina.
Il segnale elettroencefalografico registrato durante la visione di un video modificato da Deep Dream mostrava un elevato livello di entropia e connettività funzionale tra le aree del cervello. Entrambi sono biomarkers dell’esperienza psichedelica.
Midjourney e OpenAI: il ritardo di Google
Anche il gigante statunitense arriva in ritardo. Strano ma vero. Prima dello sviluppo proposto dal team di Google Brain due progetti similari furono già concepiti e dati in pasto al popolo del web. Si tratta di Midjourney e di Dall.E e Dall.E2 a marchio, questi ultimi, OperAI – compagnia statunitense fondata nel 2015 da Elon Musk e Sam Altman.
Imagen sotto i riflettori: quale futuro per le immagini?
Se state googlando alla ricerca di Imagen vi possiamo dire che il vostro momento non è ancora arrivato. Per dar sfogo alla vostra fervida fantasia dovrete attendere ancora qualche settimana. Il Brain Team lascia Imagen ancora in pit stop.
L’algoritmo deve essere addestrato soprattutto per evitare problemi in fase di generazione delle immagini per evitare che si creino rappresentazioni dannose per gli utenti.
Se da un lato, infatti, le infinite potenzialità di Imagen possono spalancare porte su territori inesplorati, dall’altro potrebbero determinare effetti tellurici afferenti la sfera etica. Quando parliamo di etica le domande che escono dal vaso di Pandora sono molteplici: la creatività artificiale può superare quella umana? Chi valuterà la qualità dei prodotti artistici o pseudo tali? Chi è l’autore delle creazioni? Difficile rispondere.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/07/imagen-di-Google.jpg6071113Luca Arlottohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngLuca Arlotto2022-08-01 10:35:142022-08-02 10:15:11Google presenta Imagen: software di AI che traduce i testi in immagini
Continuano senza sosta i nostri appuntamenti con i Webinar PRO targati Ninja: tutti gli insight, trucchi, trend, dietro le quinte sui temi caldi del momento, condivisi con voi. L’argomento di questa puntata è dedicato al pricing dei prodotti e servizi, scopriremo che cosa è il pricing, come identificare il giusto pricing per i propri prodotti e servizi, quali le strategie utili per ottimizzare le vendite e come adattare i prezzi secondo periodi promozionali.
A parlarne con noi Federico Corradini CEO & Chief Semiotician XChannel.
Non perderti i punti salienti dell’intervista:
Che cos’è il pricing
Strategie per identificare il giusto prezzo
Come ottimizzare le vendite
Riadattare i prezzi secondo i periodi promozionali
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/07/1920x1080-antearticoli-3.jpg10801920Marian Pascariuhttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngMarian Pascariu2022-07-29 14:05:342022-07-29 14:05:34Scopri la magia del giusto pricing e vendi i tuoi prodotti e servizi al giusto prezzo
Durante gli ultimi giorni abbiamo visto il Garante della privacy italiana allinearsi agli analoghi organismi di controllo della privacy europei nei confronti del più famoso ed utilizzato applicativo di analisi dati del mondo, Google Analytics (GA), definito non conforme al GDPR (General Data Protection Regulation).
Cosa viene accusato a GA? Non fornisce quelle garanzie previste dal Regolamento Ue in materia di protezione dei dati perché trasferisce queste informazioni su server che sono localizzati negli Stati Uniti, che è notoriamente un paese privo di un adeguato livello di protezione dei dati degli utenti.
In poche parole, se il nostro sito trasferisce dati a GA, una parte delle informazioni raccolte, quelle più sensibili, dall’ IP del dispositivo, alla lingua utilizzata, alla risoluzione schermo, sistema operativo, data e ora della visita al sito, verranno trasferite su data center residenti negli Stati Uniti e non in Europa come prevede il GDPR.
Perché ne parliamo
Il Garante della privacy, anche sulla base di quanto stabilito nei confronti della società Caffeina Media S.r.l. (90 giorni di tempo per adeguarsi), ha stabilito che non è possibile utilizzare Google Analytics garantendo la conformità prevista dal GDPR.
Quindi è palese che il Garante non interviene nei confronti della società di Mountain View, ma verso i gestori dei siti Web sui quali pende la responsabilità di non affidarsi a strumenti ritenuti non conformi alle normative vigenti.
Dichiara il Garante: “Il sito Web che utilizza il servizio Google Analytics (GA), senza le garanzie previste dal Regolamento UE, viola la normativa sulla protezione dei dati perché trasferisce negli Stati Uniti, Paese privo di un adeguato livello di protezione, i dati degli utenti”,
La risposta di Google a tutto questo trambusto è ben visibile su Analytic con la seguente dicitura: “A partire dal 1° luglio 2023, Universal Analytics non elaborerà più i nuovi dati nelle proprietà standard. Preparati oggi stesso configurando e iniziando a utilizzare una proprietà Google Analytics 4”.
Perché è importante
Date le condizioni fin qui esposte, i gestori dei siti web si trovano a dover affrontare una scelta spinosa, migrare a GA4 con la prospettiva di risolvere in parte il problema, oppure valutare un’alternativa a GA che sia realmente GDPR compliant e trasferisca i dati sensibili all’interno dell’area euro ed evitare in questo modo i provvedimenti che il Garante ha adottato verso Caffeina Media s.r.l., imponendo di adottare le misure adeguate per il trasferimento dei dati entro 90 giorni.
In caso contrario, alla scadenza dei termini non potrà più utilizzare Google Analytics e potrebbe essere applicata una sanzione amministrativa.
Di seguito un elenco delle alternative a Google Analytics:
Detto ciò passiamo a considerare le reali alternative a GA che siano compliant GDPR.
Cosa c’è da sapere: le alternative a Google Analytics
Matomo rappresenta la soluzione privacy-friendly più diffusa e popolare utilizzata su oltre 1 milione di siti Web in oltre 190 paesi .Tra le aziende ed organizzazioni più importanti che lo impiegano possiamo menzionare le Nazioni Unite, la NASA e la Commissione europea.
Matomo è una soluzione open source e gratuita se viene ospitato sui propri server, altrimenti è possibile adottare la soluzione in cloud che parte da €19 per 50.000 hits di traffico mensile.
I dati sono al 100% di proprietà degli utilizzatori e a differenza di GA gli utenti possono utilizzare in sicurezza l’analisi senza preoccuparsi che i dati vengano utilizzati per scopi di marketing.
Matomo è stato realizzato in ottica privacy-safe e questo consente di essere configurato nel rispetto delle principali normative privacy: GDPR, HIPAA, CCPA, LGPD e PECR.
Con Matomo possiamo fare tutto quello che facciamo di solito con GA, tracciare eventi, impostare UTM, Heatmap, funnel e flow tracking, definire cluster di clienti e tanto altro.
Il suo punto di forza sta nell’assistenza per l’utente.
Plausible Analytics rappresenta un’ altra valida alternativa open source a Google Analytics. Allo stesso modo di GA, Plausible traccia le informazioni attraverso uno snippet code da inserire nel proprio sito. Per impostazione predefinita i dati degli utenti sono privati, ma è possibile renderli pubblici attraverso un link che consente a chiunque di visualizzarli.
Come strumento di web analytics di tipo privacy-friendly, Plausible non utilizza cookie, non conserva dati sensibili ed è pienamente conforme al GDPR, CCPA e PECR. In oltre i dati vengono conservati in un data center localizzato in Europa. In una nota a margine, Plausible viene lanciato apertamente su GitHub.
Nonostante tutto è bene far presente che Plausible rispetto a Matomo manca di un supporto per gli utenti, tra l’altro viene sconsigliato per un utilizzo a livello enterprise.
Il modello di pricing utilizzato è quello per pageviews e il taglio minimo è di €9 al mese per un traffico di 10K pageviews.
Fathom Analytics rappresenta una soluzione alternativa a GA, open source e compliant GDPR, CCPA, ePrivacy, PECR.
Fathom aiuta i gestori di siti web a capire il comportamento dei visitatori senza spiarli e per questo motivo viene utilizzato da migliaia di aziende, dalle società di software bootstrapped alle aziende Fortune’s100 come IBM, Intel, Sony, Dell e Uber.
Fathom non utilizza cookies per raccogliere i dati degli utenti, si installa tramite un piccolo snippet che risulta essere molto più leggero di quello di Google e quindi ad impatto zero per quanto riguarda la velocità di caricamento delle pagine web.
Al pari di Google GA, Fathom traccia eventi, e gestisce gli UTM; inoltre può inviare informazioni via email, Telegram e Slack non appena il sito smette di rispondere ed è idoneo per il monitoraggio di soluzioni enterprise.
Anche per Fathom segnaliamo l’assenza di un supporto per gli utenti che non sia il classico forum dove attendere la risposta di un buon samaritano.
Anche per Fathom il modello di pricing utilizzato è quello per pageviews e il taglio minimo è di $14 al mese per un traffico di 100K pageviews per oltre 50 siti gestibili.
Smartlook rispetto alle alternative fino ad ora proposte, Smartlook non è proprio un web analytic quanto uno strumento per l’analisi del user behavior.
Al pari di Matomo, Smartlook può essere utilizzato sia per web che mobile e consente di combinare analisi quantitative e qualitative di vario genere, di registrare il comportamento dei clienti sul sito (alla stregua di Hotjar), di applicare oltre 30 filtri per effettuare segmentazioni molto dettagliate e profonde, di generare heatmap, tracciare eventi, funnel e molto altro creando dashboard customizzate e report inviate via email.
Rispetto GA, Smartlook non mostra alcun dato acquisito dagli utenti, ma solo la loro journey e la curva di apprendimento di questo strumento è abbastanza alta.
Nonostante tutto Smartlook viene utilizzato da importanti brand come Sky, Vogue, Sanofi ed è sia GDPR che PCI DSS compliant. Per una ulteriore tutela dei dati, viene utilizzato un’algoritmo di crittografia a 256 bit, l’AES-256.
La politica di pricing prevede un piano free fino a 1.500 sessioni di registrazioni al mese per poi passare al piano “start up” da €31 al mese, “Business” da €93 al mese ed infine “ultimate” da concordare.
Simple Analytics si presenta tra le alternative privacy-first a Google Analytics, per questo motivo la conformità con il GDPR (ma anche al CCPA e PECR) viene indicata come una delle caratteristiche principali della piattaforma.
Si tratta in buona sostanza di uno strumento di data visualization e data analytics che non fa utilizzo di cookies.
Tutti i dati raccolti vengono cifrati in modo che non possano essere letti da terzi estranei, non viene archiviato alcun dato relativo agli utenti che visitano i siti Web, tutti i server sono localizzati in Europa, nello specifico in Olanda e nessuna delle informazioni analizzate viene venduta per finalità di marketing.
Il modello di pricing inizia da €9 al mese con la soluzione “Starter”, poi €49 al mese “Business” e infine “Enterprise” €99 al mese.
Ninja Upshot
Le alternative a Google Analytics sono davvero tante nonostante il mercato sia dominato da Google con una quota dell’80% circa. Il provvedimento adottato dal Garante è di grande rilievo per il mercato italiano dove il tool del gigante tech è probabilmente il più utilizzato in termini di web analytics.
La stretta europea al colosso tecnologico non è, però, destinata a fermarsi.
“Sebbene a fine di marzo 2022 l’UE e gli USA abbiano annunciato il raggiungimento di un accordo post Privacy Shield, non esiste ancora una proposta concreta anche perché dati gli elevati standard di protezione dei dati richiesti dell’Unione Europea, non è così scontato che ci sarà mai”, afferma Maciej Zawadziński, CEO di Piwik PRO.
Sappiamo che nel frattempo Google ha annunciato che la versione Universal Analytics (UA) verrà ufficialmente eliminata a partire dal 1° luglio 2023 in favore del suo successore, Google Analytics 4 che comunque presenta ancora problemi in termini di privacy e conformità al GDPR per questo motivo non rappresenta un’alternativa al vecchio GA.
In conclusione, per essere sicuri di seguire le disposizioni del GDPR è fondamentale scegliere un fornitore europeo capace di garantire l’archiviazione dei dati crittografati in data center presenti sul territorio europeo.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/07/alernative-ad-analytics.jpg10801920Antonio Romanohttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngAntonio Romano2022-07-29 09:30:242022-07-29 09:35:43Alternative a Google Analytics per essere GDPR compliant
Lasciare alle future generazioni un mondo più pulito grazie alla strategia di elettrificazione che faciliterà il passaggio progressivo alla mobilità elettrica. Questo il focus sulla sostenibilità della Impact di Stellantis e-Mobility e Ds Automobiles all’interno della rassegna Giffoni Next Generation di Giffoni Innovation Hub.
Gli speaker di Stellantis, Gabriele Catacchio, Head of Global e-Mobility Communication, e Simona Magnarelli Lifestyle, Digital & Premium Brands Pr Manager Ds Automobiles, hanno coinvolto gli under 30 in un vero e proprio viaggio verso la sostenibilità.
La strategia per la mobilità elettrica è sensibilizzare i più giovani
La partnership con Stellantis e la sua presenza al Giffoni Film Festival confermano l’interesse e l’impegno dell’ecosistema Giffoni sulle tematiche legate alla transizione ambientale e alla sostenibilità.
Allo stesso tempo riconoscono all’e-Mobility Business Unit del Gruppo Stellantis il ruolo da protagonista in fatto di elettrificazione e di strategie pensate per dare un forte contributo al raggiungimento della Carbon Neutrality nel 2038. Tutto grazie alla promozione della mobilità elettrica tra i giovani che, durante la Impact, non sono stati semplici auditori, ma coprotagonisti di un dibattito incentrato sulle nuove frontiere di una mobilità più sostenibile.
A chiudere il cerchio è DS Automobiles, nota per la capacità di utilizzare le tecnologie più sofisticate e avere, in soli cinque anni, presentato una gamma interamente elettrificata.
Ancora troppo poche le auto elettriche in Italia
La sfida per l’elettrificazione e la mobilità elettrica è in corso: dal 2019, le vendite globali di auto elettriche sono praticamente raddoppiate di anno in anno. Tutto questo anche grazie alla presenza di eco-incentivi che, ora ripristinati in Italia, porteranno a un ulteriore incremento per il 2022.
Una sfida da vincere, dunque, il cui risultato finale dipenderà dalla capacità di sensibilizzare le nuove generazioni spingendole a ‘sposare’ per prime la mobilità sostenibile come stile di vita.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/07/52247127454_365958cc31_c.jpg533799Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2022-07-28 16:52:032022-07-28 16:52:03Al Giffoni si parla di mobilità elettrica e sostenibilità con Stellantis
Negli ultimi tempi stiamo vivendo grandi cambiamenti sociali che ci stanno accompagnando ad evoluzioni della sensibilità umana, dei punti di vista delle minoranze, dell’importanza del bisogno di inclusività.
Le pubblicità riflettono queste necessità, mostrando come i brand si stiano adeguando al concetto di equità. I valori da comunicare per abbracciare un pubblico eterogeneo sono quelli della normalizzazione delle diversità, in ogni genere. Finalmente vediamo dar voce a quella parte di società resa silente per moltissimi anni.
Oggi si parla di marketing inclusivo come di una strategia per diffondere una nuova cultura e una nuova sensibilizzazione. I brand creano relazioni autentiche con un pubblico che non si accontenta più di accettare passivamente semplici messaggi promozionali. È un pubblico protagonista, attento alle proprie esigenze e che, anche grazie ai social, si proclama sovrano delle proprie scelte di acquisto o del discostamento da un marchio.
L’impegno (o la strategia) dei brand è quello di riflettere nelle proprie pubblicità le preferenze, lo stile di vita, la natura di ogni individuo, in cui inclusività ed equità sono il principale filo narrativo dei valori aziendali. L’accettazione delle diversità, o per meglio dire: la giusta normalizzazione delle diversità avviene soprattutto attraverso le pubblicità.
Victoria’s Secret, normali imperfezioni
Cambio di rotta per il brand, criticato aspramente per la scelta di modelle magrissime. Le donne sono perfette in ogni loro singola imperfezione. “Imperfezione” è da leggere come normale. Per la sua collezione Love Cloud, Victoria’s Secret presenta un nuovo “standard di positività”.
Nel 2019, il brand aveva introdotto nelle sue campagne la prima modella transgender, la brasiliana Valentina Sampaio e Sofia Jirau modella con sindrome di Down
Gucci e Dove, la rivoluzione dei canoni di bellezza
Il brand già nel 2019 aveva scelto per le sue passerelle Armine Harutyunyan, la modella armena che di certo non rispecchia i canoni classici di bellezza.
Sulla scia della famosissima campagna Dove sulla bellezza autentica e diventata un progetto di autostima vero e proprio, Gucci ha voluto rivoluzionare il concetto di esteticamente bello. La bellezza non è infatti qualcosa di immutabile ma evolve in base alla società.
Niente dovrebbe essere irraggiungibile, nessuno dovrebbe sentirsi escluso o giudicato da dei costrutti. E così Gucci continua le sue campagne con modelle diverse dalle classiche, come la queerSilvia Calderoni e Ellie Goldstein affetta da sindrome di Down. La diversità non deve essere un limite.
La nuova campagna del brand Dove si intitola #ShowUs e continua ad infondere stima e consapevolezza alle donne e persone non binarie, attraverso storie di persone comuni, proprio come noi. Imperfezioni e difetti possono essere il punto di forza della nostra femminilità ed unirci in un concetto di bellezza meno restrittivo, meno stereotipato, più inclusivo.
Credit: Dove.com
Il punto di vista di Adidas: da Impossible a I’m Possible
Nella sua ultima campagna (che si è aggiudicata anche un Gran Prix ai Cannes Lions 2022) Adidas punta sull’equità di genere e invita le donne ad esprimere la libertà di sentirsi a proprio agio nello sport. Sfidando i limiti culturali imposti da specifiche società, il brand sprona a sconfiggere il disagio di mostrare il proprio corpo.
Non solo attraverso la presentazione di una linea di costumi pensati nel rispetto di religioni più costrittive, ma raccontando le forme di Jessamyn Stanley, la normalità della modella Ellie Goldstein , la libertà della pallavolista trans Tifanny Abreu o della runner Fatima Ibrahimi.
Storie inclusive e “Possibili” di ogni atleta, contro ogni stereotipo, contro ogni limite, contro ogni etichetta di diversità. Niente è impossibile, perché “Io sono possibile”.
“Possiamo riprodurci biologicamente o dal cuore… stiamo bene se amiamo e siamo amati”. Così il brand di moda infuoca i social con la sua campagna dedicata alla festa della mamma, in cui mostra la coppia trans Roberto Bete e Erika Fernandes.
Libertà di identità e di scelte: Roberto è in dolce attesa e mostra il suo pancione insieme alle cicatrici sul petto, testimoni del passaggio di genere. Tutto sommato, l’equilibrio biologico non sembra alterato e Calvin Klein ci mostra una nuova forma di famiglia che asseconda le evoluzioni sociali superando i pregiudizi sessuali.
La campagna ha spaccato nettamente il pubblico che da una parte ha aumentato il consenso verso il brand e dall’altra ha manifestato indignazione e promesse di boicottaggio.
Credits: profilo Instagram CalvinKlein
Le parole non bastano: le azioni inclusive di P&G
Ormai siamo abituati: P&G non ne sbaglia mai una. Le sue campagne sono vincenti, sanno toccare il cuore e arrivano dritte allo scopo.
Questa volta il brand si schiera a favore delle minoranza etniche, esortandoci ad ampliare i nostri punti di vista, andando oltre la superficialità, cambiando le percezioni sociali e gli stereotipi culturali presentati dai diversi media.
In collaborazione con Uninterrupted – brand di abbigliamento per atleti – P&G ha dato vita al progetto Widen The Screen, una piattaforma che raccoglie contenuti ed esperienze di creator multiculturali, in particolare della categoria Black sottorappresentata (e spesso mal rappresentata) nel settore cinematografico.
C’è un trucco per tutti
Anche il mondo del makeup è molto attento alle diversità. Molti sono i brand che hanno comunicato la propria svolta verso l’inclusività: da NYX a Fenty a Morphe a Dragun Beauty.
In particolare quest’ultimo brand fondato dalla trans Nikita Dragun, attivista della comunità LGBTQ+ è dedicato ad ogni genere e tipo di pelle, con ingredienti selezionati nel rispetto anche delle diverse scelte ideologiche: dai cosmetici certificati vegani a quelli halal (acconsentiti secondo la legge islamica), certificati.
credit: profilo Instagram Dragun Beauty
La prima pubblicità inclusiva della storia? Hilltop di Coca-Cola
Le pubblicità riflettono ciò che succede nella società: cambiamenti sociali, evoluzioni tecnologiche, battaglie culturali. Eppure, la “rivoluzione inclusiva” la stiamo vivendo in questi ultimi anni, non avremmo mai immaginato di trovarne delle tracce negli anni ’70.
Ma Coca-Cola ci stupisce ancora una volta. Hilltop è uno spot monumentale, intriso di moltissimi elementi riconducibili ad altrettanti avvenimenti culturali dell’epoca (come la guerra in Vietnam, le rivoluzioni studentesche, il movimento femminista) e messaggi individuali.
Ed in questo caso, la bevanda è quell’elemento che unisce un gruppo di persone eterogeneo, composto da diverse culture. Coca-Cola si rivolge a tutti allo stesso modo, sensibilizza sui problemi del mondo e della società, incoraggia ad un cambiamento positivo intriso di benevolenza.
Più inclusività di così!
Ora, ciò che è lecito chiederci è: i valori che i brand a volte ostentano nelle loro campagne, sono realmente frutto di un’evoluzione e accettazione dei cambiamenti culturali o assecondano strategicamente un punto di vista politicamente corretto per percepire più consensi ed aumentare le vendite? Magari poco importa, ciò che davvero conta è che la società agisca positivamente per combattere le discriminazioni, in nome di una vita equa per tutti.
Queste linee guida sono state create dall’Influencer Marketing Advisory Board dell’ANA in collaborazione con le principali agenzie e le maggiori piattaforme di social media.
Mentre le metriche standardizzate di misurazione degli influencer a pagamento sono disponibili per gli inserzionisti da quasi un decennio, l’influencer marketing organico non ha beneficiato di una standardizzazione simile.
La mancanza di coerenza e trasparenza ha limitato la misurazione del valore dell’influencer marketing organico per i marketer e la sua crescita. Nel 2020, l’Influencer Marketing Advisory Board dell’ANA è stato costituito per affrontare questa sfida e altre questioni relative all’influencer marketing in tutto il settore.
Con le seguenti linee guida raccomandate per la misurazione dell’influencer marketing organico, il Comitato intende portare chiarezza e coerenza all’influencer marketing organico a livello di campagna.
Un mercato da 25 miliardi
Secondo Statista, l’influencer marketing è un settore globale da 13,8 miliardi di dollari, con una crescita prevista fino a 25 miliardi di dollari entro il 2025. Tuttavia, nonostante la sua diffusione e la sua crescente importanza, in particolare per raggiungere i consumatori più giovani, la misurazione dell’influencer marketing ha rappresentato un ostacolo significativo per gli inserzionisti.
Nel dicembre 2020, l’ANA ha condotto un sondaggio tra i soci sull’influencer marketing. In risposta alla domanda “Quali sono le principali sfide che incontrate con l’influencer marketing?“, la risposta numero uno dei marketer (79% degli intervistati) è stata la misurazione. Le ragioni principali di questa risposta sono due:
Mancanza di standardizzazione delle misurazioni tra le piattaforme
Tra le otto piattaforme più utilizzate per l’influencer marketing (Facebook, Instagram, LinkedIn, Pinterest, Snapchat, TikTok, Twitter e YouTube), ognuna definisce in modo diverso ciò che costituisce un engagement.
Ad esempio, una piattaforma considera un coinvolgimento la riproduzione automatica di un video nel feed, mentre un’altra conta solo le azioni come i like, i commenti o le condivisioni.
Allo stesso modo, ogni piattaforma calcola il tasso di coinvolgimento in modo diverso e ha un calcolo diverso per quanto riguarda la visualizzazione di un video. Una visualizzazione di un video potrebbe essere conteggiata “non appena il video viene riprodotto” o “dopo 30 secondi di riproduzione continua”.
Per l’influencer marketing organico (non retribuito), non esiste un luogo centrale in cui i marketer possano trovare, accedere e fare riferimento a queste significative differenze di misurazione.
Mancanza di coerenza nella misurazione delle campagne da parte delle agenzie
Tra le agenzie che eseguono campagne di influencer marketing, le metriche utilizzate per la rendicontazione ai brand non sono definite e calcolate in modo coerente.
Le agenzie spesso utilizzano algoritmi di misurazione proprietari, il che rende difficile per i brand sapere come si comportano le diverse campagne condotte da agenzie diverse rispetto alle altre. Inoltre, l’uso di algoritmi proprietari rispetto a metriche di misurazione coerenti nasconde quali agenzie stiano realmente realizzando le campagne più performanti.
Come creare delle metriche condivise per il monitoraggio dell’influencer marketing organico
Per creare queste linee guida per la misurazione dell’influencer marketing organico, l’Influencer Marketing Advisory Board dell’ANA ha collaborato a stretto contatto con le principali agenzie e le maggiori piattaforme di social media.
In primo luogo, il Comitato ha incontrato circa 25 agenzie che eseguono campagne di influencer marketing per conoscere le definizioni delle metriche e i KPI che utilizzano per gli obiettivi di awareness, engagement e conversione.
Il Comitato ha poi sintetizzato tutte le risposte per creare definizioni di metriche standardizzate raccomandate per l’influencer marketing organico autenticato.
Il Comitato ha inoltre tenuto incontri individuali con ciascuna delle principali piattaforme utilizzate per l’influencer marketing (Facebook, Instagram, LinkedIn, Pinterest, Snapchat, TikTok, Twitter e YouTube), per capire come definiscono l’engagement, calcolano il tasso di engagement e calcolano le visualizzazioni dei video per i posizionamenti organici degli influencer.
Queste linee guida sono il risultato delle ricerche condotte dal Board e delle ampie conversazioni con i partner delle agenzie e delle piattaforme. Esse riflettono lo stato attuale della misurazione degli influencer organici e sono state concepite per favorire una maggiore coerenza nella misurazione e nel reporting a livello di settore.
Le linee guida continueranno a essere riviste e aggiornate per riflettere i cambiamenti del settore, i suggerimenti dei marketer dopo la loro implementazione e una maggiore trasparenza delle piattaforme e accesso ai dati in futuro.
Come utilizzare le linee guida per la misurazione dell’influencer marketing organico
Come punto di partenza per comprendere le differenze tra le piattaforme social nelle definizioni di misurazione e nei calcoli per i posizionamenti organici degli influencer.
Comunicando ai punti di contatto della vostra piattaforma le definizioni e i calcoli delle linee guida ed esprimere la necessità di una maggiore trasparenza dei dati, soprattutto per quanto riguarda l’esposizione organica.
Condividendo le linee guida con i vostri team di marketing interni. Considerate di includere non solo i leader che eseguono le campagne di influencer, ma anche i team di comunicazione e PR, dati e analisi, social e digital, media e content marketing.
Condividendo le linee guida con le agenzie partner e allineatevi sull’uso delle definizioni e dei calcoli delle linee guida per la misurazione e il reporting delle campagne organiche.
Metriche consigliate per l’influencer marketing organico a livello di campagna
Metriche di Awareness
Obiettivo della campagna:Generare visibilità e riconoscibilità del marchio, prodotto, servizio o messaggio da parte dei consumatori.
Reach Complessiva: la somma degli utenti unici esposti per post sulla piattaforma in cui è stata attivata la campagna.
Note: La misurazione della portata totale nell’influencer marketing differisce dai media tradizionali in quanto non tiene conto della duplicazione dell’audience/raggiunta tra i post o le piattaforme. Se la portata unica non è disponibile, utilizzare la metrica più vicina alla portata – ad es. ad esempio, le visualizzazioni uniche di un video nel caso di un video.
Esempio: L’influencer A ha un post con cinque milioni di visualizzazioni uniche su Instagram e due milioni di visualizzazioni uniche su YouTube. L’influencer B ha due post su Instagram con due milioni di visualizzazioni uniche ciascuno. La portata unica totale è di 11 milioni.
Costo per reach: il costo del programma di influencer diviso per il numero totale di contatti unici.
Esempio:Il costo è di 500.000 dollari. La portata è di 10 milioni. Il costo per reach è di 0,05 dollari.
Visualizzazioni video totali: la somma delle visualizzazioni per post sulla piattaforma in cui è stata attivata la campagna.
Le visualizzazioni differiscono dalla portata totale in quanto possono esserci più visualizzazioni per utente. Se le visualizzazioni video sono applicabili, ogni piattaforma definisce e calcola le visualizzazioni video in modo diverso.
Esempio: La visualizzazione di un video su TikTok viene conteggiata dopo l’inizio della riproduzione del video. I replay non sono non sono inclusi nel conteggio.
Impression totali: la somma delle impression per post sulla piattaforma in cui è stata attivata la campagna (non è necessario che si tratti di utenti unici).
Note: Le impressioni differiscono dalla portata totale in quanto possono esserci più impression per utente. La somma non tiene conto della duplicazione di pubblico/impressioni all’interno delle piattaforme.
Esempio: L’influencer A ha due post con un milione di impressioni totali (non duplicate) su Instagram. L’influencer B ha quattro post su TikTok con un milione di visualizzazioni video totali ciascuno. Le impressioni totali sono sei milioni.
Metriche di Engagement
Obiettivo della campagna: Fare in modo che il consumatore interagisca direttamente con il messaggio del brand attraverso diverse azioni (comunemente click, mi piace, commenti e condivisioni) come mezzo per indicare l’interesse o l’affinità con il marchio.
Costo per engagement (comunemente abbreviato in “CPE”): il costo del programma di influencer diviso per il numero totale di ingaggi.
Note: Se la portata è organica, anche i costi utilizzati per calcolare il CPE devono riflettere solo l’organico e quindi escludere l’amplificazione dei media a pagamento.
Esempio: Il costo è di 10.000 dollari. Gli engagement sono 5.000. Il costo per coinvolgimento è di 2 dollari.
Sentiment della campagna: la metodologia varia a seconda dell’inserzionista e dell’agenzia, ma dovrebbe riflettere una valutazione quantitativa del sentiment sui post della campagna attraverso le piattaforme e gli influencer utilizzati.
Note: È assolutamente importante includere una misurazione del sentiment nell’analisi della campagna. Altrimenti, un post o una campagna potrebbero essere considerati “di successo” grazie al forte coinvolgimento, ma l’elevato coinvolgimento potrebbe derivare da reazioni negative.
Engagement Rate (comunemente abbreviato in “ER”): le definizioni di quali azioni sui social media costituiscono un coinvolgimento e il calcolo del tasso di coinvolgimento variano notevolmente a seconda della piattaforma.
Per una ripartizione delle definizioni e dei calcoli forniti da ciascuna piattaforma e come raccomandato dall’Influencer Marketing Advisory Board dell’ANA in seguito agli incontri con le principali piattaforme, si rimanda alla griglia sottostante:
Metriche di conversione
Obiettivo della campagna: far sì che il pubblico compia l’azione desiderata verso un obiettivo predeterminato obiettivo, acquisto o transazione. I KPI dipenderanno fortemente dai dati a disposizione dell’inserzionista.
Traffico totale generato: la somma dei visitatori di un sito web generati dalla campagna di influencer.
Note: il dato potrebbe includere, ma non limitarsi a, misurazioni basate sui clic dei link, link affiliati e UTM (Urchin Tracking Module, utilizzato per tracciare il traffico per l’attribuzione).
Questa metrica dovrebbe includere solo il traffico direttamente attribuibile all’attività dell’influencer e potrebbe non essere applicabile o misurabile per tutti gli inserzionisti.
Conversioni totali: la somma delle azioni compiute dai consumatori a seguito della campagna.
Note: La definizione di conversione varia a seconda della campagna e dell’inserzionista. Può includere riscatto di codici coupon, clic su link di affiliazione, passaggi di consegne, aggiunte a carrelli, iscrizioni e download di app.
Ogni azione che può essere considerata una conversione deve essere essere calcolata per la valutazione e l’analisi della campagna.
Costo per conversione: il costo del programma di influencer diviso per le conversioni totali.
Note: Se le conversioni sono generate organicamente, i costi utilizzati per calcolare il costo per conversione devono riflettere solo l’organico ed escludere qualsiasi amplificazione dei media a pagamento.
Esempio: Il costo è di 500.000 dollari. Le conversioni totali sono 10 milioni. Il costo per conversione è di 0,05 dollari.
Vendite totali generate: la somma delle vendite generate che possono essere attribuite direttamente alla campagna influencer.
Può includere le riscossioni dei codici coupon, le vendite effettuate tramite un link di affiliazione e la quantità di acquisti effettuati in-app utilizzando strumenti di acquisto.
Note: Questa metrica dovrebbe includere solo le vendite direttamente attribuibili all’attività organica degli influencer e potrebbe non essere applicabile/misurabile per tutti gli inserzionisti.
Ritorno sull’investimento (ROI): il costo del programma di influencer diviso per le vendite totali generate.
Note: Se le vendite sono generate organicamente, i costi utilizzati per calcolare il ROI devono riflettere solo le vendite organiche ed escludere l’amplificazione dei media a pagamento.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/07/ANA-influencer-marketing-Measurement-Guidelines-copertina.jpg7221293Fabio Casciabancahttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngFabio Casciabanca2022-07-27 11:00:502022-07-29 15:25:37Linee guida per una corretta misurazione dell'influencer marketing organico
Qualcosa sta cambiando nel grande racconto dei media mainstream occidentali, un cambiamento di cui dovranno tenere conto i grandi e piccoli brand impegnati nell’attivismo di marca.
Negli ultimi anni, nel mondo dell’impegno sociale, è sempre più frequente vedere aziende che si fanno portatrici di valori, anche molto divisivi, spesso privilegiando l’idea di perdere clienti piuttosto che inaugurare un approccio più dialogante.
Questa strategia è figlia di una società polarizzata in cui si sono venute a creare delle vere e proprie “echo chamber”, all’interno delle quali il dialogo è possibile solo verso il gruppo di riferimento ma è inibito verso l’esterno.
Il brand purpose, che in molti marchi riprende di volta in volta le tendenze sociali più in voga, ha esasperato questa polarizzazione, contribuendo – di fatto – al degrado del discorso pubblico e delle interazioni in rete.
Cosa intendiamo quando parliamo di polarizzazione? Si tratta di quella tendenza a comunicare i temi in agenda, aggregare persone (online e offline) e produrre contenuti dedicati alla fruizione di un target molto profilato, il quale, a sua volta, è spesso impermeabile a messaggi provenienti da fonti alternative.
I social media, ça va sans dire, hanno estremizzato questo fenomeno, contribuendo così ad una vera e propria “tribalizzazione” della società: i brand che vorrebbero unire in nome di presunti valori universalmente condivisi, finiscono per dividere ancora di più la società in “tribù” che tra loro alzano un muro di incomunicabilità.
I “valori universali e condivisi” sempre più spesso sembrano condivisi soltanto dal CEO del brand o dal proprio reparto marketing il cui target di clienti/consumatori sembra sempre più aspirazionale e sempre meno uno specchio nella società.
I cittadini (clienti e consumatori) seguiranno a loro volta nelle idee chi ha più seguito: influencer, star, attivisti della cosiddetta “politica Netflix”, diventano tutti portavoce di un pensiero presente nell’opinione pubblica e rilanciato dai brand.
Si tratta dell’”Effetto San Matteo”, dal Vangelo di Matteo («Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha»): nella scienza delle reti è la tendenza a connettersi con le persone che, a loro volta, hanno reti più ampie.
Su internet (e spesso anche nella vita) siamo attratti da chi ha già molte connection. Chi ha molto seguito è probabile che abbia anche molto “potere” divulgativo, da qui al tentativo di imporre la propria personale (e parziale) visione su ogni tema in agenda, il passo è breve.
Le reti polarizzate rappresentano una nuova comfort zone: aiutati dagli algoritmi dei social media, che ci mostrano principalmente quello che è in linea con i nostri interessi, siamo sempre più abituati a osservare la nostra parte di mondo ignorando tutto il resto.
Prendendo in prestito il titolo del libro di Guia Soncini, viviamo nell'”era della suscettibilità”, dove tutto sembra offenderci e turbarci. Questa iper-sensibilità si sviluppa e arriva alle estreme conseguenze proprio in virtù della polarizzazione delle reti: se si abbandona il confronto e ci si avvale solo di contenuti in linea con la nostra visione delle cose, la repentina comparsa di una voce contraria non potrà che provocarci sentimenti di irritazione e rabbia.
Nelle reti polarizzare le intersezioni tra bolle sono sempre più rare e lo è altrettanto il dialogo e la condivisione tra chi la pensa – legittimamente – in maniera differente.
L’output di un algoritmo che ambisce a diventare il framing con cui ciascuno di noi guarda la realtà, non può che avere l’ambizione di indicarci il bene e il male, il giusto e lo sbagliato, la verità e il fake in una sorta di operazione manichea dove non sono ammesse sfumature.
La semplicità di questo pensiero trova una sponda decisiva nella narrativa dominante in Occidente: le cause sociali sostenute dalla politica, dalla parte di opinione pubblica più “rumorosa” e dai brand spesso forniscono rassicuranti conferme a chi vive nelle echo chambers più convenzionali e dominanti.
Perché il brand activism esacerba il dibattito
Nell’esperienza quotidiana di ciascuno di noi, quando non condividiamo l’idea di un’altra persona con cui ci troviamo a parlare a cena, di solito, proviamo a trovare dei punti d’incontro, prima, ad esempio, di dover venire alle mani.
Imparare la flessibilità, calarci nel pensiero altrui, aprirci ad altre idee: esercizi utili e necessari non solo per ogni professionista della comunicazione ma anche per chiunque ambisca a tessere reti sociali di un qualche successo. Edward de Bono, lo studioso ideatore del concetto di “pensiero laterale” mostrava, attraverso la celebre teoria dei sei cappelli, come “indossando” un cappello di colore diverso ci si calasse in un pensiero diverso, quasi come novelli attori del metodo Stanislavskij.
Molti degli attuali brand sembrano aver perduto l’empatia a vantaggio di una sola e monocolore uniforme (cappello). Una strategia commerciale piuttosto discutibile.
La fiducia nei governi e nei media è al minimo storico
Perché l’attivismo di marca è un tema così importante? Secondo l’indagine Gallup/Knight Foundation negli USA solo il 27% degli americani si fida complessivamente delle news che vengono fornite loro dai media mainstream nazionali. Va meglio per la stampa locale. Tra i repubblicani (che ad oggi rappresentano circa un elettore su due) la fiducia è quasi azzerata (5%). Contro la “disinformazione” il 27 aprile del 2022 il Governo USA dà il via al “Disinformation Governance Board”. L’iniziativa avrà vita breve: la costruzione del dicastero viene fermata dopo la tempesta di polemiche suscitata da quello che è stato definito il “Ministero della Verità” di orwelliana memoria.
Il trend italiano non è diverso: nel 2022 la fiducia nell’informazione è al minimo storico del 35%. In un contesto dove l’autorevolezza dei media sembra insomma essere al minimo storico.
La guerra in Ucraina, gli anni di pandemia, la crisi energetica, il rincaro delle materie prime e l’inflazione hanno rappresentato e rappresentano dei veri e propri terremoti nelle società occidentali e non solo. Questo brusco risveglio impone di concentrare nuovamente l’attenzione su temi concreti.
La issue dell’economia negli USA è tornata prepotentemente al primo posto, il 70% degli americani considera l’inflazione il problema più importante da affrontare al momento.
Abbiamo raggiunto Emiliano Romano, presidente di Lexis Ricerche, uno dei principali istituti di ricerca italiani, che conferma la tendenza in atto: «Le aziende riducono il loro attivismo selezionando e perseguendo solo le strategie che sanno sostenere e che sono coerenti con la propria vision, tenendo a mente che prima di fare la differenza in campo sociale, ambientale o etico devono fare la differenza per il cliente, generando soddisfazione e loyalty. Il consumatore vuole anche un vantaggio, un benefit personale che in qualche modo ‘premi’ la sua adesione a una mission. Abbiamo svolto recentemente diverse indagini a tema sostenibilità e notato che senza un tornaconto personale l’attenzione all’ambiente non è un tema così appealing come si potrebbe immaginare. Faccio un esempio: le confezioni sostenibili sono certamente apprezzate a livello teorico, ma non si è disposti a rinunciare alla funzionalità e all’estetica del pacchetto! È un compromesso a cui non si vuole scendere».
«Quindi, come visto in altri settori si conferma l’interesse per i temi concreti, basti pensare ad esempio che la prima motivazione per essere attenti al food waste è la possibilità di risparmiare, e quasi il 40% dei consumatori sarebbe incentivato a riciclare di più se ricevesse dei soldi. Risparmio ed economia personale sono tornate on top, poi certo ci sono anche tutte le motivazioni sociali e ambientali, ma il principio fine a se stesso è sempre più per una nicchia».
Come esistono nicchie di persone disposte a comprare per ideologia, esistono altrettante nicchie di persone che le medesime ideologie non le condividono. Ha fatto recentemente notizia la dichiarazione di Horacio Pagani, fondatore e proprietario della celebre Pagani Automobili, che ha confessato particolare scetticismo sul ban della vendita di auto a motore endotermico in Europa dal 2035.
Nonostante gli sforzi dell’azienda di creare un team di ricerca per lo sviluppo di supercar elettriche, nessun cliente si sarebbe mostrato interessato al prodotto. «Non credo che una Pagani elettrica possa dare un contributo al pianeta. Voi pensate che una ventina di navi cargo inquinano come 50 milioni di vetture…».
Brand Activism: il dialogo e il confronto può tornare di moda
Elon Musk, nel mese del “pride” 2022 ha pubblicato su Twitter una vignetta in cui prende si prende gioco di quei brand che, per 30 giorni, mostrano di essere inclusivi e vicini al mondo LGBT colorando di arcobaleno i propri loghi.
L’uomo più ricco del mondo che vuole portare l’umanità su Marte, sembra rigettare la narrazione dominante del politicamente corretto smascherando, di tweet in tweet, ipocrisie di brand, media e istituzioni. Vicino alla maggioranza degli americani che, come abbiamo visto, non si fida dei media, Mr Tesla mostra in un meme come la tribalizzazione del discorso pubblico abbia portato a sua volta ad una polarizzazione acerbata delle posizioni.
Chi, come lui, si definiva liberal moderato adesso si ritrova nel campo dei conservatori. Brand, media, politici, star e attivisti hanno talmente estremizzato il dibattito, da far risultare “di destra” anche un moderato di sinistra.
Paul Graham, rispondendo a Musk, mostra un grafico in cui questa polarizzazione “agli estremi” risulta particolarmente evidente.
That is in fact what has happened. Since the 90s the right has moved a little further right, but the left has moved a lot further left. pic.twitter.com/ZzsiCpFguM
Musk riesce a rendere “cool” ogni tema che tocca, mostrando come certa narrativa attuale sia già vecchia. L’annuncio del calo degli abbonati di Netflix, seguito dal tonfo in borsa, sembra non premiare le scelte della società di puntare su contenuti che non sarebbero in grado di accontentare i gusti di un’audience più ampia e meno stereotipata.
L’ottimo Alessandro Tapparini analizza QUI il calo demografico che sta interessando l’alta California e il trasferimento di molte imprese in cerca di una nuova casa in altri Stati. «In America si usa dire che quando in un posto le cose non funzionano, la gente “vota con i piedi”: è andandosene che i residenti pronunciano la loro condanna da giuria popolare. Nel 2021 la Silicon Valley ha perso ben 40.000 residenti. In termini assoluti la sua popolazione complessiva è diminuita anziché aumentare, ed è la prima volta che accade da 12 anni a questa parte».
La lista di migrazioni è lunga: da HPE (HP) a Tesla, da Intel a AirBnB per non parlare di Palantir, Oracle, Dropbox e molte altre che stanno annunciando traslochi.
Rendere “cool” la libertà di opinione
L’idea di cosa è “cool” e cosa non lo è non riguarda solo il settore della moda ma ogni campo dell’opinione pubblica. Cosa è di moda pensare e cosa non lo è? È possibile fare “tornare di tendenza” un sano confronto tra opinioni che non sia acerbato dalle logiche della polarizzazione?
Musk potrebbe rappresentare il cavallo di troia per inaugurare una nuova stagione di free speech nella società, a partire dai social fino ai media mainstream. Una maggiore libertà di opinione e un crescente confronto potrebbe tradursi in maggior fiducia delle persone nel mondo dell’informazione e, in ultima analisi, anche nelle istituzioni.
Chi saranno i primi a intercettare questa tendenza? Con una certa ragionevolezza possiamo prevedere chi saranno gli ultimi: i brand multinazionali.
I grandi player del mercato seguiranno le tendenze sociali come hanno sempre fatto nel corso della storia, rilanciando, di volta in volta, i temi più funzionali al proprio target (più auspicato che reale). L’abbandono progressivo di certe posizione estremiste, che chiudono la porta in faccia a moltissimi persone, sarà il primo segnale di questa inversione di tendenza.
Un maggiore dialogo con i cittadini/consumatori che tenga conto e rispetti la diversità e la complessità delle opinioni sarà il nuovo punto d’arrivo a cui le marche dovranno tendere per essere accettate, e per avere successo, in una società occidentale sempre più frammentata e complessa.
https://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2022/06/Silvia-Camerani-min.jpg7781070David Mazzerellihttps://www.ninjamarketing.it/wp-content/uploads/2018/06/nm-logo-new.pngDavid Mazzerelli2022-07-26 10:49:492022-07-27 11:11:13Il brand activism al capolinea: nel futuro più dialogo e meno polarizzazione
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