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  • Contact Tracing App: dall’Italia al resto d’Europa, funzionano davvero?

    Sono ormai una realtà in (quasi) tutti i Paesi europei. Ma come funzionano e come interagiscono tra loro?

    6 Agosto 2020

    • Le contact tracing app dovevano servire all’Italia e all’Europa per riaprire i confini, anche in vista dell’estate. Ma qual è la situazione?
    • In Italia, l’app funziona da giugno ma il tasso di adozione è più basso di quanto necessario; in Europa le cose non vanno meglio, con una situazione frammentata e l’assenza di un modello di interoperabilità tra Paesi.
    • Harvard Business Review ha identificato alcuni punti su cui concentrarsi per stimolare l’adozione delle app che è in ritardo, come le “app di comunità” e gli incentivi all’utilizzo.
      Ci siamo: l’estate più strana del secolo è finalmente arrivata. Ha avuto un enorme punto di domanda fin dall’inverno, quando il virus che ha colpito il mondo ci ha messo tutti “in attesa” a tempo indeterminato. Eppure niente, neppure una pandemia, può fermare il sole, il caldo e la voglia di vacanza. Alla fine, si sta facendo quasi tutto ciò che si pensava non si sarebbe potuto fare: i confini della maggior parte dei Paesi d’Europa sono aperti, in maniera più o meno chiara. Le persone stanno partendo per le vacanze come ogni anno, anche se su scala più locale. E mentre il Coronavirus continua a mietere vittime (anche se fortunatamente in Europa a livelli molto ridotti), noi torniamo a una parvenza di normalità. Come? Uno dei metodi che sembrava avrebbero dovuto garantire alla nostra estate un aspetto “normale” era l’utilizzo delle Contact Tracing Apps. L’Italia, come il resto del mondo, si è lanciata alla velocità della luce nella creazione della sua app di tracciamento, ed è effettivamente riuscita a farla uscire ai primi di giugno in tempi record, attestandosi tra le prime in Europa nell’impresa. C’è stato un gran frastuono di voci, molte a favore, molte altre critiche dell’App sviluppata da Bending Spoons. Troppi, in realtà, gettavano benzina sul fuoco a sproposito, alimentando preoccupazioni sulla privacy che erano già state più che risolte, come avevamo visto in questo articolo dedicato. Ma poi, più niente. Molti di noi l’hanno scaricata, e lei se ne è stata silente nei nostri smartphone, ricordandoci della sua esistenza solo quando per qualche motivo disattivavamo il Bluetooth e lei ci avvisava con una notifica che il suo funzionamento era sospeso. Ci era stato detto che per essere efficace avrebbe dovuto essere scaricata da più di metà della popolazione. Ci era stato detto che per poter aprire i confini europei, la maggior parte degli Stati avrebbero dovuto dotarsene. Infine, ci era stato detto, ormai circa un mese fa, che un sistema di “interoperabilità” tra le varie applicazioni disponibili nei vari Paesi europei sarebbe stato la chiave per un’estate quasi normale (il documento dell’Unione Europea con le specifiche per l’interoperabilità è datato 12 giugno 2020). E ora che ci siamo, qual è la situazione? Quali app dovrebbero scaricare i vacanzieri in partenza per altre località europee? Quali risultati stanno portando nei vari Paesi che le hanno adottate? LEGGI ANCHE: Perché non è la privacy la giusta preoccupazione sulle contact tracing app

    La situazione in Italia: qual è il livello di adozione dell’app Immuni?

    immuni italia La contact tracing app italiana, Immuni, è operativa ormai da circa due mesi. L’app ha avuto una gestazione travagliata con critiche poco costruttive e problemi ante-litteram. Poi, finalmente, un parto speranzoso con 500mila download nel primo giorno; successivamente, primi giorni di vita costellati di piccoli o grandi ostacoli. Poi, silenzio. Quello che sappiamo, è che dopo averla scaricata e attivata, il suo ruolo è proprio quello di… non fare niente. L’app stessa ti ricorda di “aprirla periodicamente per verificare che sia attiva“, il che sicuramente non la fa percepire come una presenza oppressiva, ma dall’altra parte non aiuta a far capire la sua utilità. Sappiamo che funziona tramite tecnologia Bluetooth Low Energy, riuscendo così a rispettare la privacy perché non registra posizione né altri dati sensibili. Si è adeguata, così come la maggior parte d’Europa, al sistema predisposto da GoogleApple Decentralised Privacy-Preserving Proximity Tracing (DP-3T), modello decentralizzato più sicuro perché i dati vengono conservati sullo smartphone e non nei server. Se un utente che ha installato l’app risulta positivo, il sistema invia ai dispositivi con cui è entrato in contatto una notifica di esposizione. Quest’informazione non ha conseguenze, nel senso che non vengono allertate le autorità né date particolari indicazioni al ricevente su cosa debba fare (teoricamente, auto-isolarsi o effettuare un tampone). LEGGI ANCHE: 500 mila download nel primo giorno per l’app Immuni

    E come sta andando l’app Immuni in Italia?

    Secondo le dichiarazioni rilasciate a inizio agosto dalla ministra per l’innovazione Paola Pisano, “oggi i cittadini che hanno scaricato Immuni sono 4,6 milioni. Finora ha contenuto due focolai, 63 persone sono risultate positive e, poiché avevano scaricato Immuni, individuandole sono state inviate notifiche a più di 100 persone“. Questi numeri sono sicuramente positivi, ma sono tremendamente al ribasso rispetto a quanto ci avevano prospettato come minimo indispensabile: si tratta di circa il 12% della popolazione in grado di utilizzarla. Per essere davvero efficace, servono altri numeri. Purtroppo molti italiani continuano a non fidarsi, nonostante abbia superato i testi sulla privacy effettuati ad esempio da AltroConsumo. Complici diverse complicazioni, come la mancata chiarezza sull’iter da seguire in caso di notifica di esposizione, e il dibattio negativo che si è sviluppato intorno all’app, c’è ancora molta strada da fare per arrivare al cuore (o allo smartphone, in questo caso) degli italiani. E il governo lo sa, infatti assicura di star mettendo in campo ulteriori misure comunicative e non per spingere l’adozione massiccia. Insomma, in Italia bene ma non benissimo. E nel resto d’Europa? LEGGI ANCHE: L’app Immuni si può scaricare (ma è già allarme ransomware)

    Contact Tracing app in Europa: quali soluzioni nell’Unione e cosa funziona?

    europa covid Quasi tutta l’Europa si è attivata nella direzione delle contact tracing app come supporto per contenere la diffusione del Coronavirus, ma le modalità e i risultati sono stati estremamente frammentati e diversi. Alla base c’è proprio un problema di “unione“: ovviamente ciascun Paese si è lanciato nella corsa agli armamenti digitale in autonomia. Per fortuna molti hanno adottato il sistema di Google e Apple, rendendo la tecnologia sottostante quantomeno simile, ma per il resto ogni Stato ha fatto da sé, creando un sistema frammentato che non è in grado di dialogare a livello europeo. Secondo i dati riportati da Reuters, nell’UE, Austria, Croazia, Danimarca, Germania, Italia, Irlanda, Lettonia e Polonia hanno lanciato applicazioni che utilizzano lo standard Google-Apple. Altri nove Paesi dell’UE hanno in programma app basate sullo stesso sistema (UK ha deciso di recente di concentrarsi su questo, mentre prima doveva sposare il modello decentralizzato). Al di fuori dell’Unione, applicazioni simili sono ora attive in Svizzera, Irlanda del Nord e Gibilterra. Francia e Ungheria hanno lanciato un diverso tipo di app che memorizza le informazioni su un server centrale. La conseguente spaccatura degli standard significa che sarà difficile far funzionare tutte le app in tutta Europa senza soluzione di continuità.

    Come funzionano le contact tracing app in Europa?

    contact tracing app germania I funzionamenti variano. L’applicazione tedesca Corona Warn è stata scaricata più di 16 milioni di volte (su una popolazione di 83 milioni) e consiglia agli utenti di rivolgersi a un medico; gli svizzeri condividono un numero verde da chiamare; mentre in Irlanda gli utenti possono scegliere di condividere il proprio numero di telefono ed essere richiamati da un operatore. Ma funzionano? Bella domanda. Il compromesso del Bluetooth tra utilità e privacy è il nodo centrale, perché non rende possibile ad esempio individuare l’ora e il luogo esatti degli eventi a rischio. Le app più orientate alla privacy (tra cui Immuni) rendono impossibile per i loro amministratori monitorare il numero di notifiche di esposizione che passano attraverso il sistema – rendendo difficile misurare se le app svolgono il lavoro a cui sono destinate. In realtà, il framework di Google-Apple potrebbe consentire il monitoraggio delle notifiche di esposizione. Questo è ad esempio stato abilitato nell’app irlandese, che ha anche degli add-on come un “tracciatore di sintomi”, dove gli utenti possono condividere volontariamente informazioni su come si sentono, aiutando le autorità sanitarie a mappare la pandemia. Forse anche per questo l’app è stata scaricata dal 30% della popolazione. contact tracing app

    Un’unica app di contact tracing per tutta l’Europa? Non quest’estate

    L’UE, come dicevamo, si è mossa per spingere nella direzione dell’interoperabilità in vista dell’estate e dei flussi di persone in movimento da un Paese dall’altro. Ma, a parte l’evidente ritardo del farlo a metà giugno, riuscirci “a posteriori” è sicuramente più complesso. Il risultato è che non esiste al momento in Europa un reale interscambio di dati tra le app di tracciamento per il Covid-19. Se un viaggiatore intra-europeo vuole essere allertato di possibili esposizioni al di fuori del territorio nazionale, dovrà scaricare l’app di quello specifico Paese (con ovvie difficoltà, a partire dalla lingua). E in autunno? Le speranze sono buone perché nei prossimi mesi questo passaggio fondamentale venga fatto, ma il problema non sarà comunque risolto: se l’Italia e l’intera Europa in generale non riusciranno a spingere un utilizzo dell’app più ampio di quanto non è successo finora, la loro utilità rimarrà comunque limitata (anzi, c’è chi sostiene che possano essere controproducenti perché rischiano di creare un falso senso di sicurezza). contact tracing app europa

    Come far utilizzare di più le contact tracing app?

    Posto che il problema base della privacy venga neutralizzato (come ad esempio con Immuni è successo), perché le persone non scaricano e utilizzano le app di tracciamento? Perché tutta questa difficoltà nell’adozione di un sistema che ha un bassissimo impatto sul singolo, ma potenzialmente un grande impatto sulla comunità? In primis, c’è il paradosso della privacy: più alta è la percezione che la privacy dell’utente è protetta, più persone adotteranno un’app di contact-tracing; ma una maggiore protezione della privacy pone dei limiti all’efficacia dello strumento nel tracciare la diffusione del virus, rallentando così la diffusione dell’app. Poi ci sono i “negazionisti” che non credono alla pericolosità del virus e alla necessità di contenerlo. E i cosiddetti “astenuti“, che nel dubbio (pur assolutamente aleatorio) che possa danneggiarli preferiscono purtroppo non fare niente. Infine c’è chi non ha capito come funziona, chi ha paura di ricevere una notifica e non sapere cosa fare dopo, e così via. Ma tutti gli altri? Qual è il problema? Harvard Business Review ha pubblicato un articolo molto interessante a riguardo. Secondo l’analisi, quando l’adozione è volontaria, le app per la ricerca di contatti presentano il classico problema dell’uovo e della gallina – o “partenza a freddo” – sperimentato da qualsiasi piattaforma alla ricerca di forti effetti di rete: non hanno praticamente alcun valore finché non raggiungono una massa critica di utenti. Lo stesso vale per le app di tracciamento Covid-19. Invece di lanciarle in modo ampio e indiscriminato, dovremmo dispiegarle in comunità altamente focalizzate, contenute, affini, dove sarebbero immediatamente utili: famiglie, comunità religiose, luoghi di lavoro, scuole, bar e ristoranti, spiagge, hotel, treni, aerei, ecc.

    App di comunità e incentivi

    Un esempio di “app di tracciamento di comunità” è quello di UBI Banca: i suoi dipendenti utilizzano UBISafe, la sua applicazione per la ricerca di contatti, a partire dal 1° luglio e al loro rientro in ufficio. L’applicazione è stata installata automaticamente sugli smartphone aziendali, e gli altri saranno stimolati a utilizzarla. Questo può permettere all’app di raggiungere una penetrazione molto elevata, rendendola più efficace. Altri modi per rendere un’app di tracciamento istantaneamente preziosa sono quello di fornire informazioni sul livello di contagio locale, in modo che gli utenti conoscano i rischi, e quello di includere una funzione di tracciamento dei sintomi in modo che gli utenti possano inserire i loro e ricevere informazioni su quando cercare aiuto medico (come succede in Irlanda). Infine, sarebbe più probabile che le persone adottassero l’app se ci fossero aspettative concrete di essere così testate più rapidamente e senza costi aggiuntivi nel caso in cui ricevano la notifica di essere stati esposti al virus. Certamente c’è ancora molto da fare: sia da parte dei cittadini, che non dovrebbero giocare all’assenteismo, ma informarsi e decidere su basi logiche di scaricare o meno l’app; sia da parte dei governi e dei produttori di queste app, che dovrebbero impegnarsi per renderle più utili per il pubblico, anche a livello europeo. —

    Credits: Depositphotos #395480620#375701560