Oltre le canzoni d'amore, il mandolino e la cattiva politica c’è una cosa che ci vede tra i leader del mondo ed è uno dei temi sul quale faremo bene tutti a prestare attenzione ed a mettere in campo tutte le energie intellettuali che possiamo: la robotica.
Un scienza relativamente nuova che a dispetto di quanto certa fantascienza abbia trovato fascinoso raccontare , non riguarda solo gli umanoidi cattivi che s’impossesseranno del mondo ma bensì tutta una serie di possibilità per rendere le macchine le migliori alleate dell’uomo. Accadrà presto quello che è successo con pc e smartphone, da tecnologie esoteriche e di avanguardia i robot saranno presto una commodity. Visto come sono andate le cose sarà bene però che questa volta la storia sia diversa e che mettiamo in campo tutta la conoscenza necessaria per non subirci le tecnologie ma bensì per addomesticarle.
A Napoli ho incontrato il Prof. Bruno Siciliano, docente di Robotica e direttore del PRISMA Lab, il Laboratorio di Progetti di Robotica Industriale e di Servizio, Meccatronica e Automazione del Dipartimento di Ingegneria Elettrica e Tecnologie dell'Informazione dell'Università Federico II.
Il prof Siciliano è uno dei nomi più importanti della robotica italiana ed internazionale nonché membro del comitato scientifico della Maker Faire Rome, dove curerà la prima area espositiva che vede insieme (e divulgati al grande pubblico) tutti i prototipi della produzione scientifica dei dipartimenti italiani di robotica. Un'occasione ghiotta per capire e dialogare con il futuro che saremo.
Il manuale di Robotica
Bruno Siciliano è sicuramente una delle voci più autorevoli della robotica mondiale, con Oussama Khatib, della Stanford University, ha pubblicato il monumentale Springer Handbook of Robotics (2008), edito da Springer che con le sue 1611 pagine e 1375 illustrazioni, centinaia di video embendati tra le pagine, è un'opera monumentale a cui hanno contribuito 165 studiosi di tutto il mondo (18 dei quali italiani), con l'intento di coniugare la dimensione manualistica con quella enciclopedica, considerata la bibbia della materia a livello planetario. Ci mostra con orgoglio i giovani studiosi che lavoro con lui in un “vissutissimo” laboratorio nel piano interrato della facoltà di ingegneria immerso tra droni, robot ed opere d’arte.
Prof Siciliano, per lei che ne segue da anni la ricerca scientifica in ambito internazionale, a che punto siamo oggi dell’evoluzione della robotica?
«Nella robotica sta avvenendo un processo di contaminazione dei saperi con altre discipline tecniche, scientifiche e umanistiche. L’obiettivo è quello di portare la robotica al servizio della scienza. Sarà questo il questo il momento che poi porterà i robot del futuro non solo ad essere robot di servizio, ma ad essere davvero utili per l’umanità».
In Italia
Qual è la situazione della robotica in Italia?
«La comunità italiana scientifica e industriale è tra le prime in Europa e nel Mondo. Ma purtroppo in Italia non c’è una strategia politica per coltivare i propri cervelli, per cui molti dei migliori scappano all’estero. Ma nei nostri laboratori per scelta rimangono ancora molti giovani bravissimi e fortunatamente oggi anche molte startup stanno investendo in queste tecnologie emergenti creando nuove opportunità che la carriera scientifica da sola non potrebbe sostenere.
Si parla tanto di trasferimento tecnologico: il maggiore trasferimento tecnologico che si può fare non riguarda algoritmi, software e nessun’altra tecnologia, ma è quello relativo al cervello.
Basterebbe osservare quello che fa Google per vedere che sta investendo non solo nella guida autonoma ma anche nella realizzazione del personal robot. Google ha acquisito diverse aziende, ma l’investimento maggiore che ha fatto Google è in persone, ovvero cervelli!
Il potenziale dei nostri studenti è altissimo proprio perché la complessità dell’ambiente in cui noi lavoriamo non è comparabile con un ambiente in cui funziona tutto come quello dello Silicon Valley. Le difficoltà ed il caos tipici dei nostri luoghi è come se ci allenasse fin da piccoli alla complessità».
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Com'è cambiata la robotica
Ci sintetizza in 4 hashtag le parole chiave della robotica contemporanea?
«#Conoscenza: il presupposto essenziale per poter realizzare dei robot avanzati, che siano utili per gli esseri umani è avere una grossa base di conoscenza e senso critico. Possiamo avere il sensore tecnologicamente più avanzato, però quello che è importante è sapere che problema deve risolvere, il fatto di correlare informazioni sensoriali disparate grazie all’intelligenza, ovvero alla capacità di capire come risolvere problemi;
#Design: sulla base della conoscenza bisogna poi progettare e realizzare robot che siano in grado di emulare le capacità umane;
#Impact: in un mondo popolato da esseri umani e robot sorgono questioni che vanno al di là dell’ingegneria e della tecnologia ma che riguardano l’impatto su aspetti sociali come ad esempio aspetti etici o legali. Provate a pensare come è indietro, ad esempio, la giurisprudenza: se un robot fa un danno a chi facciamo causa? A chi ci ha consigliato l’utilizzo del robot, alla casa produttrice o a chi lo ha programmato?
#Interaction: come vado a gestire l’interazione tra i robot e gli esseri umani, cioè tra la macchina e l’uomo? Questa interazione deve essere gestita in maniera sicura, un robot non deve creare danno all’essere umano. Lo può sostituire in alcuni lavori, anzi il robot deve diventare un compagno ideale per l’essere umano. Uno strumento che può essere utilizzato dal chirurgo, dall’artigiano, da chi deve disinnescare una mina etc. Il robot ha senso solo se si pone come strumento collaborativo nell’interazione con l’essere umano».
Detta così sembra tutto rose e fiori. Cosa ci perdiamo da questa evoluzione della robotica?
«Nel breve periodo si potrebbe pensare che i robot siano la causa della perdita di molti lavori manuali. Ma in realtà saranno solo i lavori più dequalificati e manuali ad essere sostituiti dai robot che oggi sono in grado di eseguire anche operazioni raffinate come la decorazione artistica di una ceramica vietrese. Queste abilità riportate nel campo della chirurgia hanno rappresentato una rivoluzione epocale perché consentono anche a chirurgi meno esperti di condurre operazioni in maniera impeccabile».
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Chiudiamo con un invito: perché venire alla Maker Faire?
«Sicuramente per incontrare nell’area della robotica dove i saranno i maggiori esperti italiani di che porteranno cose che i visitatori potranno toccare con mano e potranno apprezzare come la tecnologia attuale va al di là di quanto la fantasia umana possa immaginare. Noi vedremo dei robot che faranno cose che tipicamente l’essere umano non potrà fare, quindi questo è fortemente ispirazionale e può suggerirci vie per convivere con i robot. Anzi è proprio dall’incontro tra il mondo scientifico e quello dei maker l’ambiente giusto dove poter trovare insieme “soluzioni” che migliorino la qualità delle nostre vite. Per i visitatori è una occasione unica per poter vedere fuori dai laboratori e in un ambiente friendly, in una sola area, tutti i più grossi laboratori di ricerca italiana che espongono tutti i loro prototipi di punta. Vi aspettiamo alla maker faire, cominciamo venerdi 1 dicembre con the future making. La Maker Faire è il primo passo verso la realizzazione di un personal robot alla portata di tutti e sembrerà strano ma il contributo di tutti, anche fatto solo di semplice curiosità, sarà di aiuto all’evoluzione di questa scienza fantastica».
Il lavoro alle macchine, il salario a noi
Le ore passate con il Prof. Siciliano sono volate via come il vento ed è stata la conferma che sono sempre e solo gli appassionati i veri hacker della ricerca. A tutti i livelli. Le idee che mi frullano in testa sono tante e so che presto ci rivedremo e sarò curioso di farmi aiutare a comprendere i dubbi che continuano a tenermi sul bivio tra scenari apocalittici e visioni rosee di un futuro tecnologico.
Da un po' di tempo la robotica è parte della mia "dieta quotidiana" ed ora che solo in poche ore con il Prof. Siciliano mi sembra di saperne un po' in più. E come diceva Socrate più so e più so di di non sapere e questo mi mette perennemente a un bivio tra scenari apocalittici e technofuturi rosei. Ma come sempre accade arriva un segnale quando meno te lo aspetti. Vado in bagno e leggo una scritta sulle piastrelle dei gabinetti della facoltà di ingegneria che avevo già letto altrove in passato: il lavoro alle macchine, il salario a noi.
Torno a casa e so a cosa pensare fino alla Maker Faire, dove con Rural Hack cureremo l’area dedicata all’agrifood. Ma abbiamo bisogno di persone curiose e intelligenti: volete venire a fare i Social Reporter?