• About Author

  • Tutta l'Informazione Ninja nella tua mail

  • Le persone amano le piccole community, ecco cosa dovrebbero imparare i grandi brand

    Analisi di un dibattito sul futuro del social media marketing che parte dal punto di vista degli utenti

    21 Marzo 2018

    Quando ci occupiamo di social media marketing, ci siamo mai chiesti che cosa vogliano davvero le persone? È con questa domanda che ha avuto inizio un recente dibattito riportato dal blog di HubSpot in cui un un panel di esperti di social media marketing, tra i quali Rajni Lucienne Jacques di Teen Vogue, Tutti Taygerly di Facebook e Joshua Dickens di Instagram, si sono confrontati sul futuro dei social media, ponendo l’attenzione sulle reali tendenze dettate dagli utenti. In questo articolo facciamo il punto sugli aspetti più rilevanti emersi dalla discussione. tutti

    Community

    In effetti, se ci pensate bene, tra i numerosi appellativi con cui vengono indicati i professionisti dei social media, troviamo anche il termine “community manager”. Pare però che, soprattutto negli ultimi anni, i brand abbiano perso quel senso comunità che erano in grado di trasmettere con le loro pagine social. Su questo tema i partecipanti al dibattito sottolineano all’unanimità che gli utenti sono propensi a vivere i social media come delle vere e proprie comunità. Secondo Jaques i social media rappresentano l’unico mezzo in grado di “galvanizzare un movimento” sia esso culturale, politico o sociale; i social consentono difatti agli individui di aggregarsi in un modo molto rapido ed efficiente. Sulla base di questa considerazione viene da chiedersi se per i brand sia ancora possibile un social media marketing orientato al concetto di community. La risposta, secondo Taygerly, sta nel puntare al superamento di un approccio nei confronti degli utenti orientato alla “fruizione passiva dei contenuti”. I brand dovrebbero suscitare attrazione trattando tematiche di interesse comune e intorno alle quali sia possibile generare un dibattito, o assumere delle posizioni. In quest’ottica, i brand possono assolvere alla funzione di aggregatori di persone e i social media sono ancora i luoghi ideali per tutto ciò. rajni

     Social privacy (quella vera)

    Esiste ancora la privacy sui social media? Cosa dovrebbe essere condiviso solo tra amici e familiari e cosa dovrebbe essere di pubblico dominio? Temi molto complessi e soprattutto attuali, proprio per questo gli esperti non sono riusciti a prendere una posizione univoca. Il motivo di questa incertezza è probabilmente dovuto al fatto che, quando si parla di privacy, la palla dovrebbe passare in mano agli utenti che, con la loro sensibilità e le loro azioni, determinano il grado di esposizione delle loro vite nei confronti dell’universo social. Ciò che è emerso è che gli utenti vogliono privacy e la vogliono nel senso autentico del termine. I brand in questo caso possono fare ben poco se non provare a comprendere quando ci si avvicina a quel momento in cui “i social diventano troppo”. I marketers dovrebbero quindi impegnarsi moralmente e formalmente a rispettare la sfera intima degli utenti, coinvolgendoli se e solo se esplicitamente invitati a farlo. social media utenti

    Network più piccoli

    Reti più piccole, relazioni più intime, è questo che sta cercando un numero sempre più ampio di utenti. Cresce quindi l’esigenza di avere la possibilità di esprimere pareri (anche nei confronti di un brand) in un ambiente protetto e non in una situazione di sovraesposizione come ad esempio una brand page con decine di migliaia di follower. In qualche modo anche le recenti modifiche apportate da Facebook al suo algoritmo vanno in questa direzione: “è il coinvolgimento autentico ciò che fa scattare la conversazione” afferma Taygerly, e tale processo è più probabile che si attivi all’interno di un network più contenuto, più “intimo”. Ecco che ancora una volta viene chiamato in causa il tema della community, vero elemento ricorrente di questo dibattito. In un contesto in cui i rapporti tra la società e i social media sono sempre più eterogenei, partire da come gli utenti leggono questi fenomeni è probabilmente il modo più efficace per comprenderli, ma soprattutto per interpretare in maniera operativa gli scenari del futuro.