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  • Poche donne tra i leader più innovativi. È ancora tutta questione di Gender Gap?

    Come ogni anno, Forbes, ha stilato la classifica dei 100 nomi più influenti d’America. Ma solo una donna compare tra i nomi

    9 Marzo 2020

    • 100 i leader più innovativi secondo Forbes, classifica stilata in base ad Innovation Capital e reputazione online, una sola donna in classifica e Bezos e Musk al primo posto a pari merito
    • L’unica donna presente, Barbara Rentler, è la rappresentante di quello che ancora è un fenomeno particolarmente evidente: il gender gap
    ___ Stilare una classifica dei 100 leader più influenti al mondo è assolutamente una cosa seria e Forbes lo sa molto bene. Forbes, infatti, non solo compone la classifica dei 100 leder economici più influenti d’America, ma anche, contemporaneamente, un elenco delle 100 aziende più innovative dell’anno, e non sempre aziende e leader corrispondono. La metodologia ben rodata e schematizzata permette, all’illustre rivista, di comporre la classifica annuale su una base di analisi quinquennale e prendendo in considerazione quattro parametri precisi. La vera sorpresa? È che in questo elenco di 100 nomi le donne sono pochissime, se non quasi del tutto assenti.

    Metodologia di analisi: è tutta questione di Innovation Capital, o quasi

    LEGGI ANCHE: Non solo Facebook, Google e Amazon: ecco le aziende Tech da tenere d’occhio secondo Nasdaq 100 Ormai è tradizione, la rivista Forbes ogni anno stila una classifica dei leader più influenti d’America e lo fa attraverso un metodo provato e consolidato negli anni che comporta, oltre che la raccolta e l’analisi di dati finanziari, anche la registrazione di informazioni reputazionali di imprese ed imprenditori. In particolare vengono messi sotto microscopio i CEO delle società, intese come sedi centrali o unici titolari, prendendo in considerazione:
    • Media Reputation for Innovation, ossia quello che i media dicono dei leader più innovativi in merito a quanto le aziende che conducano abbiano compiuto passi avanti in materia di innovazione guadagnando, quindi, sempre più punti anche in merito al valore di mercato dell’impresa. Questa caratteristica è essenziale in quanto un team attento all’innovazione, crea un brand innovativo che attira una clientela sempre più attenta a nuove tecnologie. Essere un leader innovativo significa, non solo essere attenti all’innovazione, ma anche avere una visione a medio e lungo periodo che porti l’azienda proiettata nel futuro combinando capacità e potenzialità disponibili.
    • Social Capital, quanto l’azienda è inserita nel contesto sociale in cui si trova, che seguito ha e quanta capacità di influenzare il pubblico nelle loro scelte e un leader con questa caratteristica deve saper metterci la faccia nelle iniziative della propria azienda, partecipandovi in prima persona.
    • Track Record for Value Creation, l’incremento o il decremento che l’azienda e il leader sotto esame hanno avuto negli ultimi anni, inteso proprio come il suo valore economico di mercato e per gli stakeholders.
    • Investor Expectations of Future Value Creation, semplificando, le aspettative di crescita che il mercato ha nei confronti di una determinata azienda sia in materia di innovazione sia in materia di capitali.
    Tutto qui? Negativo, manca il cosiddetto dato di Innovation Capital, il parametro, forse più difficile da monitorare e che potremmo paragonare al vecchio e caro “pierraggio”. Avere l’Innovation Capital, infatti, vuol dire avere capacità relazionali e soft skills in grado di farti reperire sul mercato finanziamenti, aiuti, spazi pubblicitari, nuovo pubblico, insomma maggiore attenzione da tutti gli shareholders. Si dice che questa caratteristica sia innata, può solo essere allenata per il raggiungimento dell’obiettivo. Qualcuno potrebbe dire che essere “carini e coccolosi” aiuta e non solo per entrare nell’olimpo di Forbes, ma anche per attirare nuovi capitali ed investimenti dal mercato.

    I 100 leader secondo Forbes, una la donna in classifica

    Forbes annuncia i 100 leader più innovativi d’America, ma tra loro solo una donna. La classifica completa è disponibile online e la puoi consultare a questo link. Direi però che la cosa più importante non è trovare il podio composto da 3 degli uomini più influenti al mondo, non solo negli USA, ce lo si aspettava, ma che tra i 100 nomi compaia solo un nome femminile: al 75esimo posto Barbara Rentler, CEO di Ross Stores, la catena di grandi magazzini low cost americana. Scendendo in profondità con l’analisi vediamo come non ci sia un secondo posto, ma due primi classificati: Jeff Bezos (Amazon) ed Elon Musk (Tesla). Il primo con un reddito netto di 127 miliardi di dollari è uno degli uomini più ricchi al mondo e founder del colosso Amazon, sicuramente un self-made-man, ha dato vita a quello che oggi è Amazon in casa sua nel 1994 quando l’idea di eCommerce era ancora lontana. Il secondo, invece, un reddito netto che si attesa a 43 miliardi e una reputazione che nasce nel 2003 insieme al suo brand di auto elettriche, Tesla. Non più a capo di Tesla, ma a questo nome ancora legato è anche il fondatore di SpaceX, il brand che vuol rivoluzionare i viaggi nello spazio. Il terzo posto è ricoperto dal giovane Zuckerberg. Il fondatore e CEO di Facebook si attesta su un reddito netto superiore a quello di Musk, ma i recenti scandali legati alla privacy e commercializzazione dei dati dei suoi utenti gli hanno fatto perdere popolarità. Potremmo analizzarli tutti, da Tim Cook a Larry Page o al CEO di Netflix, ma andiamo direttamente al 75esimo posto, l’unico in rosa: Barbara Rentler, CEO di Ross Stores. L’unica leader inclusa nella lista è l’esempio di donna che ha fatto carriera all’interno dell’azienda, partendo da fine anni 90 come parte del team arrivando nel 2014 a prendere il posto di CEO di Ross Store, la catena di grandi magazzini americani delle vendite sottocosto.

    Gender Gap, siamo ancora molto lontani dal traguardo, ma di chi è la colpa?

    LEGGI ANCHE:La leadership femminile nel business cresce, ma salari e investimenti ancora non aiutano Non credo che sia di Forbes la colpa o l’errore di non aver analizzato troppo bene il parterre di leader USA disponibili, credo più che questo sia, ancora una volta, il segnale per il quale il numero di leader innovative donne sia di gran lunga inferiore a quello maschile ed il motivo è semplice: ancora poche donne possono aspirare ad una carriera direzionale nel 2020. L’analisi condotta da Forbes ha registrato il numero di leader al femminile come il 5% del totale delle private company con una percentuale di donne all’interno dei board direttivi delle FTSE 100 che, a fine 2018, si attestava sul 21% con una crescita dal 2011 del solo 7%. Il problema quindi, è ancora in forte gender gap tra uomini e donne nell’ambito delle loro possibilità di crescita lavorative. Alcuni, per ovviare al problema, parlano di intrapreneurship, ossia la possibilità che venga assegnato ad un membro del team, anche donna, un progetto particolare su cui fare focus in modo responsabile e coordinando un team ad hoc, come un’azienda nell’azienda. Questo metodo permette a chi sta ai piani alti di scovare i propri talenti aziendali e ai collaboratori di sperimentare e sperimentarsi. Sicuramente il tema di genere è ancora molto forte e sentito con una stima temporale per il raggiungimento dell’uguaglianza che si attesta sui 100 anni, nonostante il continuo mantenimento delle differenze porti a perdite economiche di miliardi di euro, ma finché le donne non potranno essere quello che sono, madri ed emotive comprese, sul loro posto di lavoro verranno considerate inferiori e l’anello debole della catena imprenditoriale, con uno stipendio minore e minori possibilità di fare carriera. Ma non è giusto guardare solo lo scenario apocalittico, secondo Forbes, infatti, nell’ultimo decennio alcuni passi avanti sono stati fatti ed in particolare:
    • 170 Paesi al mondo hanno raggiunto la parità di educazione, o quasi, tra uomini e donne
    • La disparità uomo-donna è diventata uno dei temi inseriti nella Global agenda
    • La presenza di donne al governo è aumentata del 40%
    • Le barriere tra quote blu e quote rosa si sono fatte meno solide in quelli che sono i campi lavorativi e di possibilità di autoaffermazione, grazie a movimenti indipendenti, a Big Company che si sono fatte esempio e portavoce della parità di trattamento (Google, Facebook, Microsoft tra tutte), alle nuove generazioni in cui essere uomo o donna al lavoro non è più così discriminante
    • Gli uomini stessi chiedono un cambiamento, come la possibilità di avere un sussidio di paternità per stare con i propri figli o il desiderio di stare a casa a pensare alla famiglia lasciando la donna ad occuparsi del sostegno economico
    Quindi che fare? Sicuramente c’è ancora molto in cui impegnarsi. Un buon punto di partenza sarebbe quello di diminuire quei 100 anni che ci separano dall’uguaglianza.