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Già da alcuni anni, società di analisi del calibro di Accenture, Altimeter, Capgemini e Forrester Research hanno delineato l’avvento di un nuovo contesto socio-economico che possiamo riassumere con l’etichetta di Age of the Customer.
L’ampiezza globale delle supply chain, l’intelligenza dell’Internet of Things, la potenza del cloud computing stanno facendo diminuire nel tempo la portata strategica di diversi investimenti e asset aziendali (come l’asimmetria informativa o la localizzazione degli impianti produttivi), posizionando al contempo clienti e consumatori nel ruolo di principale fonte e driver di vantaggio competitivo. Sono in effetti questi i principali contributori alla generazione di valore, attraverso le proprie scelte e la fedeltà reiterata nel tempo.
D’altra parte, le stesse persone stanno trasformando il proprio modo di interagire con aziende e marche. È la Generazione C: utenti ‘uniti’ un’elevata inter-connessione. Piattaforme di social networking, media digitali, device mobili e tecnologie interattive hanno abilitato e connesso gli individui tra loro, generando un contesto dove le persone assumono un ruolo più centrale nella tradizionale relazione con le marche, e la prima volta hanno anche consapevolezza di tale cambiamento. E si comportano di conseguenza, facendo ‘sentire la propria voce’ nel momento in cui non si trovano d’accordo con l’azienda: i recenti casi Barilla (#BoicottaBarilla) e Moncler (#SiamoTuttiOche) appaiono esemplari.
Come è facile intuire, si tratta di un territorio di relazione tra aziende, marche e utenti completamente nuovo, dove gli ultimi agiscono come protagonisti dello scambio relazionale con le prime due entità elencate, che a loro volta devono porsi come partner interattivi al fine di cogliere al meglio tale (aspettativa di) protagonismo.
Uno scenario di mercato così mutato (e tutt’ora mutevole) rende inefficaci e inefficienti le più tradizionali forme di marketing di tipo command-and-control. Piuttosto, è sempre più necessario un profondo cambio di paradigma, dal market-to al market-with. In altre parole, le marche di successo diventano abilitatori del ‘saper capire’ e del ‘saper fare’ del consumatore, stimolandone le competenze cognitive e co-creando valore attraverso modalità nuove: immersive, coinvolgenti e interattive.
Passando dai framework e dalle prospettive macro a una dimensione più pratica e concreta, come avviene questo nuovo approccio aziendale nei confronti delle persone? Una risposta efficace è rappresentata dalla leva ludica.
Che i giochi abbiano accompagnato la storia dell’uomo nei millenni è un tema noto e ampiamente studiato. E anche sul mercato brand e consumatori giocano sempre più spesso e volentieri, senza necessariamente generare ricadute positive per entrambi gli attori coinvolti. In effetti, le persone possono:
A volte, le marche possono fare finta di commettere un errore anche grossolano o di incappare in un siparietto paradossale, generando la reazione della platea all’ascolto sostanziata in retweet, mention, hashtag. Un caso oldie but goodie? Wheat Thins.

L’esperienza ludica è dunque diventata una componente da considerare stabilmente nelle strategie di marca contemporanee: un nuovo tipo di coinvolgimento interattivo, leggero, dialogico, attraverso cui le aziende possono entrare nella quotidianità degli individui con i propri significati, linguaggi, segni.
E il Content Marketing, debitamente applicato, deve adesso:
In altri termini, il Content Marketing di nuova generazione deve riuscire nell’intento di allineare dinamiche giocose e obiettivi organizzativi.
Ma come si fa, in sostanza, una buona progettazione? Vinceranno quei progetti capaci di comprendere davvero le necessità, i bisogni e le motivazioni delle persone coinvolte, senza ridursi a semplici sistemi interattivi o di content creation. Dal market-to al market-with: la sfida ai Content Marketer, è rilanciata.